Archivio mensile:aprile 2016
#TappaUnica3V, breve intervallo
Dopo un breve periodo di stasi totale dedicato a rilanciarmi sul lavoro, con il morale sensibilmente risollevato dai primi lievissimi vagiti di ripresa, rieccomi in cammino sulle sempre più vivide tracce di TappaUnica3V. Per ora solo due uscite leggere, ma presto dovrò necessariamente passare alle prove di lunghezza e di regolarità le cui tabelle di marcia sono da tempo già posate sul mio tavolo.
Sabato 16 aprile
Allenamento condiviso con gli amici di Mondo Nudo che ricalca uno dei giri già fatti in solitaria: partenza da Caino, salita all’Eremo di San Giorgio per il sentiero 383, discesa al Passo del Cavallo seguendo il 3V, lieve risalita a Boatica e da qui rientro in discesa al punto di partenza.
Al venerdì sera registro una sola partecipazione, avendo (ovviamente) accettato un piccolo incarico di lavoro per il tardo pomeriggio mi accordo con Alessandro per anticipare l’orario di ritrovo ed accorciare l’escursione: invece di scendere al Passo del Cavallo andremo a prendere il sentiero 385 che ritorna direttamente a Caino percorrendo il crinale del Monte Tromet.
La mattina è fresca ma il cielo terso promette bene e infatti, anche con la complicità di un passo piuttosto sostenuto, dopo una mezz’ora di cammino possiamo liberarci dei vestiti. Velocemente risaliamo anche l’ultima ripida balza e perveniamo alla cresta spartiacque tra la valle di Nave e quella di Lumezzane, anch’essa incredibilmente deserta, per la quale in breve siamo all’eremo. Breve pausa per goderci l’ampio panorama che, grazie alla limpida giornata, spazia fino al Lago di Garda e al Monte Baldo, poi ci rimettiamo in cammino.
Salvo due brevi parziali rivestimenti, nudi camminiamo fin quasi al fondo valle, godendoci le piacevoli sensazioni dell’aria e del sole sull’intera pelle, mentre il corpo ci ringrazia per avergli finalmente ridonato il suo più ampio e naturale respiro, è un vero peccato doversi rivestire!
Domenica 17 aprile
Ogni promessa è debito e ora eccoci qua, io e mia moglie a seguire il bel giro dell’itinerario 503 di Gavardo. A differenza di ieri il cielo è grigiastro e a sprazzi compare anche la pioggia, poche grosse gocce che a fatica oltrepassano il mantello foglioso del bosco ma che comunque contribuiscono a mantenere bassa la temperatura.
I chilometri si sommano ai chilometri, salita poi discesa, di nuovo salita, ripidissima asfaltata salita che mette alla prova la resistenza delle gambe e dello spirito. Seduti al bordo di verdi prati, per tetto le fronde di alcuni alberi, ci fermiamo a mangiare qualcosa e poi via di nuovo in camino per l’ultimo tratto di salita a riprendere il sentiero percorso in mattinata. Discesa e, dopo aver percorso un totale di tredici chilometri, siamo di nuovo a Gavardo.
#TappaUnica3V, finalmente libero!
Fine settimana leggero, eppure importante: come ho già scritto in queste ultime settimane, a causa di problemi economici, sono piombato in uno stato di depressione e avevo iniziato a pensare di mollare tutto, ma mi sono accorto che gli allenamenti che sto facendo, oltre a darmi carica e grinta, mi concedono un attimo di stacco permettendomi di meglio ragionare sulle azioni da intraprendere per superare questo brutto momento, ecco che TappaUnica3V assume un ulteriore imprevisto significato: ancora di salvataggio!
P.S.
Avevo giurato a me stesso di non cedere più alla tentazione di fare polemica, ma vista la recente espulsione che un gruppo di Facebook ha comminato a mia sorella rea di aver condiviso alcuni mie articoli (dove le foto interne mostravano nudità ma non quella riportata nei post sul gruppo), a titolo educativo, mi sento in dovere di pubblicare questa breve precisazione, spero possa essere l’ultima.
Più sotto appaiono due foto in cui sono palesemente nudo, se qualcuno ha qualcosa da recriminare in merito… cresci e matura: Tesio di Serle, un luogo dove ogni domenica tante famiglie si ritrovano a fare il picnic, ecco il cartello sulla porta del bagno chimico in loco installato (presumibilmente lo stesso appeso alla porta di ogni bagno chimico installato da questa azienda in ogni luogo pubblico).
Torniamo a noi…
Sabato 2 aprile
Al risveglio, contrariamente al previsto, la mattina si presente coperta e freddina per cui ripongo nello zaino l’abbigliamento leggero (sperando di poterlo poi comunque utilizzare) e recupero dall’armadio quello più pesante che indosso direttamente. In serata ho un impegno e devo risparmiarmi pertanto il percorso programmato per oggi è, rispetto ai propositi, leggero: solo venti chilometri per millecinquecento metri di dislivello con un tempo di tabella totale tra le otto e le nove ore.
Alle sette parto da casa e dopo mezz’ora sono a San Michele di Gardone Val Trompia da dove inizia l’escursione. L’avvio è facilitato da una prima parte su strada con pendenze leggere e quando arrivo alla salita il mio fisico è pronto supportarla: sebbene ci siano tratti estremamente ripidi e nonostante un passo abbastanza sostenuto supero i primi duecento metri di dislivello senza la minima necessità di riprendere fiato. La temperatura s’è un poco alzata e, con la complicità dello sforzo, è da un po’ che soffro il caldo: maglia e pantaloni finiscono nello zaino e… finalmente libero!
Riappropriatosi del suo naturale respiro il mio corpo quasi immediatamente smette di sudare e riprende il suo magico colloquio con l’ambiente che lo circonda, che piacevolezza poter nuovamente marciare senza nulla addosso se non quel minimo che, purtroppo, risulta indispensabile: scarpe e zaino. Cammino nel bosco e i miei peli vibrano all’unisono con gli steli dell’erba, la mia pelle cattura tutte le frequenze che mi circondano: gli inni delle foglie mosse dal flebile vento, l’ondulazione più o meno frenetica provocata dal canto di un’invisibile allodola, il calore del più esile raggio di sole che filtra tra le fronde degli alberi che mi sovrastano. Immerso in questa straordinaria valanga di sensazioni nudo procedo sulla stradina che ora ha preso il posto del sentiero, alla mia sinistra s’intravvede un lembo di cielo e un’ombra veloce lo percorre a lunghi balzi, riconosco la sagoma del capriolo, mi blocco, si blocca, ci osserviamo, lentamente estraggo la macchina fotografica dalla sua custodia, la boscaglia lo mimetizza, attendo nella speranza che scenda ad attraversare la stradina, così non avviene, dopo alcuni lunghi minuti lentamente si allontana restando nel fitto del bosco e solo l’immagine fissata nella mia mente può rievocare questo fantastico incontro.
Riprendo il cammino, la stradina si fa strada sterrata, costeggio una casa che appare isolata ma è solo la prima di un piccolo nucleo abitativo dolcemente immerso nel bosco. Non c’è anima viva, tutto tace e allora continuo il mio naturale cammino, calzo i pantaloncini solo quando percepisco la vicinanza alla chiesetta di Sant’Urbano posta su una strada che, seppur sterrata, è di traffico frequente. Per farlo malamente appoggio lo zaino ad un albero e questo scivola a valle iniziando a rotolare nell’erto pendio ricoperto di foglie secche, senza pensarci più di tanto mollo quanto ho in mano e mi lancio, nudo, all’inseguimento, dopo una ventina di metri riesco a raggiungerlo e nel piegarmi per fermarlo un piede s’incastra in qualcosa, salto mortale e ripiombo a terra proprio sullo zaino, le gambe infilate sotto un piccolo tronco caduto a terra che ostruisce il passaggio, mani e le ginocchia appoggiate allo stesso, lo zaino fermo appoggiato al mio fianco sinistro: manco a farlo apposta sarei riuscito a tanto e tanto bene!
Lestamente risalgo alla strada, solo qualche lieve escoriazione testimonia l’acrobatica impresa, metto i pantaloncini e riprendo il mio cammino verso l’ancora lontana meta. Un lungo tratto di strada che alterna tratti cementati ad altri sterrati, come avevo previsto qui incontro un gruppo di giovani imbacuccati a più non posso, palese sui loro visi la sofferenza di un corpo che non respira, di un caldo soffocante: “come cacchio fanno a camminare in quello stato?” Va beh, tante teste tante crape dice un famoso proverbio, fedele al mio credo “che ognuno sia libero di vestirsi come più gli garba” cordialmente saluto e procedo oltre. Arrivo alla fine della lunga discesa, abbandono la strada principale per imboccare quella che mi porterà verso la base della cresta sud-est del Monte Pizzoccolo, tre macchine parcheggiate m’inducono a restare con i pantaloncini. Avrei fatto meglio a toglierli: senza incontrare persona arrivo sudaticcio alla base della cresta. Velocissimamente ne supero un primo breve tratto e m’avvedo che nessuno la sta percorrendo indi decido di ridonare fiato al corpo: i pantaloncini tornano nello zaino.
In poco più della metà del tempo di tabella sono all’ultima balza che precede la vetta, a malincuore rimetto i pantaloncini che ormai dovrò tenere indosso fino a casa: la via di discesa (Pizzoccolo, Passo Spino, Rifugio Spino, San Michele) è molto frequentata, un uomo solo nudo ad oggi, purtroppo, sarebbe qui malamente inteso… purtroppo e… per ora!
Domenica 3 aprile
Tanto per non stare fermo e per rintuzzare la brevità dell’uscita di ieri, oggi una breve piacevolissima escursione in compagnia di mia moglie sui monti di casa. Si va piano ma neanche troppo, restiamo perfettamente nelle tabelle, e in ogni caso anche questo è utile al mio allenamento: mi prepara psicologicamente al blando ritmo che dovrò tenere durante il giro finale.
Il mio corpo deve purtroppo subire nuovamente la gogna del vestiario, fortunatamente fin da subito solo i leggerissimi pantaloncini da corsa con sottilissima mutandina integrata che mi solleva quantomeno dall’uso della più classica e disastrosa mutanda. In cambio posso riassaporare il piacere d’una bella sosta pranzo al culmine della salita, per giunta in compagnia e mangiando cibi normali al posto delle insane barrette. Ci è mancata solo una bella birretta o, meglio ancora, un mezzino di buon vino rosso. Rimedieremo!
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