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Articoli sulle motivazioni del nudismo
Perché vivere nudi?
Ci possono essere tante motivazioni che inducono a spogliarsi la prima volta e ne ho già parlato, ma c’è un solo grande motivo per il quale, dopo la prima volta, si continua a stare nudi: perché è semplicemente e superbamente normale!
La smania del… Perchè

C’è una domanda che ricorre spesso nella relazioni tra persone: perché!
Perché arrampichi? Perché fai subacquea? Perché fai questo lavoro? Perchè stai compiendo questi studi? Perchè ti vesti così? Perchè ti comporti così? Perché stai nudo? Perchè questo? Perchè quello? Perchè? Per quasi qualsiasi cosa abbia fatto o faccia c’è sempre stato qualcuno, anzi ci sono sempre stati diversi che mi chiedevano il perché, e così è successo e succede a tanti amici, penso di poter dire che succede a tutti.
A prima vista può sembrare un comportamento naturale, insito nella istintiva curiosità dell’essere umano, ma, osservando che queste domande vengono soprattutto formulate per quegli atteggiamenti che escono da quello che la massa o colui che pone la domanda ritengono “normale”, non è che ci sia dietro anche o soprattutto un’educazione al conformismo? Non è che ci sia dietro la precisa volontà di una società improntata all’autodifesa e che, pertanto, insegna a chiedersi il perché delle cose prima ancora di conoscerle, prima ancora di provarle che è l‘unica vera via alla conoscenza e alla risposta (tant’è che spesso le risposte vengono rifiutate e contestate).
Vogliamo riappropriarci del piacere del fare, del piacere d’essere spontanei, di vivere secondo desiderio e non secondo altrui volontà, altrui raziocinio, altrui imposizione? Invece di chiederci il perché delle cose, facciamole, facciamo quello che la mente ci suggerisce di fare, quello che l’indescrivibile forza interiore del desiderio ci spinge a fare. Ecco, per vivere meglio, per vivere più felici, per rendere più semplici le relazioni interpersonali, per crescere ed imparare dobbiamo iniziare a fare e smettere di chiedere.
Basta con i perché, facciamo, facciamo, facciamo!
L’ebbrezza
Come graditissimo regalo di Natale ricevo questo bel racconto di (auto) iniziazione al nudo e con immenso piacere lo giro a tutti i miei lettori, in particolare a quelli che, ancora, sono titubanti, che, ancora, esitano a prendere la decisione di togliersi le vesti e assaporare il piacere di un corpo interamente libero, l’incredibile sensazione di respiro totale che solo il nudo può dare.

Avere 19 anni e trovarsi di fronte ad un annullamento quasi totale di momenti “forti” nella propria emotività è devastante. E non parliamo di un alienato, ma di un teenager quasi normale, se non fosse per una patologia purtroppo tanto comune quanto atroce: il diabete, diabete tipo 1 per l’esattezza. Che giusto per far chiarezza è una malattia autoimmune scaturita per lo più da “falle” genetiche, e che non dipende assolutamente, come spesso si sente dire, dall’aver mangiato troppi dolci o cose del genere. Per farla in parole povere una parte del pancreas non funziona più, perché il tuo stesso sistema immunitario la vede come qualcosa di estraneo, e la distrugge! Già qui siamo davanti a qualcosa di molto triste se ci fermassimo a pensare… Tutto ciò porta a non produrre più l’insulina che altro non è che l’ormone che permettere di mantenere costante (insieme al glucagone) il livello di glucosio nel sangue, ovvero lo zucchero che le nostre cellule utilizzano come fonte di energia. Ora detta così non porta con sé tutti i reali problemi che per un diabetico effettivamente esistono dietro la parola diabete. Dietro di sé ci sono, infatti, tante altre problematiche di tipo fisico ma anche psichico.
Ma non è di tristezza e rassegnazione che si voleva parlare, quanto dell’ebbrezza, quella bella e sana, che alla fine dei conti muove realmente in mondo. Si parte dall’essere un diciannovenne diabetico quasi atrofizzato al dolore per poi ri-trovarsi ri-svegliato dai piaceri che soltanto la vita da nudista riesce a donarti, ancor meglio se il nudismo va oltre e si spinge in una concezione naturista. Ecco a voi le “memorie”:
Tutto è iniziato una mattina di luglio di due anni fa. Senza un motivo ben preciso mi sveglio molto presto, ancor prima che il sole faccia il suo arrivo e decido categoricamente di testare la filosofia naturista che ormai da qualche anno avevo attentamente studiato tramite internet, attraverso articoli e forum, all’interno dei quali leggevo quelli che in realtà erano stati dai sempre i miei pensieri e le miei idee. L’unico rammarico era quello di dover vivere l’esperienza da solo, senza alcuna figura che facesse me da mentore o semplicemente da compagno di avventure. Ma non mi ci soffermo su molto. Prendo il necessario e parto. Mentre sono alla guida sono carico di incertezze e allo stesso tempo euforico. A tratti ho una sorta di spasmi che non ho mai capito se dovuti all’ebbrezza o al fresco di prima mattina. La mia meta è la tanto decantata spiaggia del Troncone di Marina di Camerota, a circa un’oretta di auto dal posto in cui vivo. Arrivo che non sono nemmeno le 6 e 30 e stranamente trovo già qualcuno. Un signore che ha del pittoresco già con l’ombrellone bello che piantato nella spiaggia, un piccolo zainetto di quelli per contenere la colazione e naturalmente nessun costume. A parte la stranezza di trovare già qualcuno che popolasse la silenziosa e mitologica spiaggia, contenuta tra altissimi costoni di roccia ed un mare da far invidia le tanto paparazzate isole tropicali, inizio a sentirla, anzi ri-sentirla (visti i tremori avverti in auto) la tanto agognata ebbrezza: mi libero immediatamente di tutto e testo, avido di quelle emozioni che tanto ricordano il momento in cui venni al mondo, l’accarezzare gelido del mare di prima mattina sul mio corpo. Ma per davvero, non come ero abituato a fare, per davvero. L’ebbrezza e lì che prende il sole al mio fianco, mi accompagna per tutta la giornata e la cosa mi gratifica non poco. Ormai quella spiaggia fa parte di me ed ho imparato a conoscerla insieme ai tanti siti dedicati ai “nudi” disseminati in tutta Italia, ma di questo magari ne riparleremo…
#TappaUnica3V partenza! Seguimi in tempo reale
Eccoci al fatidico giorno della partenza, ovviamente non poteva mancare qualche dolorino, ma non mi faccio distrarre ne tantomeno fermare: alle 20 mi metterò in cammino nella convinzione che quest’anno chiuderò il conto col Sentiero 3V in modalità tappa unica.
Ecco il percorso completo in vista tridimensionale
Se vuoi studiare meglio il percorso vedi la relativa mappa dinamica sul mio profilo GPSies.
Se, a partire dalle 20 di questa sera, vuoi seguirmi in tempo reale clicca qua.
Camminare in montagna – Il nudo
Prosegue da… Abbigliamento: integrazione

Sebbene tutti in certe situazioni riducano ai minimi termini l’abbigliamento che indossano, pochi sono coloro che rimuovono anche quest’ultimo brandello di tessuto: i secoli di condizionamento sociale ci hanno resi più o meno refrattari ad ogni pulsione di spogliamento totalizzante, nel contempo l’abitudine all’abito ha inibito le nostre sensazioni epidermiche portandoci a sentire normale lo stare vestiti e anormale il mettersi a nudo. Invero, volenti o nolenti, il nudo è per sua implicita natura stato di norma di tutti gli esseri viventi mentre, al contrario, i vestiti sono un artifizio creato dall’essere umano in parte per opportune ragioni (proteggersi dalle intemperie, dal freddo, dagli elementi abrasivi o urticanti), in parte per motivazioni non comuni a tutte le culture e, pertanto, opinabili (camuffarsi, distinguersi, creare soggezione e/o suggestione, presunta igiene, veti religiosi, divieti legislativi o giuridici). Ecco che camminare (e ancor più vivere) nudi, a fronte di qualche svantaggio, comporta numerosi vantaggi, sia personali che sociali.
Partiamo dagli svantaggi!
Dipendenza
Come lo provi non ne puoi più fare a meno! Invero sarebbe da vedersi come un vantaggio ma allo stato attuale delle cose in Italia (e in buona parte del mondo) purtroppo diviene uno svantaggio, come vedremo nel seguito.
Sofferenza fisica

Già da vestiti camminando in montagna è inevitabile subire escoriazioni, spinate, orticate, irritazioni, abrasioni, così è inevitabile chiedersi cosa succede da nudi. Come prima cosa consideriamo che raramente circoliamo perfettamente coperti, anzi, con il caldo imperano pantaloncini e maglietta che lasciano libera una bella porzione di pelle, poi posso assicurarvi che la differenza non è notevole: i genitali sono in posizione piuttosto protetta (in quindici anni di nudo sono rimasto appeso a rami spinosi per il naso o per la palpebra di un occhio ma mai per il pene o lo scroto e vi assicuro che resto nudo persino nell’attraversamento di fitte boscaglie e spessi roveti), i glutei sono meno protetti ma visto che in genere si cammina verso l’avanti è ben difficile che vadano a sbattere contro qualcosa (mi sono graffiato testa, viso, spalle, schiena, torace, braccia e gambe ma mai i glutei), il problema si pone quando ci si siede e allora basta un piccolo telo o un maglione o una giacca. Debbasi osservare anche che:
- attraverso la nudità la pelle un poco si indurisce;
- il reiterarsi dei contatti dolorosi intensifica la nostra sopportazione del dolore o, per meglio dire, si abbassa la nostra percezione dello stesso, quantomeno in ragione dell’effetto delle erbe urticanti (personalmente ormai nudo attraverso impunemente anche i campi di ortiche);
- con un poco di attenzione il tutto si può contenere considerevolmente;
- tutto sommato ci si può pur sempre all’occorrenza rivestire.
Alla fine sono comunque piccole ferite e piccoli dolori che scompaiono in pochissimo tempo e che, come ben sanno coloro che in montagna ci vanno con intensità, sono parte del gioco, parte di quell’inclusione nell’ambiente che ogni escursionista ricerca e che solo il nudo permette di raggiungere.
Sofferenza mentale
La situazione legislativa italiana in merito alla nudità pubblica è piuttosto ambigua, di fatto non ne parla apertamente limitandosi a far riferimento ad una indefinita e indefinibile morale attraverso la definizione degli atti contrari alla pubblica decenza (altro termine indefinito e indefinibile). Nel tempo, in specie a seguito di condizionamenti religiosi, si è venuta a creare una convenzione giuridica che ha collocato la nudità pubblica nel contesto degli atti contrari alla pubblica decenza, convenzione oggi messa in dubbio, da varie sentenze di ogni ordine e grado (riprenderò l’argomento più avanti per esaminarlo più dettagliatamente). Messa in dubbio ma non annullata, ecco quindi che per chi si abitua a camminare nudo scatta la sofferenza del:
- non poter stare nudo sempre e ovunque;
- dover decidere quando potersi spogliare e quando doversi rivestire;
- doversi sicuramente rivestire pervenendo a sentieri molto frequentati anche quando appaiono deserti, nell’approssimarsi a centri abitati o strutture di vario genere (rifugi, malghe, cascine), nell’attraversamento di strade trafficate, al rientro a valle;
- l’essere di fatto costretto a stare vestito quasi ovunque, ovvero a stare più spesso vestito che nudo.
Timori
Per quanto ci si possa stare attenti con il reiterarsi dello stato di nudità sarà inevitabile finire con l’incontrarsi con escursionisti vestiti, l’esperienza ormai mi ha insegnato che raramente questo creerà problemi ma qualcuno che li ha avuti c’è e bisogna pur sempre mettere in conto:
- sguardi schifati, va beh, affari loro;
- occhiate di disapprovazione, idem come sopra;
- commenti inopportuni, possono dare fastidio ma creano anche l’opportunità per intavolare un dialogo costruttivo;
- insinuazioni disdicevoli, sicuramente fastidiose ma è bene non reagire con analoga malignità e malizia, piuttosto se ci si riesce usare l’ironia altrimenti tirare dritto limitandosi a un saluto garbato;
- aggressioni verbali, idem come sopra;
- aggressioni fisiche, qui le cose si complicano, devo però dire che non ho segnalazioni di qualcuno che le abbia dovute subire;
- denunce, anche se, in mezzo ai monti, è alquanto improbabile che qualcuno si metta a telefonare alle forze dell’ordine ed è ancora meno probabile che queste ultime si mettano sulle tracce del nudista di turno il quale, ovviamente, non se ne sta fermo ad attenderle;
- sanzioni (che dopo la depenalizzazione degli atti contrari alla pubblica decenza sono diventate piuttosto pesanti), comunque improbabile per quanto enunciato poco sopra (a seguito della suddetta depenalizzazione i militi delle forze dell’ordine vi devono essi stessi sorprendere nudi).
Fastidio dello zaino e delle scarpe, alias compromesso alla nudità totale

Stante la già detta situazione socio-legislativo-giuridica è al momento impossibile pensare di restare nudi per l’intero tempo di un’escursione (da casa a casa) e questo comporta la necessità di portarsi appresso quantomeno i pantaloncini, ovvero la necessità di disporre di un piccolo ma comunque fastidioso marsupio. Quando l’escursione sale un poco di quota o cresce in durata dovremo avere al seguito maglia e pantaloni lunghi e allora il marsupio non basta più, bisogna passare a un più capiente e fastidioso zaino. Talvolta potremmo anche riuscire a non portarci appresso il vestiario, resta comunque il problema di dove mettere documenti e soldi. Per le scarpe non esiste un problema giuridico, farne a meno è comunque assai difficile. Si vero, c’è chi lo fa, ma servono anni perché si formi sotto i piedi il necessario callo e sono anni di sofferenza, in ogni caso ci si trova limitati in velocità (sono rari coloro che arrivano a correre su qualsiasi terreno), estensione (lunghezza dell’escursione), progressione (complicato se non impossibile saltare, scivolare, eccetera). Alla fine sono ben pochi i casi in cui potremo goderci la più completa nudità, dovremo quasi sempre accettare un pur piccolo compromesso.
Passiamo ora ai ben più numerosi e sostanziosi vantaggi.
Ecologia ed economia
Camminando nudi non si sporcano i vestiti e pertanto si riduce l’uso di acqua e detersivi necessari al lavaggio. Ok, ma ci si deve lavare di più! Si vero, ma fino a un certo punto visto che comunque anche dopo un’escursione vestita la doccia la si deve fare e, in ogni caso, il bilancio delle due cose (risparmi per i vestiti, spreco per il corpo) e pur sempre a favore del risparmio.
Camminando nudi si riduce il consumo dei vestiti che pertanto durano molto più a lungo e si spende assai meno per il loro ricambio.
Confort
Camminando nudi la nostra pelle non è a contatto con tessuti che possono creare fastidiose irritazioni da sfregamento.
Camminando nudi il nostro corpo non è avvolto in qualcosa che possa stringerlo ed ostacolarne il movimento.
Camminando nudi la nostra pelle percepisce anche il minimo soffio d’aria così sentiamo meno il caldo.
Camminando nudi permettiamo ai nostri principali recettori termici, collocati nei genitali, di percepire la corretta temperatura ottenendo un’autoregolazione termica ottimale e sudando solo il necessario, ovvero molto meno di quanto, a pari condizioni di temperatura, avvenga stando vestiti.
Salubrità
Camminando nudi la nostra pelle non è a contatto con tessuti che possono creare allergie.
Camminando nudi il nostro corpo non assorbe sostanze tossiche quali sono quelle contenute nei coloranti per tessuti e rilasciate per effetto della luce, del calore e del sudore.
Camminando nudi la nostra pelle non macera nell’umido del tessuto sudato (per quanto ne dicano i produttori di abbigliamento sportivo, ancora non ho trovato maglie che, specie se a contatto con lo zaino, restino perfettamente asciutte) o bagnato (pioggia, umidità, eccetera).
Camminando nudi sulla nostra pelle non si formano quei funghi e quei batteri provocati dal persistere, specie in ambiente caldo, di tessuti umidi a contatto con la pelle.

Camminando nudi sudiamo solo il giusto. Da sempre la medicina dello sport insegna che è importante sudare (permette al corpo il mantenimento della temperatura ideale) ma che, nel contempo, è altrettanto importante sudare il giusto, ovvero il meno possibile. Sudare il meno possibile vuol dire mettersi addosso il minimo vestiario necessario in ragione della temperatura del momento e quando questa supera un certo livello (non indico un valore preciso perché è condizione molto soggettiva) il minimo vestiario necessario è senz’ombra di dubbio la nudità: testicoli e ovaie devono mantenere una temperatura il più possibile costante ecco quindi che la natura li ha opportunatamente posizionati e/o protetti (le ovaie sono all’interno, i testicoli sono esterni ma avvolti in un dissipatore naturale, lo scroto) e li ha dotati di numerosi e importanti sensori del caldo il cui funzionamento viene negativamente condizionato, se non inibito, innanzitutto dalle mutande ma poi anche dai pantaloni e infine dal vestiario in generale.
Camminando nudi la nostra pelle respira al meglio: per quanto un capo di abbigliamento possa essere traspirante sarà pur sempre un qualcosa in più rispetto alla pelle, indi un qualcosa che altera, in negativo, il normale respiro della pelle.
Camminando nudi, in sostanza, riduciamo l’insorgenza delle malattie alla pelle e ai genitali.
Praticità
Camminando nudi abbiamo bisogno di meno cose al seguito (la pelle è impermeabile, idrorepellente, traspirante e, tutto sommato, anche resistente al vento, l’unico limite è la temperatura) quindi ci bastano zaini più piccoli, ci è così più facile allestirli e peseranno meno sulle nostre spalle (tra l’latro, e si torna sulla salubrità del nudo, uno zaino meno pesante vuol anche dire meno problemi alle spalle e alla schiena, ma indirettamente anche a gambe, ginocchia e caviglie).
Camminando nudi ci manteniamo costantemente asciutti senza bisogno di cambiarci i vestiti, foss’anche la sola maglia.
Camminando nudi possiamo spesso evitare l’utilizzo di mantelle, giacche, pantaloni antipioggia che limitano la mobilità e, per quanto traspiranti siano, fanno sudare.
Camminando nudi qualora dovessimo utilizzare, sopra la nuda pelle, mantella o giacca e pantaloni antipioggia il cammino sarà più agevole che avendo sotto dei vestiti, suderemo assai meno e il sudore evaporerà molto più facilmente.
Camminando nudi riduciamo le fermate per il cambio, l’aggiunta o la rimozione d’abiti.
Inclusione

Camminando nudi ci sentiamo molto più vicini alla natura che ci circonda e riusciamo ad apprezzarne ogni più esile sentore, vuoi perché la pelle solo da nuda può percepire aria, sole, luce, contatti, vuoi perché l’essere nudi ci rende apparentemente indifesi e di conseguenza la nostra attenzione mentale cresce e sebbene questo le prime volte questo potrebbe risultare disturbante, ma man mano che si prende confidenza diventa la porta d’accesso allo stato d’inclusione nell’ambiente e arriveremo a sentirci montagna nella montagna, eliminando, oltre alle barriere fisiche, anche quelle mentali.
A questo punto dovreste aver compreso le inestimabili qualità del camminare nudi (e del nudo in genere) ed essere pronti a spogliarvi. D’altra parte, però, condizionati e magari intimoriti dalle minacciose o ingiuriose frasi di coloro che preferiscono ignorare piuttosto che conoscere, di coloro che sono chiusi a riccio nelle proprie convinzioni, di quei (pseudo) giornalisti che necessitano di qualcosa che possa movimentare la scarna lettura dei loro scritti, di certi amministratori comunali preoccupati più di mantenere la sedia su cui sono posti che di svolgere il loro vero dovere (garantire a tutti l’opportunità di vivere secondo proprio modello), potreste essere ancora titubanti, avere ancora quelle classiche preoccupazioni che frenano coloro che per la prima volta sentono il desiderio di mettersi a nudo, coloro che, visto altri vivere beatamente nella nudità, vorrebbero provarci a loro volta.
Sono un esibizionista?
Tranquillo, non lo sei: ti sembra logico che un esibizionista si spogli dove la possibilità che qualcuno lo veda è molto bassa o addirittura inesistente? Già, ma se vado con un gruppo vuol dire che altri mi vedono e mi esibisco per costoro! Qui, fintanto che non ti decidi a provare, devi credermi sulla parola: nessuno farà attenzione alla tua nudità e pertanto, ammesso e non concesso che l’esibizionismo possa essere stata la chiave per convincerti a provare la nudità sociale, o ritorni nelle fila dei vestiti (che soli, a seguito del condizionamento sociale, possono restare turbati o sessualmente coinvolti dal tuo nudo e darti quell’eccitazione che solo la reazione da parte degli osservatori può provocare) o ti adegui e la tua nudità, in questo contesto, perde ogni significato esibizionistico.
Sono un guardone?
Anche qui devi credermi sulla parola oppure provarci, in sostanza torniamo alla seconda parte del punto precedente: magari, stante i condizionamenti mentali prodotti dai tabù del corpo e del nudo, inizialmente potrebbe (sottolineo il potrebbe, perché il più delle volte non è così) esserci un più o meno forte impulso a guardare nell’intimo gli altri, ma, se così fosse, una volta immerso nel contesto presto ti accorgerai che, avendo ormai pienamente soddisfatto tutte le tue curiosità e morbosità, della nudità degli altri non t’importa più nulla: tutto normale, assolutamente normale, molto ma molto più normale che stando vestiti quando l’abbigliamento può esaltare certe caratteristiche fisiche e stimolare l’appetito sessuale.
Ma se ci sono bambini?

Tranquillo, come è facilmente osservabile da chiunque:
- i bambini non badano alla nudità propria e degli altri;
- i bambini si sentono molto meglio da nudi che da vestiti;
- il fastidio per il nudo che mostrano molti ragazzi in età scolare e ancor più molti adolescenti non è innato ma si è formato a seguito dei tanti condizionamenti loro indotti attraverso l’azione dei genitori, delle scuole, dei catechisti, della religione, della società in genere;
- è scientificamente dimostrato che i bambini cresciuti in un contesto nudista diventano adolescenti e adulti immuni ai classici problemi del vestitismo (insoddisfazione del proprio corpo, anoressia, bulimia, eccetera), meno aggredibili da parte di chi sfrutta la nudità per imporre, attraverso il ricatto, le proprie volontà (bulli, ex fidanzati o fidanzate, eccetera) e, ultimo ma non ultimo, sanno difendersi meglio da minori dalla pedofilia e da adulti dalle molestie sessuali in genere.
Sono un pedofilo?
Quanto visto ai punti precedenti dovrebbe aver già azzerato un’eventuale preoccupazione di questo tipo, mentre potrebbe permanere il timore d’essere accusato di pedofilia: il “siete dei pedofili” è un’accusa che, specie sui social dove l’ignoranza e la malvagità imperano, ogni tanto salta fuori. Faccio osservare che siffatta affermazione sconfina certamente nella calunnia o, a seconda di come viene manifestata, nella diffamazione e, quantomeno a fronte di una denuncia (che, bontà nostra, purtroppo mai facciamo), le preposte istituzioni dovrebbero intervenire pesantemente.
Violo la legge?
Ne ho già parlato ma è opportuno rimettere in evidenza questa cosa. La legge italiana non prevede un reato per la nudità pubblica, prevede solo gli atti contrari alla pubblica decenza e gli atti osceni in luogo pubblico, ma poi non specifica quali siano questi atti lasciando al giudice la piena libertà di decidere di volta in volta. Ormai è stato dai giudici di ogni ordine e grado più volte sottolineato il cambiamento di pensiero della società italiana in merito al corpo umano e alla sua nudità, decretando che la nudità del corpo non è, di per sé stessa, più offensiva per la morale e assolvendo, dal 2000 a oggi, tutti coloro che sono arrivati in tribunale.
Tutto bene allora? No, purtroppo i giudici hanno aggiunto delle precisazioni che, di fatto, pongono delle condizioni limitanti: la nudità non è di per se stessa illecita purché venga attuata in zone all’uopo demandate (bah, mi pare evidente), in zone ove la stessa da tempo viene praticata (purtroppo senza dare un valore temporale a questo tempo e ciò ha consentito a comuni come quello di Manerba del Garda di emettere ordinanza di divieto sebbene fossero alcune decine d’anni che in zona si stava nudi) o in zone isolate poco frequentate. L’ultimo punto verrebbe a sostegno della liceità dell’escursionismo in nudità senonché è stato espresso solo da alcuni giudici e non ribadito dalla Cassazione, motivo per cui resta aperto l’interrogativo.
Detto questo possiamo comunque osservare che, con riferimento all’escursionismo, non solo ci troviamo distanti dai centri abitati e quindi dagli uffici delle forze dell’ordine, ma saremo anche su percorsi poco frequentati o addirittura su terreno vergine per cui la possibilità d’incontrare qualcuno che possa rivolgersi alle forze dell’ordine è remota e anche ammesso che lo faccia è assai improbabile che i militi si sobbarchino la fatica e la spesa di mettersi in cammino o di levarsi in volo alla nostra ricerca, potrebbero attenderci in qualche punto dove arriva una strada, ma noi ci saremo già vestiti per cui nulla potranno imputarci (dopo la depenalizzazione del reato di atti contrari alla pubblica decenza bisogna che i militi ci colgano sul fatto). Resta la possibilità d’incontrare le guardie forestali o, se siamo all’interno di qualche parco, i guardia parco, beh in sessant’anni di montagna non li ho mai incontrati e poi possiamo comunque giocarci la carta del territorio isolato e poco frequentato, citando le varie sentenze favorevoli e ribadendo che in tale situazione le denunce sono state stralciate già in Pretura con la motivazione che il fatto non sussiste.
“Si sta faticando per far capire quanto, ai fini della sicurezza, sia importante il corretto abbigliamento, parlare di escursionismo in nudità non è una forte contraddizione?”

Trattasi di un’obiezione che mi è stata direttamente formulata dall’editore di una rivista di montagna a cui avevo mandato un mio articolo sull’escursionismo in nudità. La sicurezza è di certo l’aspetto che porta più punti al vestiario che al nudo, ma la montagna non è sempre ambiente ostile. Se d’inverno molti possono essere i pericoli oggettivi che possono spesso (ma non sempre) indurci a non togliere il vestiario, d’estate le cose cambiano considerevolmente e nella maggior parte delle situazioni il vestiario non apporta nulla alla sicurezza: se mi cade un sasso in testa non sarà certo l’essere vestito ad evitarmi il trauma, se scivolo e cado in un dirupo il vestiario non mi eviterà contusioni e fratture, se sbatto un ginocchio contro una pietra l’avere o meno indosso i pantaloni non mi allevia la contusione, se metto male un piede l’essere vestito non può certo evitarmi la distorsione della caviglia e via dicendo. D’altra parte l’escursionista che vuole camminare nudo si porta comunque al seguito tutto il vestiario necessario e andrà ad indossare quanto la situazione del momento richieda.
L’esistenza di situazioni limitanti non rende impossibile il mettersi a nudo, determina solo la necessità di valutare tali situazioni e adattarsi alle stesse in modo opportuno. Avviene così per qualsiasi forma di abbigliamento e attrezzatura: nessuno si sogna di partire da casa calzando i ramponi perché da qualche parte nel monte ci sono i ghiacciai, nessuno si sogna di mantenere indosso abiti pesanti perché da qualche parte dell’alpe potrebbe esserci una violenta bufera, nessuno si sogna di tenere in permanenza nello zaino tutto l’abbigliamento e tutta l’attrezzatura esistente, tutti insistono piuttosto sull’opportunità e la necessità di selezionarli di volta in volta in ragione della località scelta, delle previsioni meteo, della stagione e via dicendo. Perché, quindi, escludere dal novero dell’equipaggiamento lo stadio della nudità? Tutti oggi esaltano la regola dell’abbigliamento a cipolla, orbene non è forse il nudo lo stadio finale della cipolla? Ecco, non c’è nessuna contraddizione tra il propagandare la sicurezza in montagna e l’andarci nudi: in alcune situazioni è necessario stare vestiti, in altre può essere indifferente essere vestiti o nudi, in molte la nudità è l’abbigliamento migliore anche dal punto di vista della sicurezza!
Temo di provare imbarazzo!
Sono sicuro che siano state tante le situazioni che inizialmente vi hanno messo in imbarazzo (colloqui di lavoro, visite mediche, al ristorante, dovendo parlare in pubblico, esami e via dicendo) eppure le avete comunque affrontate e continuate a farlo. In molti casi il reiterarsi della situazione ha determinato la sparizione dell’imbarazzo, ovvero la vostra crescita emotiva e psicologica. Bene, stando nudi otterrete di certo questo benefico effetto e in un tempo assai minore di quello di tutte le altre situazioni imbarazzanti. Allora perché negarsi una tale possibilità di crescita personale? Perché negarsi la soddisfazione di un cammino più agevole, libero e salutare solo per la paura di provare un poco di imbarazzo alla prima esperienza? Si alla prima, perché vi garantisco che basteranno pochi minuti per superare l’eventuale imbarazzo.
Proverò fastidio per il pene ciondolante!
Vi danno fastidio le braccia a ciondoloni? No, sicuro che no, ci siete abituati e non gli date più peso. Lo stesso avviene per il pene, si forse alla prima esperienza potreste inizialmente sentirvelo sbattere ritmicamente sulle cosce, ma durerà pochissimo: la concentrazione sul cammino e l’abitudine alla sensazione faranno svanire l’eventuale fastidio per sempre.
Non voglio da vecchio trovarmi lo scroto allungato! Non voglio da vecchia trovarmi le tette flaccide e cascanti!
Invero questa obiezione mi è stata fatta una sola volta, in riferimento al correre nudi e, udite udite, da un nudista, in ogni caso se l’ha pensata uno potrebbero pensarla alti per cui…
Mi dispiace ma sono cose che succederanno comunque:
· lo scroto non ha muscoli che si possano mantenere tonici;
· le mammelle hanno dei muscoli che caso mai vengono mantenuti tonici proprio dalla nudità, mentre il reggiseno li “atrofizza” e anticipa la flaccidità delle mammelle.
Come la mettiamo per l’igiene? Potrei ottenerne certe malattie?

Partiamo da una precisazione fondamentale: i genitali sono le parti più pulite di tutto il nostro corpo, eventuali contatti con tali zone sono, di regola, assolutamente immuni da problemi sanitari. Certo se qualcuno ha delle malattie veneree il discorso cambia, è altresì evidente che costoro saranno sicuramente indotti ad una maggiore attenzione, attueranno un’igiene personale più minuziosa o addirittura rinunceranno alla nudità fino alla guarigione. Per altro chi sta nudo pone sempre un telo sopra le eventuali sedute. Contatto con gli agenti patogeni esterni, quali sabbia, erba, pietre, batteri vaganti nell’aere? Come tutti i medici ripetono in continuazione l’abitudine diffusa dalla pubblicità degli igienizzanti è invero più dannosa che utile: il nostro corpo è di sua natura ben capace di autodifendersi da tali agenti patogeni, perde tale proprietà proprio a causa dello stare vestito e quando lo abituiamo ad un ambiente quasi sterile. La nudità mantiene al massimo livello l’efficienza del nostro corpo anche in relazione alla sua capacità di autodifendersi dagli agenti patogeni. Altrettanto errata è la convinzione che l’assenza delle mutande porti inevitabilmente al varicocele, in realtà non sussiste un diretto legame tra le due cose: è consigliato l’uso delle mutande in presenza della malattia al fine di favorire la guarigione, ma questo non vuol dire che siano le mutande a impedirne la formazione o che sia la nudità a provocarla.
Potrei scottarmi!
Il sole in montagna è meno filtrato ed è pertanto assai facile procurarsi delle scottature, però esistono le creme solari con altissimi livelli di protezione, siamo a fattori di schermatura quasi totale. Problema azzerato, bisogna solo scegliere una crema resistente al sudore, usarne un poco di più, stare attenti a spalmarla per bene ovunque e ripetere l’applicazione con una certa frequenza (dipendente dal proprio fototipo e dalla propria abbronzatura, quest’ultima di certo favorita in chi cammina nudo).
Ma non avrò freddo?
Come già detto nello zaino abbiamo sempre tutto quello che ci potrebbe servire per proteggerci dalle intemperie, ivi compreso quello che serve per il freddo. Problema risolto!
Potrei essere morso dalle vipere?

Considerando le abitudini di questi animali (cacciatori notturni che di giorno se la dormono beatamente al sole andando praticamente in catalessi; animali schivi che si allontanano al primo debole segnale della nostra presenza, quali le vibrazioni prodotte dal nostro camminare o parlare) e basandomi sulla personale esperienza di tantissimi anni di montagna durante i quali di vipere ne ho viste diverse (in un caso ne avevo almeno una trentina attorno a me e sono stato impunemente seduto in mezzo a loro per una mezz’ora) è sicuramente un problema più teorico che reale, in ogni caso identico andando in montagna vestiti: le vipere non volano e non saltano, se le calpestate possono alzarsi arrivando al massimo all’altezza della caviglia dove anche da nudi avrete la calza a proteggervi; le vipere si arrampicano sui muri e sulle rocce rotte, talvolta sugli alberi, ma non lo fanno sui cespugli, sono solo barzellette quelle di persone morse ai genitali mentre urinavano; se infilate le mani in possibili loro tane l’essere vestiti certo non fa differenza; prima di sedervi nudi nell’erba alta avrete adagiato a terra un telo o una giacca provocando l’allontanamento dell’eventuale vipera, molto più facile sedersi su una vipera da vestiti che da nudi.
Per approfondire la questione potete leggere il mio specifico articolo “Nudismo e… vipere!”
E le zecche?
Serissimo problema questo, specie per quelle zone dove tali insetti risultano infetti e, quindi, potenziali portatori di malattie anche gravi (Morbo di Lyme e Tbe in particolare). D’altra parte salvo scafandrarsi ermeticamente le zecche si attaccano ai nostri vestiti e risalendo lungo gli stessi prima o poi uno spiraglio per arrivare alla nostra pelle lo trovano, fosse anche quando i vestiti li dobbiamo (e prima o poi dovremo pur farlo) togliere per cambiarci o andare a letto. Tant’è che molti si sono trovati addosso anche un elevato numero di zecche pur essendo stati vestiti di tutto punto, io stesso mi sono trovato una zecca all’inguine ed ero vestito. Va anche detto che le zecche infette sono presenti solo in limitate zone dell’Italia, che le zecche in genere le si trovano solo in ambienti umidi e ombreggiati, che vivono solo nella fascia altimetrica che va dal livello del mare ai millecinquecento metri (anche se ultimamente sono state reperite fino a duemila metri), che la trasmigrazione dall’erba all’uomo avviene solo da aprile a giugno o nel primo autunno, che ci sono 24 ore di tempo (dal morso) per rimuovere la zecca in sicurezza, che da nudi le possiamo rimuovere praticamente subito: la zecca è nera mentre la nostra pelle è sostanzialmente molto più chiara, se dopo aver attraversato una zona di erba alta o di felci o di cespugli ci fermiamo e ci diamo una controllatina la vediamo subito (specie se non siamo da soli e possiamo farci controllare da un compagno) e… zacchete immediatamente e facilmente rimossa.
Ho timore che degli insetti possano penetrare nei miei orifizi!
Più spesso messo in gioco dalle femmine che dai maschi, posso solo garantirvi che, per quanto riguarda gli orifizi genitali, si tratta di una preoccupazione assolutamente infondata; gli altri orifizi (orecchie, narici, occhi, bocca) sono comunque accessibili anche da vestiti.
Conclusione

Spesso ragioniamo in funzione di condizionamenti e abitudini che ci sono state indotte dalla società o dai leader sociali e ci dimentichiamo di valutare le cose con obiettività e oggettività, ovvero analizzando a tutto tondo le questioni. Un senso unico sempre in agguato, un senso unico che invece di migliorare la società tende a renderla sempre più schiava e sottomessa al volere di pochi: il nudo infastidisce qualcuno, il nudo è stato da qualcuno dichiarato osceno, il nudo è per qualcuno peccato, il nudo è per qualcuno reato, per cui il nudo, sebbene possa essere la miglior cosa per molte questioni sociali, educative, ecologiche, mediche, non va preso minimamente in considerazione. Così il nudo non viene preso in considerazione dai ricercatori delle case produttrici di abbigliamento sportivo, non viene preso in considerazione dai medici e dai salutisti, non viene preso in considerazione dai tecnici dello sport, alla fine finiamo col fondare le nostre opinioni sulla base di ricerche e affermazioni di fatto falsate da un preconcetto, dal non aver preso in considerazione il tutto, dall’aver tralasciato l’analisi del nudo. Una risorsa sprecata!
Nessuno nega che anche da vestiti la montagna sia pur sempre bella, lasciatemi comunque affermare che nudi è certamente meglio. Purtroppo lo potete sperimentare e comprendere solo provandoci, purtroppo il vostro corpo e la vostra mente sono fortemente condizionati allo stato di vestito e la prima volta le sensazioni potrebbero essere pressoché simili a quelle provate da vestiti, datevi il tempo necessario a recuperare lo stato innato e permettervi di percepire la differenza, è un tempo variabile da persona a persona, possiamo comunque quantificarlo da pochissimi minuti a qualche escursione.
Nudi è normale, convincetevene, poi che ognuno faccia la sua scelta, l’importante è che chi sceglie di stare vestito rispetti la scelta di chi decide di stare nudo e gli permetta di farlo senza limitazioni di spazio e di tempo, così come questi ultimi di certo rispettano la scelta di chi preferisce stare vestito e gli permettono di farlo senza limitazioni di spazio e di tempo

Continua in… Alimentazione e idratazione
Riepilogo globale della serie Camminare in montagna (con qualche infiltrazione dovuta alla natura stessa dei motori di ricerca)
#VivAlpe 2017 – Riepilogo fotografico
Siamo alla fine di questo 2017, un anno che ci ha visti impegnati in numerose escursioni, uscite che hanno occupato tutti i mesi dell’anno e che si sono concluse con una magnifica giornata si sole sulla vetta del Castello di Gaino, dalla quale la vista sul Lago di Garda è sempre affascinante ed emozionante.
Per ringraziare tutti i nostri fedeli lettori, nonché tutti coloro che partecipano alle nostre escursioni, e per incitare altri a partecipare ecco un resoconto fotografico di VivAlpe 2017.
Grazie!
Outdoor Co-ed Topless Pulp: Year In Review, 2017
Le buone leggi, ovvero leggi semplici e chiare, hanno il pregio di favorire l’evoluzione sociale, certo da sole non bastano, le difficoltà e le resistenze restano comunque tante, servono pur sempre persone che si espongano in prima persona, che si rendano protagoniste e stimolino, anche con la provocazione, gli altri a pensare e meditare, basi essenziali per ogni evoluzione individuale e sociale. Questo hanno fatto e stanno facendo queste fantastiche donne, donne che dovrebbero essere prese d’esempio.
Peccato che in Italia, con la palese complicità delle associazioni naturiste, le leggi sul nudo debbano essere contorte e limitanti, anziché semplici e garantiste; peccato che in Italia, con la complicità di coloro che diffondono il falso verbo del rispetto unilaterale, in pochi siano disposti a mettersi in gioco e a esporsi in prima persona, peccato!
In ogni caso, per quei pochi, che si sperano crescenti, noi siamo qui e vi aspettiamo.
#TappaUnica3V metodo e scienza

Escursione al Monte Trabucco
È diverso tempo che non scrivo in merito a questo mio viaggio, non che sia stato fermo, anzi gli allenamenti continuano a ritmo assai intenso e sto scoprendo un mondo che fino ad oggi m’era sempre risultato ostico e spiacevole: quello della corsa.
Visto i problemi pregressi e l’anticipata fine del tentativo di quest’anno (2017), ho deciso di incrementare al più possibile le mie potenzialità fisiche, ovvero aumentare sensibilmente la mia velocità di cammino e la mia resistenza in velocità, obiettivi, questi, che, visto che già viaggiavo a ritmi abbastanza sostenuti, mi hanno necessariamente indotto a intensificare gli allenamenti corsaioli e, soprattutto, a renderli metodici e scientifici.

Durante la 50km dell’Anello Alto del 3V, fatta in 18 ore
È stato tutt’altro che facile trovare delle indicazioni precise sul come agire: la stragrande maggioranza degli articoli che nel titolo promettono rivelazioni importanti in realtà si limitano a dare indicazioni molto generiche e sfuggevoli giustificandosi con la necessità di personalizzare le tabelle di allenamento. Si, d’accordo, per un atleta di alto livello sicuramente il discorso regge, ma per chi vuole semplicemente mantenersi in forma, per l’escursionista evoluto, per il runner e il trailer amatoriali, così come viene concretamente fatto per il fitness (i cui istruttori hanno compreso che così facendo piuttosto che inibirsi l’acquisizione di clienti si fanno pubblicità pressoché gratuita e ad alto potenziale di successo), credo che sia possibile definire criteri e tabelle generici da proporre anche attraverso il web. Cerca che ti ricerca ecco che incappo nei primi siti interessanti ai quali ne seguono man mano altri e le informazioni che cerco saltano fuori, eccome se saltano fuori, scientifiche, belle, semplici, chiare, facile da seguire e da mettere in pratica, in particolare ho usato e sto usando:
- da “L’Altra Riabilitazione” la metodica per la riabilitazione del ginocchio
- da “Running Italia” la metodica per il potenziamento dei muscoli addominali
- da “Runners World Italia” la metodica per prepararsi alla corsa in salita
- da “Albanesi” la metodica per arrivare a correre i dieci chilometri in un’ora
- da “Sport Outdoor 24” la metodica per chiudere un allenamento
“Running Italia” e “Runners World Italia” sono siti ricchi di tantissime altre utili informazioni sulla corsa, ambedue hanno un profilo su Twitter. Più spostati sugli aspetti medico-sportivi e riabilitativi, comunque altrettanto interessanti, i siti “Albanesi” e “My Personal Trainer”. Attraverso Google+, invece, ho trovato e seguo il sito “Salute in Movimento” con tantissimi video di Fitness.
Man mano che trovavo informazioni le sperimentavo ed ora ho sviluppato un completo programma di allenamento che sto seguendo con metodo e costanza:
- ogni mattina dei giorni feriali dieci minuti di ginnastica, in particolare per potenziamento addominali e dei distretti muscolari a protezione delle ginocchia; seguirà anche il potenziamento delle braccia (importanti nelle discese);
- inizialmente li ho fatti tutti i giorni anche più volte al giorno, pervenuto ad un certo risultato, dovendo dare priorità ad altri lavori, li ho resi meno costanti e li faccio nei momenti più vari della giornata, sono gli esercizi alla tavola oscillante per il miglioramento della propriocettività;
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In vetta alla Corna Blacca durante la 50km dell’Anello Alto del 3V
nei giorni infrasettimanali esco a correre, quattro volte su cinque, a tal fine ho comprato delle scarpe specifiche da corsa su strada; inizialmente erano tutte uscite su strada piana, dalla settimana scorsa ho inserito anche la salita, sempre su strada asfaltata (per ora): due volte in piano (sono al livello quattro della metodica Albanesi) e due in salita (sto per passare al livello due della metodica Albanesi);
- il sabato percorso di montagna in velocità con molta corsa, sempre più tanta; di base su distanze limitate (da sette a quindici chilometri), una volta al mese su distanze maggiori; in primavera aumenterò in progressione le distanze nelle singole uscite e, di riflesso, i chilometri settimanali.
- la domenica escursione camminata, anche qui con variabilità di chilometri.
I risultati si stanno manifestando con una bella crescita del mio potenziale fisico e la riduzione dei dolori a ginocchia e schiena, ormai pressoché svaniti. Vaiiiiiiii!

Perlustrazione in alta Val di Braone: 20km , di cui 6 su impegnativo terreno libero, in 5 ore e 45
La nudità e il suo uso come simbolo
Le definizioni di simbolo date dai dizionari sembrano essere troppo ristrette o troppo imprecise rispetto a come la parola viene usata e alla varietà della dinamica semantica originata dai comportamenti concreti. Soprattutto viene omesso nelle definizioni il fatto che un simbolo è “operatore/moltiplicatore semantico”. Se pensiamo al simbolo della croce, ad esempio, abbiamo chiara l’idea di come partendo da un episodio circoscritto (la crocifissione di Gesù Cristo) si sia avviato un processo di metaforizzazione (trasferimento di significati) che ha dato origine a numerosi sinonimi, si sia continuamente scritto su questo argomento, infinitamente commentato, variamente interpretato; come sia un concetto inesauribilmente vivo e produttivo, aperto a un continuo aggiornamento, fino alle accezioni d’uso personale.

Una mezza medaglia usata come contrassegno di riconoscimento di un neonato esposto
Nell’antichità greco-romana, simbolo era una metà di qualcosa strappato o spezzato che, ricongiunta con l’altra, garantiva il riconoscimento e l’autenticità di un messaggio o l’identità di una persona. Come la mezza moneta o medaglia appesa al collo dei neonati portati alle ruote dei conventi.
Per i Romani i symbola erano le quote con le quali ciascuno dei commensali contribuiva in parti uguali alle spese per un banchetto comune, “alla romana” appunto.
L’unicità del contrassegno ha esteso il suo uso, e poi il significato, fino a valere come chiave, combinazione di cassaforte, clausola di testamento, parola d’ordine, password che permetta l’accesso a qualcosa destinato unicamente al suo possessore.

Fotogrammi dal film Pan. Viaggio sull’isola che non c’è (2015) di Joe Wright
Carl Gustav Jung dà questa definizione che ci serve – esattamente come un grimaldello logico –, per sviluppare il tema di base:
«I simboli raffigurano in forma visibile un pensiero non pensato coscientemente, ma presente solo in forma potenziale, vale a dire non evidente, nell’inconscio, e che si chiarisce soltanto nel processo del suo farsi conscio».
Ed è proprio ciò che accade quando singolarmente o come società siamo confrontati con il nudo e la nudità.
Le arti figurative, soprattutto, hanno cercato di cogliere e di esprimere le varie sfaccettature dei punti di vista. E il lavoro “ermeneutico” – cioè di riflessione, estrazione e attribuzione di significato – si è trasferito anche nella vita quotidiana e continua anche nella vita pratica di ciascuno.
Significati della nudità
Un breve elenco dei simboli legati alla nudità potrà bastare per iniziare. Sorprende constatare che, grosso modo, i significati “negativi” sono quelli oggettivi (l’impressione che dà la nudità passiva; ad es.: naufraghi), mentre i significati “positivi” sono quelli attribuiti, e dove più esplicitamente si vede la nudità usata come simbolo, cioè usata per trasmettere un significato o più significati (l’impressione che intenzionalmente viene associata alla nudità; ad es. putti, eroi)
Si noterà che spesso i termini sono antitetici:
semplicità
povertà
essenzialità
austerità
dignità
sicurezza di sé
volgarità
scandalo
erotismo
castità
umiliazione
sottomissione
eroismo
vergogna
innocenza
libertà
schiavitù
provocazione
ribellione
individualismo
ostentazione
alterità
alternativa
sincerità
pulizia
pazzia
solitudine
dolore
felicità
bellezza
salute
malattia
vigore
giovinezza
idealità
identità…
Con l’uso tutti questi significati costruiti sull’analogia coi fatti di vita o con la traduzione figurale/artistica si sono aggiunti al significato base, a volte trasferendosi, trasformandosi in esso. Vedi la Cappella Sistina: gli Ignudi di Michelangelo sono icone che rimandano alla vaghezza del tempo mitico/eroico, non hanno altra funzione che di riportarci a un tempo e a una condizione umana astratta, ancora indifferenziata e idilliaca, (sono tutti maschi), prima che fosse necessario un drappo a coprir le pudenda.
La nudità simbolo del peccato
Ma la metafora più potente e ancora produttiva, l’accostamento immediato, il rimando che la nostra cultura suggerisce come prevalente è quella che unisce nudità a peccato. E il peccato per antonomasia è quello originale, a motivo del quale i progenitori “si accorsero di essere nudi”. Questo “accorgersi” significa guardare con occhi diversi, con la coscienza che sa distinguere il bene dal male. E la nudità da allora in poi significherà il ricordo del peccato (vestigium delicti commissi), la presa di coscienza del male nell’uomo e nel mondo, la debolezza verso la tentazione, la proclività al peccato (e in particolare a quello che si commette con gli organi che ancor oggi inducono rossore e vergogna) e l’attenzione preventiva verso le situazioni che lo possono indurre e la loro completa esclusione e cancellazione; significherà l’accoglimento di un discrimine morale che distingue ciò che è bene da ciò che è male, l’elaborazione di un codice e di una censura, di un elenco di trasgressioni e prescrizioni, di una lista dei delitti e delle pene.
La fine del simbolo
Quando un simbolo non è più produttivo di nuovi significati rimane comunque presente nella cultura e nel modo di pensare di una società con la propria storia, i propri contenuti, le proprie connotazioni. Un esempio di questa dinamica sono tutti i capi di abbigliamento: sembra che la moda usi i parametri dell’estetica per attribuire significati diversi all’uso di forme, colori, lavorazioni, a seconda di come mostrano/nascondono parti del corpo. Mostrare l’ombelico non è più di moda, forse lo è di più mostrare una spalla con un vestito alla Tarzan o pantaloni col cavallo basso così che si veda l’elastico dei boxer firmati (mica quegli stracci comperati al mercato!) – la marca, appunto, cioè il contrassegno equivale al distintivo di un’affiliazione o appartenenza di classe cioè distintiva, di rango.
Quando, in una fase successiva, si arriva alla completa indifferenza di fronte a un qualsiasi simbolo, denudandolo di ogni significato aggiunto, quel simbolo diventa muto, esce dalla sfera simbolica e comunicativa, non interagisce più col pensiero, non viene più socializzato, utilizzato come veicolo di significati. Ad esempio, il fumare non è più uno status symbol, e sempre meno compare nei film e nella pubblicità.
Così potrebbe accadere anche per l’essere nudi. Che significato ha l’essere nudi in casa? Lo ha solo per il singolo. Quell’“essere nudi” acquista significato appena varca la soglia di casa, appena può trovare un “destinatario”, appena è messo nelle condizioni di comunicarsi, di circolare. Il costume, la tradizione, la “decenza” vigenti in una società intervengono allora fra il singolo-nudo e il singolo-che-vede, e difende quest’ultimo dall’indecenza, dalla tentazione, dal turbamento. Non importa se tali deterrenti siano stati introdotti innaturalmente, pretestuosamente o in ossequio a poteri più forti (e non troppo democratici): veri o falsi che siano, hanno tuttora il loro vigore; intervengono e incasellano il fatto, stabiliscono una graduatoria di gravità; insinuano il dubbio che qualcosa di pericoloso sia stato ben mimetizzato dalle menti astute e maliarde degli “sporcaccioni” e che il fine ultimo del mostrarsi nudo risieda in generiche e malcelate intenzioni: malsane, corruttrici, pericolose, delittuose.
Eppure, come molte cose hanno cessato di fare notizia, di destar meraviglia (come il re Faruk a Roma o il Marziano di Flaiano), anche la nudità pubblica potrebbe cessare di essere una “novità” che fa notizia. Certo che a quel punto, perdendo molto del suo significato (non del tutto chiaro persino a noi stessi), si potrebbe tornare indietro, e rimetterci i vestiti, perché lo star nudi non ha più senso, non ha più le caratteristiche del simbolo. E, senza forse, col nostro stile di vita stiamo lavorando affinché alla nudità come comportamento non sia associato più alcun significato, divenga muta, indifferente.
Rimarrebbe comunque l’aspetto ecologico-salutistico.
Dunque con la nudità trasmettiamo passivamente un qualche significato, che lo vogliamo oppure no; a seconda di questo significato scatta la reazione conseguente; ma non sappiamo quale sia questo significato; non sappiamo l’effetto che la nostra nudità farà sul “ pubblico”.
Può anche darsi che in quella determinata persona non faccia proprio nessun effetto.
Biglietto d’ingresso

Un’immagine carica di simboli: la nudità, le braccia allargate verso l’alto, i pantaloncini in mano levati come un trofeo, l’ambientazione, la fuga dei filari, il sorriso soddisfatto appena accennato, la luce vespertina che addolcisce le ombre, l’indifferenza di Drago…
Il desiderio di metterci nudi parte sì dal benessere fisico. Ma intuiamo che ci sia anche altro. E di importante. È a questo livello – molto personale – che la nudità ci funziona da simbolo, nel senso che continua a creare, a mostrarci nuove idee, nuove intuizioni, nuovi punti di vista. La nostra personale privata nudità ci parla di un’altra parte di noi. Nel metterci nudi partiamo in esplorazione. Non abbiamo indicazioni, non abbiamo traguardi, non ci sono mappe. Quel che siamo noi, nel nostro intimo, non è scritto nei libri. Nonostante siamo tutti umani. Ma i modi, i colori, i particolari, le rifiniture sono uniche e irripetibili.
Il gesto stesso di spogliarmi – proprio per quel che mi è “costato” arrivare sin lì, per quanto il desiderio nel frattempo mi ha cambiato – funziona da biglietto d’ingresso in me stesso. Il corpo senza più carature, pezzature, censure è simbolo di questa apertura. Parafrasando un versetto della Genesi posso dire: «Ho visto il mio corpo nudo e non ho avuto paura, non mi sono nascosto. Anzi!». Mi sono guardato per quanto mi consentono gli occhi dal capo, ed ho visto che questo corpo son io – contento di tenermi per quello che sono. Ho pensato il mio corpo senza peccato e di colpo qualcosa d’immane è crollato.
Indifferenza
Uno può pensare che tutto provenga dallo sdoganamento del sesso, che finalmente, liberando alla vista degli altri quella parte protetta da privacy, così delicata e sensibile, abbia smosso tutte le remore, i legacci, e che l’outing sia in realtà guidato freudianamente dal sesso. Non ho le competenze per poter rispondere. Vedo la cosa da un altro punto di vista. Il mettere alla luce anche le parti più private di me ha neutralizzato la loro eccezionalità, ha indifferenziato ogni zona del corpo, tanto la faccia, quanto le gambe, la schiena, la pancia, l’addome e il piccetto. Nella testa, anche quel che si fa col piccetto non è più una bischerata, non fa più eccezione, non è da prendere con le dovute maniere, con dei riti come fosse qualcosa di sacro. Non ho sentito scoppiarmi la testa al suono di trombe per la gran novità, ma dentro di me un muro è crollato, come sono crollate le mura di Gerico. Dopo esser crollato mi sono accorto che era un muro di altri, un muro che altri avevan costruito nella mia mente!
Il mio corpo nudo, l’esser giunto a indifferenziarlo – la volontà di indifferenziarlo e di tradurre questa decisione in un fatto compiuto, irreversibile – è la mia carta d’identità, la mia metà della moneta, la chiave per entrare nel mio “calderone”, sono io che accendo un fuoco, che lo faccio sobbollire portando a galla bolle sulfuree di un magma vitale e assolutamente individuale che mi fa crescer ventose da geco con le quali sto saldo alla vita, al mio tempo, al mio fare, a chi sono io. Un ventaglio di tante cose mi passan davanti una via l’altra in cascata. Sono ammirato, sono lieve, il corpo mi è lieve, il respiro mi tonifica il busto dalle pelvi al torace, lo riempie di forza e freschezza, di ossigeno ed elio… di helios, che per i Greci era il sole.
Ho dei pantaloncini blu, mi osservo quando me li sfilo dai piedi, prima l’uno e poi l’altro, me li tengo con la maglietta nel pugno: rimaner nudo è come entrare, varcare una soglia. Le viti sono le stesse, ma ora pare mi parlino, il cielo è azzurro, ma lo sembra di più, la luce è come un’altra materia, di tipo diverso, aspettassi un momento, sentirei scattare quantisticamente qualcosa, potrei passare attraverso il verde dei tralci, tra atomo e atomo, dal rado che siamo, espansi che siamo. Nella mente mi passa una brezza di fitti pensieri, nessuno si ferma; mi sembra di andare con essi, di vedere più nitido. Come un agrimensore che dopo un sopralluogo si fa nella mente un quadro più preciso del campo.
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