Archivio mensile:aprile 2015

Orgogliosamente Nudi, una nuova bella escursione


Chiara, vaporosa, densa schiuma deborda dal boccale di gialla birra. Sullo sfondo, dietro un’ampia finestra, s’intravvedono i boscosi pendii del monte che sovrasta un tumultuoso torrente. Un cielo bigio a tratti scosso da piccoli sprazzi di azzurro provoca l’alternarsi di luminosi colori e di cupo grigiore. Voci gioiose percorrono l’aere rimembrando l’odierna giornata.

IMG_3346Intenso verde di rigogliosi pascoli, sinuosa striscia di nero asfalto, fuligginosi muri di antiche cascine. Sullo scosceso fianco d’una rupe, nitido nel mezzo del cupo verde delle conifere, il bianco candore d’una piccola chiesetta. Occhi azzurri s’aprono la strada nel mezzo di una spessa coltre di scure nuvole. Tredici piccoli punti colorati lentamente percorrono lo scenario.

L’asfalto diviene terra battuta, la strada forestale procede a mezza costa all’interno di un fitto bosco. Con brevi tratti di ripida salita, parallela alla valle, s’allontana dal paese fino a pervenire all’interno d’uno stretto solco vallivo che segue fedelmente costeggiandone il rumoroso torrente di fondo.

La fatica inizia a perlare di sudore i visi, l’afa infradicia le vesti e ottenebra il respiro, ancora poche decine di metri e sulla sinistra si diparte uno stretto sentiero. Breve sosta per donare ai corpi l’agognata libertà.

IMG_3364Alcuni stretti tornanti guadagnano velocemente quota, un comodo mezzacosta, lunghi piani si alternano a brevi discese e ancor più brevi salite. Improvviso il chiaro bagliore del cielo sostituisce il bosco, uno stretto crinale, ripidissimo pendio erboso e… lo sguardo s’apre liberamente su file di monti, per poi cadere vertiginosamente sulla liquida piatta calma superficie di un lago.

Meritata, guadagnata, zaini scendono dalle spalle, vivande spuntano, anche due rosse bottiglie di vino, sosta di pranzo. Leggere gocce di pioggia, affrettano il mangiare e inducono a riprendere il cammino. Velocemente si riguadagna il fondo valle e con esso la luce d’un sole che tenta ancora di far capolino fra le nuvole. Ritorna la calma, svaniscono le mantelle, le membra rifocillate dal nuovo calore.

Rientro al paese, breve spostamento automobilistico, pineta, barettino, unisci i tavoli, cameriera, ordini.

Chiara, vaporosa, densa schiuma deborda dal boccale di gialla birra. Sullo sfondo, dietro un’ampia finestra, s’intravvedono i boscosi pendii del monte che sovrasta un tumultuoso torrente. Un cielo bigio a tratti scosso da piccoli sprazzi di azzurro provoca l’alternarsi di luminosi colori e di cupo grigiore. Tredici voci gioiose percorrono l’aere, felici per l’ennesima ottima escursione in “Zona di Contatto”: Andrea, Angelo, Attilio, Emanuele, Francesca, Luise, Maicol, Marco, Maria, Paola, Stefan, Thomas, Vittorio.


Bagolino (BS), 26 aprile 2015 – Secondo evento 2015 di “Orgogliosamente Nudi”: Monte Suello, sulla dorsale settentrionale di Cima Ora, a picco sul Lago d’Idro, zona che, il 3 luglio 1886, vide l’epica battaglia che oppose le truppe Garibaldine a quelle austriache.

Album fotografico dell’escursione

Il rispetto e la vergogna


Un cacciatore sta lavorando al suo capanno, non mi ero accorto della sua presenza. Sto facendo una passeggiata col cane fra i filari del vigneto talmente familiare che lo chiamo “mio” e giro nudo come fossi a casa mia. In dialetto mi chiede, con un certo tono di rimprovero: «Ma non ha vergogna?» Senza stare a pensare, mi sento che rispondo: «È troppo bello!» E proseguo con un saluto della mano. Il cacciatore scuote la testa e prosegue nel suo lavoro.

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Nascondendoci confermiamo noi stessi la legittimità del divieto (anche se divieto esplicito non c’è), anzi di più: siamo i primi a prevenirlo e ad applicarlo. Sia che durante le nostre escursioni ci rivestiamo di fretta alla vista di altri (ma pian piano incominciamo a non farlo più), sia che ci ritiriamo in campeggi cintati (esattamente come chiudiamo la porta quando ci facciamo una doccia).

Per prima cosa dovremmo mostrare indifferenza alla nostra nudità: dovremmo imparare a non giudicarla, a non far nostra l’opinione che pensiamo comune. Anzi, dovrebbe trasparire dal nostro atteggiamento, dalle nostre espressioni il benessere che stiamo provando, l’assoluta tranquillità della cosa. Una cosa che riguarda unicamente chi la pratica, senza che abbia altri scopi se non il benessere personale, senza lanci d’amo su altri per proselitismo, denuncia, ostentazione… “esibizione”. «Si sta troppo bene!» Questo, che convince noi, potrebbe eventualmente convincere o allettare anche altri vedendoci. Non stiamo vendendo tessere di un club. Ognuno che ci vede decida per sé. Che il nostro essere nudi possa esser d’esempio per altri è al di là delle nostre intenzioni: la ricezione dell’eventuale messaggio (o il suo rifiuto) dipende dalla singola persona, da come la pensa, dalle sue convinzioni, preferenze ed esperienze.

Se ci mostriamo nudi e spensierati, nudi e naturali, nudi e semplici, nudi perché così ci piace, perché si sta troppo bene, nudi perché è un “abito” che riteniamo assolutamente normale sicuramente avremo più chances di essere accettati (se questo ancora ci preoccupa) ed esser seguiti (nuove conoscenze ci fanno senz’altro piacere). La nostra allegria, la nostra franchezza, la nostra socialità è il nostro miglior biglietto da visita. Lasciamo a ciascuno le deduzioni che vuol trarre, le interpretazioni che vuol attribuire, le decisioni che vorrà prendere, i cambiamenti di mentalità, di prospettiva, di abitudini che vorrà accettare per sé. Noi siamo noi, e siamo così. Con nulla da nascondere, né nuove mode da diffondere, verità da evangelizzare. Non siamo apostoli di un nuovo trend comportamentale. Non poniamo nemmeno la questione di essere accettati o meno: su questo non si discute. Dobbiamo partire dando per scontato che ci siamo anche noi. Come ci sono i ciclisti, i camper, gli autotreni, gli autisti della domenica, i pazzi che fanno sorpassi azzardati, gli imbecilli, i maleducati, i prepotenti. Ciascuno è quello che è e non si pone nemmeno la questione di essere altro, perché non si percepisce come noi lo vediamo. Imbecilli, maleducati e prepotenti lo sono secondo un nostro giudizio, non sono categorie oggettive.

E perciò, se come nudisti creiamo imbarazzo dipende dalla sensibilità soggettiva (generalizzata a “morale” fin che si vuole – ma non è un dato oggettivo); sicuramente non lo facciamo con l’intenzione di esser riprovati, non siamo così masochisti da godere dell’attirarci gli strali del disprezzo degli altri. Nel metterci nudi, la nostra intenzione si limita alla nostra persona, non vogliamo colpire, smuovere, giudicare, cambiare l’opinione degli altri. Rispettiamo l’atteggiamento degli altri, non possiamo che accettare, registrare, sismografare la risposta negli altri, rispettare le loro convinzioni e abitudini. Ma al contempo e di riflesso dobbiamo esigere di esser rispettati dagli altri noi pure: per quel che siamo, per quel che vogliamo. Il messaggio di un rispetto di sé che esige eguale rispetto dagli altri. Se per primi ci sentiamo vulnerabili all’influenza degli altri, noi stessi apriremo la breccia, daremo appiglio, giustificazione, incoraggiamento all’atteggiamento non-rispettoso nei nostri confronti.

Noi la pensiamo così. Siamo in un paese libero e democratico. Il nostro atteggiamento/comportamento non danneggia nessuno, non è vietato dalle leggi. Perciò: come noi non vogliamo cambiare il punto di vista degli altri, così non cambieremo il nostro, non ci lasceremo intimorire da quel che pensiamo gli altri pensan di noi.

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Ma ritorno all’episodio del cacciatore e alla sua domanda: Quel “rispetto” che nei nostri dialetti significa “vergogna” (gh’à-l mia respèt?), cioè quell’atteggiamento interiorizzato di pressione e repressione morale, si mantiene e perpetua con la nostra stretta osservanza, quasi si trattasse di un voto che involontariamente ci è stato estorto. Se lasciamo fare, sarà portato a un eccesso totalizzante, come si desse per scontato che per il fatto stesso di appartenere a una società è quasi come fossimo iscritti totalitariamente a un partito… al partito unico.

A proposito: lo scrittore tedesco-orientale Erwin Strittmatter (nella DDR del 1955; nei Diari, 26 giugno) a proposito del dogmatismo di molti quadri del partito comunista usa una parola che ancor oggi può far riflettere: Parteikatholiken, “cattolici di partito” (ma compare già nei diari di Thomas Mann e in un articolo dello Spiegel, nr. 50 dell’11 dicembre 1948). Cattolico in origine significava “universale, che abbraccia tutto, totalizzante”.

Un nuovo libro: “e poi c’è CAP D’AGDE”


Fresco, freschissimo, è infatti di ieri l’avviso della disponibilità di questa nuova fatica editoriale di un infaticabile amico che da tempo bazzica quell’inimitabile comunità de iNudisti alla quale il libro è dedicato.

Centodieci pagine condite di episodi vissuti in prima persona dall’autore, intrise di umorismo e anche di seria considerazione. Una lunga galoppata all’interno di un mondo misconosciuto eppure tanto presente nella società italiana e anche mondiale, il piacere (o il fastidio 🙂 ) di leggersi o di leggere di altri a noi più o meno conosciuti.

Non nasce come guida per chi voglia avvicinarsi alla nudità estesa oltre i soliti pochissimi intimi momenti, eppure può anche esserlo. Non è un manifesto propagandistico a sostegno di uno stile di vita, eppure può anche diventarlo. Non è un romanzo nudista, eppure romanza comunque un mondo. E’ di certo una lettura per tutti!

Ad un costo veramente irrisorio, è acquistabile on-line sia in versione cartacea che come e-book

libsiman

Una sera a teatro: Silvia Gallerano in “La Merda” di Cristian Ceresoli


Nel nero buio nero una forte piccola chiara luce. Nella luce una nuvola color carne, una piccola nuvola appesa a mezz’aria che lentamente si muove, anzi no, si contorce su sé stessa ruotando un attimo a destra e poco dopo a sinistra. Nel mentre una lievissima nenia accompagna il movimento della piccola nuvola, è appena percettibile, solo ogni tanto si fa più evidente.

La luce si allarga, sotto la nuvola appare un alto trespolo, nero fa da supporto alla piccola nuvola color carne.

La nuvola si allarga, una oblunga membrana si distacca dal suo fianco, un braccio che s’allunga verso il basso, si torce su sé stesso per poi ritornare nella nuvola.

La nuvola si ruota, appare un viso, il viso di una donna, un viso duro ma nel contempo gentile. La nuvola non è una nuvola bensì… il corpo di una donna, nudo corpo di una nuda donna.

La donna inizia a parlare: “ci vuole coraggio”.

No, non è quello che pensate, non sta riferendosi allo stare nudi, non è neanche lo stare nudi dinnanzi a una vasta platea piena di persone, tutto sommato per fare ciò di coraggio ne serve ben poco, basta amare se stessi e il proprio corpo, trovarcisi bene o volercisi trovar bene. No, la piccola donna sul trespolo sul palco sta riferendosi a ben altro e lo si scoprirà nel seguito, quando il dialogo diventa più animato e ricco, quando alla donna subentra il padre, poi la madre, le segretarie con cui ha contatti, i produttori, un compagno di scuola. Sul palco, però, c’è sempre lei, sola e unica piccola donna che, in un crescendo turbinoso, assume i panni dei vari personaggi: di base la donna che si racconta, per brevi e folgoranti istanti gli altri.

Sonorità deboli, sonorità medie, sonorità forti, sonorità fortissime. Colore, colore, colore. Colore della voce, colore delle espressioni, colore dei movimenti, colore dei contenuti. Contenuti forti, a volte tanto forti da risultare conturbanti, in una nudità portata con disinvoltura, mostrando nei gesti ogni parte di sé. Come potrebbe essere diversamente? Una ragazza si mette emotivamente a nudo davanti al mondo per mettere costruttivamente a nudo il mondo davanti a sé stesso, impossibile farlo restando impacchettati nelle barriere tessili, ponendo fra sé e il mondo una pur esile barriera. No, per mettere a nudo il mondo bisogna mettersi fisicamente nudi davanti al mondo, per mettere a nudo la società bisogna mettersi fisicamente nudi davanti agli altri, per mettere a nudo le proprie emozioni, sensazioni, indignazioni è necessario mettersi fisicamente nudi davanti a sé stessi. Non esiste altro modo… nudi!

“Ci vuole coraggio” … per denunciare lo stato di degradazione morale in cui versa la società odierna, uno stato di tale degradazione che rende normali atteggiamenti invero deprecabili, atteggiamenti ai quali “noi ci adeguiamo”. L’adeguarsi alle cose peggiori ecco il contesto principale, il vortice mulinante attorno al quale si costruisce tutto il turbinio di suoni e di colori che in una velocissima immobilità spaziale si ripercuote nei pochi centimetri quadri dello scrigno dorato di quella piccola nuvola sul trespolo sul palco.

“Ci vuole coraggio” … ancor più per ribellarsi all’adeguarsi più vile e terribile, quell’adeguarsi alle violenze, alle discriminazioni, al sottile gioco di potere che si perpetua in una società fondata sulla maschile oggettivazione femminile. Finanche chi, come il disabile, dovrebbe meglio comprendere il dolore e la sofferenza si rivolge a te, femmina, in modo pretestuoso, ti chiede solo la “prestazione”, ti usa e poi ti lascia li sola senza degnarti di uno sguardo, di un saluto, di un ringraziamento. Femmina sei mia, femmina se vuoi qualcosa da me devi darmi qualcosa di te, femmina puttana, femmina troia, femmina buco e… bruco!

La donna tanto abilmente ologrammata sul palco, ci prova a ribellarsi, prova a espellere tutta la merda che nel tempo ha dovuto tacitamente ingoiare e ci riesce: liberazione, li be ra zio neeeeeeee. Siiiiiii!

Subito dopo, però s’avvede che “ehi ma così perdo il posto, perdo le speranze di lavoro, di carriera, di diventare qualcuno, no, no, non posso, adeguati, adeguati e rimangiati tutto quello che hai or ora evacuato” rientra nelle sordide fila dell’umana pecoraggine, puoi solo fare così, puoi solo… adeguarti!

“Ci vuole coraggio per saltare oltre quell’esile riga gialla” per suicidarsi moralmente ribellandosi alla società che ti vuole sottomessa, uguale, disponibile, bella, ben… vestita! (N.d.R.: vale anche per il maschio, ovviamente).

Ridiscende il buio nero e profondo, un attimo d’indecisione, manca qualcosa, la scena s’è interrotta bruscamente, c’è un vago sentore di attesa, di tiepida leggera delusa delusione. È solo un attimo, la comprensione si fa strada, scende dall’alto del palco in mezzo al pubblico, s’allarga fra i corpi, s’insinua nelle menti. L’applauso parte spontaneo, lungo, lunghissimo, Silvia, avvolta in una bandiera tricolore, entra ed esce dalle quinte per ricevere il meritato ringraziamento e a sua volta ringraziare un sì nutrito pubblico. Pubblico eterogeneo, pubblico di uomini e di donne, pubblico di giovani e anziani, pubblico indifferente alla nudità dell’attrice, pubblico attento alle forme espressive, pubblico invischiato nella durezza del, anzi, dei messaggi evocati da quanto avveniva sul palco, dai gesti, dalle parole, dalle sonorità, dai colori, dalla forza di un corpo nudo, un nudo che anziché infastidire, anziché scandalizzare, costringe a pensare, impone di percepire, ingigantisce i messaggi, li esalta, li colora, li profuma, li, li, li.


Lumezzane (BS), teatro Odeon, mercoledì 15 aprile 2015
Silvia Gallerano in “La merda” pluripremiato monologo scritto da Cristian Ceresoli

Chi siamo!


Ci mancava questa pagina, specie ora che abbiamo una buona costante di lettura giornaliera e siamo lanciati verso il traguardo delle centomila pagine lette in un anno, e allora, da ideatore e amministratore del blog, ho provveduto. L’ho fatto in modo diverso dal solito, l’ho fatto in modo da ringraziare coloro che mi aiutano in vario modo, l’ho fatto scrivendo io stesso le presentazioni di ogni collaboratore allievandoli da un compito ingrato e spesso sofferto.

Chi siamo.

Grazie a tutti!

Ora avete modo di conoscerci un poco di più 🙂

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La parola ai tessili: Mara Fracella


Secondo alcuni pensieri i nudisti non dovrebbero mescolarsi con chi è vestito e tale vuole restarci, secondo alcune persone e secondo alcuni alti papaveri del naturismo mescolare nudi e vestiti appare un’apologia di reato, una volgare esibizione, un mettere insieme l’acqua santa con il diavolo. A nostro parere non è così, noi siamo assolutamente convinti che sia, al contrario, non solo opportuno ma addirittura necessario proporre e propagandare l’idea dei vestiti opzionali ovunque e comunque: solo così facendo il nudismo assume la sua più vera connotazione, si afferma non come semplice bizzarria ma come importante di scelta di vita, oltrepassa lo status di attività ludica e assume quello di filosofia, si eleva da azione privata da relegare nel ghetto ad azione comunitaria e pubblica avente un preciso ruolo sociale; solo così facendo possiamo sciogliere l’oscurità che ci avvolge, possiamo debellare l’ignoranza che ci investe, possiamo far capire che siamo uguali, normalmente uguali a tutte le persone vestite, uguali e… normali.

Ma noi non ci limitiamo a ipotizzare, a parlare, a crogiolarci nel libero pensiero, noi operiamo, agiamo, proviamo e sperimentiamo, così le nostre convinzioni sono dati reali, perché sono dimostrate con la pratica, perché sono vissute quotidianamente, perché… perché lo dice chi da tessile ci segue o addirittura ci frequenta!


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18 maggio 2014, il sole illumina la giornata e mille meravigliosi riflessi si creano sull’acqua del lago che si tinge dei colori dell’oro. Fasci di luce rimbalzano negli occhi, variopinte immagini floreali s’imprimono nella mente, strette viuzze d’antico sentore si contrappongono a più moderne strutture urbane.

Un alto monte domina la scena, cosparso di boschi, dipinto di verde, nascosti sentieri ne salgono alla vetta, una strada ne cinge la base. Grigio anello d’asfalto, punteggiato dei vari colori che sono le vesti dei visitatori, tra questi anche noi, per oggi purtroppo vestiti, un piccolo sacrifico in nome della causa, un invito a venire da noi, a conoscerci, a frequentare le nostre escursioni. Qualcuno ha risposto al nostro invito e sta camminando con noi, bastano pochi minuti per fare conoscenza, per scoprire la splendida persona, per essere sommersi dal suo fulgido sorriso, per restare ammaliati dalla sua simpatia. Nobil donna, ragazza solare, diverrà nostra amica sincera e la ritroveremo ad altri eventi, presto assunta a fotografo ufficiale.

Mara, permettiamo ai nostri lettori di conoscerti un poco: raccontaci qualcosa di te.

Non amo parlare di me. “Raccontami qualcosa di te?” è’ la peggior domanda che mi possano fare. Non ho problemi a raccontarmi ma non a “curriculum”, posso comunque provarci. Sono una persona curiosa. Lo sono sempre stata. E’ un pregio e un difetto allo stesso tempo. Inoltre ricerco nel mio quotidiano, sensazioni di libertà, o prendo atto di non averle trovate. La sensazione di libertà per me sta nelle piccole cose, un disimpegno da facebook, vivere momenti di solitudine senza sentirmi sola, assaporare il quotidiano in modo nuovo e prezioso, rompere i ritmi degli orari dei pasti nei giorni di festa e chissà quanto altro potrei aggiungere. Piccole cose per donarmi sensazioni libere.

Come ci hai conosciuti?

Casualmente: sono stata catturata da un articolo postato su facebook da Carla Cinelli, in quel momento era la mia insegnante a un corso di fotografia. L’articolo era accompagnato dalla fotografia di un uomo nudo con in spalle uno zaino che stava passeggiando nel bosco. Sono stata ad osservarla per un po’, non credevo che fosse una realtà, men che meno italiana. Poi ho letto l’articolo. Ho cercato informazioni. Ho trovato il blog di Mondo Nudo e seguito il suo fondatore, Emanuele Cinelli, su facebook a distanza per circa un anno. Da allora seguo regolarmente il blog, l’ho sottoscritto per ricevere in automatico gli avvisi di pubblicazione dei nuovi articoli, li leggo volentieri, alcuni sono lunghissimi e allora li faccio scorrere velocemente senza ignorarli per ritornarci con più calma.

Quali sono state le tue prime impressioni?

Ottime, è la conferma della mia curiosità e ovviamente dell’interesse sull’argomento, una realtà che non conosco in modo ampio e gli articoli mi aiutano a saperne di più. Per questo ad un certo punto ho rotto gli indugi e mi sono iscritta ad una delle uscite di “Orgogliosamente Nudi”, quella a Montisola ad aprile 2014. Belle persone, sembrerà assurdo quello che sto per dire ma è stato il denominatore comune che mi ha accompagnato per tutta la gita: nonostante fossimo e fossero tutte vestite, mi apparivano senza veli ne scudi, nude. Quando ci si conosce la prima volta ho spesso la percezione di persone “mascherate”, credo che sia naturale, soprattutto al primo approccio, cercare di sembrare anziché essere. Con le persone presenti nella gita di Montisola questa sensazione non solo non l’ho avuta ma ho addirittura percepito il suo contrario ed è stato molto bello per me poterlo vivere. Tutto questo m’ha spinto a tornare, a partecipare ad altre uscite, a quelle escursioni dove sapevo mi sarei trovata a condividere lo spazio con loro nudi e … mi sono trovata benissimo, il fatto di potermi autogestire nell’abbigliamento, di non essere obbligata a spogliarmi, mi ha fatto sentire perfettamente a mio agio, libera

Ti sei spogliata?

No, non ancora, gli unici momenti in cui ho provato il desiderio di farlo erano motivati dal caldo e dal sudore, mi piacerebbe farlo per un motivo diverso, ancora da maturarsi.

Pensi che potrai farlo in futuro?

Non lo escludo ma nemmeno lo do per scontato. Vorrei che fosse un momento vero in relazione al nudismo.

Sei stata il primo tessile che è venuto con noi e che ci frequenta regolarmente per cui hai visto nascere “Zona di Contatto” e sei stata partecipe dei suoi primi vagiti, cosa ne pensi?

Mi sembra qualcosa di realizzabile, che rispetta ogni essere umano e dona sensazione di libertà.

Grazie Mara per questa mini intervista e per le tue preziosissime impressioni, arrivederci a presto.

Grazie a te, grazie a voi, grazie a “Orgogliosamente Nudi”!

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Anche quest’anno


L’arte arriva, anche senza essere un pugno in pancia: ma è lì che batte.
È una proposta che piace, apre gli occhi sul bello che mai si è notato.

Un vecchio pero anche quest’anno è fiorito sul ciglio d’un campo arato di fresco,
acceso nei toni più caldi dal sole che mi va tramontando alle spalle.
Fiori bianchi raccolti in racemi, linfe generative percorrono il duro legno.
Lo smeraldo dell’erba, il bianco ovattato dei cirri che vanno col vento
su, nel tersissimo azzurro del cielo…: sono anch’io nella foto?

È questa, in questo momento, la mia visuale, fra l’abitato e un agriturismo:
non son così eterni, così nuovi ogni anno, non hanno una voce.
È presto per desiderare le pere, ora il pero i suoi fiori mi dà, una chioma.
Per primi sono arrivati, ancor prim’ delle foglie, che spuntano adesso.
Sull’erba un tappeto di petali bianchi, rinfrescan leggera la pianta dei piedi.

E questa parola mi cuce alla terra, m’innesta a sugger le medesime linfe.
Respiro pacato, profondo, mi radico a terra, piene le nari di odori.
Respiro la brezza che passa, piovono petali, si posan sulle mie spalle, nelle mie palme!
Non è niente quel pero, un infinitesimo pero: ma dappertutto è così, tutto che vive.
La mente mi direbbe commosso, gran lusso di reggia tutto quel bianco.

La terra trattiene il caldo del giorno, marrone, friabile sotto i miei passi.
In silenzio cova segreti, disgrega persino il concime e se ne fa nutrimento.
E noi? che cce ffamo qui sopra? a mo’ l’abbiam chiusa in prigione con le catene dell’erpice.
Anche così, non può altro che dare, con astuzia l’abbiam soggiogata all’aratro.
Per la fatica e il sudore ci diciam meritato il pane fumante sul desco.
Abbiam tutto quando facciamo la spesa, ma non quel bello di più che vediamo all’aperto.

Ancor questa terra trasforma bellezza in bontà. Stupiamoci almeno!
Sentiamole crescerci in pancia, diventarci pancione… anche quest’anno.

In campagna poco prima del tramonto. «Primavera dintorno. Brilla nell'aria, e per li campi esulta»

In campagna poco prima del tramonto.
«Primavera dintorno. Brilla nell’aria, e per li campi esulta»

Festival Naturista 2015: tuoni e fulmini del prete!


Il prossimo 21 maggio a Marina di Camerota inizierà la seconda edizione del Festival Naturista, una quattro giorni ricca di attività conviviali ma anche di momenti culturali e formativi inerenti il nudismo e il naturismo.

Pareva che tutto filasse per il meglio e invece ecco che, come apprendiamo dai media (Corriere del Mezzogiorno), arriva qualcuno che alza la voce e, sfruttando un pulpito e un ruolo particolare, tenta di impedire il festival. Trattasi di don Gianni Citro, fondatore e organizzatore del Meeting del Mare.

Avremmo potuto ignorare la questione, anche considerando il fatto che Francesco De Gennaro, presidente della locale associazione naturista (l’UNI Campania), ha già dovutamente e compiutamente risposto, ma l’occasione ci consente di rimettere in evidenza tutta l’ignoranza che si perpetua sul nudismo (le parole del prete ne sono una bella sommatoria) ed evidenziare nuovamente il concetto di ragionamento a senso unico di cui spesso abbiamo parlato.

«Autorizzare un festival di naturismo in luoghi pubblici significa alimentare l’illusione di alcuni che i drammi del mondo si vincono facendo finta che non esistano». Uhm, con tutta la buona volontà mi scappa il nesso fra le due cose: perché mai un Festival Naturista dovrebbe fomentare l’idea dell’inesistenza dei drammi mondiali? Forse perché è una festa? Se così è, allora si deve ammettere lo stesso per qualsiasi altra festa, anche per il Meeting del Mare. Forse perché si è nudi? Perché mai la nudità dovrebbe rendere insensibili ai drammi del mondo? È noto a tutti che esistono milioni di persone vestite e nel contempo insensibili ai drammatici problemi del mondo, di certo non sono state generate dal nudismo ne dalle feste nudiste né tantomeno dai nudisti.

«No al festival dei naturisti». Beh, una parola come quella di qualsiasi altro cittadino italiano e di sicuro ce ne sono molti che dicono no al Meeting del Mare. Come la mettiamo?

«Un sacerdote parla perché la sua missione è dire come stanno le cose alla luce della fede”. Innegabile, però forse la luce della fede di don Citro in merito alla nudità è un poco tenebrosa: nei libri sacri e nella storia delle religioni molti sono i riferimenti alla nudità intesa come normalità e come atto di fede; fino a non molti secoli addietro il battesimo era celebrato nella nudità collettiva dei battezzati; tutt’oggi esistono comunità cristiane costituite attorno alla nudità, in esse nudi ci si unisce nella preghiera e ci si presenta a Dio. Senza contare che L’Italia è costituzionalmente uno stato laico ed è certamente più rilevante la luce dei diritti costituzionali (e naturali) che quella della fede, per giunta della sola fede cattolica visto che il don solo di questa può parlare e solo per questa può ergersi a rappresentante.

“Il naturismo vuole far tornare il mondo alle origini, prima della cultura o addirittura prima del peccato originale, all’era dell’innocenza e della purezza.” E che ci sarebbe di male? Si ha forse paura di perdere quelle armi accuratamente generate attraverso la cultura del peccato originale e delle sue derivazioni? Si ha forse timore di non essere più capaci di manipolare e controllare le menti?

“Ma niente più è puro e nessuno è innocente.” Ehm, ognuno può parlare solo per se stesso, io, se me lo permette, magari puro non sono, che poi sarebbe prima da stabilire cosa vogliamo intendere per puro, ma di sicuro sono innocente.

“La cultura di millenni non si cancella togliendosi le mutande e fingendo di essere nella preistoria o nella giungla amazzonica”. Infatti non è per quello che ci denudiamo. E poi… visto che di culture ce ne sono tante e tutte diverse tra loro, a quale vogliamo dare la prerogativa d’essere più importante, più vera? Il fatto stesso che esitano più culture e che siano anche profondamente diverse tra loro dichiara che nessuna di esse è detentrice della verità assoluta e che alla fine la verità unica non esiste. Tra l’altro noi nudisti non fingiamo proprio un bel nulla, abbiamo solo superato degli inutili condizionamenti sociali e ora viviamo sanamente e lecitamente nudi.

“La nostra vera natura risiede nella cultura che ci ha generati.” E quale sarebbe questa cultura?

“Compresa quella cristiana». Ecco appunto, compresa! Il che vuol dire che questa non è l’unica religione al mondo e pertanto, anche se fosse vera l’esistenza di contrapposizione tra nudismo e cultura cristiana, non può accamparsi diritti di determinazione assoluta.

«Ognuno faccia i festival che vuole ma io rivendico il diritto che non si conceda a nessuno di poter dare libero sfogo ai suoi istinti privati in luogo pubblico”. Un cittadino come tutti gli altri, la sua parola vale come quella degli altri, non può rivendicare diritti di prelazione sugli altri. E poi di quali istinti privati si parla? Qui è lapalissiano che del nudismo non ne sa proprio un bel niente, prima si informi e poi parli.

«Sono assolutamente a favore di ogni libera manifestazione di pensiero, di sentimenti e di espressione creative”. Ecco che salta fuori la classica formula sintattica utile solo a dare un colpo al cerchio e uno alla botte ma che invero non ha nessuna base logica per potersi considerare corretta e ammissibile: se sei a favore di ogni libera manifestazione di pensiero, sei a favore e stop; un ma a cui seguono delle limitazioni a questo favore indicano un non favore.

“Tuttavia credo fermamente che la bizzarra passione di mostrarsi nudi…” Intanto chi lo dice che è bizzarra? Poi siamo sicuri che sia una passione? Ribadiamo… sarebbe di certo opportuno informarsi un pochettino prima di aprir bocca e sparlare del nudismo: alla libertà di parola corrisponde il dovere di parlare solo se dovutamente formati in merito all’argomento del parlare. Questo blog da molte possibilità per farlo, ecco una breve selezione degli articoli utili allo scopo (ma ce ne sono molti altri interessanti): “La nuda verità sul nudo”, “Il nudista: chi è?”, “Il nudismo rompe” e “Passione nudismo”.

“… cui riconosco legittimità…” Si contraddice? Se è legittima non esiste motivo di opporvisi e di impedirla.

“… debba essere garantita esclusivamente entro i limiti di una struttura privata.” E perché mai? Che forse il peccato è meno peccato se fatto all’interno di una struttura privata? Mio caro don, lei mi cade sui fagioli! Oppure vuole ammettere che il nudismo non è un peccato? E allora perché mai tanto calorosa elevazione di scudi? Per farsi notare? Per far pubblicità al proprio Meeting del Mare?

«Trovo infelice e abusiva l’idea dell’amministrazione di regalare una spiaggia ai naturisti, sottraendola così al resto del mondo” Premesso che non è un regalo ma caso mai un prestito, accertato che non è data ai nudisti visto che chiunque ne può usufruire e senza obblighi di sorta (gli unici ad avere obblighi sono i nudisti che se vogliono uscire da quel piccolo lembo di terra devono vestirsi), sono perfettamente d’accordo: perché riservare dei luoghi al nudismo? Il nudismo è un comportamento normale, sano, educativo, formativo ed è solo una discriminazione isolarlo, va invece condiviso negli stessi spazi e negli stessi momenti con chi non si spoglia, così facendo non si toglie e non si concede a nessuno: tutti uguali, tutti liberi, tutti sinceri, tutti… “nella luce della propria fede”.

“Non credo che altre categorie di individui o gruppi abbiano mai potuto godere di tali privilegi, pur avendone forse più bisogno». Uhm, ripassino socio-economico? Come già dimostrato ai nudisti non è stato concesso nessun privilegio, mentre è innegabile che i preti e le chiese cattoliche godano di privilegi del tutto speciali e concessi solo a loro. Il discorso da fare è caso mai proprio l’opposto: oltre ai nudisti esistono ben pochi altri gruppi di cittadini che vengono così ostinatamente e continuamente denigrati e limitati nei loro diritti naturali e costituzionali.

Che dire, don Citro ci faceva più bella figura e dava un maggior contributo alla comunità tutta aderendo al Festival Naturista; ne ha ancora l’opportunità visto l’esplicito invito a lui rivolto, in risposta agli strali, dal già citato presidente dell’UNI Campania: lo faccia siamo pronti a dagliene merito!

Nudi pensieri pasquali


Il nudo come normale possibilità di vita e di stato, ovunque e comunque. Solo così il nudo ha un senso sano e profondo, solo così il nudo può essere socialmente accettato. Finché lo esilieremo all’interno di pochi e recintati luoghi resterà incompreso, misterioso, reietto e discriminato.


Ignorando l’evidente forzatura presente nella foto (un bambino di quell’età di certo non ha problemi nel vedere il nudo, sia esso parziale che totale), questo è il modo corretto di vedere e affrontare la questione: ti da fastidio il nudo? il problema è tuo non mio, indi sta a te risolverlo senza inibire la mia libertà d’azione.


E’ quantomeno stupido starsene per delle ore con addosso un pezzo di stoffa umidiccio o addirittura bagnato, tutti i giochi e le attività a contatto con l’acqua sono molto più comodi e salubri se fatti in nudità. Da li al vivere nudi il passo è breve!


Tutto si può fare da nudi, quasi senza eccezioni, basta volerlo e metterci la dovuta naturalezza e dovizia.


Nudi o vestiti i bambini non fanno discriminazione, certo nudi stanno e si sentono molto meglio!


La nudità è, se non proprio l’unico, di certo il modo migliore e più efficiente per crescere una famiglia sana e naturale.

Paura di aver successo?


“Sarebbe bello, ma è impensabile”. “Emanuele, la società non accetta queste cose”. “Ideale ma solo in teoria”. “L’Italia è un paese bigotto e puritano, non cambieranno mai idea”. “Non possiamo forzare la volontà degli altri”.

Queste e tante altre similari sono le osservazioni fatte ai miei articoli sul nudismo e, badate bene, non sono state fatte da tessili, i quali al contrario si mostrano interessati e possibilisti, ma da nudisti o, come amano definirsi loro, naturisti.

Va bene, ognuno è libero di avere le sue opinioni (quindi anche io), però…

Però queste opinioni fanno pensare solo ad una cosa: “per caso avete paura di poter avere successo?”

Esatto, paura di aver successo, solo così si possono comprendere gli atteggiamenti di rinuncia, il rifiuto di ogni proposta che ventili la benché minima possibilità di scalfire la corazza sociale, ogni azione che dia la speranza di far arrivare il messaggio nudista alla mente del mondo tessile. Solo così!

Signori, in ogni campagna sociale, in ogni trattativa cognitiva, in ogni mediazione intellettuale le parti devono fare la loro parte e non quella dell’altro. Giusto mettersi nei panni dell’altro, doveroso, va fatto, però, per sapersi muovere al meglio, per decidere le migliori strategie, per dare la massima efficienza alla propria azione, non per rinunciare, non per bloccare tutto sul nascere, non per piangersi addosso e fare le vittime.

A beh, certo, agire richiede impegno, agire costa fatica, agire necessita del metterci la faccia, tre cose che a quanto pare molti, troppi nudisti ripudiano. Molto più comodo fingersi la testa degli altri e uccidere ogni agire che sia vero ed efficiente: il mancato successo dell’azione che rimane, lenta e perdente, permette di autogiustificare la propria indifferenza, il proprio immobilismo, le proprie paure. Molto più comodo: non si è costretti a rivedere le proprie posizioni e i propri preconcetti (eh sì, non esistono solo i preconcetti dei tessili, ci sono anche quelli dei nudisti, anzi, dei naturisti, e sono quantomeno della stessa quantità e forza).

Opportunismo, comodità, vigliaccheria appaiono essere le doti più rilevanti di molti nudisti, ah già, naturisti (recentemente mi hanno nuovamente accusato di essere anti naturista perché uso la parola nudismo anziché naturismo, beh eccovi accontentati). Che dire…

Paura di aver successo?

Vince la vittima


Nel nostro strampalato sistema di cultura e valori, vince chi più sa fare la vittima, chi lamenta ingiustizie e soprusi, chi si vuol riscattare, indennizzarsi d’un danno (val bene anche calcare la mano): di fronte a una vittima l’appoggio corale cresce spontaneo, il consenso è empatico.

Non è raro nelle nostre escursioni incontrare altre persone: noi nudi, esse vestite. Da persone educate, per paura di offendere ci siam premuniti chiedendo: «Vi disturba se siamo nudi?», «Vi offende vederci così come siamo?» L’escursionista incrociato stava ancora raccapezzando le idee, perplesso di fronte a una situazione inconsueta, ancora non l’ha valutata, non ha ancora deciso come prenderla e noi gli diamo l’imbeccata: che potrebbe sentirsi disturbato o offeso! Ma noi di sicuro non volevamo né creare imbarazzo, né offendere. Noi stessi gli abbiamo suggerito che potrebbe sentirsi una vittima, che una libertà che ci siam presa ha superato i confini. In quanto vittima è in una botte di ferro, e perciò potrebbe alzare la cresta, forte proprio dello spunto che noi gli abbiam dato. Per primi abbiam riconosciuto che potremmo avere una parte di torto e che contiamo sulla sua comprensione. Così finiremo per correr dei guai. Garantito. Disturbati ed offesi inveiranno contro di noi, e noi pagheremo. Non andremo in prigione, ma saremo egualmente un po’ meno liberi.

Se noi consideriamo coloro che incontriamo vittime potenziali del nostro star nudi, diamo noi stessi la conferma che è la percezione soggettiva di un possibile danno a creare il dolo, la colpa, il reato. Il sano principio neminem laedere (“non far male a nessuno”) dovrebbe valer per entrambi. E anche per noi stessi con noi.

La scena mi richiama una corrida, dove tutti ce l’hanno col toro, come avesse tutte le colpe, come se gli spettatori fossero vittime della sua cattiveria, del suo furore, del fatto che è nero! Con le picche si tagliano i muscoli del collo, così che lo tenga chinato; con le banderillas lo si rende quel tanto aggressivo che fa tanto spettacolo. È dimostrato che è minaccioso, che può fare del male («che bisogno abbiam più di testimoni?» Vangelo di Matteo 26, 65), «le vittime siamo noi! Crucifige!») … Chi sta dalla parte del toro non va alle corride.

Quando vigeva la censura sui film, bastava la denuncia di uno spettatore scandalizzato (e di un magistrato) per far ritirare la pellicola su tutto il territorio nazionale e bruciarla in un rogo pubblico (come è capitato per il film di Giulio Questi Nudi per vivere del 1963). Lo spettatore si è sentito leso nella sua sensibilità, e ha usato il destro fornito dalla legge per imporre il suo punto di vista – anche pretestuosamente, – anche contro gli altri 99 spettatori che non si sono scandalizzati. Ma perché delegare a quell’unico spettatore, al suo gusto, alle sue preferenze, alle sue fisime il diritto di scelta per gli altri 99? (come se questi non avessero una testa loro in grado di giudicare per sé). Se la legge mi dà una mano, non butto l’occasione per ergermi arbiter elegantiarum: è un piccolo potere, ma sempre un potere.

La possibilità di passare per vittime ha una grande attrattiva, è come sentirsi al sicuro dietro il burladero dalla furia del toro, e magari aizzarlo ancora di più. La vittoria è assicurata, si passa persino da eroi, da campioni di moralità e buon costume, si vive un inatteso momento di gloria e notorietà. Senza alcun merito proprio, senza alcun rischio, senza alcun danno. Il “buon senso” ha la meglio, l’ordine è ristabilito. E noi, veniamo ricacciati nei ghetti, additati a peste morale e sociale, mele marce da separare, malerbe da estirpare.

Spesso ci facciamo scrupolo per la presenza di bambini, sebbene sappiamo molto bene che sono meno “disturbati” e “offesi” rispetto agli adulti. Gli adulti che li vogliono “educare” colgono al volo l’occasione insperata per sostanziare e rincarare l’“offesa” ricevuta. Chi meglio dei bambini può assumere il ruolo di vittima indifesa? (Scoprendo poi magari, a cose concluse, che quegli stessi bambini sono stati vittime di un’offesa maggiore ad opera dei loro stessi genitori).

Nelle prossime uscite non mi scuserò più per come (non) sono vestito, non presterò io stesso la freccia con cui colpirmi, non farò più domande “cortesi” ed autolesive, non mendicherò l’accoglienza di altri, e da bravo nudista non mi metterò nei panni degli altri, visto che ho buttato anche i miei. Nei “momenti di contatto” mi darà forza il mio orgoglio, non mi sottovaluterò, non mi sentirò debole, vittima di atavico senso di inferiorità, non penserò di essere in una situazione precaria; sebbene nudo non sono così vulnerabile, non mi sentirò dalla parte del torto.

Se noi stessi ci creiamo le vittime, non lamentiamoci se poi saremo noi a pagare, a riparare torti presunti, a risarcire danni inventati. A limitarci una libertà che la legge ancor non ci ha tolto.

Ma noi siamo magnanimi!…

Divagando – Un gran po’ di noia


(… ritrovato con le sembianze sembianti di sempre.)

La parola alla notte è la concessione del diurno. Si è agitati il giorno sapendo quello che potrebbe accadere la notte. La conseguenza di ciò che vivremo come se quell’intraprendente, viziato ed onnipresente oscuro cosmo, maneggi l’inconscio giornaliero. Ci si rilassa (non più di tanto), si aliena il resto e si cerca di vivere un poi migliore.

La ricerca dell’esasperazione esacerbata dalle cronache (in questo inizio 2015, biliari), in un moto universale, o il più famoso (?) moto perpetuo. Con la notte arriva tutto il ciò. Tutto è monocromatico. Dal fuori all’interno e così via. Una rivincita di un chissà ché per un chissà cosa. Un gran po’ di noia insomma, pensandoci.

Ma non voglio riflettere più di tanto stamani, ho altro per la testa volgare, devo concedere il racconto interattivo e specificamente a colpi di panlogismo. Come un gretto ostensore… Non so per quale ragione ma arrivò la tramontana, con quell’aria sofisticata da momento, con quella sua pungente fama di ghiaccio, con il suo etereo savoir faire bighellone e prepotente. E ghiacciò.

Iniziò sterminando i raccolti effimeri, fragili di una composizione al vento. Li scaldò a tal punto che bruciarono dentro. Col trucco, insomma. E sempre col trucco si cercò vendetta a colpi di Euro. Ma qualcuno assopito sognò l’accidente e forse ci mise una pezza. Forse più di una per asciugare tutta la bava del, e la lacrima di. La solita gran po’ di noia alla fine.

Continuò la tramontana dalle vesti vichinghe, dall’odore di terre nordiche, dalla presupponenza Odiniaca, alla ricerca delle spoglie leggiadre di ciò che poteva rimanere. Forse cercò pure me nel sonno, ma non trovò granché, io mi coprii bene, mentre più vicino, chissà dove, qualche sans papier moriva della sua grazia ricevuta. L’unica figura pre-femminile che gli si concedeva, col suo alito se lo portava via… così cita Simone nella cronaca odierna. Il suo corpo fu ritrovato con le sembianze sembianti di sempre, ma purtroppo (recitò il suo amico) col trucco. Di stucco. Ed io lo sapevo e mi coprii. Avvertii nel primo pomeriggio che qualcosa girava nell’antiorario. Ho percezioni sul collo. Si smuovono i miei, le mie cervicali e m’avvertono di allarme, e spero che la notte li addormenti senza dover in correre farmaci o succedanei.

Notte-terapia i dolori se li porta via. Ipso facto pare che la cosa funzioni. Ma è solo un pratico rimando… Come sei bugiarda (e non voglio dire a chi). Sei più operosa di quanto vorresti concedere. Sei abile, disinibita, impudica, palese in un trasformismo in cui molti si concedono ancora ed ancora con un disinibito e freddo volgar leggero in emifonia.

Simone Belloni Pasquinelli

Nudi al lavoro


Non esiste l’impossibile, esistono solo cose che non si vogliono fare!

Quando, la scorsa estate, ho pubblicato “Nudisti in azienda? Un valore aggiunto!” la principale obiezione, tra altro avanzata dagli stessi nudisti (sic!), è stata quella di una cosa improponibile, di un qualcosa senza senso, di una situazione che avrebbe imbarazzato gli stessi nudisti. Orbene, come avevo già detto nell’articolo stesso, non facevo solo teoria, non avanzavo solo ipotesi e belle speranze, ma mi basavo su dati reali, su esperienze pratiche che alcune aziende avevano già fatto.

Andiamo a vederne alcune, ce ne sono molte altre delle quali, purtroppo, la rete ne ha perso o non ha mantenuto le tracce.

Onebestway – Lo psicologo aziendale David Taylor mette a nudo il personale e dopo un breve iniziale imbarazzo, il morale migliora, il dialogo si fa più sincero, la produttività cresce e l’azienda migliora.

Bold Italic’s – Sperimentano per un mese e … vogliono continuare.

Nude House dove i vestiti sono assolutamente proibiti. (Collegamento rimosso perché il sito è stato chiuso)

Definitive dove, nel 2009, l’esperienza è stata motivata da una serie TV “The Naked Office” di Virgin1

Qui c’era un video che ho rimosso in quanto censurato da Youtube per violazione dei termini

Non esiste l’impossibile, esistono solo cose che non si vogliono fare!

La nuda verità sul nudo


montagna_nuda2Il nudo offende! Vero, indubbiamente vero, incontestabilmente verissimo.

Ma… ci siamo mai fatti delle domande in merito? Abbiamo insita in noi tale ragione o ci è stata inculcata, trasmessa? Siamo sinceri o condizionati? Perché il nudo offende? Tutti si sentono offesi dal nudo? Perché qualcuno si sente offeso dal nudo? Perché tu ti senti offeso dal nudo? E in tal caso, ti ha sempre offeso?

Probabilmente sarai stato pronto a dare le tue risposte, le avrai date al volo, senza pensarci sopra più di tanto. Bene, hai le idee chiare a quanto pare, ma… Sei sicuro che siano la risposte giuste? Sei sicuro che sia proprio quello che pensi? Occhio, non essere ancora precipitoso, pensaci bene: mi ripeto, ne sei sicuro?

C’è un solo modo per saperlo: mettiti comodo, leggi la prima domanda che segue, chiudi gli occhi, fai un bel respiro e… pensa, pensa per bene, prova a visualizzare, ascoltare, percepire i tuoi ricordi, prova a superare il tempo, a scavalcare quello che il tempo ha creato nella tua mente.

Guardati. Ascoltati. Percepisciti.

Ripeti la procedura per ogni altra domanda, con calma, senza fretta, senza mentire a te stesso, senza voler dimostrare la tua idea di partenza, ma cercando solo i ricordi giusti, corretti, senza valutarli, senza scartarli, senza rifiutarli, solo accettandoli e prendendone coscienza: in una indagine non si parte dalla convinzione per poi cercare le prove che la attestino, ma, al contrario, si raccolgono le prove per poi vedere quello che esse dicono.

Partiamo.

Quando è stata la prima volta che ti sei sentito offeso dal nudo? Forse quando sei nato e hai visto i genitali della tua mamma? Oppure poco dopo quando attorno a te venivano cambiati o lavati gli altri neonati? O ancora quando un poco più cresciuto hai visto in spiaggia dei bambini nudi (e magari anche tu eri nudo, come spesso avviene per i bambini di pochi anni)? Oppure ancora più grande quando in una piscina hai visto altri fare la doccia nudi? O quando mentre qualcuno sulla spiaggia si cambiava lottando con il salviettone quest’ultimo gli è caduto mostrando a tutti la sua nudità? Oppure quando per caso sei capitato in una spiaggia nudista? Che età avevi? Quali sensazioni hai avuto? Era proprio offesa? O era solo fastidio? O piuttosto era un semplice stupore?

BambiniIo, nato nel lontano 1956 e diventato nudista cosciente nel 2003, non mi sono mai sentito offeso dal nudo, mai. E credo di poter affermare che siano molti quelli che possono dire la stessa cosa. Gli altri, quelli che si sentono offesi dal nudo, sinceramente dovranno ammettere che nessuno di loro si è mai sentito offeso dal nudo in età infantile. Di più, sono certo che ben pochi, coscienti che la parola offesa indica qualcosa di ben più pesante del fastidio o dello stupore, possano dire d’essersi sentiti realmente offesi dal nudo, specie in età infantile, ma anche nell’adolescenza.

Cosa possiamo dedurre da questo? Beh, lapalissiano: la percezione del nudo come cosa offensiva spesso è travista trattandosi di altro sentimento (fastidio o stupore), ma anche quando si tratta proprio di offesa questa non è sicuramente innata, si è formata a posteriori della nascita e ha richeisto anche un discreto numero di anni per diventare percepibile.

Bon, fuori uno e passiamo alla successiva considerazione e relativa serie di domande.

Il nudo è sconveniente! Certamente, ma perché è sconveniente? Lo è sempre? Lo è per tutti?

Ritorna ai primi anni della tua vita, anni nei quali è probabile che tu sia stato nudo in diverse occasioni, in casa è certo, quantomeno per il bagnetto, molto probabilmente lo sarai stato anche in spiaggia, forse anche in altre occasioni. In alcune o tutte tali situazioni non eri certamente solo, e almeno in qualche occasione non c’era solo la tua mamma o il tuo papa o entrambi loro, bensì c’erano anche dei parenti o addirittura dei perfetti estranei. Orbene, ti sei mai sentito fuori luogo in tali situazioni?

Probabilmente farai fatica a ricordare, anzi ti sarà impossibile, converrai, però, che, avendo anche tu visto il comportamento dei bambini nudi sulla spiaggia pubblica, possiamo tranquillamente affermare che no, non ti sentivi fuori luogo, anzi ti sentivi pienamente a tuo agio, sempre, ovunque e comunque. Solo intorno ai sei / sette anni, se non dopo, hai iniziato a vedere il nudo come cosa sconveniente, perché?

Non è forse vero che ad un certo punto i tuoi genitori hanno iniziato a farti vestire? Non è forse vero che non ti hanno più lasciato stare nudo in spiaggia? Ma che anche non ti hanno più esibito alla parentela durante il bagnetto, ti hanno pesantemente richiamato e/o punito quando tentavi di liberarti delle vesti? Vero? E cosa ne deduciamo?

Evidentemente il nudo risulta sconveniente non perché lo sia materialmente per sua stessa natura, non perché è nella natura umana viverlo come sconveniente, ma solo perché, attraverso un martellamento psicologico costante, ci hanno condizionati, ci hanno convinti che tale debba essere.

Avanti con le domande.

Il nudismo è totalizzanteIl nudo è scandaloso! Giusto, ma perché è scandaloso? Lo è sempre? Lo è per tutti? Perché per alcuni non lo è?

Ormai avete compreso qual è il gioco, il lavoro da fare, non sto a riproporvelo e passo direttamente alle conclusioni che anche voi, se avete seguito fedelmente le mie istruzioni, avrete inevitabilmente tratto.

Il nudo ci scandalizza non perché siamo nati con l’idea che il nudo sia scandaloso ma solo perché siamo stati cresciuti nell’idea del nudo scandaloso, quando eravamo piccoli non davamo nessun peso al nudo.

Ultimo passaggio.

Il nudo eccita sessualmente! Vero, ma perché? È solo il nudo a provocare eccitazione sessuale? È proprio il nudo che provoca eccitazione?

Qui le convinzioni scatteranno ancora più forti di prima, vediamo di resistere, non lasciamoci trasportare dalle stesse, andiamo più a fondo, scavalchiamo le apparenze, foriamo la corteccia e guardiamo dentro.

Quando eravamo piccoli il nudo non creava nessuna eccitazione in noi, se non quella del piacere di essere nudi e liberi, ciò è chiara e inequivocabile testimonianza del fatto che il nudo non sia di per se stesso eccitante, che ci voglia altro per essere eccitati dal nudo e cosa è questo altro?

Se siamo onesti con noi stessi dobbiamo affermare che è il pensiero dell’azione sessuale, tant’è che ci eccitiamo anche senza vedere il nudo, ci eccitiamo anche in presenza di sole persone vestite, ci eccitiamo baciandoci o toccandoci. Lo dimostrano perfino le scene più tipiche di molti film, e parlo di film non pornografici: due persone si guardano, si avvicinano, si annusano, si baciano in un crescendo di eccitazione, i gesti diventano sempre più secchi e affrettati, il respiro più corto e veloce, quasi ansimante ed è solo a questo punto che inizia la rimozione di vestiti. Ecco che la nudità non è lo stimolo sessuale ma solo la conseguenza dello stesso, la necessità materiale per addivenire all’accoppiamento, alla copulazione, al rapporto sessuale cosiddetto completo.

Allora? Ancora convinti che sia il nudo ad eccitare? Che il nudo sia indispensabile all’eccitazione? Mmmh, salvo non siate stati disonesti con voi stessi, credo proprio di no!

Bon, ora direi che abbiamo abbastanza materiale per poter dire che la risposta a tutte le domande esprimibili sul nudo è una sola: siamo stati profondamente condizionati.

Cosa ne deduciamo? Semplice, che tutte le opinioni sul nudo non sono vere opinioni personali, opinioni nate spontaneamente nella nostra testa, opinioni meditate e maturate coscientemente e scientemente, ma piuttosto ci sono state tutte inculcate dalla famiglia e poi rinforzate dagli insegnanti e dalla società.

Perché allora, visto che è solo frutto di un condizionamento, continuiamo a scandalizzaci, offenderci, limitarci? Beh, anche questo è un condizionamento, il condizionamento alla conformità, al rendersi schiavi delle convenzioni, all’essere cloni gli uni degli altri, condizioni indispensabili a chi detiene il potere per poterlo mantenere: le religioni hanno bisogno dei peccati per suggestionare le persone e legarle al credo; i politici hanno bisogno di menti obbedienti per fidelizzarsi accoliti e ottenere sostegno; le economie hanno bisogno di automi per far loro assorbire tutto quello che passa la pubblicità e vendere sempre di più.

Tutti noi, però, abbiamo la capacità di svincolarci dai condizionamenti, la società stessa è in grado di farlo quando ne trova la dovuta convinzione e convenienza, tant’è che molti sono stati i condizionamenti superati e abbandonati dalla società in tempi più o meno recenti, alcuni anche ben più problematici di quello del nudo. Allora perché non abbandonare anche quest’ultimo?

127ABoh, è proprio difficile comprendere perché il nudo, nonostante molte siano le persone che abbracciano la scelta di vita nudista e tantissime quelle che l’accettano senza problemi e sono disponibili a conviverci in contemporaneità negli stessi identici spazi, debba mantenere questo suo alone offensivo, questa sua parvenza scandalosa, questa nomea di sconvenienza, questo suo legame con l’eccitazione sessuale. Difficilissimo comprenderlo. Perché la società in questo caso non è capace di superare un condizionamento tutto sommato recente? Perché?

Io non so dare una risposta certa, posso solo cercare di operare affinché ciò succeda. Se ben ci pensate, se tornate con la mente alla vostra infanzia, se ragionate sul comportamento dei bimbi in spiaggia, dovete necessariamente ammettere che il nudo è bello, il nudo è semplice, il nudo è naturale, il nudo è economico, il nudo è vantaggioso, il nudo è ecologico, il nudo è igienico, il nudo è salubre, il nudo è salutare, il nudo è … nient’altro che nudo, nient’altro che la nuda verità (e che da sempre si abbini la parola verità con quella di nudo è ben sintomatico del valore vero e semplice del nudo).

Pensateci, è…

La nuda verità sul nudo!