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Valle di Braone (Orgogliosamente Nudi 2013): il fotoracconto


Per un evento speciale dai risultati altrettanto speciali oltre alla dettagliata relazione scritta non poteva mancare un bellissimo fotoracconto: guardalo! (aprile 2019 – purtroppo a seguito del cambiamento nello spazio gratuito di Flickr l’album non è più raggiungibile, vedremo in seguito se si trova modo di ripristinarlo)

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Orgogliosamente Nudi 2013: relazione del secondo evento, l’escursione in Valle di Braone


Valle di Braone

Valle di Braone (Foto Emanuele Cinelli)

Braone è un piccolo paesino in sinistra orografica della Valle Camonica. Su di esso sfocia, solcata dal torrente Palobbia, una lunga e stretta valle, la Val Paghera. A metà di questa, sulla sua sinistra orografica, si stacca la larga e verde Valle di Braone. Una prima ripida balza, con alcune splendide cascate, ne difende l’accesso, al di sopra la verde piana della Malga Foppe di Sotto la cui evidente forma a U ne evidenzia l’origine glaciale. Una successiva e ben più breve balza parzialmente rocciosa dà accesso alla parte alta della valle, le Foppe di Braone, all’inizio della quale troviamo la Malga Foppe di Sopra e l’annesso Rifugio Prandini, presso il quale, nelle giornate del 6 e 7 luglio 2013, s’è tenuto il secondo evento del programma 2013 di “Orgogliosamente Nudi” (leggi la presentazione e vedi gli altri eventi).

La Valle di Braone è stata scelta perché valle che, per le sue specifiche caratteristiche morfologiche e di frequentazione, ben si presta all’escursionista che certa solitudine e natura: solcata da un sentiero ben tracciato e sempre facilmente individuabile, risulta di comoda percorrenza anche per l’escursionista medio e rende meno problematico lo spogliarsi per chi, alla prime esperienze, possa temere per la presenza di zecche, vipere o altri animali più o meno ostili; la presenza di pochissime strutture abitative (una sola malga) o ricettive (due rifugi, per altro molto vicini tra loro) permette una nudità pressoché costante; trattandosi di un settore defilato e secondario dell’Adamello, con un avvicinamento lungo, risulta poco frequentata riducendo di molto la possibilità d’incrociare altri escursionisti e trovarsi così nella necessità di più o meno frequenti, e fastidiosi, rivestimenti (da evidenziare, comunque, che nel pieno periodo estivo è spesso frequentata da gruppi di scout e di oratorio che salgono ad essa dai loro campi collocati in valle e talvolta soggiornano per una notte o due proprio presso il Rifugio Prandini).

Rifugio Prandini

Rifugio Prandini (Foto Emanuele Cinelli)

Il Rifugio Prandini è stato scelto perché ne ho un lontano interessato seppur frugale ricordo, inoltre, arrivando da valle, è il primo che si incontra e, dopo 5 ore di cammino e 1500 metri di dislivello, anche poche altre decine di minuti e di metri possono risultare molto critici. Da tener presente che il rifugio è, a differenza del Gheza, sempre dato in autogestione, anche nei fine settimana di luglio e agosto.

Dopo un piccolo fremito iniziale, dovuto al reperimento della locandina da parte di un assessore di Braone, fatte le debite presentazioni e fornite a chi di dovere le nostre necessarie garanzie di rispetto delle altrui presenze, l’evento si avvia sulla strada della piena riuscita.

Così sarà.

Come da programma il gruppo, purtroppo piccolo (solo cinque persone) ma ben affiatato, si trova allo stadio comunale di Iseo nella mezza mattina del sabato, per poi raggiungere, in un’ora di autovettura, l’abitato di Braone dove parcheggiare, ritirare le chiavi del rifugio e consegnare una copia nella Guida Naturista Italiana recentemente pubblicata da Sylvia Edizioni (vedi recensione).

Strada Braone-Piazze

Strada Braone-Piazze (Foto Vittorio Volpi)

Effettuato un fugace pranzo, ci si immette sulla strada che da Braone porta alle Piazze: una stretta carrozzabile con diversi tratti a pendenza rilevante. Il traffico, seppur limitato e alternato da una recente ordinanza comunale, è continuo, rendendo il vestiario, anche se ridotto ai minimi termini, purtroppo necessario.

Tra chiacchiere, fotografie e osservazioni paesaggistiche, in un’ora e mezza si perviene alle Piazze. Qui la carrozzabile prosegue scendendo ad unirsi con quella della Val Paghera (interrotta per il crollo di un ponte) e un cartello mal posizionato ci porta a sbagliare percorso, allungando il nostro cammino di una mezz’ora e di un duecento metri di dislivello.

Finalmente liberi (Foto di Marco)

Finalmente liberi (Foto di Marco)

Recuperato l’errore e rientrati alle Piazze, si prende la mulattiera che, passate la Case di Scalassone, si addentra in Valle di Braone e inizia a salire ripidamente per superarne il primo salto (più di 600 metri di dislivello). Le forze sono ancora abbondanti e senza grosse difficoltà il gruppo risale di buon passo questo pendio, fruendo della frescura di una giornata non propriamente assolata, della copertura boschiva pressoché continua e del passaggio alla base di una bella cascata.

Insieme ai passi si assommano i metri e i minuti, così dopo altre due ore di cammino si perviene alla piana che adduce alla Malga Foppe di Sotto. I verdi prati, il fresco torrente che li solca e il successivo cammino in piano pressoché perfetto invitano ad una breve sosta per dissetarsi e reintegrare le sostanze necessarie ad affrontare il restante percorso.

Passata la Malga Foppe di Sotto, dove la presenza dei pastori ci induce a rimetterci i pantaloncini, sebbene proprio per pochi minuti, si riprende la salita. Ora si procede allo scoperto e sotto una debole pioggia. Il sentiero compie ampie svolte cercando i passaggi migliori tra placche rocciose, attorno, per la felicità di Francesca, l’unica donna del gruppo, è un mare di rododendri in fiore.

Finalmente al rifugio (Foto Emanuele Cinelli)

Finalmente al rifugio (Foto Emanuele Cinelli)

Le forze iniziano a cedere e il cammino si fa più pesante, per fortuna all’improvviso ecco apparire la sagoma del rifugio, ci separa solo un ultimo non troppo ripido pendio erboso, ma sono cento metri veramente duri: pare di non arrivare mai. Ma infin si giunge come disse il poeta, la porta è davanti a noi, la apriamo e… meraviglia delle meraviglie, il rifugio si presenta molto in ordine, pulito ed accogliente come ne ho visti pochi.

La temperatura è ancora confortevole, ma, anticipandone la discesa, come prima cosa viene accesa la stufa a legna, una di quelle vecchie stufe/cucina che quelli della mia generazione hanno avuto modo di vedere nelle cucine delle proprie nonne. Dopo di che si preparano i letti e la cena: una bella pastasciutta al pomodoro con la quale recuperare appieno tutte le energia dissipate nella lunga marcia di avvicinamento.

La serata passa in allegra compagnia, chiacchierando di varie cose: nudismo, alpinismo, religione, politica, lavoro, soldi e altro. Alle 23 quasi tutti a nanna, solo Francesca e Alberto restano ancora in piedi a chiacchierare.

La mattina della domenica ognuno si alza secondo il proprio ritmo biologico: Emanuele è fuori a godersi la mattina già alle 6, poco dopo lo raggiunge Marco, poi si alzano anche Francesca e Vittorio, ultimo è Alberto che dev’essere quasi sbrandato altrimenti se la continua beatamente fino a chissà quando.

A monte del rifugio (Foto Emanuele Cinelli)

A monte del rifugio (Foto Emanuele Cinelli)

Foppe di Braone

Foppe di Braone (Foto Emanuele Cinelli)

Fatta colazione, riordinato per bene il rifugio e svuotati gli zaini da quanto inutile per la breve gita della mattina, ci si incammina verso l’alta valle. Una prima ripida salita ci porta in breve al Rifugio Gheza che, contrariamente a quanto credevamo, risulta aperto e abitato. Per evitare di rivestirci, sfruttando la conoscenza di Emanuele della zona, invece di seguire il sentiero che passa proprio sulla porta del rifugio, si taglia di traverso per le balze di erbe frammiste a rocce. Ripreso il sentiero, entriamo nella piana delle Foppe di Braone e ci spingiamo fino al catino che precede la salita al Passo del Frerone (Zöck dè la Bala), dove, per ragioni d’orario, dobbiamo interrompere la salita.

Scattiamo la foto di gruppo e, per lo stesso identico percorso di salita, si rientra prima al rifugio, dove recuperiamo quanto lasciato, e poi a valle, al paese di Braone, dove giungiamo un poco provati dalla lunga marcia e, in particolare, dal scivolosissimo selciato della carrozzabile: nei tratti ripidi ha messo a dura prova il nostro equilibrio e, per alcuni, anche il fondoschiena. Stanchi si, ma felici: è stata una bellissima escursione, abbiamo goduto di paesaggi veramente rilassanti e ci siamo ancor più affiatati, approfondendo la reciproca conoscenza.

Rododendri (Foto Emanuele Cinelli)

Rododendri (Foto Emanuele Cinelli)

Il nostro stato d’animo si riflette positivamente sul gestore del rifugio che, a fronte della nostra correttezza e dopo averci adeguatamente conosciuti, ci conferma la disponibilità del rifugio per un nostro eventuale ritorno. A lui farà eco, qualche giorno dopo per e-mail, il Sindaco di Braone che ai miei ringraziamenti per la fiducia accordataci, sebbene comprensibilmente condizionata a determinate limitazioni in merito alla nudità, risponde con un “sono felice vi sia piaciuta l’escursione”. L’anno prossimo torneremo, abbiamo già messo in cantiere più o meno per lo stesso periodo di questa escursione, potete anche segnarvelo fin da ora, una magnifica settimana di escursionismo con base al Rifugio Prandini e meta i vari passi e le varie cime che lo circondano: Forcellino di Mare, Cima Galliner, Porta di Stabio, Passo del Frerone, Monte Frerone, Cima di Terre Fredde, Conca del Listino.

Somale di Braone e Pizzo Badile (Foto Emanuele Cinelli)

Somale di Braone e Pizzo Badile (Foto Emanuele Cinelli)

Che dire in conclusione? A parte l’ottimo svolgimento dell’uscita, voglio e devo mettere in evidenza che quando si superano timori e paure i risultati non tardano ad arrivare: molto meglio rischiare di ricevere un diniego che perdersi la possibilità di ottenere dei consensi. Il nudismo, e con esso l’escursionismo nudista che è certo la formula più piena di naturismo e più efficiente per diffondere lo stile di vita nudista, devono uscire allo scoperto, devono mostrarsi al mondo, devono cercare il contatto con la società senza isolarsi nei propri più o meno piccoli centri riservati, non c’è altro modo per farsi accettare e per crescere. Ovviamente è poi importante ritornare segnali positivi mantenendo un atteggiamento corretto ed evitando di forzare oltre il dovuto l’accettazione della nudità: se prevedibile l’incontro con non nudisti (avvicinandosi a malghe o rifugi, vedendone o sentendone l’arrivo da lontano) coprirsi per tempo debito, se l’incontro capita all’improvviso la situazione va valutata di volta in volta, in linea di massima rivestirsi può risultare inutile o addirittura deleterio, ma nel caso di gruppi di giovani ragazzi (scout e oratorio) avere a portata di mano un pareo è sicuramente consigliabile (leggasi a tal riguardo “Escursionismo nudista: istruzioni per l’uso“; altro utile articolo “Escursionismo: quale abbigliamento?”).

Libertà al nudismo, non ghettizzazione dello stesso! È possibile, la società è disponibile, dobbiamo esserlo anche noi.

Grazie a tutti i partecipanti, grazie, grazie, grazie!

Gruppo (Foto Emanuele Cinelli)

Gruppo (Foto Emanuele Cinelli)

W la Montagna: whisky, pardon, escursioni a go-go


EscursioniL’alpinismo può essere suddiviso in tre distinti settori: l’escursionismo, lo sci e l’arrampicata. Ognuno di essi identifica non solo un modo di frequentare la montagna, ma anche e soprattutto un’interpretazione concettuale dell’alpinismo, ovvero una filosofia.

Più l’alpinista incrementa le proprie capacità e, quindi, si spinge su difficoltà maggiori, più il concetto deve necessariamente evolversi e completarsi. Ecco che per l’arrampicatore sarà senz’altro più facile pervenire ad un rapporto paritario con l’ambiente, averne, cioè, minor soggezione, mentre l’escursionista rimarrà sempre condizionato da un più o meno intenso sentimento di timorosa riverenza.

D’altro canto, però, l’arrampicatore ha molto meno tempo per curarsi dell’ambiente che lo circonda e gli sarà più difficile vivere la montagna. L’escursionista, invece, può dedicare moltissimo tempo alla contemplazione della natura: può soffermarsi ad osservare i fiori, può godersi l’incanto delle forme e dei colori, può appostarsi in attesa di veder passare qualche esemplare della fauna. In sintesi, per l’escursionista è molto, ma molto più facile arrivare a capire e rispettare la montagna, ad entrare, cioè, in quel particolare atteggiamento che caratterizza il vero, l’unico Alpinismo: l’amore per i monti.

Ecco perché è alquanto importante non fossilizzare la propria attività in funzione di alcuni e solo alcuni aspetti della montagna, ma mantenere sempre vivo i sé il piacere della montagna per la montagna. L’Alpinista sa apprezzare qualsiasi momento, sa sfruttare al meglio ogni occasione, sa divertirsi col bello come col cattivo tempo, in compagnia come da solo, d’estate come d’inverno, in primavera come d’autunno.

“Viva la montagna”, fate vostro questo semplice motto e, liberandovi da ogni condizionamento pratico-mentale (esigenza di una meta, paura della montagna, timore di bagnarsi, competitività, eccetera), concedetevi la massima libertà d’azione: uscite dai binari della consuetudine per tuffarvi nell’immenso mare della fantasia.

Alcuni consigli

È nell’inventiva personale che potete trovare il massimo delle soddisfazioni, comunque, per coloro che… credono di avere poca fantasia, eccovi alcuni rapidi consigli.

  • Qualsiasi bosco che non sia troppo spesso si presta al libero girovagare senza meta né direzione.
  • I torrenti danno modo d’inventare un’infinità di piacevoli giochi e, in alternativa ai sentieri, possono rappresentare un valido e interessante percorso, sia in salita che in discesa.
  • Il fondo delle vallate di origine glaciale, sempre molto ampio, permette di abbandonare i sentieri.
  • Nei giorni di pioggia, boschi e pascoli consentono ugualmente l’effettuazione di piacevoli escursioni.
  • Dopo o durante una nevicata il bosco assume un aspetto decisamente fantastico: avrete l’impressione di vivere nel magico mondo delle favole, e… occhio ai folletti, si divertono a fare scherzi di ogni genere.

Alcune raccomandazioni

  • Non fate mai, e ripeto mai, più di quanto le vostre capacità tecniche vi possono obiettivamente consentire.
  • In pratica, pur nel massimo trasporto, mantenete sempre un alto livello di autocoscienza e autovigilanza.
  • Tale condizione è ottenibile operando ben al di sotto dei propri limiti tecnici e psicologici.
  • Nei parchi, ma talvolta anche fuori da essi, è di solito vietato uscire dai percorsi segnalati.
  • Evitate di uscire dal sentiero nelle zone geologicamente instabili, potreste arrecare danni irrimediabili.
  • Uscendo dai sentieri, muovetevi sempre in piccoli gruppi, meglio ancora in coppia o, se ve la sentite, da soli.
  • Mantenete il silenzio e se dovete parlare tra di voi fatelo senza gridare.
  • Non infastidite la fauna, limitatevi ad osservarla.
  • Non raccogliete esemplari della flora.
  • Non danneggiate il bosco, se è troppo spesso evitatelo, se ci sono rami che ostacolano il passaggio non tagliateli ma se possibile cambiate percorso altrimenti spostateli con estrema delicatezza.
  • Riportate a casa i rifiuti, siano essi inorganici che organici, non biodegradabili che biodegradabili.

Poesie di gioventù: Solitudine alpina


Solo cammino sugli alti nevai,
solo in mezzo a tanta immensità.
Il sole illumina, coi primi raggi,
le alte cime,
le lontane pareti di ghiaccio rosee risplendono.
Partito dal rifugio di primo mattino,
piccozza alla mano, ramponi ai piedi,
salgo verso la vetta.
Prima sosta, breve colazione,
poi riparto.
Esposto ai raggi del sole,
appeso alla liscia parete ghiacciata,
grondo di sudore,
ansimo dalla fatica,
però… continuo.
Ore 13: seconda sosta,
altro breve ristoro e poi in marcia.
La parete diventa più impegnativa,
dure placche di ghiaccio,
stretti camini.
Finalmente dopo ore di salita,
vedo la vetta vicina,
solo una fine cresta di neve
da essa mi separa.
Prima di affrontare quest’ultimo passaggio mi riposo.
Riparto con nuova spinta e vittorioso pensiero,
affronto la cresta con calma e coraggio,
qualche difficoltà,
“Vittoria”,
la vetta è raggiunta,
la tremenda montagna è sconfitta.
Prima ma non ultima solitaria
questa è stata la mia vittoria.
La sera è vicina,
raggiungo un pianerottolo e pianto la tenda.
Intanto il sole lentamente cala,
sparisce dietro le vette lontane,
sparisce inghiottito dall’orizzonte.
Ceno alla luce rossastra del tramonto,
e, mentre ceno, penso,
penso alla mia impresa,
penso al perché della mia vittoria.
Quando l’ultimo raggio di sole sparisce,
anch’io sparisco nella mia tenda.
Sdraiato nel sacco a pelo,
cullato dal sibilo del vento,
ritorno a pensare.
Ma i miei pensieri vanno lontano,
non più sulla roccia sotto i miei piedi,
non più sui ghiacci da poco affrontati,
ma torna in città,
torna dove ho lasciato amici e parenti,
torna a te.
Ti vedo felice dormire nel letto,
al caldo delle coperte,
protetta da mura di cemento.
Un brivido di freddo mi corre lungo la schiena,
la tormenta fuori si è alzata,
ah, come vorrei esser anch’io al caldo di casa,
ma per nulla al mondo rinuncerei a questa mia vita.
Una vita avventurosa,
una vita pericolosa,
ma una vita meravigliosa,
sempre a contatto con la natura,
sempre immersi nell’immensità.
Prima di assopirmi, ripenso a te,
decido di donarti questa mia impresa,
sul diario scrivo
“ore 21, ho vinto,
sulla vetta sono arrivato,
via Maria ho chiamato”.

Emanuele Cinelli – 15 gennaio 1974