Archivi Blog
Come gestire il contradditorio oppositivo
La questione è particolarmente presente nel contesto del nudismo, ma la troviamo praticmanete in tutti gli altri contesti.
Pubblicare post è certamente gratificante, molto meno, però, lo possono essere certi commenti che si ricevono.
Nella vita tutti ci troviamo a dover affrontare il contradditorio e, più o meno spesso, persino un contradditorio oppositivo.
Come gestirlo? Come trasformare un’opposizione in un dialogo? Come uscire senza ferite da una diatriba?
Innanzitutto non bisogna rispondere al volo, magari in modo aggressivo e autoritario.
Inziamo con l’ascoltare (o leggere in modalità ascolto) per comprendere cosa ci sia dietro all’opposizione: esperienze negative, educazione, condizionamento, presa di posizione o…
un bel niente!
Se il primo ascolto non ci è sufficiente per svelare il retroscena allora passiamo a fare domande mirate: perchè dici così, cosa è successo che ti porta a pensarla così, quali esperienze hai avuto e altro similare.
Compreso il retroscena andiamo ad agire su quello, un’azione che sia empatica, però, non cerchiamo di distruggere le convizioni dell’interlocutore, anzi mettiamoci dalla sua parte, chiediamoci come ragionerei io con il suo pregeresso e passiamo a fare domande dirette sul pensiero: l’obiettivo dev’essere quello di far ragionare l’altro sulle sue opinioni e far arrivare lui stesso alle deduzioni.
Quali domande?
Ne basta una: perchè?
Raccontami la tua esperienza negativa. Parlami delle tue esperienze in merito. Spiegami perchè sarebbe sbagliato quello che dico io. Eccetera.
Se gli chiediamo di spiegarci il perchè delle cose, per farlo deve pensarci a quelle cose e nel pensarci può accorgersi che le sue idee non sono realmente sue, sono preconcette, sono modificabili, sono ingiuste, sono inique, che può e deve cambiarle.
Lo so, non è facile, ma non è che nella vità facciamo solo le cose facili e, tutto sommato, sono quelle difficili che ci danno le magigori soddisfazioni. Senza paura di sbagliare, proviamoci e impariamo dai nostri errori.
Ci vuole autocritica e non bisogna autogiustificare i propri errori, ma prenderne coscienza, valutarne gli effetti e capire come evitarli.
Tranquilli, nel giro di un annetto diventerete degli esperti!
Sono peggio i ladri o i nudisti?
Ancora una volta la legge perde l’occasione per rendere giustizia al nudismo e ai nudisti. La già attuata depenalizzazione dei reati minori poteva essere la soluzione definitiva, invece si è considerata la nudità pubblica un grave illecito amministrativo e come tale punita con con un ammenda anche di qualche decina di migliaia di euro. Ora una nuova legge rende di fatto impunibili i piccoli reati e poteva risistemare le cose, ma il nudismo non è più un reato quindi: niente da fare, ladri e truffatori sono più civili e socialmente giustificabili dei nudisti, sic! Modifica su modifica finirà che si punirà solo l’innocenza e la salubrità del nudismo.
Il nudismo in Italia visto dai turisti di altre nazioni
Un’opinione abbastanza comune, l’ho trovata anche in diversi altri video realizzati da vari creatori di contenuti, di diverse nazionalità e anche non nudisti. Sebbene pochi, i sondaggi fatti, tutti estranei al mondo del nudismo, hanno però definito che la maggioranza degli italiani è indifferente alla nudità, cioè non ne è infastidita e non è contraria alla condivisione degli stessi spazi con chi sta nudo, moltissimi sarebbero anche disposti a spogliarsi se ci fossero più opportunità e meno ostracismo. Avanti italiani, diamoci una mossa: rinomalizziamo l’italia!
Ecco qua, il mio discorso riguarda solo ed esclusivamente quanto si sente e legge dal minuto 1:39 al minuto 4:39.
Naturismo, nudismo, nudo, quale termine?
Visto che ancor sento utilizzare queste parole in modo inopportuno, dato che ancora troppi si vergognano di parlare di nudo e nudismo e allora usano impropriamente la parola naturismo, essendo che queste due abitudini condizionano negativamente la rinormalizzazione del nudo, ecco per via di queste fastidiose osservazioni stavo per scrivere un articolo sull’uso delle parole naturismo e nudismo, ma mentre mi accingevo a scrivere mi sono ricordato di averlo già scritto e così, dopo averlo letto trovandolo tuttora molto attuale e valido e rilevando che già conteneva tutto quello che stavo per scrivere, invece di proporre un clone rimetto in evidenza quello che già avevo scritto.
Il lessico è avulso alla volontà di differenziare, ovvero alla tanta temuta e deprecata etichetizzazione delle cose e delle persone: le parole non hanno volontà, la volontà è propria delle persone e sono queste ultime, caso mai, a dare etichette e attraverso queste compiere atti di differenziazione e discriminazione.
Il lessico è questione tutt’altro che accademica: attraverso il lessico possiamo comprenderci, possiamo trasmettere messaggi comprensibili, fare in modo che gli altri possano capire con precisione quello che vogliamo dire. Insomma, attraverso il lessico comunichiamo e:
- un lessico errato comporta una comunicazione fallimentare;
- per una comunicazione efficiente è necessario usare un lessico corretto.
Ai fini della corretta comunicazione usare le parole corrette è, quindi, una necessità irrinunciabile: ve lo immaginate un mondo senza parole, o un mondo dove ognuno dia il significato che vuole alle parole che utilizza?
Nell’ambito del nudo…
View original post 874 altre parole
TappaUnica3V: il libro!
Come idea l’avevo già ventilata qualche anno fa, poi per varie ragioni era rimasta nel limbo, ora mi sono dato una mossa e in una settimana di intenso lavoro finalmente il libro è impostato. Ovviamente c’è ancora molto lavoro da fare ma dovrei poter uscire ai primi di gennaio 2023. Per ora eccovi quella che sarà la copertina.
Autoscatti
Non fotografo e non mostro il mio corpo, fotografo e mostro le attività che faccio!
P.S.
Il fatto che le faccia nudo non altera il contesto e non modifica le intenzioni.
Chi subisce patisce!
Sulle reti sociali stanno rifacendosi numerosi i messaggi che invitano coloro che hanno riabbracciato la naturalità del nudo a non spogliarsi fuori dai contesti prettamente nudisti (o naturisti, sic!), a rivestirsi quando arrivano persone vestite, a… a… a… altri atteggiamenti similari dove il nudo cede spazio al vestito.
Il concetto che viene messo a giustificazione di questi inviti è il rispetto per gli altri, ma può questo realmente definirsi rispetto o piuttosto è solo sottomissione?
Rispetto è permettere agli altri di fare quello che vogliono, quindi rispetto è lasciare vestito chi non vuole spogliarsi (cosa, per inciso, normalmente vietata nei centri riservati al nudo, sic!) e lasciar stare nudo chi vuole spogliarsi; rispetto è non pretendere di stare nudi in casa d’altri (un luogo pubblico, però, è casa di tutti, per cui non è casa d’altri); rispetto è non pretendere che tutti debbano stare vestiti; rispetto è lasciare che ognuno viva la propria vita esattamente come desidera; rispetto è capire, comprendere, accettare, restare indifferenti a tutto ciò che, pur non rientrando nella sfera del nostro gradimento, comunque non ci apporta veri danni materiali (e un fastidio non è un danno); rispetto è empatia senza rinuncia. Tutto il resto non è rispetto ma solo sottomissione.
Stare vestiti in luoghi pubblici, ovviamente in assenza di leggi che lo vietino espressamente, solo perché si presume che qualcuno possa offendersi non è rispetto, è non farsi rispettare, quindi è sottomissione.
Stesso dicasi per ogni azione di rivestimento all’arrivo di altre persone ipoteticamente non nudiste, e qui ci possiamo aggiungere anche altre due considerazioni:
- magari invece sono nudiste e ci siamo rivestiti per niente;
- magari pur non mettendosi nude rispettano chi vuole stare nudo e abbiamo rinunciato a comprenderlo;
- rivestirsi all’arrivo di altre persone, specie quando queste già ci hanno siti nudi, non fa altro che intensificare negli altri il concetto del nudo come cosa sporca e da nascondere, quindi inibisce ogni possibilità di rinormalizzare la nudità
Il rispetto dev’essere e può essere solo bidirezionale altrimenti non è rispetto ma solo sottomissione.
Ribellioni alla nudità e agli eventi nudisti (per inciso sempre e solo di piccole fazioni di persone che, quindi, non rappresentano l’idea della maggiorana, sono solo capaci di gridare e farsi intendere, in questo favorite dall’eventuale remissivo silenzio della controparte), ci saranno sempre finché si continuerà a divulgare un concetto di rispetto basato su queste fondamenta, finché si accetterà la resa e la sottomissione.
Nessuna conquista sociale, nessuna evoluzione è avvenuta senza che una parte un poco forzasse l’altra, senza creare malumori, senza fatica e senza sudore!
Chi subisce patisce, detto inequivocabile che non andrebbe mai dimenticato e disatteso, senza ovviamente cadere nell’eccesso: non andiamo, per fare un solo palese esempio, (per ora, in futuro magari anche, mai dire mai!) a metterci nudi in una piazza urbana.
#nudiènormale
Rinormalizzare il nudo, quale strategia
Difficilmente avremo la rinormalizzazione del nudo finché proprio coloro che, in qualsiasi misura, lo praticano:
- useranno termini impropri per riferirsi alla nudità;
- tenderanno a differenziarsi da coloro che non la praticano;
- continueranno, più o meno consciamente, a vedere e propagandare la nudità come un atteggiamento inadatto alla generalizzazione sociale, quindi da isolare in specifici contesti ben segnalati e delimitati;
- negheranno o dubiteranno del suo valore educativo e curativo;
- parleranno e scriveranno di cosa non sia la nudità invece di concentrarsi sul dire e scrivere cosa essa è.
Alla rinormalizzazione del nudo non servono l’autocensura, la vittimizzazione e un falsato concetto di rispetto.
Alla rinormalizzazione del nudo servono persone convinte, decise, sicure e positive!
#VivAlpe 2020: escursioni inclusive
Come ormai avviene da diversi anni, anche per il 2020 ho predisposto un calendario di escursioni appositamente studiate e programmate per poter essere condivise con gli amici del blog.
Come ben sa che mi segue da un minimo di tempo, trattasi di escursioni finalizzate all’inclusione nell’ambiente montano. Si, inclusione, inclusione perchè quello che faccio per mio conto e quello che propongo attraverso VivAlpe va ben oltre il camminare in montagna, va oltre anche la tanto ricercata integrazione con la montagna. Il mio modo di andare per monti, infatti, elimina ogni barriera mentale e fisica tra persona e ambiente, e porta l’escursionista a essere parte stessa del monte, esattamente come lo sono tutti gli altri esseri viventi o non viventi che lo circondano: animali, vegetali e minerali.
L’inclusione è indissolubilmente legata allo spogliarsi: spogliarsi delle paure ataviche nei confronti di un ambiente oggi estraneo ai più, persino a molti di coloro che in montagna ci vivono e/o ci lavorano; spogliarsi dei condizionamenti mentali conseguenti alle tante legende sulla montagna, all’artificiosa imposizione del vestiario, al costruito innaturale concetto di anormalità del corpo nudo; spogliarsi, infine, fisicamente dei vestiti, tutti i vestiti, unica eccezione le calzature che, vista la lunghezza dei percorsi e loro connotazione, per motivi di sicurezza è comunque il più delle volte necessario indossare.
Ecco che nelle escursioni di VivAlpe, per quanto facoltativa, è prevista la nudità, una nudità semplice, sincera, sana, ecologica, educativa e naturale, una nudità, come detto, necessaria all’inclusione montana, una nudità, purtroppo, ad oggi limitata all’interno di innaturali confini.
Confini che mi impongono un’accurata selezione dei percorsi, escludendo tutti quegli itinerari classici dove è quasi certo incontrare molte persone, cercando di limitare al massimo le zone antropizzate, i passaggi nelle immediate vicinanze di rifugi e altre strutture abitative di montagna, la percorrenza di strade e stradine aperte al traffico.
Nel caso dei percorsi super frequentati è un’esclusione che poco disturba, anzi, è addirittura funzionale all’inclusione. Certo dispiace dover escludere alcuni interessanti itinerari solo perché intersecano necessariamente sentieri battuti, solo perché hanno uno o più tratti su strade o stradine, solo perché accostano qualche rifugio. Dispiace che alla fine venga a crearsi un ventaglio di possibilità più limitato rispetto a quello disponibile all’escursionismo vestito. Certo è possibile, e lo facciamo, coprirsi nel passaggio dalle zone o dai tratti “a rischio”, ma è comunque un gesto fastidioso, un’azione che inibisce l’inclusione, un’imposizione senza senso agita da poche persone che pretendono di condizionare il comportamento di tutti gli altri, un’imposizione sentimentalmente avulsa alla stragrande maggioranza delle persone, un’imposizione ad oggi ancora più o meno volontariamente e direttamente supportata dalle istituzioni locali e nazionali.
VivAlpe, nel convivere con tale situazione, cerca nel contempo di operare ai fini della rinormalizzaizone del nudo. Si, rinormalizzazione, perché tutto sommato, nel lungo novero dell’esistenza dell’uomo, sono ben pochi gli anni di ostilità vero il nudo e, volenti o nolenti, la nudità è parte stessa della nostra natura, come ben dimostra l’atteggiamento dei neonati e dei bambini nei loro primi anni di vita: stare nudi è per loro assolutamente normale e sono del tutto indifferenti al nudo, sia quello di altri loro coetanei che quello di adulti, siano essi dello stesso che di altro sesso.
Sono e siamo convinti che l’esempio pratico possa fare più di qualsiasi altra forma di convincimento, in particolare molto più dell’impervio tentativo di far approvare leggi regionali o nazionali, talvolta andato a buon fine ma sempre reso inutile o addirittura pericoloso dalla loro specifica formulazione. A conti fatti la legge ad oggi esistente non aiuta ma nemmeno ostacola la nudità pubblica, esiste solo una convenzione giuridica che, stranamente, fatica ad essere completamente superata, qualche passo c’è stato, ma, per come funzionano le cose in Italia, pur sempre troppo poco.
Ma non voglio cadere nel comune errore del lamento, torniamo al novero dell’articolo: VivAlpe.
Seppure sia probabilmente la forma più pura di naturismo, anzi forse l’unica attività che possa per logica e semantica definirsi naturista, preferisco evitare l’utilizzo di tale aggettivo che, alla fine, lungi dall’apportare vantaggi, nella sua ambiguità etimologica, nella sua sostanza aspecifica, contribuisce a una comunicazione inefficiente.
Evito anche l’appellativo di nudista, usato a lungo mi sono poi reso conto che il solo fatto di utilizzarlo in modo sistematico definisce un’identità differente, distaccata, avulsa al mondo comune, quindi contribuisce a rinforzare la convinzione di anormalità del corpo nudo, inibisce anziché stimolare la rinormalizzazione del nudo.
Parlo e invito a parlare solo di nudo e di nudità, facendolo solo quando proprio necessario e non per aggettivare le nostre attività che, nel caso di VivAlpe, sono solo ed esclusivamente escursioni, escursioni come quelle di tutti gli altri, caso mai hanno in più il carattere dell’inclusività e così…
VivAlpe non è escursioni naturiste, VivAlpe non è escursioni nudiste, VivAlpe non è nemmeno escursioni nude o in nudità, VivAlpe non è qualcosa in antitesi con l’escursionismo classico, VivAlpe non si pone in alternativa ad altro, VivAlpe è VivAlpe e basta, caso mai VivAlpe è solo ed esclusivamente inclusione ambientale.
Clicca sulla locandina sotto per accedere alla pagina eventi.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.