Archivio mensile:Maggio 2019

Gentilezza letale!


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A sessant’anni passati pensi di aver visto e sentito di tutto, credi di conoscere il mondo e invece…. invece la vita arriva con le sorprese, con nuovi insegnamenti terribili, insegnamenti che ti sbattono a terra, che ti lasciano il vuoto nello stomaco per giorni interi, che ti impediscono di dormire finché non crolli stremato, che ti scuotono il corpo con lunghi e persistenti tremori, che invadono la tua mente impedendoti di pensare ad altro, di lavorare efficientemente, di vivere. Insegnamenti che ti fanno affermare..

Attenzione cari amici, attenzione a quello che dite e che scrivete, specialmente se appartenete ad uno dei gruppi sociali (omosessuali, mussulmani, atei, nudisti, eccetera) che, seppure pienamente leciti, sono invisi ad una certa parte della società, attenzione: persino i vostri più innocenti ringraziamenti possono essere strumentalizzati e utilizzati per gettare discredito sulle persone a cui li avete doverosamente indirizzati.

Inconcepibile? Già, eppure succede!

#VivAlpe 2019 tra verdi pascoli e ampi panorami


Oggi non sono dell’umore adatto per condurre un’escursione, ma non posso esimermi dall’impegno preso per cui…

Ancora una volta la pioggia ha caratterizzato la settimana precedente l’uscita, ancora una volta le mutevoli previsioni erano di difficile interpretazione, ancora una volta non ci siamo lasciati intimorire e confondere portando a termine anche questa ennesima camminata.

Sette le persone che si sono registrate, quattro quelle che hanno effettivamente partecipato: Emanuele, Gianlugi, Stefan e Paolo. Dopo i classici imbrogli del navigatore, ci siamo trovati puntuali al ritrovo e partiti in perfetto orario per il cammino, un cammino inizialmente in un paesaggio bucolico formato da verdi prati costellati di cascine, poi, superata una breve fascia boschiva, da immensi pascoli a tratti interrotti solo da qualche malga o da qualche sperone roccioso. La brulla giornata smorza i colori e pochi sono i fiori che hanno osato dispiegare al cielo i loro petali, possiamo comunque apprezzare, su tutto il percorso, l’esteso panorama composto dai lunghi crinali dai quali si elevano le diverse vette, man mano le evidenzio e le illustro ai miei compagni: Monte Ario, Monte Falcone, Monte Pezzeda, Corna Blacca, Corno Barzò, Dosso Alto, Passo del Maniva, Colombine, Dosso della Croce, Crestoso, Corni del Diavolo, Muffetto, Monte Campione, Colma di Marucolo, Monte Guglielmo.

Poche persone uguale maggiore velocità e così in sole due ore, contro le tre previste, siamo al sommo dell’anello e in totale di tre ore, invece che cinque, siamo di rientro alle auto dove, mentre ci rifocilliamo, godiamo del sole che ha deciso di farsi strada tra le nuvole e donarci una temperatura oltremodo confortevole.

A sabato!

Infantilismi alpini


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Viviamo in una società in cui ormai è prassi comune la guerra universale, la lotta tra fazioni di pensiero e di azione è cosa quotidiana, persino per cose tutto sommato di poco rilievo, anzi, è proprio su queste che più le persone si agitano.

Io che da sempre vado d’accordo con chiunque, io che nella mia lunga vita ho avuto una sola persona con cui proprio non riuscivo a legare, io che anche dopo i più acerbi confronti riprendevo il rapporto di normalità nel giro di pochi secondi, io che vedo ogni contradditorio come opportunità di conoscenza e di crescita ecco che negli ultimi vent’anni a seguito della mia scelta di vita mi trovo costantemente immerso in polemiche, in passato mi ci sono trovato coinvolto per altre questioni come la direzione di un’associazione o di una scuola sportiva, negli ultimi mesi osservo un qualcosa che mai avrei immaginato: chi corre in montagna viene più o meno violentemente attaccato da chi in montagna ci cammina.

Corriamo tutti i giorni, è un controsenso correre anche andando in montagna; i runner parlano solo di scarpe e non vedono quello che li circonda; la natura va assaporata lentamente; eccetera. Frasi in buona parte ereditate dalla guerra ai motocrossisti, che dimostrano qaunto alcune persone pare siano soddistfatte solo se se la possono prendere con qualcuno e finita una battaglia devono ineluttabilemnte trovarne un’altra.

Beh, sinceramente potrei rigirare alcune di queste osservazioni verso gli escursionisti, tra i quali mi pregio includermi visto che come corridore sono proprio ai livelli più elementari, potrei raccontare di quanti sono quelli che camminano senza rendersi conto del dove camminano o del dove vanno o di cosa li circonda, di quanti escursionsiti parlano solo di attrezzature e non sanno distinguere una biscia da una vipera, un sentiero umano da una traccia di animali, una nuvola innocqua da quelle temporalesche e via dicendo. Potrei ben fare questo, potrei farlo con oculatezza visti i mei sessant’anni di montagna con quaranta tra accompagnamento e insegnamento, invece… invece mi guardo bene dal farlo (ehm, vabbè, invero l’ho poc’anzi fatto, ma era necessario ai fini del costrutto logico del discorso) dato che ritengo piena libertà di ognuno godere della natura e della montagna nella forma che preferisce, che sia il più lento cammino, come la più tirata corsa, che sia l’osservazione approfondita come il disinteresse puro, che sia il piacere dato da quanto si osserva quanto quello dato dal mero impegno fisico.

A che prò combattere contro chi non produce danni alla montagna e alla natura, con chi al massimo mette a repentaglio solo la propria integrità fisica, con chi comunque si diverte e forse anche più di tanti altri, con chi in ogni caso apprezza quello che fa, il modo in cui lo fa, l’ambiente in cui lo fa. Correre in montagna richiede lavoro e fatica, richiede una lunga frequentazione della montagna; chi corre in montagna potrebbe avere, anzi probabilmente ha, nelle gambe ben più chilometri e metri di chi ci va camminando ed è probabile che non tutti siano stati fatti correndo, che molti siano stati fatti camminando, magari anche osservando la natura, godendo dei piaceri ambientali.

Le guerre tra poveri servono solo ai ricchi, basta!

Revisione in corso


Ogni tanto,così come si fa nella vita e nelle case, c’è bisogno di una rinfrescatina anche ai blog. Qualcosa ho già fatto nei tre mesi passati, qualcosa vedrete cambiare nelle prossime settimane, altro a seguire.

Non sarà solo un restyling, non sarà solo un cambiamento dei contenuti presenti nella home e nei menù, per altro azioni in buona parte già concluse, sarà anche una rieditazione degli articoli. Non tutti, ovviamente, e non in forma massiccia, ma chi mi segue da molto si sarà certamente accorto di una mia evoluzione: se una volta enfatizzavo parecchio la presenza del nudo nelle mie escursioni, ultimamente, a partire dal nome del programma escursionistico, sono andato sempre più scemando tale enfasi… come si può diffondere un concetto di normalità del nudo se lo si continua a mettere in evidenza anche dove invero non sarebbe necessario?

Rimangono però tutti gli scritti, specialmente quelli delle escursioni (dove la cosa più si evidenzia), fatti in passato. Ci ho pensato sopra per qualche tempo, ora, anche a seguito di una serie di più o meno spiacevoli avvenimenti, mi sono convinto a rimodellare i vecchi articoli sulla base della mia attuale consapevolezza. Qualcosa ho già fatto in questi ultimi due giorni, approfittandone per rivedere anche la mia innata ma mielaciosa tendenza ad eccedere nei ringraziamenti, a ringraziare tutti, anche coloro che non c’entrano, anche coloro che magari manco sono al corrente della mia esistenza… necessaria ogni tanto una riedificazione anche dei propri atteggiamenti!.

Piccole cose, ovviamente, non stravolgerò gli articoli, solo ritocchini qua e la al fine di smorzare eventuali impressioni di forzatura, di non promuovere fraintendimenti, di normalizzare il nudo anche nei mie scritti. Per testimoniare il nudo bastano e avanzano le fotografie che accompagnano ogni mio scritto.

L’azione, per giunta, mi permetterà di fare, in modo razionale e efficace, quanto viene sempre consigliato dai guru del blogging: rilanciare ogni tanto anche gli articoli vecchi.

Buona lettura!

Lezioni di moralità


La nebbia incombe sugli animi offuscando l’intelletto

Quantomeno ridicolo, se invero le questioni in gioco non fossero talmente serie da doverci piangere, che, a fronte della nostra semplice e naturale nudità, ci vengano fatte lezioni di moralità da chi tollera, accetta o addirittura promuove…

  1. la pubblicazione di fotografie che ritraggono primi piani di vulve, mammelle e sederi femminili, certo ricoperte da mini costumi ma pur sempre evidenti e chiaramente riprese per evidenti scopi di maschilista e becera soddisfazione pseudo orgasmica;
  2. programmi televisivi e pubblicità che ricorrono alla oggettivante sessualizzazione del corpo femminile;
  3. l’insultare, anche pesantemente, chiunque non sia conforme a certi canoni di aspetto o di pensiero;
  4. la violenza sulle donne e sui più deboli;
  5. le forme più o meno evidenti di intolleranza (religiosa, culturale, di genere, razziale, eccetera);
  6. l’omofobia;
  7. il razzismo;
  8. l’utilizzo di parole di genere militare (come guerra e nemici) per indicare e promuovere azioni sociali o politiche;
  9. il ricorso alla mistificazione e alla bugia per affrontare il contraddittorio e conquistare ragione;
  10. la diffamazione, l’ingiuria e la calunnia.

Sic!

Come Natura insegna #nudiènormale #nudièmeglio

Come Natura insegna!

#VivAlpe 2019 si parte camminando si finisce mangiando


Boschi verdissimi, immense distese di aglio orsino, salamandre in ogni dove, un torrente gioioso, un lungo comodo sentiero, qualche salita per interrompere la tranquillità del piano, grige lisce rocce e rossa terra bagnata a rendere delicata l’ultima discesa, un braciere scoppiettante, tavoli di bianco coperti, salumi e caldo gnocco fritto, immense costine dall’antico sapore, morbido pollo, un delicatissimo vino, assaggi di dolci, gruppo di persone, chiacchiere affabili, discorsi più seri, risate e saluti, ecco gli attori del quinto evento, un evento che da semplice escursione si è poi esteso a più complessa Festa di Primavera.

Ore nove e cinquanta di sabato 18 maggio, come da programma ci ritroviamo nel parcheggio dell’agriturismo Dragoncello, gentilmente messoci a disposizione dai gestori e dai proprietari della struttura, d’altronde al nostro ritorno presso la stessa ci fermeremo per una merenda e per la cena. Puntualissimi gli amici sono arrivati, ne mancano solo alcuni che, spaventati da una lettura superficiale delle previsioni meteo o dall’utilizzo di canali meteo poco affidabili, nonostante le mie indicazioni e rassicurazioni (per inciso, le “mie” previsioni meteo si sono poi rilevate esatte quasi al minuto) nella notte hanno preferito rinunciare.

Ore dieci e quindici, ci mettiamo in cammino con qualche minuto di ritardo dovuto all’attesa di un amico di cui mancano notizie: poi riusciremo a metterci in contatto e sapere che verrà comunque per cena. Ecco, bravo, una persona responsabile: se per un’escursione le disdette dell’ultimo minuto non danno problemi, per le cene il discorso è completamente diverso, c’è di mezzo una prenotazione, ci sono di mezzo persone estranee al gruppo, persone che hanno ormai messo in conto un certo numero di presenze e sulla base di tale numero si sono organizzate anche a livello di acquisti di cibo deperibile, cibo che poi, anche in ragione di precise leggi, una volta cotto o lo mangi o lo butti, correttezza vorrebbe che ci si attivi in tutti i modi per non mancare all’impegno preso, quello della presenza, specie quando la giustificazione dell’assenza è il brutto tempo, cavolo, mica si mangia all’aperto! Per inciso, da parte mia ho sempre ragionato e mi sono sempre comportato in funzione della regola “una volta data parola, foss’anche un anno prima dell’evento, solo la mia morte può giustificare la mia assenza”.

Torniamo al racconto.

Il percorso programmato

Dicevo, ore dieci è quindici, ci mettiamo in cammino. Il sentiero inizia proprio fuori dal cancello dell’agriturismo, i primi metri sono nell’alveo di un secco torrente, poi se ne esce e inizia una lieve ma costante salita che, infilandosi tra barriere di rovi a tunnel, percorre la stretta Val Salena tenendosi poco più in alto del torrente di fondo, ora non più in secca, in destra orografica. Dieci minuti dopo con un guado, reso lievemente complesso dall’acqua che le continue e intense piogge degli ultimi dieci giorni hanno reso relativamente alta, ci si porta in sinistra orografica dove lo stretto sentiero riprende a salire tenendosi molto accosto al torrente. Un susseguirsi di sonore cascatelle accompagna il nostro incedere, qualcuno, nonostante la giornata uggiosa, si è denudato, la maggior parte di noi, comunque, preferisce restare più o meno coperta visto che una certa brezza ogni tanto percorre lo stretto solco vallivo.

Un passo dopo l’altro, accompagnati dal canto della natura, accomunati da considerazioni e discorsi sulla bellezza della montagna e sulla qualità del viverla a nudo, guadagniamo quota e perveniamo alla sorgente detta “Casì del Lat”, presumibilmente qui antichi pastori ci mettevano i contenitori del latte onde evitare che questo si alterasse. Alcuni minuti di sosta per ammirare l’ingegnosa opera e poi di nuovo in cammino. L’ultimo strappo ci conduce alla sella di San Vito dove sorge una piccola chiesetta. Non piove eppure la zona appare stranamente deserta, chi è nudo permane nudo e non lo invito a rivestirsi dato che dobbiamo percorrere pochissimi metri prima di abbandonare la sterrata e reimmetterci nel bosco su sentiero di bassa frequentazione. Si sentono delle voci, sopra di noi nascosti da una cascina alcuni escursionisti stanno arrivando, ma li vedo andare in direzione opposta quindi segnalo agli amici nudi di venire avanti tranquillamente.

Senter del Negondol, così si chiama il sentiero che ora stiamo percorrendo, nome preso da una profonda (trentacinque metri per la precisione) dolina che poco dopo possiamo osservare: stretta e buia da più l’impressione di un pozzo e ne presenta li stessi caratteri di pericolosità, infatti è circondata da una recinzione ed è classificata nel registro buchi e grotte della Lombardia (54LO). Procediamo in piano, usciamo dallo svaso della Val Salena per iniziare il lungo traverso a mezza costa sulle pendici settentrionali del Monte Faldenno. Tra una reiterante presenza di ampie odorose distese di aglio orsino e scorci sulla qui larga valle del Garza con l’esteso paese di Nave, arriviamo al punto previsto per il pranzo, ma siamo stati più veloci del programmato per cui si decide di procedere ancora.

Un tratto all’interno di un oscuro bosco presenta divertenti (specie quando di qui ci passo correndo) su e giù per aggirare piante crollate a terra e per attraversare stretti solchi pluviali, una breve discesa, una stradina sterrata quasi completamente recuperata dal tappeto vegetativo, eccoci alla strada di Muratello, una degli unici due accessi stradali alla montagna dei bresciani: la Maddalena. Incrociando ciclisti e cicliste (una di queste ci saluta con un filo di voce: è distrutta; i ciclisti conoscono bene questa salita, amata e odiata persino dalle star del Giro d’Italia) che la stanno risalendo, ne discendiamo un breve tratto per poi abbandonarla e portarci sul crinale verso il Colle di San Giuseppe. Nel frattempo gli amici mi hanno richiesto di evitare il lungo tratto di asfalto che l’idea originale prevedeva e così ho, seduta stante, rielaborato l’odierno percorso con un anello a cui ancora non avevo pensato: invece di traversare e scendere versa Sarezzo, imbocchiamo il sentiero che porta in Val Fredda e subito, approfittando di un volto vegetale che ci promette valido riparo alla pioggia che ha iniziato a cadere, facciamo la sosta per il pranzo.

Di nuovo in marcia lungo un sentiero solitamente molto battuto sia a piedi che in bicicletta, oggi incontriamo solo due persone. Taglio un largo giro fruendo di un bel antico sentiero oggi purtroppo (nulla contro i ciclisti di fuori strada montano, ma dovrebbero evitare di impedire a chi cammina la fruizione di sentieri creati per il cammino e dagli escursionisti per lungo tempo custoditi e manutenuti, quantomeno preoccuparsi di pulire loro un tracciato parallelo poco discosto da quello originale) utilizzato come pista di down-hill. Mi avanzo un centinaio di metri rispetto agli amici: se qualche ciclista scende dovrà frenare per me e sarà quindi meno pericoloso per chi mi segue, io posso fruire di un maggiore allenamento e garantirmi una veloce fuga anche nei tratti più ripidi e complicati.

Ripreso il sentiero “riservato” (tra virgolette perché ormai anche qui sui monti non esiste più nulla di riservato e i ciclisti li si trovano ovunque, anche su percorsi dove riterresti impossibile incontrarli, vedi il caso delle Bocchette Centrali di Brenta, un esposto e complicato sentiero… attrezzato) agli escursionisti ricompatto il gruppo e procedo con passo più dolce. Qualcuno inizia ad accusare un poco di fatica ma manca poco alla fine di questa salita. Riprendiamo a camminare in piano, anche se in montagna parlare di piano è sempre affermazione da prendere con le pinze, e ritorniamo sulla strada di Muratello qualche tornante sopra il punto precedentemente percorso in discesa. In salita seguiamo il nastro di grigio asfalto per poi prendere una sterrata che, alternando tratti piani a brevi stappi di salita, ci porta all’affascinante Cascina Zani. Un tavolo in legno induce i mie compagni a forzare una lunga sosta, sul viso di qualcuno i segni di stanchezza si sono fatti più evidenti: dai, dai, ormai siamo prossimi all’arrivo.

Ore quindici circa, rieccoci al Colle di San Vito, riprendo il sentiero fatto in salita ma invece di seguire il fondo valle procedo lungo il tracciato attuale del Sentiero 3V “Silvano Cinelli”. Questo percorso è un poco più lungo dell’altro ma, nelle attuali condizioni del fondo che vedono parecchio fango e viscide rocce bagnate, leggermente meno insidioso. Eccoci alla località Faldenno, ancora pochi metri, solo in apparenza tranquilli e per questo invoco i compagni a evitare sculate, certo qui meno pericolose (le rocce sono ampie e perfettamente lisce) ma pur sempre dolorose, ed eccoci al fondo valle, su ruvido asfalto, fuori da ogni insidia.

Il percorso realmente effettuato

Ore sedici e trenta passate, siamo al parcheggio, ci cambiamo e andiamo ad affrontare l’altra “impresa” della giornata: la merenda. Le gentilissime ragazze dell’agriturismo ci imbandiscono un tavolo, a nostra richiesta esterno, posto sotto un ambio gazebo, con vista sul prato e il vigneto che circondano la struttura. Poco discosto un braciere scoppietta dinnanzi alla casetta dentro la quale esperti fuochisti stanno preparando ciò che serve alla creazione di una magica grigliata. Arrivano le mogli, mia e di Angelo, ormai manca poco all’orario di cena, ancora qualche chiacchiera ed è ora di accomodarsi alla sala interna, una sala bella ed elegante che può accogliere fino a sessanta persone e che, sebbene demotivato dalla scarsa disponibilità al sostegno della causa nudista in più occasioni dimostrata dagli amici nudisti (molti lamentano l’assenza di opportunità per stare nudi, pochi si mettono in gioco affinché tali opportunità possano formarsi e crescere: non sono di certo le istituzioni a doverlo fare, non sono di certo gli operatori turistici e della ristorazione a doverle creare, non sono certo coloro ai quali di stare nudi proprio non importa a doverci pensare, siamo noi, noi tutti, noi che abbiamo riscoperto la semplicità e naturalità del nudo, noi che ormai soffriamo a dover stare vestiti, siamo questi noi a doverci impegnare, a dover operare, a dover dimostrare che la società può condividere il nudo e convivere con chi sta nudo negli stessi identici spazi), sarebbe mia intenzione poter sfruttare adeguatamente per altri eventi.

Ore diciassette e quarantacinque, anche gli ultimi due amici prenotati per il pranzo sono arrivati, possiamo dare il via alle… mascelle. L’antipasto comincia con una per tutti innovativa portata: mozzarella di bufala con saporitissima pallina di gelato alla menta e un pomodorino secco. Slurp, iniziamo bene! Seguono i classici salumi accompagnati da una ricchissima dotazione di caldo gnocco fritto, più piccolo dei soliti ma assai più delicato e leggero: non lascia il classico unto sulle dita. Le energie consumante nell’escursione fanno svanire velocemente il cibo, almeno su un lato del tavolo, eccoci così al risotto con asparagi e il prestigioso formaggio Bagoss. Purtroppo ci viene a nostra insaputa imposta una variante: incuriosisti da un risotto alla liquirizia, ma nel contempo preoccupati che non a tutti potesse risultare gradito, avevamo chiesto di preparare un risotto doppio e invece ne arriva uno solo, la cui abbondante quantità, invero, mi faceva preventivare che sarebbe stato il solo. Va beh, poco male, quello alla liquirizia lo assaggeremo in altra occasione, un motivo in più per tornare in questo locale. Ora arriva il pezzo forte e fa il suo ingresso in modo decisamente regale: le ragazze che servono sfilano con ampi piatti di portata sui quali troneggiano delle costine, ma non sono normali costine, sono… enormi, sono costine dalla dimensione sconvolgente. Pancia mia fatti capanna!

Il mio stomaco non è più abituato ai lauti pranzi, anzi, da tre anni, anche a seguito delle mie esigenze sportive, mi alimento in modo assai contenuto, a fatica riesco a chiudere l’obiettivo impostomi: una costina, una coscia di pollo e una salamina. Non sono l’unico a battere ritirata, alla fine nel piatto di portata restano diversi pezzi di questa prestigiosa grigliata (mai mangiata, fuori casa, una grigliata cotta così alla perfezione), ovviamente, appurato che verrebbero buttati tra i rifiuti (in alcuni parti d’Italia sono già state prese iniziative per permettere ai ristoranti la redistribuzione del cibo avanzato verso istituti sociali, c’è da sperare che questo diventi quanto prima legge nazionale, anche se… possibile che in Italia ci sia bisogno di promulgare leggi per ogni minima cosa, persino per quelli che dovrebbero essere comportamenti abituali e naturali, quali, per l’appunto, la redistribuzione del cibo e il nudo sociale?) ce li facciano mettere in due vassoietti per portarceli a casa.

Ore ventidue e qualche minuto, saluti e abbracci, promesse di rincontrarci quanto prima e poi il sempre triste seppur inevitabile momento dell’abbandono: ognuno riprende la strada del suo domicilio. Ciao a tutti, grazie a coloro che hanno partecipato dando così il loro prezioso contributo alla causa del nudo, sia in visione escursionistica, sia in quella ludico sociale. Un ringraziamento molto particolare lo devo dedicare ad Angelo che mi ha sostituito nei contatti con la struttura in merito a merende e cena, come organizzatore di eventi deve ancora affinare qualche aspetto ma è stato bravo, purtroppo alla fine ho percepito la sua delusione: io, rispetto agli eventi di questo tipo, ci ho messo cinque anni a demotivarmi, lui un mese, e lo comprendo. Infatti questa volta, contrariamente al mio solito, data la particolarità e l’importanza dell’evento, pur comprendendo le motivazioni che alcuni, forse molti ma non tutti, potrebbero avere avuto, pur essendo cosciente che generalizzando rischio di offendere chi in realtà era giustificabile (vedi Daniele che pur presente all’escursione non poteva essere alla cena, ma è stata presente alla merenda) ma confido nella loro comprensione e clemenza, ecco stavolta, contrariamente al mio solito come dicevo, non ringrazio gli assenti, in particolare quelli che con la loro assenza ci hanno messo in difficoltà dinnanzi alla gestione dell’agriturismo: tutti insieme ci hanno impedito di coltivare con efficienza una disponibilità preziosa e difficile da trovare, tutti insieme hanno seppur involontariamente sostenuto la causa del disimpegno verso quell’obbligo sociale che ognuno dovrebbe sentire e fare proprio, cioè difendere e diffondere la rinormalizzaizone del nudo. Vedetela come volete, ma è così che stanno le cose e stavolta il sassolino dalla scarpa dovevo necessariamente levarmelo: se c’è libertà di pensiero e di opinione questa c’è in ogni direzione, anche in quella di manifestare delusione e disincanto!

#nudiènormale #nudièmeglio #nudièsano #nudièecologico #nudièeducativo sono gli hashtag che ho inventato (alcuni dei quali presto rubati ma “purtroppo” ritradotti in inglese), usateli anche voi. Grazie!

P.S.

Il gruppo escursionistico era composto da sei persone (su dieci che si erano iscritte): Emanuele, Angelo, Gianluigi, Roberto (arrivato dal varesotto), Stefan (sceso fino a noi da Bolzano) e Daniela.

Il gruppo dei merendai era composto da quattro persone (contro le nove prenotate): Emanuele, Gianluigi, Roberto e Stefan. Angelo s’è dovuto eclissare per andare e prendere la moglie.

Il gruppo dei cenaioli era composto di otto persone (contro le undici prenotate): Emanuele, Maria, Angelo, Daniela (non quella dell’escursione), Denis, Roberto, Stefan e Amedeo.