Archivi categoria: Poesia

Primavera montana


Partita è la primavera
i pascoli inonda di bucaneve
tra questi le talpe fanno capolino.
Presuntuoso l’elleboro
s’erge sopra i piccoli bucaneve.

Forme contorte,
di verde lanugine ricoperte,
sporgono sull’esile sentiero.
Un piccolo magico gufo dormiglione
silente m’osserva.

Emanuele Cinelli, 20 marzo 2023

Vecchia signora


O vecchia signora che fai la scontrosa
pensa al mondo che fa girotondo
e buona sarai ogni volta che vorrai

Emanuele Cinelli – 13 marzo 2022

Soliloqui è diventato un canale video


Anni addietro avevo ospitato nelle pagine del blog alcuni dei caratteristici componimenti di un amico: i Soliloqui di Simone Belloni (rileggili). Ora Simone li ha caricati, aggiungendone altri, nel suo canale YouTube, una pregevole opportunità chi alla lettura preferisce l’ascolto, una piacevole aggiunta agli scritti e un semplice modo per approfondire la conoscenza dell’autore.

Buona visione e, soprattutto, buon ascolto!

Il Canale di Simone

Lui è


Poesia che mi è stata ispirata dalla visone di un collega che vagava solingo nell’atrio della scuola.

Lui è
per lo spazio vagando
mascherina calzando
come regola comanda.

La mente va pensando
alle sfere che van girando
con dolore che dal centro si diffonde
rimbalzando sulle sponde.

Un sorriso sulla bocca
rompe il sibilo del silenzio
la durezza del viso
in dolcezza si trasforma.

Un invito alla gioia
che invoca la fiducia
inneggiando alla forza
dell’amore per la vita.

Lui è!

Emanuele Cinelli – 22 gennaio 2021

Auguri 2020 in 21


Con gli avi s’è desto
quest’anno bisesto
e lesto s’è fatto
un anno funesto.

A Natura abbiam detto
di te me ne sbatto
e quella ci ha posto
nello scacco matto.

Or non ci resta
che cambiare le gesta
imparare dal fatto
riformulare il patto.

Nell’anno che viene
spogliamo la mente
invochiamo rispetto
del tempo e del corpo.

Auguri

Emanuele Cinelli – 22 dicembre 2020

Limite


Un foglio di carta in verticale,
una linea tracciata nella sabbia,
un fossato al margine del campo,
una cresta sul fianco della valle,
nuvole che coprono l’orizzonte.
Ruota quel foglio,
calpesta la linea,
oltrepassa il fossato,
scavalca la cresta,
vola oltre le nuvole.
Agli occhi appare
l’infinito splendore
del radiante pensiero
della nuova consapevolezza
della fantastica creatività.

Limite?
Cos’è il limite?
Barriera alla libertà,
costruito concetto,
protezione del potere,
discriminazione.
Incoerenza umana:
talvolta si inneggia il suo superamento,
talvolta lo si cerca per conoscerlo,
talvolta lo si invoca come scusa,
talvolta lo s’impone.

Il limite?
Esiste il limite?
Se si chi lo decide?
Se si chi lo stabilisce?
Segno dell’uomo,
strumento che occlude la mente,
gabbia per il pensiero radiante,
catena dell’evoluzione,
necessità del debole pensiero!

Emanuele Cinelli – 17 ottobre 2020

Vivere


Corri corri
cavallo corri
nulla ti può fermare
nulla ti può deviare

Emanuele Cinelli – 4 dicembre 2019
Scritta, insieme ad altre due (Poesia e Sorriso), in ospedale durante l’attesa dell’intervento all’ernia inguinale
Photo by Nachelle Nocom on Pexels.com

Sorriso


Un filo di bianco
una morbida curva
pupille sgranate
un viso felice
un gesto suadente
un corpo splendente

Emanuele Cinelli – 4 dicembre 2019
Scritta, insieme ad altre due (Poesia e Vivere), in ospedale durante l’attesa dell’intervento all’ernia inguinale

Poesia


Con rima o senza rima
parole che scorrono
come note sul rigo
il ritmo scandiscono.

Emanuele Cinelli – 4 dicembre 2019
Scritta, insieme ad altre due (Sorriso e Vivere), in ospedale durante l’attesa dell’intervento all’ernia inguinale.
Photo by Pixabay on Pexels.com

Suoni


Castel Bertino, una delle tre vette del Monte Guglielmo (Foto di Manuela Valetti)

Suonano
ramponi che mordono
la neve trasformata e gelata.

Suona
respiro profondo
d’un gesto rotondo.

Suonano
visioni estatiche
nel cielo terso.

Suona
cuore che batte
la vita scandisce.

Suonano
menti attente
membra contratte
corpi spremuti
pensieri perduti.

Suonano!

Cinelli Emanuele – 2 dicembre 2019
(ispirata da un video condiviso da un’amica, dal quale ho estrapolato l’immagine ad inizio pagina.)

Risveglio di primavera


Primavera s’avanza
mille colorate corolle s’aprono al sole
cuori profumati si espongono al mondo
ascoltar si deve il natural richiamo
corpi gaudenti
ignudi si fanno!

Emanuele Cinelli, 3 aprile 2019

Torrente


Desiderio di scivolare nelle tue acque,
di lasciarti ricoprire il mio corpo nudo,
di sentirti giocare con la mia pelle,
di farmi trasportare dalla tua forza e
lasciarmi scivolare leggero tra le tue spumeggianti parole.

Emanuele Cinelli – 9 luglio 2018
(ispirato da un post su Twitter che riportava una poesia di Antonia Pozzi dall’analogo tema)

Magia


Al teatro,

leggiadri ballerini sii muovono sul palco,

svolazzi di tulle distraggono l’occhio,

tremule girandole in tondo,

forme contorte sul fondo.

Nel prato,

ragazze, ragazzi, al sole distesi,

accesi colori si mescolano nell’erba,

tremule girandole in tondo,

forme contorte sul fondo.

Nel bosco,

persone camminano con fare spedito,

le tute sgargianti risplendono nell’ombra,

tremule girandole in tondo,

forme contorte sul fondo.

Nella città,

concitata folla si muove attorno,

abiti variegati separano le menti,

tremule girandolo in tondo,

forme contorte sul fondo.

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Al teatro, nel prato, nel bosco, nella città,

d’impulso le genti al vento le vesti.

Leggiadri ballerini nudi si muovono sul palco,

ragazze, ragazzi, nudi al sole distesi,

nude persone camminano con fare spedito

concitata nuda folla si muove attorno,

ferme movenze, definite essenze,

colore di pelle, profumo di stelle,

assenza di tute, respiro di cute,

abito sottile, mente gentile.

La veste comprime,

il nudo è sublime,

la veste smorza,

il nudo rinforza,

la veste tradisce,

il nudo unisce,

la veste è triste,

il nudo gioisce.

Dal nulla emerge

Il fascino profondo

dell’uomo e del mondo.

Dal nulla si sveglia

la forza immane,

delle forme umane.

Dal nulla si genera

Il rispetto totale

di ogni commensale.

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Magia,

di un piccolo gesto,

di una semplice azione,

al vento le vesti

gettiamo lesti,

e nudi viviamo

così come siamo.

Magia!

Emanuele Cinelli – 9 gennaio 2018

 

 

 

Di corsa su e giù per il monte


Foto di Carla Cinelli

Corro su

poi corro giù

tac toc

pac poc

rai pai

tai zuai

clas tuas

fras sbras

clus trus

Foto di Carla Cinelli

stus fus

string strong

strang pilang

stroc patoc

ratoc stiloc

Corro su

poi corro giù

corro su

di nuovo corro giù

frisssccc

Arrivato!

Emanuele Cinelli – 16 giugno 2017

Dove siete o muse del canto?


Una giornata in spiaggiaLa testa di un lupo,
una luna splendente,
nel cielo le stelle
il nero fan ribelle.

Lo sguardo sprofonda
nel quadro sul muro,
volano pensieri
oltre le stelle sinceri.

Lontano si sente
il suono d’un flauto,
emerge a stento
dal fruscio del vento.

Trasformazione mentale
ora sono le onde
nel mare rotonde
la mia mente si confonde.

Giornate bigie,
giornate silenti,
il foglio bianco
mi guasta l’incanto.

Son giorni che mancano
si fanno pregare
le muse del canto
di un poeta stanco.

Emanuele Cinelli, 3 marzo 2016

 

Escursionando


IMG_DSC7514Passo che sbatte,
cuore che batte,
salendo nel vento.

Vento dalle selle,
sul corpo ribelle,
si mostra la pioggia.

Pioggia d’estate
salde pestate
non trema la pelle.

Pelle vestito,
camoscio sentito,
cammina nel monte.

Monte silente,
lontano si sente,
scrosciare un torrente.

Torrente sinuoso,
fior generoso,
l’amico serpente.

Serpente nel prato,
quell’uomo sdraiato,
vestito di niente.

Niente che possa,
isolare la scossa,
del monte che sente.

Sente la foglia,
la mandria spoglia,
rumore silente.

Silente che scende,
la sera pretende,
quell’uomo cammina.

Cammina tranquillo,
a valle diretto,
di nudo vestito.

Corpo ancestrale


Entro alla scoperta di me, di quel che in automatico sono.
Mi do per scontato, penso che tutto dipenda me, dal mio credo e volontà.
Ma son bagatelle. Con un sorriso di sufficienza il corpo passa oltre,
Non segue i percorsi della mia conoscenza: usa altri modi; sa, e non sa di sapere.

Ad esempio è sensibile al clima, in costante dialogo, è meteopatico.
Se fa freddo ci vestiamo, se fa caldo ci spogliamo: ma non c’è solo la temperatura.
Sole, pioggia, vento, nuvolo agiscon sul corpo direttamente, come fosse una pianta.
Così varia la sensibilità; tutto ci entra dai pori, tutto assorbiamo.
Un quarto d’ora di sole e siam già bell’e cotti, o due minuti di pioggia.
Passa il tempo in modo diverso «aspettando che spiova, dietro i vetri bagnati».
Il tempo che fa è parallelo al tempo che passa, il corpo lo sente.

Capelli igrometrici misurano come gli umori ci cambiano,
come siamo diversi, giù giù fino ai nervi, alla forza che distende e contrae.
Sezioni ortogonali mi tomografano millimetro dopo millimetro e non vedono nulla.
Nulla di quello che sento, di come sento mi sia vivo tutto il mio corpo.
Di come agisce e s’attiva interagendo col mondo, guidato da una cosa che la mente s’è posta.

È animale di bosco, ancor mezzo selvatico, tecnica e scienza pone in non cale.
Vive ed inspira i muschi e le gemme di pino, resine e foglie, fiori e cortecce.
Dal petto gli risale il suo odore, sudori ed afrori dopo la caccia o la corsa.
Mi stendo d’un ruscello nell’alveo, il fresco dell’acqua mi tiene compatto,
mi scivola l’acqua, mi rinfresca, mi stringe la nuca, infocate le gote.
Qui mi starei a sentirmi bosco o foresta, acqua, biscia, stambecco.
Mi rasciugan dell’acqua caldi raggi di sole e una brezza leggera passata fra i pini.

Abbiamo ancora un corpo ancestrale, sensibile in tutto a Madre Natura.
Mi fa ritornare a quand’ero senza pensieri, quando male e peccato ancor non avevamo inventato.

 

Solarium (malga Torrione, Bagolino)


La nudità è multicolore, il corpo irraggia la sua lucentezza,
scoppia di salute, vivo e contento di vivere – senza pensarlo.
In quiete, pacato si gode il tempo che ha innanzi, senza scadenze immediate.
Le mani incrociate dietro la testa, sento espandermi come un vapore,
assorbo forme e colori, computo nomi, presenze e distanze in un tutto.

Avverto il contatto del dorso contro la roccia e poi solo la pelle che vedo.
Rispetto ad un sasso, ad un albero, a un filo d’erba, e persino a un ruscello, potrei muovermi,
attraversare il ruscello, camminare nell’erba, toccare quell’albero,
andarmi a sedere su quel sasso col bel muschio e gialli licheni.
Penso che sono in vantaggio, più forte… ma se mi muovo perdo sensibilità.
Se mi ricompatto son meno presente, concreto: ritorno ad esser quel che mi penso.

Da fermo si aprono i pori, mi entra quel vento; odori suoni colori fanno contraria.
Nel vuoto dei pori pare che tutto mi colmi… di questa porzione del tutto che vedo.
Son nudo persin dei pensieri che di solito faccio di me, che m’impacchettano.
Dal corpo non mi salgon pensieri: son fatto di quel che mi arriva e che sento.
Ogni organo un radar che capta secondo la propria natura e costituzione:
gli occhi son pieni del fragore del ruscello che scroscia, che scorre veloce discosto.
Le orecchie son piene di spazi, distanze, voci, presenze, cinguettii, aria che cambia.

Come rugiada quel che vedo si condensa in piccole gocce che m’imperlan la pelle.
Il sudore m’ha portato sin qui, ed ora mi rinfresca una brezza che passa e rasciuga.
Sento le vene gonfiarsi, un velo d’acidulo in fondo alla lingua, come di latte cagliato.
La luce mi attraversa, il tepore mi avvolge, mi vortica in testa, m’assonno.
Raggi mi perlustran la pelle, cipria dorata mi piove, dopo il bagno, dal sole.

Le parole han perso i confini, non ha più senso definir, designar che son nudo.
Non c’è nemmeno necessità di capire, che già tutto me lo dice il dintorno.

Un corpo che sboccia


La vita che ho dentro! Che nemmeno la sento. Mi svuota e rimpiena.
M’affoga, mi fa respirare. Il corpo non è solo un’interfaccia meccanica.
Attira e converge su ogni cellula l’ardore in cui è immerso.
Quando passeggio nudo al vigneto mi sento dissolvere, svaporare
e di altro – di erba, di sole, di spazio – mi ricompongo.

Respiro luce, tepore e freschino, odori distinti e purezza dell’aria.
È un modo dell’essere, son tutto una branchia, mi clorofillo.
La cupola della mia mente è azzurra come il cielo che vedo,
verde come una foglia, per questo è ancora goloso un cavallo dei tralci di vite.

Nei prati stan falciando i maggenghi, le froge briache d’odori.
Ci passo attraverso, ma il movimento è solo apparente:
tutto rimane anche nel passo seguente, passato quell’attimo.
Scoppierei se mi entrasse quel tutto, non sminuzziato in attimi e passi.

Un volto femminile si china sul mio: «Non ci posso credere!» lei dice e io penso.
Mi mancava questa presa che mi serra al reale, che mi compatta col vivere.
Mi chiama per nome e cognome come fosse una grande occasione, ufficiale.
Pelle con pelle, la punta di un dito mi percorre lo sterno, mi dice son qui.

Un timbro mi entra, una voce che parla, s’assona al mio battito.
Una corrente avvolge in alone il mio cuore, una nube con piccoli lampi.
Lo pungono, accelera i battiti come temesse, sorpreso dall’emozione del nuovo.
Fa balzi di gioia, come andasse a canestro, incredulo di esser nel bene.
Ma è già accaduto, sta accadendo: quel dito era una lama che mi apriva:
mi par di sentire l’unghia che taglia, il polpastrello che medica.

Il corpo non fa da ponte: è un luogo da dove osservare al di là.
È uno stelo che fa parte del fiore: stami e stimmi per dare e ricevere.

Anche quest’anno


L’arte arriva, anche senza essere un pugno in pancia: ma è lì che batte.
È una proposta che piace, apre gli occhi sul bello che mai si è notato.

Un vecchio pero anche quest’anno è fiorito sul ciglio d’un campo arato di fresco,
acceso nei toni più caldi dal sole che mi va tramontando alle spalle.
Fiori bianchi raccolti in racemi, linfe generative percorrono il duro legno.
Lo smeraldo dell’erba, il bianco ovattato dei cirri che vanno col vento
su, nel tersissimo azzurro del cielo…: sono anch’io nella foto?

È questa, in questo momento, la mia visuale, fra l’abitato e un agriturismo:
non son così eterni, così nuovi ogni anno, non hanno una voce.
È presto per desiderare le pere, ora il pero i suoi fiori mi dà, una chioma.
Per primi sono arrivati, ancor prim’ delle foglie, che spuntano adesso.
Sull’erba un tappeto di petali bianchi, rinfrescan leggera la pianta dei piedi.

E questa parola mi cuce alla terra, m’innesta a sugger le medesime linfe.
Respiro pacato, profondo, mi radico a terra, piene le nari di odori.
Respiro la brezza che passa, piovono petali, si posan sulle mie spalle, nelle mie palme!
Non è niente quel pero, un infinitesimo pero: ma dappertutto è così, tutto che vive.
La mente mi direbbe commosso, gran lusso di reggia tutto quel bianco.

La terra trattiene il caldo del giorno, marrone, friabile sotto i miei passi.
In silenzio cova segreti, disgrega persino il concime e se ne fa nutrimento.
E noi? che cce ffamo qui sopra? a mo’ l’abbiam chiusa in prigione con le catene dell’erpice.
Anche così, non può altro che dare, con astuzia l’abbiam soggiogata all’aratro.
Per la fatica e il sudore ci diciam meritato il pane fumante sul desco.
Abbiam tutto quando facciamo la spesa, ma non quel bello di più che vediamo all’aperto.

Ancor questa terra trasforma bellezza in bontà. Stupiamoci almeno!
Sentiamole crescerci in pancia, diventarci pancione… anche quest’anno.

In campagna poco prima del tramonto. «Primavera dintorno. Brilla nell'aria, e per li campi esulta»

In campagna poco prima del tramonto.
«Primavera dintorno. Brilla nell’aria, e per li campi esulta»