Archivio mensile:novembre 2016
Ricordi d’infanzia
Mi rimangono alcuni ricordi della mia infanzia che riguardano la mia nudità.
1. Seconda elementare appena iniziata, ottobre. Adoro il mio maestro, mi faccio in quattro per la sua approvazione. Mi slego, il cervello comincia a girare, ad aprirsi: tutto mi interessa, di tutto sono curioso. Studiare è un piacere, un gioco, un’avventura, una caccia al tesoro.
Era forse un giovedì, allora si faceva vacanza, verso le quattro o le cinque del pomeriggio. Non fa ancora freddo e l’uscio di casa è aperto. Mia mamma mi ha fatto il bagno, mi ha messo a sedere sul tavolo della cucina e mi sta asciugando. Passa questo maestro che era stato da un nostro vicino elettricista. Ci riconosce e, come si dice, “mette dentro la testa” per un saluto.
Non sento per nulla vergogna del mio essere nudo. E credo che a quell’epoca non la sentissi con nessuno. Caso mai il contrario: il fatto che il maestro mi vedesse nell’intimità della vita quotidiana e durante il bagno era eccezionale e proprio questa sua eccezionalità non poteva che aumentare il legame di confidenza, di familiarità, di apertura col maestro. Questo semmai ricordo, non che mi sentissi vergognoso, a disagio, “scoperto”. Ed è una sensazione che ho ritrovato fin dalla nostra prima escursione, quando il vetro affumicato del pudore, dell’inaccessibilità di certe parti “protette” agli sguardi, d’incanto è caduto in frantumi, lasciandomi la gradevole sensazione di un’espansione, di una liberazione, di un respiro fresco e profondo, come anche di una solidità perfetta e affidabile in me stesso nei confronti degli altri, con quell’unico corpo che avevo… e che ho.
2. Un paio d’anni dopo frequentavo la quarta o la quinta elementare. Era il periodo delle enciclopedie comprate a rate. La Mondadori ne aveva tradotta una americana, I mondi dell’uomo, che continuamente sfogliavo, la divoravo avidamente. Finché un giorno arrivò il volume sesto “Uomo, famiglia, società” e vidi la fotografia di alcune persone nude sedute a dei tavolini di un bar, come fosse una cosa normale! Quella fotografia mi incantava, mi attirava, tornavo spesso a guardarla. Fosse stato possibile, mi sarei tuffato nella fotografia per trovarmi come per magia in quella realtà. Mi sentivo i nervi vibrare, li sentivo agitarsi come vibrisse o tentacoli, antenne radar in traccia di qualcosa di bello e allettante.

Da un’enciclopedia delgi anni ’60
La didascalia mi ritornò ogni tanto alla memoria, sibillina e promettente, e ogni volta mi faceva riflettere: dimenticata la prima parte, mi rimaneva da un lato la tolleranza e dall’altra la ferma riserva di quel “costoro”, davvero sprezzante, che svelava un giudizio di condotta a dir poco riprovevole.
Non sapevo nulla di sesso, qualcosa che ancora non esisteva. Ma già ero pieno di strana elettricità: la situazione specialissima di persone nude, ma normali e tranquille! «Ma non hanno vergogna?» mi chiedevo. Vedendomi al contrario come dentro la tuta e scafandro di un palombaro… come se quell’altra realtà, quel mondo da utopia che vedevo nella fotografia, per quanto normale, naturale e possibile, fosse da vivere per assaggi brevissimi, come in apnea, perché era troppo, era esagerato e non si potesse resistere a lungo senza in qualche modo morirne.
Terrori che assalgono i bimbi che a lor modo capiscono per vaghe allusioni, malcerte spiegazione e poi provvisoriamente reincollano i cocci. E ne traggono regole di buona condotta, modesta e decente. Regole che da buoni neofiti si assolutizzano e diventano di una serietà e severità da tribunale.
3. Il terzo ricordo mi riporta alla prima media, quando non ho più voluto che mia mamma mi assistesse quando facevo il bagno. Tutto il mistero stava laggiù, nelle parti basse, nel piciolino che nessuno doveva vedere. Avevo un segreto inviolabile: né per fiducia, né confidenza sarebbero riusciti (“loro”, gli “altri”) ad infranger lo scudo: “soldato di Cristo”, cresimato, chierichetto…
Rimase alla fine solo l’occasione, la complicità dei primi giochi innocenti e azzardosi con cugini o compagni: il solito “giochiamo ai dottori?”, col respiro che si mozzava in gola prima di finir le parole; o la vista reciproca del sancta sanctorum contrattata al centesimo, sincronizzata al secondo. E furtiva, brevissima, curiosità ancora una volta insoddisfatta. Oramai moneta di scambio: vederci il corpo come tagli di carne bovina appesi in macelleria.
Uffa!
Ma poi finalmente si cresce, non ci si sta più nei vestiti. A strappar la camicia, far saltare i bottoni non è un Nembo Kid in incognito, l’incredibile Hulk, un licantropo inconsapevole, ma semplicemente noi stessi, come fin dall’inizio avremmo potuto già essere: senza scafandri, divise, vestiti decenti e modesti, camicia bianca dei giorni di festa.
Intervistato da #RadioPopolare @radiopopmilano
Finalmente, dopo due settimane di attesa a causa di miei impedimenti e un rinvio per problemi loro, stamattina alle sei e quaranta sono stato intervistato da quelli di Radio Popolare nell’ambito del programma giornaliero Snooze. In origine l’intervista doveva andare in onda nell’ambito del programma sportivo “Olio di Canfora” che ha luogo una volta alla settimana al lunedì a cavallo delle dieci, poi è stata spostata e forse è anche meglio: pare che la mattina presto ci sia più gente in ascolto e probabilmente anche intenta a mansioni che rubano meno spazio alla concentrazione e alla successiva rielaborazione di quanto ascoltato.
Non sapevo che domande mi avrebbero fatto, d’altra parte era abbastanza semplice prevederle. Solo una, la prima, quella sulla differenza tra naturismo e nudismo, non l’avevo messa in conto e mi hanno preso un poco alla sprovvista, anche perchè l’emozione un poco si è fatta sentire. Mi ci sono perso via un attimo e solo pochi secondi dopo la chiusura del collegamento mi sono ricordato che avevo coniato una frase semplice e chiara che ho utilizzato più volte e che, ora, ho pensato bene (seguendo un vecchio consiglio di mia sorella) di scrivere in un punto del blog che la tenga sempre in visione. La riporto anche qua sotto:
Naturismo: corrente letteraria del romanticismo che scriveva di natura; in ambito nudista stile di vita che usa il nudo come mezzo per avvicinarsi alla natura.
Nudismo: stile di vita che ha il nudo come fine.
Va beh, è andata, per il resto, tenendo sotto controllo un leggero tremore e sfruttando al meglio il poco tempo disponibile, mi sembra d’essere riuscito a dire quello che c’era da dire. Alcune domande che speravo mi venissero fatte sono mancate, qualcosa sono comunque riuscito a inserire , altro no, ma… da cosa nasce cosa, potrebbero seguire altre opportunità, magari con più tempo. Nel frattempo chi vuole può trovare tantissime cose qui sul blog oppure, meglio ancora, partecipare alle nostre escursioni e ottenere le risposte dal vivo: non c’è obbligo alla nudità, ognuno segue la propria confortevolezza e nel gruppo ci sono anche amici che preferiscono stare vestiti o che si spogliano solo parzialmente.
Ringrazio Dario Falcini che è stato il primo a contattarmi per conto di Radio Popolare, poi tutti i conduttori della trasmissione, in particolare Alessandro Braga che ha gestito l’intervista: è stato gentilissimo e mi ha fatto belle domande. Grazie!
(Ri)Ascolta l’intervista, tramite il sito di Radio Popolare, cliccando sull’immagine sottostante.
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#TappaUnica3V si riparte e… non ci credo nemmeno io
Anche se invero, avendo praticamente da subito deciso di ripetere il viaggio nel prossimo anno, non ho mai realmente interrotto gli allenamenti effettuando escursioni anche piuttosto impegnative sempre in solitaria e sempre a ritmi sostenuti, diciamo che fino a poche settimane addietro il pensiero ancora non era immerso e sommerso dalle necessità specifiche di TappaUnica3V, ora, invece, seppur mescolandolo alle esplorazioni per le escursioni di VivAlpe 2017, si riprende con l’allenamento mirato.
Il viaggio 2016 mi ha insegnato tante cose (che andrò man mano spulciando nei futuri articoli su TappaUNica3V), tra queste, confrontando i miei tempi di marcia con quelli programmati, si è evidenziata la necessità di incrementare la mia velocità di cammino, in particolare su quelle salite che mantengono a lungo una forte pendenza ed è così che ho iniziato i relativi lavori di potenziamento organico, muscolare e d’equilibrio, si equilibrio perché quando il passo supera una certa soglia e il terreno non è propriamente liscio e regolare questa caratteristica viene messa alla prova, e non solo in discesa, ma anche sui piani e perfino nelle più dure salite.
All’equilibrio avevo già, per altri motivi (la mia cronica perdita di equilibrio passando dalla posizione sdraiata a quella in piedi), positivamente dedicato diverse sedute casalinghe a settembre, poi con la ripresa della scuola avevo allentato finendo con l’interrompere del tutto, comunque i miglioramenti ottenuti si sono mantenuti quasi inalterati e l’effetto si nota anche sul cammino e la corsa. Ecco, cammino e corsa, soprattutto corsa, è a questa che sto ora dedicandomi: obiettivo riuscire a correre in continuo per almeno un’ora su sentiero in salita di buona pendenza, ad oggi ci riesco solo in discesa che, stando attento a non sollecitare troppo le ginocchia (ci sono finezze tecniche che si possono applicare in tal senso), ho comunque riscontrato essere un buon allenamento per i quadricipiti e se qualcuno mi viene a dire che non si fatica a correre in discesa gli suggerisco di venire con me una volta, poi ne riparliamo.
Sabato scorso (29 ottobre) nel tardo pomeriggio, tanto tardo che ho rischiato di fare notte ancora nel bosco (ed ero senza frontale), sono andato ad esplorare un sentiero vicino casa che, stando alle cartine topografiche, dovrebbe collegare il Colle di Sant’Eusebio con il Monte Tre Cornelli, un sentiero che parte pianeggiante e invita subito alla corsa. Avendolo sbagliato due volte, a causa dei numerosissimi bivi presenti, non sono riuscito a completare l’esplorazione, però sono riuscito a svolgere un ottimo lavoro di potenziamento e rientrato alla macchina le gambe manifestavano apertamente la loro dolorosa soddisfazione.
Domenica (30 ottobre) l’escursione di VivAlpe 2016 al Tremalzo che, seppure di discreta lunghezza (quattordici chilometri in proiezione piana), dato il limitato dislivello e il passo tranquillo, non ha sollecitato più di tanto le mie gambe ancora dolenti.
Oggi (1 novembre) altra esplorazione per VivAlpe 2017 stavolta però su percorso segnalato: quello che ho chiamato “Anello del Monte Magnoli” sopra Villa Carcina (Val Trompia – BS), nove chilometri per seicento dieci metri di dislivello (in unica tratta). È un bel percorso quasi interamente su strada sterrata, inizia con una salita di moderata pendenza e solo dopo un bel tratto, quando la strada si fa sentiero, inserisce alcuni brevi strappi per poi su cemento portare alla massima quota (Monte Magnoli) dalla quale prima si affronta un lungo traverso che alterna brevi salitelle ad altrettanto brevi salite intercalando il tutto con lunghi tratti pressoché pianeggianti, poi la discesa a Villa Carcina che alterna facili tratti cementati ad altri decisamente più tecnici su ripido sentiero cosparso di sassi e placchette rocciose. Partito di corsa (lenta) sono passato al passo dopo qualche centinaia di metri e così ho continuato fin quasi sulla vetta del Magnoli dove, favorito dal liscio cemento, ho ripreso la corsa. Traversata per metà e discesa quasi interamente le faccio di corsa rientrando a Villa Carcina senza dolori, ne alle gambe (solo leggermente indolenzite) ne alle ginocchia (che però ogni tanto qualche leggera fitta l’hanno data), buono, anzi buonissimo, specie considerando i tempi: ancora non ci credo, le tabelle darebbero tre ore e cinquanta minuti, io avevo programmato tre ore e alla fine ci ho messo… novanta minuti, ovvero un’ora e mezza. In pratica ero già rientrato alla macchina quando, stando alle tabelle, sarei dovuto arrivare a un terzo del percorso, quasi al termine della salita; la discesa finale fatta in tredici minuti contro i quaranta della tabella. Si, si, non male, ma devo crescere ancora, devo riuscire a correrlo per intero un percorso del genere.
Alla prossima!
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