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L’età incerta (mica tanto)


I ragazzi sono bizzarri, non hanno le idee chiare, devono maturare, formarsi. Hanno un modo tutto loro di rapportarsi con le persone che li circondano. Un modo, tra l’altro, in quotidiano assestamento, in continuo aggiornamento (ogni giorno una novità, curiosa e appassionante, meglio di un blog).

Il ragazzo (chi può veda se il discorso vale anche per le ragazze) comincia ad avvertire, a marcare la propria presenza nel contesto sociale, a far sentire la propria voce: c’è col proprio peso (il corpo è un delirio a quest’età).

Misura costantemente forze e distanze, si dà obiettivi pazzeschi (o eroici) da raggiungere, è in gara di emulazione con se stesso, prima che col mondo esterno e coi coetanei. Esaspera i conflitti perché vuole vederci chiaro, per misurare le proprie forze, per vedere fin dove può arrivare, quali spazi di libertà può rivendicare, espropriare.

In orizzontale, coi coetanei, è riccio e spugna, continuamente alla ricerca del fare qualcosa insieme, qualsiasi cosa per pazza che sia, di una concretezza che lo radichi al reale, in grado di agire efficacemente – a cominciare dal divertimento, dallo sport (ormai sempre meno gioco/passatempo e più competizione, ricerca di un risultato, perché identificante per sé e per la squadra; per gettar nuova legna sul fuoco del proprio orgoglio personale e del gruppo).

In verticale, nel rapporto con gli adulti, conoscenti, parenti… e genitori in particolare, ha un atteggiamento variegato, va “a simpatie”, ma è netto, deciso e incisivo. È alla ricerca segreta di un modello con cui confrontarsi e eventualmente identificarsi, da emulare fin dove possibile, da cui apprendere (rubare) i tratti e i profili ideali che gli sono più congeniali. Pronto a puntare il tutto per tutto, scommettere la propria vita quando è in gioco non tanto la vita futura, ma l’attim d’adesso. Con una cocciutaggine, un’asprezza, una tenacia, un estremo dispendio di forze, che noi adulti giudicheremmo sproporzionati: ma in questi anni si metton le fondamenta di tutta una vita (dice un proverbio bresciano: «A dùdes agn a s’è pütèi, a setant’agn a s’è amò chèi» “A dodici anni si è ragazzi, a settanta siamo ancora gli stessi”).

Così, non comprendiamo gli sbalzi d’umore, gli scatti d’ira, le reazioni improvvise, la sfrontatezza, come pure certi momenti di scoraggiamento, di umiliazione, di avvilimento che mai, se non appunto alla loro stessa età, ricordiamo di aver mai noi stessi vissuto.

Con due grandi incognite: la riuscita e il sesso.

Mai come in questa età una bocciatura è una ferita cocente; così ogni altro insuccesso, la rottura di un’amicizia, il bando dal gruppo, la fine di una “storia” con una ragazza. Il gruppo dei pari diviene più importante della famiglia. In famiglia tutto è scontato, va tutto troppo bene: il dialogo è a pezzi, i genitori matusa, i rapporti da negoziare ogni giorno… ma un piatto di pastasciutta, una tana per dormire c’è ancora. I “vecchi” sempre sull’orlo di una crisi di nervi, esasperati, preoccupati, tirati, ma il “deca” alla fine te lo allungano sempre.

Con gli amici il legame è ridiscusso ogni giorno: sempre pronti a mollare o tener duro, è questione a volte d’inezie, o di gocce che finalmente traboccano. Con loro c’è da riaffermare se stessi e muoversi insieme. In base a leggi non scritte, ma di un ferreo rigore, di un vigore impietoso e impetuoso, i ragazzi si fanno le ossa l’un l’altro. Insieme è anche un’esplorazione di se stessi, un sopralluogo ai confini, un’ispezione alle mura, quasi si attendesse ogni ora un assalto. Di fronte alla steppa dei Tartari, ciascuno per sé diventa un capitan Drogo, fa l’inventario di sé, del proprio carattere, degli assi nella manica, del proprio coraggio e determinazione, del proprio autocontrollo, della propria immagine verso l’esterno. Ciascuno diventa fabbro di se stesso: sull’incudine dei fatti quotidiani si modella muscoli nuovi, si martella con forza e convincimento una nuova corazza, di cui andar fiero e soddisfatto, perché all’altezza delle incognite che la vita sta preparando.

Immaginarsi già adulti è una prospettiva astratta e lontana: il presente è mille volte più urgente. Ora e adesso ferve la vita. Un ribollimento incessante di nuove energie, nuove chiarezze, decisioni irremovibili, certezze assolute, impegno leale e totale… (Mi rendo conto che sto usando un linguaggio iperbolico, altisonante, forse anche retorico… Ma noi, alla loro età, come eravamo? Sempre eccessivi, intransigenti, caparbi, tutti d’un pezzo, pronti ogni istante a giocarci la testa… come forse facciamo anche adesso).

A quest’età il sesso prende il sopravvento su tutto. È la punta dell’iceberg di mille attenzioni a quello che capita, momento dopo momento.

«Chi è che comanda?» si chiede stupito del nuovo entusiasmo che in petto si sente. «Scavalco i muretti, il cuore mi preme contro la gola, mi tremano i polsi, son mezzo ubriaco… e felice da matto! Faccio finta di niente, se parlo balbetto, ho le ginocchia di burro, sempre irrequieto, impaziente… “Non sa concentrarsi” dicono i profe. Mi scopro son nuovo: arrivo alle stelle, mi calmo, e poi cambio l’umore. Han fame anche gli occhi – non mi bastano i porno: non è questo che voglio alla fine! Voglio una vita dal vero, una vita dal vivo. Perché anch’io sono vivo, ho il mio posto nel mondo. Ma come faranno i nudisti? Da schiattare all’istante, cardiopalmo continuo, infinite le corse nei bagni: ma quando si sazia il bricconcello? Mi comanda a bacchetta: è tutto istinto, non ha molto cervello, ma sa ben quel che vuole… e l’ottiene! Ok! è primavera, cantano i merli… Il curato ormai mi conosce: sempre e un solo peccato… “Quante volte, figliolo?” Non tengo più il conto…»

Immaginatevi ora uno di questi “mortaretti” in una delle nostre escursioni, a Gardacqua, in un campeggio nudista, al Newt o al Wnbr!

Dialogo col “mortaretto”

Il “mortaretto” si immagina un fuoco di fila di sguardi e attenzioni tutti concentrati sul suo sesso, lì in bella mostra!

Mortaretto: Ah, bella roba!

Diviene verde, viola, paonazzo, di tutti i colori. Da morir d’imbarazzo! Soprattutto se ci son coetanei (e coetanee!)

M.Me l’han visto! – gli crolla il mondo addosso.

M.Uno ci può rimanere! – pensa fra sé.

Vittorio: – È lì il tuo punto debole, il tuo punto più vulnerabile, più delicato? E già ti credevi un grand’uomo! Come ti avessero rubato un tesoro, violato la privacy, messo alla gogna sulla pubblica piazza, ludibrio di tutti.

M.Avevo in mente un altro programma. Pensavo a un regalo per la mia “prima volta”. Offrire cioè la mia nudità come dono esclusivo in cambio di…

V. – Tutto lì quel che sai dare?…

M. Sarebbe stato il nostro segreto. Così è tutto rovinato! Mi si ribalta tutto, tutto da rifare. Proprio ora che cominciavo a capirci qualcosa. Era un buon biglietto da visita. Come facevamo all’asilo: “Io ti faccio vedere il mio, tu mi fai vedere il tuo (la tua)”.

V. – E la “seconda volta” come farai? Il tuo buono l’hai speso. Quanto costa l’ingresso?

M. Non siamo al parco delle meraviglie! Non faccio strip-tease.

V. – A me pareva di sì: come al mercato dei buoi. Non hai nient’altro di meglio?

M. Non hai proprio capito. Lo strip, come tu lo chiami, (ehm! sento che sto diventando rosso…) mi serve per caricarmi un po’, mettere in circolo un po’ di adrenalina, farmi coraggio. Non far brutte figure.

V. – Alla tua età!

M.Se mi abituo al nudo, potrei avere delle difficoltà. Se manca l’eros, capisci? Se il mister non fa il suo dovere quando è il momento, addio! “Ridatemi le mie mutande!” Ah, mio povero nìnnolo… non ti vorrà più nessuna.

V. – Boh! Non c’è solo l’idraulica, mi pare. Non pensi ci sia anche altro? Qualcosa di nuovo, di tuo, di vivo, palpitante…

M.Dici: i sentimenti?

V. – Bravo! Lo sapevi, birbante!

M.Lascia stare il can che dorme. A suo tempo verranno anche loro, quando mi sarò chiarite le idee.

V. – Non si tratta di idee! Ci vuole anche un po’ di testa, non dico di no. Non puoi far solo calcoli e tirar delle somme. Lascia un po’ fare: che anche se ti bagni i calzoni, sull’altra riva te li puoi asciugare.

M.Il fatto è che nudo così mi sento indifeso: è delicato il marmocchio!

V. – Puoi anche chiamarlo agnellino se pensi che qui intorno non vedi che lupi.

M.Avanti, fate di me quel che volete, sbranatemi pure.

V. – Chi t’ha messo in testa queste panzane?

M.Ok! Tu, voi nudisti siete lupi buoni, ma gli altri? Tutti gli altri? Perderei dei bei punti così scostumato, ti pare? La “decenza” mi avrebbe difeso, non trovi?

V. – È normale che ti senti così. Tu hai ha voluto vedere, provare, fare questa esperienza, tu hai accettato di venire con noi: tu hai deciso di metter tutto in discussione. Non lamentarti se ora ti senti in tempesta.

M.Volevo vederci più chiaro… E la frittata si è rivoltata. Non è più come prima.

V.C’est la vie, caro mio! Nessuno a parole ti avrebbe mai fatto convinto. Noi che non ti guardiamo, che non siamo curiosi, che non ci arrapiamo vedendo una bella donzella; quasi eremiti… Non ci avresti creduto. Che effetto ti fa essere nudo fra nudi?

M.Niente. Anzi, c’è maggior confidenza. Siamo molto più amici.

V. – E col sesso?

M.Ehi! Son mica…

V. – Va bene. Adesso che hai provato, che cosa ne dici?

M.Bisogna proprio mettercelo, il sesso! Eh, eh!

V. – Allora è come se fossimo vestiti; essere nudi non fa differenza. Tu sei sempre tu, nudo o vestito che sia. Non cambi chi sei. Né fa di noi dei lupi bramosi e bavosi. Stai pur tranquillo su questo.

M.L’avevo pensato, sai. Mi vedevo stretto fra le vostre manone, incapace di reagire, di gridare, incantato, paralizzato…

V. – Male! In campana e sangue freddo! Cominci a capire, adesso?

M.Son senza fiato. Non ero mai arrivato sin qui. Pensavo al peggio. Grazie per la simulazione…

V. – Hai visto quanti strati di magliette, mutande, pigiami, camicie, costumi, bermuda… per non parlar di idee, disegni, progetti, preconcetti, modelli… E tutto questo par che funzioni, e sta in piedi da secoli.

M.Ma ora, ce n’è uno di meno: io! Ah, respiro un po’ meglio. È bello guardarti senza aver degli ostacoli. Senza che tu ti senta a disagio, infastidito dal mio sguardo invadente… 

V. – La curiosità passa subito.

M. – È che siamo abituati da una vita… Scusa…

V. – Di che? E noi allora?

M. Voi cosa?

V. – Anche per noi è bello guardarvi: … la bellezza dell’asino!

M. Questa me la paghi!

V. – Si dice così! Io non ne ho colpa.

M. Però adesso sono un asino libero! E io che pensavo di essere brutto e sformato!

V. – Non metterti in dosso nessun altro vestito, bell’asinello, che vai bene così!