Archivio mensile:luglio 2022
Responsabilità sociale
Viviamo nella società e ogni nostra azione si riflette inevitabilmente su di essa, sbagliato pensare che l’azione del singolo non possa influenzare la massa. Infatti, se è vero che non c’è un collegamento diretto e immediato tra singolo e massa, è altrettanto vero che ognuno di noi comunica con molti altri. Con tale comunicazione ognuno influenza il pensiero degli altri e la storia si ripete per ognuno di questi altri e così via fino a coinvolgere l’intera società.
Malattie quali l’anoressia e il bulinismo dipendono dal rifiuto del proprio corpo, il quale dipende dagli stereotipi sul corpo, i quali dipendono dai messaggi pubblicitari , i quali dipendono da quello che la gente prende per buono, il quale dipende da quello che le persone pensano del corpo, il quale dipende da quello che i singoli pensano della nudità, il quale dipende dai condizionamenti che tali singoli hanno ricevuto durante la loro formazione nei primi dieci anni di vita, i quali dipendono da quello che era il pensiero dei genitori, il quale dipende da quello che è il pensiero della società, il quale dipende dall’insieme di tutti i passaggi precedenti.
Possiamo cambiare il punto di partenza ma il processo è sempre questo e il punto di arrivo sempre lo stesso: volenti o nolenti, tutti, persone fisiche e persone giuridiche, abbiamo una responsabilità sociale che non possiamo ne rinnegare ne ripudiare ne ignorare.
Fare in modo che gli stereotipi si annullino è responsabilità di tutti; fare in modo che il rispetto globale si diffonda è responsabilità di tutti; ripristinare la normalità del nudo, necessaria ai primi due obiettivi e a tanti altri altrettanto importanti, è responsabilità di tutti.

VivAlpe 2022, e siamo a quattro
Anno di regolarità, finalmente, pur con la dovuta attenzione ad una situazione non ancora del tutto normalizzata, ma senza lasciarsi dominare dall’isteria giornalistica.
Anche le uscite di giugno e luglio sono andate a buon fine ed eccone la dovuta relazione.
19 giugno si sale al Costone di Valbona, un crinale inizialmente erboso che dalla cima Trabucco, alternando tratti piani ad altri particolarmente ripidi, sale fino a raggiungere la cresta occidentale del Monte Frerone. La zona è prossima alla frequentatissima Bazena e la prima parte dell’itinerario è in comune con la salita al Lago della Vacca, ma poi ci si discosta per addentrarsi in una conca dove in genere s’incontrano solo le mandrie al pascolo.
Arriviamo al parcheggio della Bazena in orario non propriamente matttiniero e, pertanto, a fatica troviamo posto per le nostre auto, ma alla fine ci riusciamo e possiamo metterci in cammino. Mescolati a decine di altri gruppetti di escursionisti, minimamente vestiti risaliamo il ripido tratto iniziale. Giunti a Malga Val Fredda abbandoniamo la numerosa compagnia tessile e il poco tessile che ancora avevamo addosso. Passiamo Malga Valbona, dove ancora i pastori non sono saliti, e ci inoltriamo nella verde conca che conduce al crinale del Costone di Valbona. Sul finire della salita, quando abbiamo da poco abbandonato il sentiero per puntare alla prima gobba del costone, dal Monte Trabucco arriva una numerosa comitiva che, senza scomporsi o dare segni di ostilità, passa un centinaio di metri sotto di noi.
Giunti sul crinale rivelo la nostra meta, la già citata prima gobba del costone di Valbona, che ci sovrasta con un ripidissimo pendio erboso. Sono solo duecento metri di dislivello ma la forte pendenza mette alcuni in apprensione e li induce a fermarsi in un punto piano e panoramico, sebbene assolato. In una decina raggiungiamo la meta, lascio il tempo ai miei compagni per godersi la vista e riprendere fiato poi, con un largo giro per sfruttare pendii meno ripidi, ritorniamo al resto del gruppo. Questi, grr, non ci hanno atteso e si sono già rifocillati per bene, poco male, abbiamo parecchio tempo diponibile per la sosta. Mentre mangiamo e ci godiamo momenti di frescura creati dal passaggio delle classiche nuvole del mezzogiorno, dal Trabucco arriva un numerosissimo plotone di persone, quando passano sotto di noi notiamo essere composto da molti ragazzi, probabilmente trattasi di una escursione della colonia Pian di Campo sita poco sopra Campolaro. Pure tranquilli passano, molto più vicine, tre persone arrivate dai pendii alle nostre spalle, forse cacciatori visto che dalla loro direzione di arrivo non ci sono sentieri, comunque gente del posto.
Dopo circa un’ora e mezza riprendiamo il cammino, la discesa avviene per lo stesso percorso di salita eccetto nell’ultimo tratto dove prendo un sentiero, ancora a me sconosciuto, che ci permette di evitare una risalita. Qualche infido passaggio e siamo alla base del pendio dove un torrente invita a una pausa rinfrescante. Giunti a pochi metri dalla Baita del Pastore Rasmulì, dove pare stiano facendo le pulizie, ci rivestiamo per percorrere l’ultimo tratto e reimmergerci nell’incomprensibile, specie visto il sole e il caldo, distesa di tessuti, tra i quali alcuni mini costumi che ben poco lasciano all’immaginazione.
Birretta al rifugio Tassara e poi via, ognuno verso casa propria. Questa escursione rinnova un insegnamento: quando nudi s’incontrano persone vestite, mantenendo un atteggiamento di spontanea naturalezza (cosa che non è il frettoloso rivestimento, specie dopo essere stati visti nudi) si induce sempre una risposta positiva, pur nel comprensibile attimo di sorpresa o anche di titubanza.



Passano le settimane ed eccoci al 17 luglio, dovevamo essere una decina ma, alla fine, a Malga Lincino, punto di partenza per l’itinerario odierno, ci ritroviamo in cinque. La temperatura al momento è decisamente gradevole, per non dire freschina, ma il cielo terso fa presagire che ben presto le cose cambieranno.
Con la dovuta calma, sorpassati da decine e decine di altri escursionisti (ma siamo noi ad andare troppo piano o sono tutti diventati dei corridori?), risaliamo le famose Scale dell’Adamè: un’antica mulattiera che, con tratti gradinati e parecchi tornanti, risale il ripidissimo salto che separa la parte bassa della valle da quella alta. In cinquanta minuti abbiamo superato i quattrocento metri di dislivello e d’innanzi a noi appare la lunghissima piana della Valle Adamè. Ignorando il rifugio posto sul’altro lato dell’impetuoso torrente, ci incamminiamo nella verdissima piana e, come immaginavo, siamo in compagnia di molte persone, cosa che ci invita a non togliere anche gli ultimi minimi rimasugli di vestiario: spero che più avanti, superato il secondo rifugio, le cose cambino.
Eccoci al secondo rifugio, senza sosta proseguiamo verso quello che sembra il paradiso nudista e invece… invece è un continuo stillicidio di persone, alcune che salgono altre che scendono, non c’è fine, riusciamo a metterci nudi solo una volta che, arrivati a fondo valle, in una bellissima piana conca erbosa troviamo un posto tra i massi leggermente (trenta metri, più o meno) discosto dal sentiero principale.
Una lunga sosta (un’ora e mezza) per mangiare e godere del sole e dell’aria e poi si ritorna a valle, un lungo ritorno visto che il lungo pianoro iniziale non differenzia i tempi e anche la complessità delle Scale dell’Adamè di poco rende il passo più veloce che in salita (anche per il peso dei formaggi comprati a Malga Adamè).
Escursione molto vestita quella di oggi, ma non per questo meno bella, d’altra parte non andiamo in montagna per stare nudi ma ci mettiamo nudi per meglio apprezzare la montagna, cosa che non esclude lo stare vestiti: l’obiettivo è pur sempre la montagna e il piacere del cammino. Per ora e probabilmente ancora per tanto tempo (secoli di condizionamento non si superano in pochi anni), è e saranno necessari dei compromessi e delle rinunce: intanto sappiamo che questa zona non è adatta al cammino nudo, quantomeno non la domenica del periodo centrale dell’estate.





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