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#Nudiènormale


Il nudo non è un momento, il nudo è il tutto.
Il nudo non è una stravaganza, il nudo è la nostra essenza.
Il nudo non è nemmeno una scelta di vita, il nudo è la vita.
Insomma, per farla breve…
Il nudo è la normalità!

Poesie di gioventù: Maria


Ti guardo,
ti osservo,
ti scruto da vicino,
ti studio in ogni particolare.

Belli e ben segnati i tuoi dolci occhi,
rosse e invitanti le tue morbide labbra,
bianco e smagliante il tuo fulgido sorriso.

Sembra un sogno, ma è realtà,
ti guardo e vedo uno splendido quadro.

I tuoi occhi mi ricordano il mare,
le tue labbra mi ricordano il fuoco,
il tuo sorriso mi ricorda la neve.

In te tutta la natura è rinchiusa,
in te la suprema bellezza dimora,
in te il grande Amor vivere vuole.

Ti mormoro parole d’amore,
tu rispondi con altre parole d’amore,
parole bellissime,
parole del cuore.

Ti bacio la bocca bella,
tu rispondi con altro bacio,
bacio soave,
bacio d’amore.

Ti sorrido guardandoti in viso,
tu rispondi con altro sorriso,
sorriso smagliante,
sorriso dell’anima.

Maria,
Amore,
o mio angelico custode,
o mia grande felicità.

Ti amo,
ti amo,
ti… amo!

Emanuele Cinelli – 27 marzo 1974

Poesie di gioventù: Bufera


Soffia il vento,
sibilando tra le cime.

Cade la neve,
imbiancando la valle.

Cala la nebbia,
impedendo la vista.

Sembra la fine del mondo,
non si può più avanzare,
bloccati siamo a metà parete.

Non è la prima volta,
ma ogni volta è come se fosse la prima.

Un senso ci attanaglia il cuore,
un senso di paura ci corre nella mente.

Si pensa alla morte,
la morte in parete,
la più brutta di tutte:
attaccati a un chiodo,
sballottati dal vento,
acciecati dalla neve,
induriti dal freddo.

Si pensa alla morosa,
si pensa alla famiglia,
si spera di resistere ancora.

Emanuele Cinelli – 26 marzo 1974

Poesie di gioventù: Baciarsi


Gesto d’amore,
gesto semplice,
gesto gentile,
posare labbra
sulle labbra.

Baciarsi vuol dire amarsi,
baciarsi vuol dire
esprimere i propri sentimenti.

Semplice è baciarsi,
semplice è compiere questo gesto,
semplice e…
per questo romantico.

Baciarsi è amarsi,
amarsi è volersi bene,
volersi bene è baciarsi.

Emanuele Cinelli – 26 marzo 1974

“Non ha senso”


Giusto ieri è stato pubblicato su una pagina Facebook (PassioneMontagna, di cui ringrazio anche qui la cortese amministratrice) il collegamento al mio articolo di presentazione del programma “Orgogliosamente Nudi”. Devo dire che dopo anni che parlo di nudismo e del mio essere nudista con chi nudista non è, dopo molti contatti con la società tessile, dopo molti riscontri positivi, stavolta il risultato non è stato quello sperato e molte sono state le osservazioni negative (anche se nessuna si basava sul disgusto, ma piuttosto sull’incomprensione motivazionale dell’escursionismo nudista). C’è da rilevare che, come troppo spesso accade, non solo in relazione al nudismo, tutte peccavano in presunzione, ovvero in tutti i casi si ragionava solo sulla base di preconcetti e senza avere una conoscenza diretta delle cose. Ma tra tutte una mi interessa esaminare nello specifico: “non ha senso”.

Questa frase l’ho sentita altre volte, non solo per il nudismo anzi più spesso per altre argomentazioni: sembra che a certe persone piaccia mettersi al di sopra degli altri e arrogarsi il diritto di sentenziare cosa la società debba o non debba considerare lecito. Ma chi ha dato loro tale diritto?

Chi può stabilire cosa sia il senso e cosa il non senso? Il singolo? La massa? La religione? Quale religione? È sufficiente che un qualcosa sia praticato da tutti per dichiararlo sensato? Non è che anche tutti possono sbagliare? Non è forse vero che nel momento che qualche milione di persone pratica una certa cosa, un senso quella cosa deve avercela? Ma alla fine, non è forse vero che se anche uno solo fa qualcosa, per lui quel qualcosa ha un senso?

È il solito discorso del senso unico, del vedere le cose solo ed esclusivamente secondo propria ragione escludendo completamente la benché minima possibilità che la propria ragione possa difettare. Sulla base di tale atteggiamento, sulla base del “non ha senso” si sono fatte e ancora oggi si fanno discriminazioni anche importanti, si creano disagi sociali anche rilevanti, si pongono le basi per creare conflitti e guerre:

  •  per i nazisti gli ebrei non avevano senso e andavano sterminati;
  •  per i bianchi non avevano senso i neri;
  •  per i maschilisti non ha senso che le donne abbiano pari ruolo;
  •  per i capitalisti non ha senso che si possa pensare alla distribuzione sociale delle ricchezze;
  •  per i socialisti non ha senso che qualcuno possa pensare di fare ricchezza personale;
  •  per molti giovani di oggi non ha senso rispettare le regole loro imposte dalla società;
  •  per molte persone non ha senso badare a dove gettano i rifiuti;
  •  per molte altre non ha senso preoccuparsi di differenziare i rifiuti;

e via dicendo.

E lecito condizionare la vita e l’esistenza degli altri, di molti altri, ma anche di un solo altro, sulla base del proprio più o meno personalissimo modo di vedere le cose? È lecito che un gruppo sociale, più o meno numeroso, debba pretendere di condizionare il comportamento di altro gruppo sociale, a sua volta più o meno numeroso?

Si!?!

Beh allora a mio parere, a parere di milioni di nudisti a non avere senso sono i vestiti, in particolar modo i costumi da bagno!!!

Poesie di gioventù: I love you, you love me.


I love you,
Io amo te,
questa è la prima verità,
questa è la mia gioia,
la mia e la tua felicità.

You love me,
tu ami me,
questa è la seconda verità,
questa è la tua gioia,
La mia e la tua felicità.

I love you, you love me,
il nostro felice amore,
il nostro gioioso vivere insieme,
questo è quello che abbiamo,
questo è quello che vogliamo
continuare ad avere.

Amore, io dico a te;
amore, tu dici a me,
ci comunichiamo quello che sentiamo,
insieme felici momenti passiamo.

I love you,
you love me.

Emanuele Cinelli, 26 marzo 1974

Vacanze sul Garda


Leggi anche “Una giornata in spiaggia” e confronta!

PisenzeFinalmente sono giunte le agognate ferie estive, purtroppo anche quest’anno non potremo andare al mare. Per nostra fortuna l’abitare vicino al lago ci concede una valida e semplice alternativa rendendoci il tutto meno pesante, l’unico svantaggio è che dovremo forzatamente adeguarci alla spiaggia e ai bagni in costume: sul Garda il nudismo non è più tollerato, anzi in molti comuni si rischia anche la denuncia.

È così che, per tutto il periodo delle ferie, quasi ogni giorno scendiamo a lago. Una volta in quel di Padenghe, l’altra in quel di Manerba, un’altra a Moniga, poi a Desenzano, Gargnano, Toscolano, Malcesine, Garda, Torri, Lazise, Pacengo e via dicendo, insomma: mai lo stesso luogo, mai la stessa spiaggia, mai la stessa gente, eppure… eppure sempre le stesse imbarazzanti scene.

Seduto sulla rena, con la schiena appoggiata al muretto di cinta di una villetta, guardo incantato una famigliola di anatre. La madre sta insegnando ai piccoli a nuotare, uno a uno li ha fatti scendere in acqua e ora li sta guidando verso il largo, badando a che nessuno di loro resti indietro o perda la giusta direzione. Vicino a me un gruppo di ragazzi sta ascoltando la musica emessa da un lettore MP3: il suono è altissimo e si spande lontano lungo la spiaggia, in molti, me compreso, abbiamo chiesto ai ragazzi di abbassare il volume, ma ogni volta la stessa identica risposta: “ma che vuoi, se non ti garba allontanati”.

La giornata non è delle migliori: il temporale notturno ha reso turbolente le acque del lago, ma la temperatura ancora invita a mettersi in costume. Un gruppo di giovani ragazze si è accomodato in un praticello, stanno chiacchierando del più e del meno quando due signore passano loro davanti. Sono due signore di mezza età, i segni del tempo segnano i loro corpi, una è palesemente sovrappeso e una pancia prominente deborda dalle mutandine del costume da bagno. Due belle signore che, sicure di se stesse, camminano serene. “Ma dai! Come si fa? Che schifo!” Il commento si alza impertinente dal gruppo delle ragazze. “Ma non si vergogna a girare in costume? Dovrebbero vietare lo stare in costume a certe persone” “Ma perché non si ricopre quella ciccia informe!”

Versi di gabbiani che si rincorrono tra cielo e acqua, fruscio delle foglie smosse dal vento, sciabordio delle onde che si riversano ritmicamente sul bagnasciuga, grida gioiose di bimbi che giocano sulla spiaggia, leggerissimo il rumore di un foglio girato da una signora che sta leggendo un libro, lo stridio di una vecchia sdraio semi arrugginita che viene aperta. Sono ore che me ne sto qui, all’ombra di un bellissimo albero, osservando e ascoltando i mille rumori che riempiono l’aere mescolandosi in un’armoniosa melodia, in molti sono oggi presenti in spiaggia, intorno a me diverse persone, coppie, famiglie, gruppi di amici. Una famiglia con due bambini che giocano tranquilli è seduta a pochi metri dalla mia posizione, davanti a noi, a pochissima distanza, due giovani amanti, sdraiati l’uno sull’altro , si baciano e si accarezzano, talvolta con enfasi, talvolta con qualche gesto sfrontato, talvolta arrivando a toccarsi dove in pubblico sarebbe meglio non fare, ma alla fine sono due giovani ragazzi che si vogliono bene e, nonostante alcuni sguardi di disapprovazione, nessuno li richiama, nessuno li invita a contenersi, nemmeno i genitori dei due bimbi che giocano a pochi metri. Arriva una signora, dai lineamenti direi una tedesca, trova un posticino dove potersi fermare, deposita le proprie cose, distende l’asciugamano, si toglie i pantaloncini, poi la maglietta restando in costume, si siede e, con mossa rapida si leva il reggiseno, mai l’avesse fatto, la madre dei due bimbi, quella madre che non si risentiva dei giochi amorosi di due ragazzi, urlando come un’ossessa s’alza e minacciosa si incammina verso questa signora: “ma siamo pazzi, ma dove crede di essere, non vede che ci sono dei bimbi, si rimetta subito il reggiseno, sporcacciona”.

RomanticaAltra giornata, altra spiaggia, ancora cielo sereno, lago piatto e azzurro, un caldo smorzato da una leggera brezza. Oggi sono sceso molto presto, volevo godermi le prime ora del mattino, quando la spiaggia è ancora deserta.  Iniziano ad arrivare altre persone, un gruppo di giovani si piazza alla mia destra poco più avanti. Arriva una bella ragazza, alta, slanciata, capelli lunghi lasciati sciolti sulle spalle, pantaloncini e maglietta attillatissimi, sotto il rilievo netto del costume, si capisce che indossa un costume dalle dimensioni particolarmente ridotte. “Mazza che f…” si sente arrivare dal gruppo di ragazzi alla mia destra, mi giro verso di loro e noto che sono tutti quanti attoniti, lo sguardo fisso sulla ragazza, gli occhi dilatati riflettono chiaramente i loro pensieri: la stanno spogliando con gli occhi. “Dai bella, togliti quei vestiti e facci vedere come sei” “Si si, fatti vedere” “Ehi, se vuoi qui c’è qualcosa di duro”.

Cala il sole dietro le spalle, sulla spiaggia si allungano le ombre della sera, la temperatura improvvisamente si fa meno confortevole e le tante persone presenti iniziano a prepararsi per andarsene via. Tra queste una ragazza, che era da poco uscita dall’acqua, prima di rivestirsi deve cambiarsi il costume. Non ci sono camerini e non c’è modo di trovare un posto riparato, allora si ricorre al buon sistema dell’asciugamano: prepara le mutandine vicino a se, si arrotola l’asciugamano intono alla vita, lo fissa infilandone i bordi nella piega superiore, con movimenti lenti ed equilibrio precario inizia a sfilarsi le mutandine. Rispettoso per la privacy della ragazza mi giro per non vederla e… tutto intorno s’è fatto il silenzio, decine di visi si sono girati, decine di occhi osservano la scena, occhi sgranati di persone che maliziosamente sperano che l’asciugamano si sfili lasciando la ragazza nuda alla loro pubblica visione.

Capita, capita spesso sulle spiagge tessili che le persone notino, guardino, commentino, anche con malizia, maleducazione e perfino malvagità, il fisico degli altri piuttosto che la bellezza della natura. Da vestiti quello che risalta non è la personalità, ma il suo contenitore: il corpo!

Peccato!

P.S. Il Garda è preso solo come spunto per il discorso, invero le stesse scene si notano anche in ogni altra località turistica italiana, ad eccezione di quelle poche spiagge nudiste oggi esistenti in Italia.

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Una giornata in spiaggia


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Una giornata in spiaggiaEra una bellissima ragazza, i lineamenti mediterranei, due occhi luminosi, un viso espressivo. Seduti in riva al lago abbiamo chiacchierato a lungo, anzi, per meglio dire, lei ha chiacchierato perché io ho pronunciato solo poche frasi. Ero incantato dal suo parlare forbito, dal suo modo di sottolineare le parole con l’espressione del viso e dello sguardo.

Mi parlava del suo paese d’origine, un piccolo paesello fatto di vecchie case che davano a pico sul mare, case dai tanti vivaci colori, colori che sapevano rendere allegre anche le giornate uggiose.

Il giallo dei limoni, il blu del mare profondo, l’azzurro del cielo sereno, il verde dei boschi, il rosso dei vini, il marrone dei visi bruciati dal sole e dall’aria del mare, il rosa delicato dei bimbi che nudi giocavano sulla spiaggia.

Che bello che era giocare in totale libertà: l’aria non trovava ostacoli, il corpo non aveva impedimenti, tuffarsi nel mare senza un costume che impudentemente scivolava via, asciugarsi sulla rena senza il fastidio di un tessuto bagnato sulla pelle, il calore del minimo raggio di sole bastava a riscaldarsi dall’acqua fredda del bagno marino. La gioia di quei ricordi le si leggeva chiara sul viso, le labbra socchiuse in un lieve sorriso che, stirando le guance, dava origine a due simpatiche fossette; gli occhi spalancati con il nero intenso delle pupille che risplendeva nell’azzurro dell’iride; i lunghi capelli neri che, come una magica cornice, contornavano il profilo del viso, sui di essi il riflesso del sole che da dietro rimbalzava sulle chiare acque del lago.

Difficile è stato terminare quella bella chiacchierata, difficile è stato finire quell’indimenticabile giornata, difficile è stato lasciare quella ragazza per tornare alla mia casa, difficile, soprattutto, è stato rimettersi i distintivi del conformismo sociale: i nostri vestiti. Già, tutto il tempo di quella giornata, di quella stupenda chiacchierata l’abbiamo passato nudi, eppure di lei ricordo solo il magnifico viso, lo sguardo incantevole, le forti espressioni; ricordo il suo meraviglioso racconto fatto dei ricordi d’infanzia. Non ricordo, invece, le altre parti del corpo, non ricordo, nello specifico, come fossero i suoi seni, il suo pube, i suoi glutei, non le ricordo queste parti perché non ci ho badato, non mi interessavano.

Capita, capita spesso nel mondo nudista di non notare, di non vedere, di non ricordare il corpo degli altri: da nudi quello che conta non è il corpo ma quello che nello stesso c’è dentro: la personalità!

Sono passati alcuni anni dal quel giorno e oggi, sul Garda, nonostante sia principalmente frequentato da un turismo che viene da paesi dove la nudità non solo è possibile ma fa parte della quotidianità del popolo intero, ecco nonostante questo oggi sul Garda non è più possibile vivere esperienze così profondamente coinvolgenti, non è più possibile soffermarsi a godere liberamente del sole, dell’aria e dell’acqua, non è più possibile starsene nudi a chiacchierare, nuotare, correre, prendere il sole, vivere la giornata a contatto completo con la natura, la natura dell’uomo e la natura dell’ambiente che lo circonda.

Peccato!

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Poesie di gioventù: Soli fra tanta gente


Soli noi siamo,
eppure intorno a noi ci sono persone,
molte persone.

Parliamo, ci amiamo,
come se nessuno ci potesse vedere,
eppure vederci gli altri possono.

Il nostro amore estranei al mondo ci rende,
ci porta negli infiniti spazi del tempo,
ci porta lontano dal luogo in cui siamo.

Nei prati verdi della montagna ci troviamo,
sdraiati sull’erba ci guardiamo,
un coro di fringuelli canta per noi,
il rumore d’una cascata arriva da poco lontano.

Siamo felici, immensamente felici,
siamo insieme, insieme ci amiamo.

Fra tanta gente noi siamo,
eppure soli ci sentiamo.

Soli fra tanta gente.

Emanuele Cinelli, 26 marzo 1974

Poesie di gioventù: Sentimento


Profondo nel cuore,
profondo nell’anima,
io sento qualcosa
ma non riesco a scrivere cosa.

Sento un forte peso,
sento un’invincibile tristezza,
sento che voglio vederti,
sento che non riesco
a sopportare la tua lunga mancanza.

Sento di amarti,
sento di adorarti,
sento che tu sei
il mio più grande sostegno,
il mio più grande pensiero,
la mia più grande passione.

Sentimento,
oggetto astratto,
oggetto invisibile,
oggetto indescrivibile.

Emanuele Cinelli – 6 marzo 1974

Correre, correre, correre!


Mattina presto, con stretto anticipo suona la sveglia. Brontolando mi alzo e in tutta fretta mi lavo e ingurgito una frugalissima colazione. Correndo prendo la borsa e la getto nel baule dell’auto, balzo alla guida, veloce mi sparo in strada e mi metto in viaggio per andare al lavoro. “Ma che cazzo, ma che ci fanno tutti in giro a quest’ora?” “Ma dai, datti una mossa, schiaccia quell’acceleratore del piffero!” “Fuori dai coglioni, imbranato!” Sorpassi, su sorpassi, incurante dei limiti di velocità e dei divieti di sorpasso, fregandomene se gli altri, imbecilli loro, se ne stanno in coda, obbligando la coda a frenare per farmi spazio quando devo rientrare, a volte mettendo a rischio la mia e l’altrui incolumità. Ma chi se ne frega, sono in ritardo, ho fretta, “cazzuti io devo lavorare!”

Arrivo al lavoro e nervosamente sbatto le mie cose sulla scrivania, velocemente do un’occhiata agli impegni della mattinata e poi avanti di corsa e imprecando, se non proprio palesemente, quantomeno nella mia testa. La sera sono stremato, mangio di fretta, rispondo seccato alle domande di mia moglie e alla fine, il più delle volte, vado a letto arrabbiato e deluso. Tutto m’è sembrato difficile ed evito di pensare al mio domani che vedo solo nero. Sgradevole tristezza del vivere!

….

Tutti abbiamo al nostro interno parti diverse di noi, parti anche contradditorie, parti che arrivano perfino a odiarsi l’una con l’altra. Alcune di queste parti tendono a prendere il sopravvento su altre, a volte una tende ad essere dominante su tutte. Nel tempo, però, la parte dominante può anche cambiare, a volte per motivi incomprensibili, altre volte per propria volontà.

Mattina presto, con un corretto anticipo suona la sveglia. Lentamente apro gli occhi e stiro le membra ancora intorbidite dal sonno. Con calma mi guardo attorno, alcuni respiri calmi e profondi portano il mio corpo e la mia mente a prendere piena coscienza del risveglio e del nuovo giorno. Sempre con calma mi metto seduto, lentamente mi giro e appoggio i piedi sul pavimento, resto così, seduto sul letto, per una decina di secondi, mentre il respiro si fa più regolare e i muscoli più pronti ad operare. Mi alzo e fruendo del tempo che mi sono concesso impostando la sveglia in modo non troppo stretto, con tutta tranquillità posso lavarmi, farmi la barba, prepararmi una debita colazione che poi mi degusto seduto al tavolo osservando i colori del sole che si riflettono sul muro di fronte.

Salgo in macchina, mi sistemo per bene sul sedile, esco dal cancello e m’immetto sulla strada del lavoro. In viaggio osservo diligentemente le regole della strada, c’è colonna e mi tengo correttamente in coda, approfittandone per fare alcuni esercizi di rilassamento o per osservare i campi che attorniano la strada: toh guarda stamattina il contadino ancora non è arrivato, oh all’orizzonte si staglia un bellissimo arcobaleno, è appena percettibile ma comunque stupendo, ne visualizzo nella mente uno ad uno i suoi colori, la calma entra in me e le percezioni sensoriali ne vengono moltiplicate e così continuerà per tutto il giorno, portandomi ad una tranquilla serata in famiglia. Tutto m’è sembrato facile e penso al mio domani in modo del tutto rilassato. Gradevole gioia del vivere!

Su una strada ad alto scorrimento con il limite di 90 chilometri orari, la velocità media attuabile in orario di punta può essere calcolata attorno ai 70 chilometri orari. Prendendo come esempio il mio viaggio, che è poi più o meno il viaggio medio degli italiani, 50 chilometri di strada a 70 chilometri orari di media sono 43 minuti di viaggio. A 90 chilometri orari di media, che sono comunque difficili da ottenere in presenza di traffico medio, diventano 33 minuti di viaggio. Certo sono dieci minuti di meno, ma dieci minuti valgono tutto quello che ci siamo persi nel frattempo? Valgono la carica di stress in più? Valgono i rischi corsi nei mille sorpassi? Valgono il rischio di finire all’ospedale o al cimitero? Ci autorizzano a mettere a repentaglio la vita degli altri? Valgono la maleducazione del nostro comportamento? Valgono la vita perduta? Le sensazioni che non possiamo avere? Le arrabbiature? Per me no, assolutamente no!

Poesie di gioventù: Lontananza


Io a Ponte di Legno,
tu a Brescia.

Questo per sei giorni,
sei giorni e otto notti.

Troppo tempo,
troppo lontani.

Lontananza,
perché sei entrata nella nostra vita?
perché esisti?

Se non esistesse la distanza,
se tutto fosse vicino,
che bello sarebbe il mondo:
io, ora, vicino a te sarei
e tu, ora, vicino a me saresti;
noi due saremmo vicini
e insieme saremmo.

Ma la distanza esiste,
esistono le cose lontane,
esiste il dolore di non poter stare insieme.

Emanuele Cinelli – 6 marzo 1974

Poesie di gioventù: Dopo tre giorni


È mercoledì,
con questo tre giorni son passati,
tre giorni senza vederti,
ti ho solo sentita per voce,
ti ho solo osservata in fotografia,
ti ho solo pensato nel cuore.

Mai ho potuto stringerti fra le mie braccia,
mai ho potuto posare le mie sulle tue labbra,
mai ho potuto cogliere la fulgida luce dei tuoi occhi.

Conto i gironi, le ore, i minuti,
perfino i secondi,
sono ansioso di rivederti.

Amore ti aspetto!

Emanuele Cinelli – 6 marzo 1974

Poesie di gioventù: Attendere


Lunga è l’attesa
ed estenuante.

L’angoscia il mio spirito assale,
la tristezza la mia anima rapisce.

Aspetto il tuo arrivo,
lo aspetto con ansia.

Per correre far il tempo
Mi convien qualcosa affaticare.

Di un modellino la costruzione inizio,
ma essa al termine già volge
ché poco tempo è passato.

Leggo qualcosa,
ma pesante è la lettura
quando qualcuno si aspetta.

Ascolto gli uccellini cantare,
guardo le nuvole passare,

ma il tempo veloce non scorre.
Lentamente il suo cammin percorre il sole,
lentamente segna l’orologio i minuti.

Finalmente ti vedo arrivare,
il cielo d’improvviso s’illumina,
s’illumina di luce,
la luce che dal mio cuor scaturisce.

Finalmente tra le mie braccia ti stringo,
finalmente.

La mia gioia più grande è questa,
‘na gioia pagata.

Pagata col dolore dell’attesa,
pagata col sudore dell’anima.

Pagata ma, per questo, meritata,
pagata ma desiderata,
pagata ma ricevuta.

Pagata ma meritata.

Emanuele Cinelli – 16 febbraio 1974

Poesie di gioventù: San Valentino


Maria,
in questo particolare giorno,
in questo felice momento,
io dico “Ti amo”!

Tre volte lo dico,
tre volte
le mie labbra questa parola
pronuncian,
tre volte.

Tre perché tre è il numero eletto,
tre perché tre è il nostro fattore comune.

Mentre scrivo guardo la tua foto,
la guardo e m’ispira,
mi suggerisce parole d’amore,
mi mormora pensieri di lode.

Tu vedermi non puoi,
i miei occhi piangon di gioia,
son lacrime dolci,
lacrime felici.

Scrivo una promessa d’amore,
d’amore eterno,
come eterna è la terra,
come eterno è il sole,
come eterno è l’amore.

Io t’amo,
t’amo immensamente,
il cuore quando lontana tu sei mi piange,
ma ride quando a me tu sei vicina.

La Fiducia protegge il nostro amore,
amore nuovo,
amore sentito,
un amore iniziato con l’anno,
un amore per questo fortunato.

Piango, gioisco,
son triste, son felice,
tutto insieme.

Milioni di passioni ardon nel mio cuore,
tutte insieme,
tutte con un unico sfondo,
tutte con un unico legame,
tutte per te,
Maria!

T’amo, t’amo, t’amo!

Emanuele Cinelli – 15 febbraio 1974

Poesie di gioventù: Notte stellata


Scende la notte,
il buio tutto avvolge,
nel mentre milla piccoli lumicini
nel ciel s’accendono,
sono le stelle
che come piccoli diamanti
circondan la luna
regina del cielo.
Inutile contarle,
sono troppe.

Le ammiro
e l’animo ribollir mi sento.
Mi vien da pensare
al rapporto uomo-natura,
rapporto funesto,
segno di morte.

Mi chiedo cosa abbiam fatto
per meritare questo dono,
questo dono meraviglioso
che è la natura.
Perfino mi volto,
mi volto vergognoso,
non oso guardare il cielo.

Mi vergogno del nostro mondo civile,
civile solo per dire,
incivile per fatto.
Noi la natura abbiamo distrutto,
noi l’inquinamento abbiamo portato,
e con esso la morte,
la devastazione.
Le piante muoiono,
muoiono sotto il peso
dei fumi nell’aria dispersi;
gli animali muoiono,
muoiono perché nutrirsi non possono;
le acque muoiono,
muoiono diventando grandi serbatoi
di chimici prodotti.

Tutto muore,
solo noi viviamo,
ma non vivremo a lungo,
se non rimediamo
pure noi moriremo.
Perché vogliamo distruggere la vita?
Perché non vogliamo amare e rispettare la natura?
Perché nessuno pensa a quello che fa?
Perché, perché?

Emanuele Cinelli – 31 gennaio 1974

Poesie di gioventù: O mia tenda


Piccola tenda,
piccola dimora,
tante volte il tuo riparo mi hai offerto,
tante volte le notti sotto il tuo telo ho passato.

Piccola ma grande,
piccola sei ma utile mi sei stata,
senza di te mi sarei raffreddato,
senza di te le notti alle stelle avrei passato.

Sotto le intemperie,
sotto le stelle,
tu sempre mi hai protetto.

Chiuso nel tuo interno dormivo,
dormivo beato e ben riparato.

So che, come in passato,
anche in futuro mi servirai,
per questo ti ringrazio,
per questo di te son contento.

Grazie o mia tenda,
grazie o mia piccola compagna,
compagna di tante avventure,
avventure felici e serene.

Grazie.

Emanuele Cinelli – 31 gennaio 1974

Poesie di gioventù: Allegra compagnia


Allegra compagnia
amici sportivi.

Noi tutti della montagna amanti siamo,
della montagna inviolata,
della montagna solitaria.

Sia d’estate,
sia d’inverno,
le sue pendici affrontiamo.

Sciando o arrampicando,
sotto il sole o nella bufera,
noi sempre ridiamo,
allegra compagnia noi siamo.

Emanuele Cinelli – 20 gennaio 1974

Poesie di gioventù: Scalata


Tac, tac, tac,
il chiodo è piantato,
fisso il moschettone,
infilo la corda,
poi salgo ancora.

Le mani cercano appigli,
i piedi cercano appoggi.

Arrampico lungo la ripida parete,
confido in me stesso,
nella mia forza,
nella mia resistenza,
nel mio coraggio.

Unica debole sicurezza un chiodo,
sperando che non ceda se cado,
ma se cede il volo si fa inebriante,
volo sperando nei compagni,
sperando che reggano al colpo.

Conviene non pensarci,
continuare a salire,
piantando un chiodo dietro l’altro,
fissando i moschettoni.

Sempre gli stessi gesti,
sempre gli stessi pensieri.

Arrivo su una cengia,
mi fermo,
aspetto i compagni,
poi riparto.

Il tratto più difficile
sopra la mia testa è situato,
dure e lisce placche granitiche,
non un appiglio,
non un appoggio,
i chiodi si piegano su di esse.

Si sale lungo le strette fessure tra placca e placca,
infilando un cuneo di legno,
su questo si fissa un chiodo,
so che se cado i chiodi non reggerebbero.

La salita è estenuante,
fisicamente e psichicamente affaticante,
comunque continuo.

Il tratto è superato,
la vetta è vicina.

Nell’ultimo sforzo,
con rinnovato slancio,
l’ultimo di parete tratto
d’un sol colpo ho superato.

Raggiunta è la vetta,
vittoria,
insieme esultiamo.

Tre punti neri sulla vetta bianca,
da valle ci guardan i nostri amici,
tutta la scalata han seguito
e con noi felici esultan.

Vittoria, vittoria,
una foto ricordo,
una bottiglia stappata.

Poi per la normale via si scende,
felici noi siamo,
contenti scendiamo.

Emanuele Cinelli – 18 gennaio 1974

Poesie di gioventù: Amore!


Amore!
Cosa vuol dire questa parola?

Difficile dirlo,
ma quando vien lo senti:
un peso sul cuore,
un fuoco nell’animo,
un pensiero nel cervello,
campane che suonan a festa,
immensa felicità,
voglia di stare insieme.

Amore!
Una parola di fiore,
una parola che è un futuro.

Amore!
Un bacio di fuoco,
un triste saluto,
una foto in tasca.

Amore! Amore! Amore!
Sentimento di passione,
sentimento di gioia.
Amore!

Emanuele Cinelli – 16 gennaio 1974