Archivio mensile:gennaio 2014

User friendly


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C’è un termine cha da anni circola negli ambienti informatici e che parla di un qualcosa che sia molto comodo e facile da usare, che renda la vita dell’uomo più semplice e rilassata, che non richieda ore e ore di studio per arrivare ad essere usato: user friendly, amico dell’utente. Anni che viene usato, eppure…

Un tempo bastavano una matita con gommino incorporato e un piccolo quaderno per fare di tutto: ci potevi scrivere delle note, prendere appunti, fare dei conti, tracciare un disegno, segnare appuntamenti e tante altre cose.

Poi arrivò la tecnologia e… per le note e gli appunti il registratore vocale, per gli appuntamenti l’organizer, per i calcoli la calcolatrice, per disegnare il quaderno e la matita. Insomma con l’avvento della tecnologia si è passati da due solo oggetti da portarsi in tasca ad almeno cinque. Bel guadagno! Ma la cosa, purtroppo, non finisce qui.

La tecnologia evolve e nascono i personal computer, poi i portatili, i palmari, ora siamo ai tablet e agli smart phone, una cosa accomuna tutti questi strumenti, l’uso del software, ma non un solo software capace di fare tutto, no, troppo comodo: un programma per prendere appunti, un altro per scrivere note veloci, un altro ancora per disegnare, poi quello per fare i conti, quello per registrare note audio, quello per scaricare la posta elettronica, quello per navigare in Internet e così via. Non parliamo delle recenti app che, essendo ancor più specifiche del software di prima generazione, incrementano a dismisura il numero dei programmi disponibili e da dover cercare, avviare, usare per fare le cose del quotidiano: se voglio, ad esempio acquistare dei mobili, quindi consultare il catalogo di un produttore di mobili non mi basta più andare sul suo sito, no, devo usare la sua specifica app; se voglio confrontare quanto trovato con la produzione di altro mobiliere ecco una seconda specifica app da scaricare e aprire in parallelo alla prima; il tutto magari su di un micro schermo come quello di uno smart phone; figurati se ti ci riesce di confrontare tra loro quattro o cinque produttori, come è logico e comune fare apprestandosi a un qualsiasi acquisto di un certo rilievo.

A quanto pare l’intento di chi produce hardware e software non è quello tanto sbandierato di semplificarci la vita,  ma piuttosto quello di complicarcela, di renderla sempre più frenetica e disordinata, di impedirci il confronto tra le cose e rendere più facile al venditore l’antico ruolo di imbonitore delle masse.

Un tempo bastavano pochi secondi per essere pronti a fare una qualsiasi azione, oggi non solo servono a volte anche dei minuti (i computer sono velocissimi ad accendersi appena acquistati, ma nel giro di un paio di mesi tendono a diventare di una lentezza insopportabile visto che, altra cattiva abitudine dei produttori di software, per ogni cosa che installi c’è almeno un modulo residente che deve avviarsi con il computer stesso), ma devi anche sapere che programma o app usare, sapere dove trovarla, scorrere attraverso centinaia di icone, cliccare o toccare sopra quella opportuna, attenerne il caricamento, sapere come usarla e, dulcis in fondo, sperare che la connessione ad Internet non venga a mancare, già, perché il 90% delle app oramai funziona attraverso Internet: se la connessione manca… ciccia, la buona vecchia abitudine delle applicazioni off-line che si sincronizzano in automatico al ripristino della connessione è ormai scomparsa! Ovviamente il tutto venduto come fatto per il benessere dell’utilizzatore, ma vai, quale benessere dell’utilizzatore, qua dietro c’è solo il vantaggio del produttore: risparmio sul tempo di progettazione e produzione del software, possibilità di far pagare ogni singolo servizio, visualizzando quindi cifre basse che catturano l’attenzione e ingannano l’utente, indotto dalle cifre basse a non fare la somma del tutto e rendersi conto che alla fine paga di più, molto di più di quello che, per le stesse identiche cose, pagava in passato.

Altro che user friendly, qui si marcia verso l’user stressly!

P.S.

A quando un sistema in cui tu hai un solo programma e dentro a quello ci fai di tutto? Un sistema in cui se inizi a disegnare lui automaticamente di mette a disposizione gli strumenti per disegnare; se inizi a scrivere ecco che ti trovi gli strumenti di scrittura; se inizi a parlare ti apre quanto serve per registrare quello che dici; se scrivi un numero ti chiede se vuoi solo scrivere o fare dei calcoli. Non è poi così impossibile avere questo, ormai le utility di interpretazione della scrittura esistono e sono usatissime, ad esempio sulle LIM (lavagne interattive multimediali) presenti oggi in quasi tutte le scuole, basta interfacciarle con un sistema di definizione del software adatto a quello che si sta facendo.

Guardare il nudismo


Una persona di mia conoscenza, un’amica, proprio ieri, facendomi vedere un sito che parla dello Yoga praticato in nudità, riferendosi alle foto dell’istruttrice commentava: “non mi dicono niente”.

Beh, che dovrebbero dire? Cosa ci si dovrebbe vedere di tanto particolare nella foto di una persona nuda che pratica delle posizioni di yoga? Più in generale, cosa ci si dovrebbe vedere di tanto particolare in una persona nuda?

Ecco uno dei problemi del nudismo, in apparenza non tra i più frequenti, in realtà subdolamente nascosto dietro a tante contestazioni rivolte al nudismo, dietro a tanti commenti: si crede che in un corpo nudo si debba (e si voglia) vedere qualcosa di particolare e quando ci si accorge che, invece, non ci si vede nulla di più di quello che si vede in una persona vestita, anzi, il corpo nudo perde addirittura quello che i vestiti, al contrario, possono esaltare, cioè la malizia, la sessualità, alla fine anche la sensualità se intesa solo come potenza e attrazione sessuale, ecco che allora scatta un meccanismo di autodifesa (“è no non può essere, un corpo nudo deve dare attrazione sessuale, se non la da allora perché denudarsi?”) e si domanda “ma che ci vedi?”.

Nulla, non ci vedo nulla di particolare!

“E allora perché vi mettete nudi? Perché ti metti nudo?”

Semplice: per se stessi, per me stesso. In un corpo nudo non c’è proprio nulla di strano da vederci, nulla di particolare da guardare, un corpo nudo è solo pura espressione di naturalezza e di spontaneità, due sensazioni che i vestiti forzatamente e ineluttabilmente nascondono e inibiscono. Il nudismo non si guarda, il nudismo si pratica, solo praticandolo se ne comprende a fondo la decontestualizzazione sessuale, la forza interiore, la piacevolezza, l’importanza sociale e personale (body acceptance, ad esempio), la genuinità, la bellezza, la sincerità, la libertà.

Il nudismo non si guarda, il nudismo si pratica!

In spiaggia

Al prossimo raduno (video)


La chiusura di un raduno, in particolare di un Raduno nazionale e ancor più di un raduno che ha visto arrivare centinaia di persone, è un momento particolare, un momento in cui le emozioni si sommano alla tristezza del doversi lasciare, la commozione allora si fa breccia anche negli animi più duri e crudi, rendendosi ancor più evidente in corpi nudi, una nudità che ancor più che del fisico è dell’animo.

Al Raduno Nazionale 2013 de iNudisti alle emozioni dell’incontro di tante persone e alla conseguente tristezza del lasciarsi, si è aggiunta una dolcissima eppur fortissima gioia: la consegna ufficiale al rappresentante dell’Associazione Tenda Aperta di un magnifico tendone, dono della comunità de iNudisti a chi opera per aiutare coloro che più soffrono.

Questo video, anch’esso opera dell’amico Giuseppe Maccioni, riguarda proprio questi momenti finali di commiato e di forte emozione-commozione, li racconta esattamente così come si sono svolti, senza tagli ne rielaborazioni, donando all’osservatore il piacere di (ri)vivere quei bellissimi momenti, preservandone l’intensità, riflettendone fedelmente l’intimità.

Cliccare sull’immagine per visionare il filmato
artecorpolibero

Se non li hai ancora visti, visiona anche gli altri due filmati.
artecorpolibero

sinfonia

Controcorrente


0461Tic. Tac. Tic, tac. Cosa succede? Piove! Miseriaccia cane, un’altra giornata di maltempo.

È da tre giorni che siamo bloccati qui, nella nostra piccola tenda, alla base della montagna di cui vogliamo scalare il famigerato spigolo. Siamo scocciati e il nervosismo che s’accumula in noi ci sta stressando oltre misura, avanti di questo passo perderemo la capacità di concentrazione e autocontrollo necessaria alla progettata ascensione. Dobbiamo muoverci, distrarci, sfogare le tensioni interne, ma cosa possiamo fare con questo tempaccio? Arrampicare? No di certo, in questa zona non vi sono vie facili e il lichene bagnato non è certo l’ideale. E allora?

Idea! Perché non andiamo a fare una passeggiata verso quella valle là in fondo? Potremmo trovare dei funghi per la cena o incontrare qualche animale selvatico, magari un orso, e scattare delle belle fotografie.

L’amico mi guarda un poco perplesso, io mi vesto, prendo la macchina fotografica (tanto è subacquea), un paio di rullini e m’avvio. Non faccio dieci passi che l’amico mi raggiunge, non è del tutto convinto ma: “Non mi va di restare solo tutto il giorno, vengo con te”.

Lentamente scendiamo lungo i ripidi prati, uno scivolone e… mi ritrovo, cinquanta metri più in basso, a cavallo di un cespuglio. “Tutto bene?” domanda l’amico. “Si tutto bene” rispondo, “è stato un attimo ma mi sono quasi divertito, voglio riprovare”. Scelgo un cespuglio, prendo la mira e via, velocissimo scivolo sull’erba bagnata andando a fermarmi dolcemente, o quasi, nel cespuglio. “È bellissimo, prova anche tu”. L’amico esita per un attimo ma poi si esibisce in un lungo scivolone.

Così procedendo in breve raggiungiamo il fondo della valle. Siamo bagnati fradici ma non ci facciamo caso, ci stiamo divertendo e ciò basta e avanza. A rotoloni, ridendo a crepapelle, attraversiamo la rada pineta.

A questo punto un largo e profondo torrente ci sbarra la strada, seguire la riva su cui ci troviamo è impossibile, dobbiamo passare dall’altra parte, ma come? Non ci sono ponti, non ci sono guadi, come passiamo? “Ma è semplice! Un salto e… a mollo, tanto più bagnati di quello che siamo”.

Presto detto e presto fatto, ma una volta in acqua la corrente ci trascina a valle e, dopo un primo tentativo di resistenza, ci lasciamo andare scoprendo il piacere di lasciarsi portare dalle acque.

Scivolando di rapida in rapida, giochiamo a scontrarci o a evitarci, gareggiamo in velocità, ci sfidiamo a star fermi nel bel mezzo della corrente, a raggiungere un preciso punto della riva, a tuffarci dalle cascatelle, a …, a…, a… È l’esaltazione della fantasia più sfrenata e pazza, quella fantasia che, in condizioni normali, deve restarsene rintanata in noi, schiava delle regole del vivere secondo ragione.

Un gioco dopo l’altro, approdiamo sulla riva di un piccolo laghetto. Un posto incantevolmente meraviglioso, dove varrebbe la pena soffermarsi a lungo. Ma la giornata volge al termine, dobbiamo affrettarci a tornare alla tenda prima che faccia buio.

Tic, tac, tic, tac. Piove ancora. La nostra vacanza è finita senza poter fare la programmata scalata, ma non c’importa: non solo ci siamo divertiti ugualmente, ma in più abbiamo scoperto un altro modo di vivere la montagna, abbiamo capito che, in montagna come ovunque, non esistono soltanto bel tempo e difficili ascensioni, ma anche mille altre cose che, seppur banali, possono riempire di gioia e soddisfazione la nostra giornata.

Grazie pioggia e… arrivederci a presto.

Riforme della scuola: perchè falliscono?


Riforme della scuola: perchè falliscono?.

Nude Yoga: my guide on the pathway to healing – guest blog (Luna)Nu Reveal Yoga


Ecco un grande esempio del potere curativo insito nel nudismo, meglio se si tratta di nudismo applicato ad altre attività che possano distogliere la mente dai propri problemi psicologici, qui è lo yoga, io propongo l’escursionismo.

Nude Yoga: my guide on the pathway to healing – guest blog (Luna)Nu Reveal Yoga << Home Clothes Free.

In ricordo di Silvano Cinelli – 2009


Erano tanti, seppur non tantissimi, erano giovani e meno giovani, erano donne e uomini, erano affaticati ma contenti, erano i partecipanti al giro inaugurale dell’ormai mitico Sentiero delle Tre Valli Bresciane: il 3V, come si è poi affermato nella regola degli appassionati di montagna bresciani e non bresciani.

Giunsero dopo 4 giorni di duro ma gioioso cammino a questi verdi pascoli di media montagna che sono la Pezzeda; erano ormai in vista del giro di boa del Maniva, da qui sarebbe iniziato il cammino ritorno verso la città, ancora lungo, ancora faticoso, ma di certo entusiasmante viste le diverse cime importanti che si sarebbero dovute passare: Corna Blacca, Dosso Alto, Colombine, Crestoso, Muffetto e il Guglielmo.

Posarono i loro sacchi nelle piccole ma accoglienti camerette del Rifugio Blachì 2 e si apprestarono alla cena. I canti allietarono la serata, aiutando a ridonare ai muscoli, contratti dalla fatica, il loro stato di riposo. Venne l’ora di andare a letto, un ultimo sguardo alla meta di domani e poi a nanna, pensando orgogliosi al cammino fatto e a quello da fare.

Erano tanti, erano giovani e meno giovani, erano donne e uomini e uno di loro doveva qui incontrare la sua meta terrena: nella notte, in silenzio, Silvano Cinelli abbandonava il suo caldo giaciglio per innalzarsi sopra le vette e incamminarsi sulla strada del sonno eterno, per abbracciare in eterno queste dolci montagne dell’alta Val Trompia, per fissare definitivamente il proprio obiettivo fotografico su questi pascoli e su questi boschi, quasi a volerli immolare nell’eterno ricordo di chi, dopo di lui, si trovi di qui a passare.

Così è stato, da quel giorno, ogni terza domenica di agosto, molti amici, molti appassionati di montagna, molte persone, si sono annualmente ritrovate in questo posto per ricordare Silvano, per ricordare la sua opera, per ritrovarlo fra le ombre dei boschi, nelle fughe dei rami, nel colore del cielo, nell’erba, nei fiori, nelle rughe di questi monti. Lui, Silvano, non si è mai fatto attendere e puntuale s’è presentato al convivio ringraziando i tanti amici che, talvolta pur non avendolo conosciuto, fin qui erano saliti per venirlo a trovare.

Così è stato anche questo agosto 2009.

Grazie ai tanti presenti per il loro sentitissimo abbraccio, grazie agli splendidi gestori del Rifugio Blachì 2 per la loro sempre genuina ospitalità, grazie a Don Fabrizio Bregoli per la celebrazione della Santa Messa, grazie al tempo che ancora una volta ha voluto essere più che clemente e donarci una giornata di sole, grazie, grazie, grazie!

Ciao papà! Alla prossima.

Emanuele, Carla e Valeria Cinelli

Foto Emanuele Cinelli

Foto Emanuele Cinelli

Confedercontribuenti: Appello ai blogger di tutta italia, lottare questo fisco salvare l’Italia


Si è proprio ora di dire basta e di mettersi in moto affinché i soldi li si prendano dalle tasche di coloro che, col la loro inettitudine, con spese inutili, con sperperi e corruzione, con i giochi di comodo, ci hanno messo nella situazione in cui siamo.

Confedercontribuenti: Appello ai blogger di tutta italia, lottare questo fisco salvare l’Italia.

Non nudista o nudista, come posso aiutare la causa del nudismo?


Seppur qui finalizzato al nudismo, il discorso vale per qualsiasi altra causa, per alcune può essere più facile, per altre più difficile, per nessuna risulta impossibile.


Come posso aiutare la causa in cui credo?

Impossibile dire con certezza quanti siano coloro che se lo sono chiesto, posso però dire che, soprattutto nell’ambito del nudismo, molti me l’hanno chiesto: nudisti navigati, nudisti di leva recente, non nudisti interessati a praticare nudismo, ma anche, cosa assai interessante e motivante, persone che di praticare il nudismo proprio (ancora) non ci pensano. Per dare a tutti loro una risposta efficiente devo fare dei distinguo e suddividere in tre gruppi le indicazioni. Prima, però, alcuni suggerimenti a valore universale.

  • Per aiutare una causa, qualsiasi essa sia, bastano piccole azioni da potersi ripetere tante volte: non pensare in grande, fai quello che ti è possibile fare nella tua quotidianità!
  • Così come la ricchezza è fatta da tante piccole monetine, il successo di una causa è fatto da tante singole persone: non aspettare altri, agisci!
  • Tutti possono dare il loro contributo, indistintamente tutti: non chiederti se tu puoi avere un peso, per quanto poco tu faccia quel poco è sempre più di niente e l’insieme di tanti poco crea l’immenso infinito!

Veniamo ora alle specifiche indicazioni per i tre gruppi di sostenitori.

Come posso da non nudista aiutare il nudismo?

  • Essere nudi non è...

    Prelevato da Internet senza possibilità di risalire all’ideatore e riportare i dovuti crediti (sempre pronti a farlo se ci viene segnalato).

    Innanzitutto pensa che aiutando il nudismo aiuti migliaia di altre cause e alla fine aiuti sempre e comunque te stesso; aiutare il nudismo vuol dire diffondere l’attitudine alla comprensione dell’altro, vuol dire stimolare il pensiero democratico, il rispetto per gli altri, la capacità sociale e individuale di mettersi in discussione.

  • Poi informati prima di fartene una qualsiasi opinione, parlare a sproposito crea più svantaggi che vantaggi: “le bugie hanno le gambe corte”.
  • A questo punto provalo, ovviamente nell’ambito di qualche attività organizzata da associazioni o gruppi nudisti: il nudismo è una di quelle cose che a parole è impossibile da spiegare e comprendere, va provata e provandola la si capisce nel giro di pochi secondi (per inciso, poi non si torna più indietro).
  • Ora, ammesso e non concesso che ancora tu non sia diventato nudista, trasferisci la tua esperienza ad altri.
  • Infine, se scopri di avere amici o conoscenti o familiari che praticano il nudismo, anche se ancora preferisci tenerti i tuoi vestiti, associati a loro per far girare la corretta informazione e diffondere conoscenza.

Cosa posso fare da non nudista che vorrebbe esserlo ma non trova l’occasione per diventarlo?

  • Tanto per cominciare fai il passo decisivo, non ci vuole ne coraggio ne spregiudicatezza, puoi farlo in casa se ti senti più a tuo agio, non ti darà nessuna certezza ma è comunque un inizio; per il nudismo sociale devi solo inserirti nel gruppo giusto, ad esempio la grande comunità de iNudisti. Fidati!
  • Beh, ora sei un nudista quindi puoi passare al gruppo successivo.

Come posso, da nudista, aiutare la causa del nudismo?

  • Uno. Non vergognarti d’essere nudista: non stai facendo nulla di male, nulla che sia contrario alle leggi italiane, non stai commettendo reati, non stai violando i diritti altrui (casomai sono gli altri a violare i tuoi), stai solo ottemperando alla tua più che naturale esigenza di far respirare il corpo e stai solo manifestando il tuo diritto a vivere nudo.
  • Due. Mettiti bene in testa che gli altri, i tessili, non sono contro di te, ci sono sicuramente alcuni individui che assolutamente non accettano il nudismo e lo dimostrano in modo anche violento e volgare, ma sono singoli individui e non fanno l’intera comunità tessile.
  • Tre. Renditi conto che è assolutamente normale provocare reazioni di sorpresa, di stupore e finanche di fastidio quando si rivela a qualcuno di essere nudisti: tali reazioni non sono sintomo di ostilità, sono solo ed esclusivamente la normalissima reazione a una notizia inaspettata e, se ben compensate (vedi sotto), si esauriscono alla svelta tramutandosi talvolta perfino in domande e interesse (per altro potresti scoprire che tra loro ci sono diversi che in modo più o meno occasionale hanno praticato o praticano il nudismo).
  • IMG_3781Quattro. Parlane a chiunque, inizia dagli amici più vicini, poi i familiari, indi i colleghi, infine tutti gli altri, estranei compresi. Più ne parlerai e più ti diventerà facile farlo, più diventerà facile e più ti sentirai sicuro, più sarai sicuro di te stesso e più sarai tranquillo, più sarai tranquillo e più le reazioni saranno positive, più le reazioni saranno positive e più nascerà interesse, più nascerà interesse e più avrai aiutato la causa nudista.
  • Cinque. Fai sentire l’esigenza nudista agli operatori turistici. Alcuni esempi: quando ti prepari per le vacanze, dopo aver chiesto e ottenuto il preventivo di spesa, chiedi se ci sono opportunità di nudismo, in caso di risposta negativa fai sapere che proprio per l’assenza di tali opportunità andrai altrove; dopo un soggiorno in un albergo o in un villaggio o in un campeggio tessile compila il questionario di soddisfazione del cliente assegnando una bassa valutazione in merito ai servizi offerti e suggerendo l’allestimento di una zona nudista o, meglio ancora, il passaggio a un regime “vestiti facoltativi”; mentre sei a pranzo in un qualche locale, ovviamente non da solo, mettiti a parlare di nudismo facendo in modo che chi sta intorno possa sentire o, quantomeno, percepire, senza tralasciare i camerieri e l’altro personale del locale, ivi compresi i gestori.
  • Sei. Se a questo punto vuoi andare oltre e innalzare il tuo grado d’impegno nella causa, fatti parte attiva del movimento nudista: ci sono diverse opportunità, dal tesserarsi a un’associazione che abbia a cuore la causa del nudismo all’organizzare eventi e manifestazioni.

Visti gli accadimenti del 2013, il 2014 potrebbe essere un anno risolutivo per il nudismo italiano o quantomeno molto positivo. Servirà l’appoggio di tantissime persone, persone che inizino a metterci la faccia, che vengano allo scoperto, che la smettano d’avere paura, persone che facciano proselitismo, che, inteso nel senso di dare agli altri l’opportunità di conoscere qualcosa a cui non avevano mai pensato, non è una cosa brutta, tutt’altro: se vogliamo maggiore rispetto dobbiamo innanzitutto rispettare noi stessi, se vogliamo maggiore credibilità dobbiamo innanzitutto crederci noi stessi, se vogliamo crescere dobbiamo creare nuovi nudisti, se vogliamo creare nuovi nudisti dobbiamo fare propaganda, se vogliamo fare un’efficiente propaganda dobbiamo coinvolgere anche chi nudista non è, convincerlo a darci il suo appoggio, a parlare per noi o, quantomeno, con noi.

I mulini a vento: soluzioni!


A luglio 2011 pubblicai un articolo (“I mulini a vento”). Attraverso un brainstorming e usando la sola veste analitica, vi evidenziavo gli aspetti potenzialmente alla radice delle difficoltà che il nudismo incontra in ragione della sua più profonda accettazione e, soprattutto, della sua più ampia diffusione.

C’è sempre chi ribadisce che tali azioni non hanno senso, che le persone hanno il diritto di pensare e agire come vogliono. Vero, verissimo, ognuno ha il diritto di pensare e agire come vuole, ognuno per l’appunto, ivi compresi i nudisti, i quali, invece, se ben liberi di pensare come vogliono, non sono altrettanto liberi di agire come vogliono. Capire il perché di tale situazione non è un voler imporre agli altri la propria nudità, si tratta solo di un naturale meccanismo di crescita, così come una qualsiasi azienda che vede ignorare un suo prodotto o servizio viene a chiedersene il perché: non si vuole imporre l’accettazione del proprio prodotto o servizio o punto di vista, non si intende proibire il libero arbitrio, è solo e semplicemente l’unica strada per migliorarsi, per correggere le proprie strategie di marketing, il proprio approccio alla società. L’alternativa? Morire!

Ecco perché voglio ritornarci sopra, stavolta  per proporre quello che allora avevo lasciato in sospeso: l’individuazione delle soluzioni. Prima di procedere devo e voglio segnalare che in questi due anni qualcosa è cambiato e questo qualcosa mi ha ancor più motivato a ritornare sulla questione, infatti: la società tessile si è aperta un poco verso il nudismo, quantomeno in Italia, mentre quella nudista ha mostrato, soprattutto in paesi dove il nudismo sembrava essere una realtà ormai consolidata tipo la Francia, segni di cedimento (vedasi campeggi nudisti dove il nudo è sempre meno presente e i vestiti sempre più diffusi, anche in assenza di motivazioni climatiche).

Senza altro indugio passiamo all’elenco dei punti chiave e alla proposizione delle relative soluzioni. Si rimanda al già citato articolo del luglio 2011 (“I mulini a vento”) per l’eventuale comprensione delle specifiche problematiche.

1)      La vergogna dei nudisti.
Avevo messo questa problematica all’ottavo posto nelle dodici definite, in seguito l’ho riposizionata mettendola al primo posto: dalla risoluzione di questa dipendono tutte le successive soluzioni. Possiamo oggi rilevare che qualcosa sta cambiando e sempre più sono i nudisti che escono allo scoperto, la situazione ottimale è però ancora molto lontana: per eliminare del tutto ogni dubbio sulla correttezza e bontà dello stare nudi, sul fatto che i nudisti non si vergognino della loro nudità, serve che in tanti, meglio ancora tutti, la si smetta di mascherarsi dietro ad altre parole o definizioni. Nudo è nudismo, nient’altro.

2)      La rinuncia dei nudisti al marketing, al proselitismo.
C’è poco da dire e costruire: non esiste sopravvivenza senza ricambio e non esiste ricambio senza propaganda. la soluzione è evidente e unica: marketing e proselitismo devono necessariamente essere il punto prioritario di tutta l’azione del movimento nudista. Fare propaganda non vuol dire obbligare gli altri a pensarla in un certo modo, è solo prospettare agli altri un’opportunità alla quale probabilmente non hanno mai pensato. Chi crede nel bene di ciò che pratica non può ritenere un male proporlo ad altri.

3)      Il vittimismo nudista.
Smetterla di accusare la società tessile, le istituzioni, gli operatori turistici dei problemi del nudismo: spetta a noi e solo a noi farci carico del compito di proporre le attività nudiste, del chiedere apertura al nudismo. Non possiamo e non dobbiamo aspettare che siano altri, quegli altri che per ora non sentono l’esigenza di stare nudi, a venirci incontro, dobbiamo essere noi a cercarli, a farli avvicinare, a fare… il nostro lavoro.

4)      Il moralismo dei nudisti.
Aprirsi di più agli altri, essere meno vigili e meno sospettosi, vivere la socializzazione così come viene pacificamente e apertamente vissuta nel mondo tessile.

5)      L’ottusità sessuale dei nudisti.
Idem come sopra: vivere più semplicemente l’affettuosità, esattamente come la si vive oggi nella società tessile.

6)      Più in generale, le limitazioni comportamentali presenti negli ambienti nudisti.
Ancora una volta la soluzione risiede nel vivere il nudismo con normalità. Ad esempio: quasi nessuno si preoccupa d’essere ritratto in situazioni tessili, nemmeno se indossa un micro costume o dei vestiti attillati o, per le donne, dei leggins. Eppure anche così una foto adeguatamente presa può mostrare molto o tutto delle parti intime, può risultare assai più eccitante di una foto di nudo, può finire in mani che non si conoscono, può essere utilizzata a fini autoerotici.

7)      Il fondamentalismo nudista.
Anche se a qualcuno non piacciono, sintatticamente e comunicativamente parlando non si possono fare recriminazioni all’uso delle etichette: servono a comprendersi più facilmente. Il problema nasce nel momento in cui tali etichette diventano una forma di protezionismo, di identificazione morale, di superiorità formale. Si continui pure a usare le etichette, ad esempio naturista e nudista, ma legandole solo ed esclusivamente a quello che è il significante puro della parola stessa, ad esempio naturista è colui che ama la natura e stop, nudista è colui che ama stare nudo e stop.

8)      L’attaccamento dei nudisti alle teorie Freudiane come causa dei loro problemi.
Dopo Freud sono arrivati altri studiosi della psiche umana e molti concetti Freudiani sono stati messi in discussione. Oggi è perfettamente inutile, per non dire dannoso, continuare a insistere sull’idea che i problemi del nudismo nascano dall’assioma tessile di “nudo uguale sesso”: non è vero per la stragrande maggioranza dei nudisti e non è vero nemmeno per la stragrande maggioranza dei tessili.

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9)      La limitata presenza di donne negli ambienti nudisti.
Tutti i nudisti ben sanno che si tratta di una cosa più apparente che reale, resta il fatto che, specie per chi da estraneo non ha le opportunità di appurare il vero, ciò che appare è ciò che è. Purtroppo la soluzione non è facile, coinvolge molte variabili, alcune delle quali anche piuttosto oscure. Perfino il più semplice topless, che dieci anni fa sembrava dover diventare lo standard di fatto per l’abbigliamento femminile da spiaggia (tant’è che perfino alcune case produttrici di costumi iniziarono a vendere la sola mutandina), non ha più tanta diffusione. Probabilmente ancora troppo forte è il segno lasciato dai tanti anni di condizionamento sociale, di dominazione maschile, troppa la preoccupazione di essere male intese da famigliari, amici, colleghi, datori di lavoro. Lavorando sulle soluzioni precedenti si arriverà probabilmente anche a risolvere questo aspetto, nel frattempo non resta che creare occasioni che possano essere di forte stimolo alla partecipazione femminile, sia essa singola che di famiglia.

Oops, quella della partecipazione delle famiglie è un aspetto che avevo in precedenza trascurato di evidenziare, facciamolo qui…

10)     La poco evidente partecipazione delle famiglie intere.
Molte sono le famiglie che praticano nudismo, le quali, però, preferiscono farlo nel contesto di strutture chiuse, dove vi sia una, seppur presunta, minima parvenza di riservatezza e protezione. Quelle che si lasciano attrarre dalle spiagge nudiste pubbliche tendono a mantenersi nel centro delle zone più affollate. Tali atteggiamenti  rendono poco visibile la presenza delle famiglie a chi, come i tessili, non abbia interesse a inoltrarsi nelle zone nudiste, portandoli a pensare che i nudisti siano più che altro persone singole o, al massimo, coppie. Quando si nota la presenza di bambini si tende erroneamente a pensare che questi vi siano costretti e vi si trovino a disagio: riguardo al primo disappunto si deve correttamente osservare che non lo sono più di tutti i bambini portati in vacanza o in gita dalle proprie famiglie; in merito al secondo si deve rilevare che, al contrario, i bambini si trovano a loro pieno agio nella nudità e non danno peso alla nudità altrui, almeno fintantoché non vengono in tal senso condizionati dai timori e dalle vergogne dei propri genitori o degli educatori scolastici. La soluzione sarebbe quella che le famiglie imparassero a rendersi più visibili, comprendendo però quanto questo possa risultare difficile, diciamo che, per ora, anche perché il problema non è poi così grave, si tratta di sviluppare forme di comunicazione che possano dare evidenza al fatto che il nudismo è praticato anche da molte famiglie e che per i bambini è attività assolutamente sana, normale ed educativa.

11)   La diffusa presenza di omosessuali nelle spiagge nudiste.
Anche qui la società sta lentamente crescendo e l’accettazione dell’omosessualità sta diventando sempre più capillare. Resta il fatto che per chi vuole a tutti i costi ostacolare la diffusione del nudismo, per chi fa ironia sul nudismo, quello dell’omosessualità (chissà mai perché quasi esclusivamente di quella maschile, raramente si parla di femmine, anzi per quelle c’è magari la forte speranza di trovarsele davanti) è un punto assai caldo. Ovviamente non si può cacciare gli (e le) omosessuali dal contesto della società nudista, la quale, al contrario, si fa onestamente e correttamente pregio di essere incondizionata dall’orientamento sessuale dei praticanti, e allora? Beh, allora l’unica soluzione è quella di cooperare con le associazioni degli omosessuali affinché la società cresca e smetta definitivamente di vedere l’omosessualità come una devianza sessuale, come un atto contro natura. E’, questo, un problema della società tessile e si può risolvere solo curando detta società.

12)   L’esibizione pubblica di affettuosità da parte di persone nude, soprattutto se omosessuali.
Si ritorna sulla linea di cui al punto precedente: è un problema della società tessile e si risolve solo curando la società tessile. Noi qui possiamo farci ben poco se non aspettare, fatto salvo quanto già detto al punto 5: liberarci dalle paure nostre verso tali atteggiamenti, evitando di additarli come inadeguati, evitando di promulgare regole che li vietino ben più di quanto siano vietati nella società tessile.

13)   Il libertinaggio sessuale, l’autoerotismo, l’esibizionismo.
Come per il punto 11 anche questa è una delle più tipiche obiezioni da parte di chi vuole contrastare la diffusione del nudismo, in particolare da parte delle istituzioni comunali. La soluzione è ancora quella di lavorare sulla società tessile affinché si renda conto che il problema non è dato dal nudismo bensì proprio dall’assenza di nudismo, dai tabù tessili relativi al nudo e alla sessualità: il nudismo è casomai la soluzione del problema.

Le ricette del “Cuoco Nudo”: Risotto viola con gocce di verde


Ingredienti (per 4 persone)
Per il brodo.
1 polpo da 2,5kg, 1 spicchio d’aglio, 1 gamba di sedano, 1 carota, mezza di cipolla, 2 peperoncini, mezzo limone 5 grani di pepe nero, sale grosso q.b., 5l di acqua.

Per il risotto.
350g di riso, un quarto di cipolla, 2 cucchiai di olio extravergine di oliva, 4l di brodo di polpo, 25g di piselli secchi tagliati, 1 bicchiere di vino spumante molto secco.

Risotto viola con gocce di verde

Preparazione
Iniziamo con la preparazione del brodo, che va fatta almeno 6 ore prima del pranzo.

Prendere una pentola a bordi molto alti e abbastanza larga: il polpo deve poterci stare adagiato di piatto. Metterci dentro il polpo, coprire abbondantemente con acqua fredda, aggiungere la mezza cipolla, lo spicchio d’aglio, la gamba di sedano tagliata in due parti, la carota tagliata in quattro parti, i due peperoncini interi, il limone tagliato in due parti, i grani di pepe nero e il sale grosso. Mettere al fuoco e, verificando ogni tanto che l’acqua non vada di sopra, lasciare bollire per un’ora, indi spegnere, coprire e lasciar raffreddare completamente lasciandoci dentro il polpo.

Al momento giusto mettere a scaldare il brodo di polpo e preparare il risotto. Il polpo lo potrete servire a parte in insalata (ad esempio in questo modo) o surgelare e tenere da parte per altra occasione.

In una casseruola adeguata versare i due cucchiai d’olio e mettere al fuoco a fiamma moderata. Quando l’olio si è scaldato aggiungere la cipolla e lasciar imbiondire lievemente. A questo punto aggiungere il riso e mescolare finché lo stesso non inizia a cantare. Bagnare con un bicchiere di vino spumante molto secco e attendere che asciughi quasi completamente. Aggiungere i piselli e, subito, bagnare con un mestolo di brodo. Mescolando continuamente e aggiungendo un mestolo di brodo alla volta man mano che asciuga, portare a cottura il riso. Quando il riso è cotto, spegnere la fiamma, aggiungere una noce di burro, mescolare per bene di modo che il burro si amalgami per bene al riso, impiattare e servire. Volendo potete decorare il piatto con due riccioli fatti con le punte dei tentacoli del polpo.

Servire con vino spumante molto secco, ben freddo.

Le ricette del “Cuoco Nudo”: Insalatona di polpo


Ingredienti (per 4 persone)
1 polpo da 2,5kg, 4 patate, 50g di radicchio o altra insalata rossa, 50g di valeriana o altra insalata verde, 1 spicchio d’aglio, 1 gamba di sedano, 1 carota, mezza di cipolla, 2 peperoncini, mezzo limone 5 grani di pepe nero, sale grosso q.b., 6l di acqua, due cucchiai d’olio extravergine d’oliva, il succo di un’arancia.

Preparazione
Iniziamo con la preparazione del polpo, che va fatta almeno 6 ore prima del pranzo.

Prendere una pentola a bordi molto alti e abbastanza larga: il polpo deve poterci stare adagiato di piatto. Metterci dentro il polpo, coprire abbondantemente con acqua fredda, aggiungere la mezza cipolla, lo spicchio d’aglio, la gamba di sedano tagliata in due parti, la carota tagliata in quattro parti, i due peperoncini interi, il limone tagliato in due parti, i grani di pepe nero e il sale grosso. Mettere al fuoco e, verificando ogni tanto che l’acqua non vada di sopra, lasciare bollire per un’ora, indi spegnere, coprire e lasciar raffreddare completamente lasciandoci dentro il polpo.

Quando il polpo si è raffreddato fate lessare le patate: lavare per bene le patate non sbucciate, ponetele in una pentola a bordi alti, copritele con acqua fredda, aggiungete un poco di sale grosso e mettete al fuoco, lasciando bollire lentamente fino a completa cottura (potete verificarla infilzando i rebbi di una forchetta nelle patate: se entrano applicando solo una leggera pressione sono cotte). Scolatele e sbucciatele, poi tagliatele a grossi pezzi e ponetele in una capiente insalatiera.

Nel frattempo mondate e lavate l’insalata, tagliate anche questa a grossi pezzi e aggiungetela alle patate.

Prelevare il polpo dal suo brodo (che potremo utilizzare sia per un brodino tutto particolare e squisito, magari alleggerendone il forte sapore con un quarto di acqua, sia per fare dei risotti, ad esempio questo “Risotto viola con gocce di verde”, o per bollirci altro pesce) e tagliarlo a pezzettoni: prima isolare i tentacoli dalla testa, poi procedere al taglio; io preferisco lasciare attaccata la pelle, ma se volete potete levarla facilmente e ottenere un piatto più bianco e aristocratico 🙂

Versate i pezzi del polpo sopra quelli delle patate e mescolate delicatamente.

Bagnate con il succo di arancia, versate i due cucchiai di olio extravergine di oliva, mescolate ancora per distribuire uniformemente il condimento e servite ben freddo, accompagnando con del vino bianco ben secco e fermo.

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