Archivio mensile:febbraio 2013
Poesie di gioventù: Soli fra tanta gente
Soli noi siamo,
eppure intorno a noi ci sono persone,
molte persone.
Parliamo, ci amiamo,
come se nessuno ci potesse vedere,
eppure vederci gli altri possono.
Il nostro amore estranei al mondo ci rende,
ci porta negli infiniti spazi del tempo,
ci porta lontano dal luogo in cui siamo.
Nei prati verdi della montagna ci troviamo,
sdraiati sull’erba ci guardiamo,
un coro di fringuelli canta per noi,
il rumore d’una cascata arriva da poco lontano.
Siamo felici, immensamente felici,
siamo insieme, insieme ci amiamo.
Fra tanta gente noi siamo,
eppure soli ci sentiamo.
Soli fra tanta gente.
Emanuele Cinelli, 26 marzo 1974
Poesie di gioventù: Sentimento
Profondo nel cuore,
profondo nell’anima,
io sento qualcosa
ma non riesco a scrivere cosa.
Sento un forte peso,
sento un’invincibile tristezza,
sento che voglio vederti,
sento che non riesco
a sopportare la tua lunga mancanza.
Sento di amarti,
sento di adorarti,
sento che tu sei
il mio più grande sostegno,
il mio più grande pensiero,
la mia più grande passione.
Sentimento,
oggetto astratto,
oggetto invisibile,
oggetto indescrivibile.
Emanuele Cinelli – 6 marzo 1974
Europeana, la Biblioteca degli Europei
La digitalizzazione e l’informatizzazione, per quanto possano apparire freddi e sterili, sono azioni importantissime per il futuro della cultura, irrinunciabili (la ridondanza si ottiene anche a livello informatico).
Qualcuno senz’altro ricorderà l’inaugurazione di Europeana nel 2008. I server facevano fatica a resistere alle richieste degli avidi internauti. Oggi, circa 5 anni dopo, c’è meno foga nell’esplorare il sito, anche se i contenuti aumentano continuamente.
Ma cos’è Europeana? In pratica, una biblioteca multimediale online dove si possono trovare libri, trattati, video, musica in un unica piattaforma a livello europeo. Sono disponibili scritti degli illuministi francesi, riflessioni di umanisti italiani, pensieri di filosofi tedeschi e diari di viaggio di esploratori portoghesi.
Da tutto il continente istituzioni private e pubbliche hanno reso disponibili i loro archivi digitalizzati, anche se il lavoro da fare è ancora molto lungo. Su un totale di 23, 595,557 opere, l’Italia contribuisce con 1,273,103 digitalizzazioni, appena il 5.40% del totale. Vista la quantità di manoscritti e produzioni nei nostri archivi, da quelli della RAI dove stanno marcendo i nastri alla Biblioteca dei Girolamini vittima di…
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Ehi tu!
Ehi tu,
si proprio tu,
tu che sei arrivato
roboante e sprezzante,
incurante delle regole,
superando
una lunga colonna
oltre la riga continua
oltre il limite di velocità.
Tu che ora
incollato al culo dell’auto mia
scalpiti per passare,
esci e rientri,
rientri ed esci.
Tu, si proprio tu,
vedi anch’io potrei
correre e superare,
potrei correre in piena sicurezza
più di quanto tu possa fare
rischiando la vita.
Potrei, ma non lo faccio,
non lo faccio perché
esistono le regole,
regole che sono per tutti,
ma proprio tutti,
io e te compresi.
Non lo faccio perché
civile io sono,
corretto
e rispettoso,
educato.
Ehi tu,
si proprio tu,
vedi di calmarti
che solo hai
da guadagnarci.
Emanuele Cinelli – 6 febbraio 2012
Il ragazzo con la rana
Immagine da: http://stregoneriapagana.blogspot.it/2009/06/charles-ray-il-ragazzo-con-la-rana-e-la.html
La notizia recente dell’eventuale spostamento del Ragazzo con la rana di Charles Ray dalla Punta della Dogana a Venezia per far posto a un lampione d’epoca (articolo del Gazzettino – foto 1 – foto 2 ) mi dà il destro per parlare delle differenze fra il nudo artistico e il nudo quotidiano.
Il ragazzo è rappresentato realisticamente quasi fosse un calco (la statua è alta 247 cm.), in modo molto simile al realismo della scultura ellenistica (come lo Spinario, il Ragazzo sul delfino, il Fantino artemisio…). La statua è stata realizzata in acciaio inossidabile stampato e dipinta di bianco come fosse marmo di Carrara. Non riesco però a capire come mai l’artista abbia cancellato i capezzoli! Stomaco e addome sono prominenti in modo quasi deforme.
La statua era stata ideata per l’Eisemhower Memorial di Washington ma fu rifiutata perché “sessualizza l’infanzia e è oscena” (cfr. anche la relazione, 153 pagine, di Justin Shubow ), è a Venezia dal 2009 (presentata alla 53ª biannale). Una copia della statua è pure al Brentwood’s Getty Center.
Charles Ray (Biografia, Sito) aveva creato un certo scalpore nel 1992 con l’installazione Oh! Charley, Charley, Charley… e nel 1993 con Family Romance in cui si vedono padre e madre alti quanto i figli.
Il significato della statua si dipana man mano la si osserva spostando l’attenzione dal corpo del ragazzo alla rana che questi tiene in mano per una zampa. Qualcuno ci vede significati sessuali (“The frog is phallic — an adult penis in the hand of the boy”; “la sua nudità appare una pruriginosità che l’artista avrebbe potuto risparmiarsi”.
Per parte mia la statua si impone per altri motivi e mi ha sucitato una domanda precisa: qual è la differenza fra la nudità di una statua e quella di una persona reale?
L’opera artistica è impunibile, impunibile l’artista. Benissimo. Che cosa li scagiona? Una statua nuda non è un individuo, anche se ne ha le fattezze fotografiche (in questo caso il figlio dodicenne di un amico di Ray). Rappresenta un universale: tutti i ragazzi (o le donne, o gli uomini), è un’astrazione, una generalizzazione, un triangolo di Euclide. Se al posto della statua ci fosse un ragazzo in carne e ossa (anch’esso impunibile), la reazione del pubblico (e delle forze dell’ordine) sarebbe completamente diversa: invece di ammirarlo nella sua innocenza, come si può ammirare una gemma in fiore, una bella donna, un uomo ben fatto, si correrebbe a rivestirlo con una coperta, a denunciare gli organizzatori di una performance così vergognosa, ecc. ecc.
Come sempre l’arte, tenendo un piede nel reale e uno nell’immaginario collettivo aiuta a farci riflettere sulle contraddizioni della nostra società in modo non banale, non effimero. Ci pone domande serie, cui possono seguire cambiamenti di opinione e di comportamento.
Immagine da: http://home.fotocommunity.de/wkoelln/index.php?id=7229&d=25328502
A mio parere la nostra esperienza di vita ci dà una marcia in più per comprendere il nudo artistico, abituati come siamo a vedere il nudo svincolato dai suoi effetti “pruriginosi”. Comprendiamo bene le allusioni sessuali, i riferimenti erotici, ma in primo luogo apprezziamo l’immediatezza, la naturalezza, la banalità del corpo nudo, spogliato, prima che dei vestiti, degli investimenti libidici che ne contaminano la primigenia innocenza, senza le fantasmagorie che funzionano da surrogato o da lenitivo a pulsioni non esaudibili e non eludibili. A commento e conferma, prendo a prestito le parole di Muriel Barbery: «Car l’Art c’est l’émotion sans désir» («Infatti l’Arte è l’emozione senza desiderio», L’eleganza del riccio p. 198 trad. it.).
Se posso aggiungere una mia interpretazione personale: la rana, in quanto rettile anfibio e a sangue freddo, rappresenta l’equilibrio fra l’uomo e la bestia; la vittoria, fin dal suo primo insorgere, sull’“incontinenza, la malizia, la matta bestialità” (Dante, Inferno, XI), il rito di passaggio conseguito con le proprie virtù individuali e sociali. Il ragazzo non mena vanto di questa sua vittoria: ha gli occhi chiusi, come si trattasse non di un suo merito, di cui andar fiero, ma di un’evoluzione naturale e necessaria. All’opposto rispetto al dipinto di Caravaggio Ragazzo morso da una lucertola. Mi pare inoltre di cogliere dallo sguardo dietro le palpebre un certo orgoglio e un’identificazione fra il ragazzo e la rana. Proprio le rane richiamano i primi esperimenti, le prime esperienze, le prime scoperte di biologia. Al posto della rana ci potrebbe essere una biscia, un serpente con tutto il retroterra allusivo, simbolico e morale: ma nella rana prevale il riferimento al suo essere anfibio, e qui può significare l’immaturità sessuale, l’orientamento sessuale non ancora definito o anche l’accettazione di questo stato indefinito, finché non sarà proprio la biologia a decidere.
E aggiungo: non è stato anche per noi un rito di passaggio il metterci nudi per la prima volta? Il chiudere gli occhi maliziosi e troppo “curiosi”? Non è stato proprio questo passaggio che ci ha aiutato a tenere per una zampetta la nostra rana, i nostri rospi?
E visto che la statua rappresenta un ragazzo, aggiungerei: “non è mai troppo presto”, evitando così rossori a non finire, imbarazzanti “figuracce”, inutili soggezioni e sensi di colpa (come i morsi della lucertola di Caravaggio) in un’età che già di per sé è una polveriera.
Le ricette del “Cuoco Nudo”: gnoccone al Bagòss di Claudia Fusi
Questa ricetta me l’ha passata una carissima amica, Claudia Fusi, alla quale ho subito chiesto l’autorizzazione a pubblicarla: ne vale veramente la pena di provarla!
Ingredienti (per otto/dodici persone)
12 pani raffermi, 3hg di pane grattugiato, 1l di latte, 5 salamine, 2 spicchi d’aglio, 4 uova, 2 mazzetti di prezzemolo, 1/2kg di mortadella, 1kg di Parmigiano Reggiano, 500g di Bagòss a media stagionatura (un anno, un anno e mezzo al massimo), sale, pepe, farina bianca, 2l di brodo di carne leggero e poco salato.
Preparazione
Tritare finemente la mortadella, le salamine e il prezzemolo. In un tegame far imbiancare la salamina insaporendola con uno spicchio d’aglio intero. Togliere dal fuoco, rimuovere l’aglio, unire le uova, il prezzemolo, la mortadella, il pan grattato e i formaggi, regolare di sale e pepe, ammorbidire con il latte.
Prelevare un poco dell’impasto, passarlo nella farina bianca e farci una palla grande come un pugno, facendo in modo che la farina penetri leggermente nel gnoccone. Procedere così fino ad esaurimento dell’impasto disponendo man mano i gnocconi su un letto di farina bianca, sul quale dovranno riposare per 12 ore tenendoli in frigorifero.
Passate le 12 ore, prendere i gnocconi e ripassarli nella farina bianca, poi versarli uno alla volta (o anche più insieme, dipende dalla dimensione della pentola) nel brodo di carne bollente. Quando viene a galla togliere il gnoccone dal brodo e impiattarlo (3/4 a testa) cospargendolo con del Bagòss a piccole scagliette.
Servite ben caldi.
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