Archivio mensile:aprile 2015
Orgogliosamente Nudi, una nuova bella escursione
Chiara, vaporosa, densa schiuma deborda dal boccale di gialla birra. Sullo sfondo, dietro un’ampia finestra, s’intravvedono i boscosi pendii del monte che sovrasta un tumultuoso torrente. Un cielo bigio a tratti scosso da piccoli sprazzi di azzurro provoca l’alternarsi di luminosi colori e di cupo grigiore. Voci gioiose percorrono l’aere rimembrando l’odierna giornata.
Intenso verde di rigogliosi pascoli, sinuosa striscia di nero asfalto, fuligginosi muri di antiche cascine. Sullo scosceso fianco d’una rupe, nitido nel mezzo del cupo verde delle conifere, il bianco candore d’una piccola chiesetta. Occhi azzurri s’aprono la strada nel mezzo di una spessa coltre di scure nuvole. Tredici piccoli punti colorati lentamente percorrono lo scenario.
L’asfalto diviene terra battuta, la strada forestale procede a mezza costa all’interno di un fitto bosco. Con brevi tratti di ripida salita, parallela alla valle, s’allontana dal paese fino a pervenire all’interno d’uno stretto solco vallivo che segue fedelmente costeggiandone il rumoroso torrente di fondo.
La fatica inizia a perlare di sudore i visi, l’afa infradicia le vesti e ottenebra il respiro, ancora poche decine di metri e sulla sinistra si diparte uno stretto sentiero. Breve sosta per donare ai corpi l’agognata libertà.
Alcuni stretti tornanti guadagnano velocemente quota, un comodo mezzacosta, lunghi piani si alternano a brevi discese e ancor più brevi salite. Improvviso il chiaro bagliore del cielo sostituisce il bosco, uno stretto crinale, ripidissimo pendio erboso e… lo sguardo s’apre liberamente su file di monti, per poi cadere vertiginosamente sulla liquida piatta calma superficie di un lago.
Meritata, guadagnata, zaini scendono dalle spalle, vivande spuntano, anche due rosse bottiglie di vino, sosta di pranzo. Leggere gocce di pioggia, affrettano il mangiare e inducono a riprendere il cammino. Velocemente si riguadagna il fondo valle e con esso la luce d’un sole che tenta ancora di far capolino fra le nuvole. Ritorna la calma, svaniscono le mantelle, le membra rifocillate dal nuovo calore.
Rientro al paese, breve spostamento automobilistico, pineta, barettino, unisci i tavoli, cameriera, ordini.
Chiara, vaporosa, densa schiuma deborda dal boccale di gialla birra. Sullo sfondo, dietro un’ampia finestra, s’intravvedono i boscosi pendii del monte che sovrasta un tumultuoso torrente. Un cielo bigio a tratti scosso da piccoli sprazzi di azzurro provoca l’alternarsi di luminosi colori e di cupo grigiore. Tredici voci gioiose percorrono l’aere, felici per l’ennesima ottima escursione in “Zona di Contatto”: Andrea, Angelo, Attilio, Emanuele, Francesca, Luise, Maicol, Marco, Maria, Paola, Stefan, Thomas, Vittorio.
Bagolino (BS), 26 aprile 2015 – Secondo evento 2015 di “Orgogliosamente Nudi”: Monte Suello, sulla dorsale settentrionale di Cima Ora, a picco sul Lago d’Idro, zona che, il 3 luglio 1886, vide l’epica battaglia che oppose le truppe Garibaldine a quelle austriache.
Album fotografico dell’escursione
Un nuovo libro: “e poi c’è CAP D’AGDE”
Fresco, freschissimo, è infatti di ieri l’avviso della disponibilità di questa nuova fatica editoriale di un infaticabile amico che da tempo bazzica quell’inimitabile comunità de iNudisti alla quale il libro è dedicato.
Centodieci pagine condite di episodi vissuti in prima persona dall’autore, intrise di umorismo e anche di seria considerazione. Una lunga galoppata all’interno di un mondo misconosciuto eppure tanto presente nella società italiana e anche mondiale, il piacere (o il fastidio 🙂 ) di leggersi o di leggere di altri a noi più o meno conosciuti.
Non nasce come guida per chi voglia avvicinarsi alla nudità estesa oltre i soliti pochissimi intimi momenti, eppure può anche esserlo. Non è un manifesto propagandistico a sostegno di uno stile di vita, eppure può anche diventarlo. Non è un romanzo nudista, eppure romanza comunque un mondo. E’ di certo una lettura per tutti!
Ad un costo veramente irrisorio, è acquistabile on-line sia in versione cartacea che come e-book
Una sera a teatro: Silvia Gallerano in “La Merda” di Cristian Ceresoli
Nel nero buio nero una forte piccola chiara luce. Nella luce una nuvola color carne, una piccola nuvola appesa a mezz’aria che lentamente si muove, anzi no, si contorce su sé stessa ruotando un attimo a destra e poco dopo a sinistra. Nel mentre una lievissima nenia accompagna il movimento della piccola nuvola, è appena percettibile, solo ogni tanto si fa più evidente.
La luce si allarga, sotto la nuvola appare un alto trespolo, nero fa da supporto alla piccola nuvola color carne.
La nuvola si allarga, una oblunga membrana si distacca dal suo fianco, un braccio che s’allunga verso il basso, si torce su sé stesso per poi ritornare nella nuvola.
La nuvola si ruota, appare un viso, il viso di una donna, un viso duro ma nel contempo gentile. La nuvola non è una nuvola bensì… il corpo di una donna, nudo corpo di una nuda donna.
La donna inizia a parlare: “ci vuole coraggio”.
No, non è quello che pensate, non sta riferendosi allo stare nudi, non è neanche lo stare nudi dinnanzi a una vasta platea piena di persone, tutto sommato per fare ciò di coraggio ne serve ben poco, basta amare se stessi e il proprio corpo, trovarcisi bene o volercisi trovar bene. No, la piccola donna sul trespolo sul palco sta riferendosi a ben altro e lo si scoprirà nel seguito, quando il dialogo diventa più animato e ricco, quando alla donna subentra il padre, poi la madre, le segretarie con cui ha contatti, i produttori, un compagno di scuola. Sul palco, però, c’è sempre lei, sola e unica piccola donna che, in un crescendo turbinoso, assume i panni dei vari personaggi: di base la donna che si racconta, per brevi e folgoranti istanti gli altri.
Sonorità deboli, sonorità medie, sonorità forti, sonorità fortissime. Colore, colore, colore. Colore della voce, colore delle espressioni, colore dei movimenti, colore dei contenuti. Contenuti forti, a volte tanto forti da risultare conturbanti, in una nudità portata con disinvoltura, mostrando nei gesti ogni parte di sé. Come potrebbe essere diversamente? Una ragazza si mette emotivamente a nudo davanti al mondo per mettere costruttivamente a nudo il mondo davanti a sé stesso, impossibile farlo restando impacchettati nelle barriere tessili, ponendo fra sé e il mondo una pur esile barriera. No, per mettere a nudo il mondo bisogna mettersi fisicamente nudi davanti al mondo, per mettere a nudo la società bisogna mettersi fisicamente nudi davanti agli altri, per mettere a nudo le proprie emozioni, sensazioni, indignazioni è necessario mettersi fisicamente nudi davanti a sé stessi. Non esiste altro modo… nudi!
“Ci vuole coraggio” … per denunciare lo stato di degradazione morale in cui versa la società odierna, uno stato di tale degradazione che rende normali atteggiamenti invero deprecabili, atteggiamenti ai quali “noi ci adeguiamo”. L’adeguarsi alle cose peggiori ecco il contesto principale, il vortice mulinante attorno al quale si costruisce tutto il turbinio di suoni e di colori che in una velocissima immobilità spaziale si ripercuote nei pochi centimetri quadri dello scrigno dorato di quella piccola nuvola sul trespolo sul palco.
“Ci vuole coraggio” … ancor più per ribellarsi all’adeguarsi più vile e terribile, quell’adeguarsi alle violenze, alle discriminazioni, al sottile gioco di potere che si perpetua in una società fondata sulla maschile oggettivazione femminile. Finanche chi, come il disabile, dovrebbe meglio comprendere il dolore e la sofferenza si rivolge a te, femmina, in modo pretestuoso, ti chiede solo la “prestazione”, ti usa e poi ti lascia li sola senza degnarti di uno sguardo, di un saluto, di un ringraziamento. Femmina sei mia, femmina se vuoi qualcosa da me devi darmi qualcosa di te, femmina puttana, femmina troia, femmina buco e… bruco!
La donna tanto abilmente ologrammata sul palco, ci prova a ribellarsi, prova a espellere tutta la merda che nel tempo ha dovuto tacitamente ingoiare e ci riesce: liberazione, li be ra zio neeeeeeee. Siiiiiii!
Subito dopo, però s’avvede che “ehi ma così perdo il posto, perdo le speranze di lavoro, di carriera, di diventare qualcuno, no, no, non posso, adeguati, adeguati e rimangiati tutto quello che hai or ora evacuato” rientra nelle sordide fila dell’umana pecoraggine, puoi solo fare così, puoi solo… adeguarti!
“Ci vuole coraggio per saltare oltre quell’esile riga gialla” per suicidarsi moralmente ribellandosi alla società che ti vuole sottomessa, uguale, disponibile, bella, ben… vestita! (N.d.R.: vale anche per il maschio, ovviamente).
Ridiscende il buio nero e profondo, un attimo d’indecisione, manca qualcosa, la scena s’è interrotta bruscamente, c’è un vago sentore di attesa, di tiepida leggera delusa delusione. È solo un attimo, la comprensione si fa strada, scende dall’alto del palco in mezzo al pubblico, s’allarga fra i corpi, s’insinua nelle menti. L’applauso parte spontaneo, lungo, lunghissimo, Silvia, avvolta in una bandiera tricolore, entra ed esce dalle quinte per ricevere il meritato ringraziamento e a sua volta ringraziare un sì nutrito pubblico. Pubblico eterogeneo, pubblico di uomini e di donne, pubblico di giovani e anziani, pubblico indifferente alla nudità dell’attrice, pubblico attento alle forme espressive, pubblico invischiato nella durezza del, anzi, dei messaggi evocati da quanto avveniva sul palco, dai gesti, dalle parole, dalle sonorità, dai colori, dalla forza di un corpo nudo, un nudo che anziché infastidire, anziché scandalizzare, costringe a pensare, impone di percepire, ingigantisce i messaggi, li esalta, li colora, li profuma, li, li, li.
Lumezzane (BS), teatro Odeon, mercoledì 15 aprile 2015
Silvia Gallerano in “La merda” pluripremiato monologo scritto da Cristian Ceresoli
Chi siamo!
Ci mancava questa pagina, specie ora che abbiamo una buona costante di lettura giornaliera e siamo lanciati verso il traguardo delle centomila pagine lette in un anno, e allora, da ideatore e amministratore del blog, ho provveduto. L’ho fatto in modo diverso dal solito, l’ho fatto in modo da ringraziare coloro che mi aiutano in vario modo, l’ho fatto scrivendo io stesso le presentazioni di ogni collaboratore allievandoli da un compito ingrato e spesso sofferto.
Chi siamo.
Grazie a tutti!
Ora avete modo di conoscerci un poco di più 🙂
La parola ai tessili: Mara Fracella
Secondo alcuni pensieri i nudisti non dovrebbero mescolarsi con chi è vestito e tale vuole restarci, secondo alcune persone e secondo alcuni alti papaveri del naturismo mescolare nudi e vestiti appare un’apologia di reato, una volgare esibizione, un mettere insieme l’acqua santa con il diavolo. A nostro parere non è così, noi siamo assolutamente convinti che sia, al contrario, non solo opportuno ma addirittura necessario proporre e propagandare l’idea dei vestiti opzionali ovunque e comunque: solo così facendo il nudismo assume la sua più vera connotazione, si afferma non come semplice bizzarria ma come importante di scelta di vita, oltrepassa lo status di attività ludica e assume quello di filosofia, si eleva da azione privata da relegare nel ghetto ad azione comunitaria e pubblica avente un preciso ruolo sociale; solo così facendo possiamo sciogliere l’oscurità che ci avvolge, possiamo debellare l’ignoranza che ci investe, possiamo far capire che siamo uguali, normalmente uguali a tutte le persone vestite, uguali e… normali.
Ma noi non ci limitiamo a ipotizzare, a parlare, a crogiolarci nel libero pensiero, noi operiamo, agiamo, proviamo e sperimentiamo, così le nostre convinzioni sono dati reali, perché sono dimostrate con la pratica, perché sono vissute quotidianamente, perché… perché lo dice chi da tessile ci segue o addirittura ci frequenta!
18 maggio 2014, il sole illumina la giornata e mille meravigliosi riflessi si creano sull’acqua del lago che si tinge dei colori dell’oro. Fasci di luce rimbalzano negli occhi, variopinte immagini floreali s’imprimono nella mente, strette viuzze d’antico sentore si contrappongono a più moderne strutture urbane.
Un alto monte domina la scena, cosparso di boschi, dipinto di verde, nascosti sentieri ne salgono alla vetta, una strada ne cinge la base. Grigio anello d’asfalto, punteggiato dei vari colori che sono le vesti dei visitatori, tra questi anche noi, per oggi purtroppo vestiti, un piccolo sacrifico in nome della causa, un invito a venire da noi, a conoscerci, a frequentare le nostre escursioni. Qualcuno ha risposto al nostro invito e sta camminando con noi, bastano pochi minuti per fare conoscenza, per scoprire la splendida persona, per essere sommersi dal suo fulgido sorriso, per restare ammaliati dalla sua simpatia. Nobil donna, ragazza solare, diverrà nostra amica sincera e la ritroveremo ad altri eventi, presto assunta a fotografo ufficiale.
Mara, permettiamo ai nostri lettori di conoscerti un poco: raccontaci qualcosa di te.
Non amo parlare di me. “Raccontami qualcosa di te?” è’ la peggior domanda che mi possano fare. Non ho problemi a raccontarmi ma non a “curriculum”, posso comunque provarci. Sono una persona curiosa. Lo sono sempre stata. E’ un pregio e un difetto allo stesso tempo. Inoltre ricerco nel mio quotidiano, sensazioni di libertà, o prendo atto di non averle trovate. La sensazione di libertà per me sta nelle piccole cose, un disimpegno da facebook, vivere momenti di solitudine senza sentirmi sola, assaporare il quotidiano in modo nuovo e prezioso, rompere i ritmi degli orari dei pasti nei giorni di festa e chissà quanto altro potrei aggiungere. Piccole cose per donarmi sensazioni libere.
Come ci hai conosciuti?
Casualmente: sono stata catturata da un articolo postato su facebook da Carla Cinelli, in quel momento era la mia insegnante a un corso di fotografia. L’articolo era accompagnato dalla fotografia di un uomo nudo con in spalle uno zaino che stava passeggiando nel bosco. Sono stata ad osservarla per un po’, non credevo che fosse una realtà, men che meno italiana. Poi ho letto l’articolo. Ho cercato informazioni. Ho trovato il blog di Mondo Nudo e seguito il suo fondatore, Emanuele Cinelli, su facebook a distanza per circa un anno. Da allora seguo regolarmente il blog, l’ho sottoscritto per ricevere in automatico gli avvisi di pubblicazione dei nuovi articoli, li leggo volentieri, alcuni sono lunghissimi e allora li faccio scorrere velocemente senza ignorarli per ritornarci con più calma.
Quali sono state le tue prime impressioni?
Ottime, è la conferma della mia curiosità e ovviamente dell’interesse sull’argomento, una realtà che non conosco in modo ampio e gli articoli mi aiutano a saperne di più. Per questo ad un certo punto ho rotto gli indugi e mi sono iscritta ad una delle uscite di “Orgogliosamente Nudi”, quella a Montisola ad aprile 2014. Belle persone, sembrerà assurdo quello che sto per dire ma è stato il denominatore comune che mi ha accompagnato per tutta la gita: nonostante fossimo e fossero tutte vestite, mi apparivano senza veli ne scudi, nude. Quando ci si conosce la prima volta ho spesso la percezione di persone “mascherate”, credo che sia naturale, soprattutto al primo approccio, cercare di sembrare anziché essere. Con le persone presenti nella gita di Montisola questa sensazione non solo non l’ho avuta ma ho addirittura percepito il suo contrario ed è stato molto bello per me poterlo vivere. Tutto questo m’ha spinto a tornare, a partecipare ad altre uscite, a quelle escursioni dove sapevo mi sarei trovata a condividere lo spazio con loro nudi e … mi sono trovata benissimo, il fatto di potermi autogestire nell’abbigliamento, di non essere obbligata a spogliarmi, mi ha fatto sentire perfettamente a mio agio, libera
Ti sei spogliata?
No, non ancora, gli unici momenti in cui ho provato il desiderio di farlo erano motivati dal caldo e dal sudore, mi piacerebbe farlo per un motivo diverso, ancora da maturarsi.
Pensi che potrai farlo in futuro?
Non lo escludo ma nemmeno lo do per scontato. Vorrei che fosse un momento vero in relazione al nudismo.
Sei stata il primo tessile che è venuto con noi e che ci frequenta regolarmente per cui hai visto nascere “Zona di Contatto” e sei stata partecipe dei suoi primi vagiti, cosa ne pensi?
Mi sembra qualcosa di realizzabile, che rispetta ogni essere umano e dona sensazione di libertà.
Grazie Mara per questa mini intervista e per le tue preziosissime impressioni, arrivederci a presto.
Grazie a te, grazie a voi, grazie a “Orgogliosamente Nudi”!
Anche quest’anno
L’arte arriva, anche senza essere un pugno in pancia: ma è lì che batte.
È una proposta che piace, apre gli occhi sul bello che mai si è notato.
Un vecchio pero anche quest’anno è fiorito sul ciglio d’un campo arato di fresco,
acceso nei toni più caldi dal sole che mi va tramontando alle spalle.
Fiori bianchi raccolti in racemi, linfe generative percorrono il duro legno.
Lo smeraldo dell’erba, il bianco ovattato dei cirri che vanno col vento
su, nel tersissimo azzurro del cielo…: sono anch’io nella foto?
È questa, in questo momento, la mia visuale, fra l’abitato e un agriturismo:
non son così eterni, così nuovi ogni anno, non hanno una voce.
È presto per desiderare le pere, ora il pero i suoi fiori mi dà, una chioma.
Per primi sono arrivati, ancor prim’ delle foglie, che spuntano adesso.
Sull’erba un tappeto di petali bianchi, rinfrescan leggera la pianta dei piedi.
E questa parola mi cuce alla terra, m’innesta a sugger le medesime linfe.
Respiro pacato, profondo, mi radico a terra, piene le nari di odori.
Respiro la brezza che passa, piovono petali, si posan sulle mie spalle, nelle mie palme!
Non è niente quel pero, un infinitesimo pero: ma dappertutto è così, tutto che vive.
La mente mi direbbe commosso, gran lusso di reggia tutto quel bianco.
La terra trattiene il caldo del giorno, marrone, friabile sotto i miei passi.
In silenzio cova segreti, disgrega persino il concime e se ne fa nutrimento.
E noi? che cce ffamo qui sopra? a mo’ l’abbiam chiusa in prigione con le catene dell’erpice.
Anche così, non può altro che dare, con astuzia l’abbiam soggiogata all’aratro.
Per la fatica e il sudore ci diciam meritato il pane fumante sul desco.
Abbiam tutto quando facciamo la spesa, ma non quel bello di più che vediamo all’aperto.
Ancor questa terra trasforma bellezza in bontà. Stupiamoci almeno!
Sentiamole crescerci in pancia, diventarci pancione… anche quest’anno.
Divagando – Un gran po’ di noia
(… ritrovato con le sembianze sembianti di sempre.)
La parola alla notte è la concessione del diurno. Si è agitati il giorno sapendo quello che potrebbe accadere la notte. La conseguenza di ciò che vivremo come se quell’intraprendente, viziato ed onnipresente oscuro cosmo, maneggi l’inconscio giornaliero. Ci si rilassa (non più di tanto), si aliena il resto e si cerca di vivere un poi migliore.
La ricerca dell’esasperazione esacerbata dalle cronache (in questo inizio 2015, biliari), in un moto universale, o il più famoso (?) moto perpetuo. Con la notte arriva tutto il ciò. Tutto è monocromatico. Dal fuori all’interno e così via. Una rivincita di un chissà ché per un chissà cosa. Un gran po’ di noia insomma, pensandoci.
Ma non voglio riflettere più di tanto stamani, ho altro per la testa volgare, devo concedere il racconto interattivo e specificamente a colpi di panlogismo. Come un gretto ostensore… Non so per quale ragione ma arrivò la tramontana, con quell’aria sofisticata da momento, con quella sua pungente fama di ghiaccio, con il suo etereo savoir faire bighellone e prepotente. E ghiacciò.
Iniziò sterminando i raccolti effimeri, fragili di una composizione al vento. Li scaldò a tal punto che bruciarono dentro. Col trucco, insomma. E sempre col trucco si cercò vendetta a colpi di Euro. Ma qualcuno assopito sognò l’accidente e forse ci mise una pezza. Forse più di una per asciugare tutta la bava del, e la lacrima di. La solita gran po’ di noia alla fine.
Continuò la tramontana dalle vesti vichinghe, dall’odore di terre nordiche, dalla presupponenza Odiniaca, alla ricerca delle spoglie leggiadre di ciò che poteva rimanere. Forse cercò pure me nel sonno, ma non trovò granché, io mi coprii bene, mentre più vicino, chissà dove, qualche sans papier moriva della sua grazia ricevuta. L’unica figura pre-femminile che gli si concedeva, col suo alito se lo portava via… così cita Simone nella cronaca odierna. Il suo corpo fu ritrovato con le sembianze sembianti di sempre, ma purtroppo (recitò il suo amico) col trucco. Di stucco. Ed io lo sapevo e mi coprii. Avvertii nel primo pomeriggio che qualcosa girava nell’antiorario. Ho percezioni sul collo. Si smuovono i miei, le mie cervicali e m’avvertono di allarme, e spero che la notte li addormenti senza dover in correre farmaci o succedanei.
Notte-terapia i dolori se li porta via. Ipso facto pare che la cosa funzioni. Ma è solo un pratico rimando… Come sei bugiarda (e non voglio dire a chi). Sei più operosa di quanto vorresti concedere. Sei abile, disinibita, impudica, palese in un trasformismo in cui molti si concedono ancora ed ancora con un disinibito e freddo volgar leggero in emifonia.
Simone Belloni Pasquinelli
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