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Il nudismo in Italia visto dai turisti di altre nazioni


Un’opinione abbastanza comune, l’ho trovata anche in diversi altri video realizzati da vari creatori di contenuti, di diverse nazionalità e anche non nudisti. Sebbene pochi, i sondaggi fatti, tutti estranei al mondo del nudismo, hanno però definito che la maggioranza degli italiani è indifferente alla nudità, cioè non ne è infastidita e non è contraria alla condivisione degli stessi spazi con chi sta nudo, moltissimi sarebbero anche disposti a spogliarsi se ci fossero più opportunità e meno ostracismo. Avanti italiani, diamoci una mossa: rinomalizziamo l’italia!

Ecco qua, il mio discorso riguarda solo ed esclusivamente quanto si sente e legge dal minuto 1:39 al minuto 4:39.

Esperimento nudista


Ecco un interessantissimo video di una donna tedesca, con un cattiva visione del proprio corpo nudo, che, avendo sentito o letto della felicità di stare nudi, si impone di provare a stare nuda per una settimana e vedere cosa cambia nella suo rapporto con il proprio corpo, se veramente alla fine riuscirà a sentirsi a suo agio, a sentirsi meglio e continuare con la nudità. Tu che dici, ci riuscirà?

La strana questione del “visione consigliata ai soli adulti”


Vedi le cose per anni e all’improvviso ti balza all’occhio una questione che mai avevi rilevato, succede!

  1. In televisione, senza differenza tra i canali, girano vari telefilm la cui visione è consigliata solo agli adulti. Questi telefilm mostrano scene violente, fanno vedere patologi all’opera mostrandone proprio l’azione, facendo vedere il bisturi che taglia, il corpo che si apre, fanno vedere azioni criminali, uccisioni, sangue che cola, eccetera, eccetera. C’è una sola cosa che viene attentamente censurata, la nudità: i corpi distesi a terra sono sempre in qualche modo coperti, i corpi distesi sul lettino del patologo mentre li esamina sono mascherati nelle due zone critiche (genitali e, per le femmine, mammelle) attraverso una luce bianca molto intensa o assurdamente coperti con un telo (come può il patologo agire se c’è un telo?).
  2. Non parliamo dei vari programmi liberi a tutti in cui si vedono scene dove l’azione sessuale è ben evidente, magari anche con sonorità esplicite, dei fumetti, dei cartoni animati e dei videogiochi dove impera la violenza: ancora una volta solo la nudità delle già menzionate specifiche zone viene censurata.
  3. Intervista a una famosa donna dello spettacolo e si parla di un suo film dove per diciassette minuti viene mostrato un caloroso amplesso, il commento dell’attrice all’intervistatrice che insisteva sul fatto dei diciassette minuti di visione: “si ma non si vedeva nulla di ciò che non si doveva vedere”.

Evidentemente ciò che c’è di più naturale, semplice e puro, il nostro corpo, è l’unica cosa che non può essere interamente mostrata.

Per millenni l’uomo ha vissuto nella nudità, si è vestito solo a seguito della sua migrazione in zone meno calde o per proteggersi, durante la caccia, dall’urto contro le vegetazione. In seguito, però, per altri millenni ha continuato a portare la nudità senza averne vergogna, ancora in tempi recenti sono stati individuati, in zone recondite del pianeta, nuclei di persone che vivevano nudi (e non parlo delle comunità nudiste). Solo quando nascono le religioni monoteiste essa diviene qualcosa di sporco, di immondo, di impuro, un peccato, una ragione del diavolo tentatore. Per qualche secolo, in ogni caso, il vestiario non diviene una questione di stato, cosa che succede molto recentemente e da quel momento, nonostante tutto, nonostante la disinibizione sessuale, nonostante si inizi a parlare liberamente di sesso, il nudo diviene e resta una cosa, l’unica cosa, assolutamente proibita (quasi) ovunque.

Le armi messe in campo per riuscire a convincere le persone a non spogliarsi sono tante, prima quella religiosa (il nudo è peccato), poi quella sociale (il nudo non è conforme), infine quella legale (il nudo offende la moralità). Attraverso queste armi se ne inducono altre, quelle viste ad inizio articolo, armi subdole, armi applicate in contesti diversi dove in modo subliminale, quindi più efficace, si passa il messaggio della inadeguatezza dei genitali e delle mammelle. Ecco perché, tra tutte le cose che sono cambiate, il nudo resta l’unica cosa che non cambia. Per cambiare la visione del nudo, quindi, non basta sperare nel superamento delle limitazioni religiose (già superate quelle del sesso eppure non quella del nudo), nel cambiamento sociale (moltissimi ormai non vedono con vergogna la nudità propria o altrui eppure, pochissimi vivono nel nudo) e nell’abbattimento delle barriere legali (alcune nazioni dimostrano che anche in assenza di leggi, Germania, o addirittura in presenza di una legge che indica il nudo come lecito ovunque, Spagna, restano relativamente pochi coloro che il nudo lo praticano come costante di vita e relativamente molti quelli che potrebbero sollevare opposizione), occorre un forte coinvolgimento del maggior numero possibile di coloro che (ancora) non vedono la nudità come una opzione di vita quotidiana, occorre una forte campagna divulgativa che coinvolga anche i canali radiotelevisivi (interviste, documentari, pubblicità che parlino specificatamente di nudo), occorre tanto esempio pratico (con la dovuta accortezza circolare nudi anche fuori dai luoghi appositamente dedicati al nudo, evitare di censurare i propri video Youtube visto che permette il nudo se dichiarato, formulando ipotesi di prenotazione chiedere informazioni sul nudismo alle strutture turistiche e alberghiere), occorre il superamento della paura da parte di chi già vive le nudità come aspetto personale e sociale di norma (non nascondersi, parlarne, praticare anche in Italia, inviare auguri usando le proprie foto di nudismo), occorre annullare le limitazioni presenti nei luoghi nudisti (divieto all’uso degli apparecchi fotografici, no singoli, no minori, obbligo alla nudità; in sostanza non ci dev’essere differenza con ogni altro luogo, in una spiaggia tessile nessuno si preoccupa d’essere fotografato o ripreso come dimostrano moltissimi video su Youtube, nessuno si preoccupa se un uomo cammina solo tra la gente, eccetera: non può essere visto come normale qualcosa che si autoproclama come diverso), ma soprattutto occorre qualcosa che utilizzi le stesse armi subliminali usate da chi vuole mantenere la vergogna del nudo: telefilm, documentari, trasmissioni che parlando di altro vi infilano il nudo (ovviamente senza citarlo nello specifico altrimenti il subliminale salta).

Non ci sono più scuse


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Molte le scuse che da chi già non è nudista vengono addotte per rifiutare di spogliarsi, la più tipica è che sia molto difficile farlo e a poco valgono le rassicurazione dei nudisti di turno. Ormai, però, centinaia sono le dimostrazioni di quanto sia facile farlo messe in gioco da parte di non nudisti, pertanto non opinabili: articoli su blog e video su Youtube, in calce ne metto uno che fra i tanti ho trovato il più significativo.

Carissimi non nudisti, non avete più scuse, dovete assolutamente provarci!

Basta con il vittimismo


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In questa società molto portata allo scarica barile anche coloro che hanno fatto una scelta controcorrente, che hanno abbracciato un modo di vivere non conforme allo standard corrente, anzi all’imposizione imperante da qualche secolo, e che, pertanto, ci si aspetterebbe di vedersi comportare in modo diverso, ovvero i nudisti (o naturisti come alcuni preferiscono definirsi), alla fine spesso finiscono nel vittimismo: dare la colpa a coloro che stanno vestiti (tessili in gergo) di tutte le difficoltà che incontrano per potersi tranquillamente spogliare.

Certo i tessili incidono, ad oggi negativamente, sulla questione, ma non è tutta colpa loro se:

  • ci sono nudisti che hanno (e trasmettono) vergogna a parlare di nudo;
  • ci sono nudisti che hanno paura a manifestarsi come tali;
  • ci sono nudisti che odiano la parola nudismo e si nascondono dietro quella di naturismo;
  • ci sono nudisti che alla nascita del primo figlio, o negli anni a seguire, smettono di stare nudi perché “ai figli non si deve imporre la nudità” (ma si possono imporre i vestiti, la scuola, la religione, il regime alimentare, la casa e via dicendo);
  • ci sono nudisti che si vestono quando a casa loro hanno ospiti, talvolta persino quando anche questi ultimi sono nudisti;
  • ci sono nudisti che in spiaggia (o altro luogo pubblico, anche nudista) si rivestono se arriva qualcuno vestito;
  • ci sono nudisti che rifiutano di spogliarsi fuori dai ghetti (non si possono in altro modo definire i luoghi dedicati al nudismo quando per praticarlo in piena tranquillità ti devi obbligatoriamente rinchiudere dentro i loro prestabiliti, rigidi, ben segnalati e spesso mascherati confini);
  • ci sono nudisti che praticano solo all’estero “così cono sicuro che non incontro qualcuno che mi consoce” (già ma se vi incontrate in un luogo nudista non è che anche l’altro è nudista)
  • ci sono nudisti che nelle strutture nudiste e senza obbligo alcuno si vestono la sera, negli spostamenti, al bar, al ristorante, nello spaccio e via dicendo (visto io stesso in più occasioni e anche in Francia, secondo alcuni regina del nudismo, ad opera di francesi che secondo alcuni sarebbero il popolo nudista per eccellenza);
  • le strutture nudiste hanno una limitata affluenza (se i numeri sono bassi e le regole sono quelle attuali, con obbligo di tesseramento e vari divieti più o meno assurdi e malvisti dai giovani, non può essere diversamente);
  • i titolari delle strutture nudiste, che, come tutti, devono pur sopravvivere, finiscono col concedere ai tessili l’accesso alla struttura;
  • le strutture nudiste o miste prima rimuovono l’obbligo della nudità poi si convertono al tessile.

Statisticamente i tessili oppositivi sono pochi nel computo generale italiano, diversi nel computo generale mondiale, anche numerosi in quello specifico degli stati e delle regioni, ma comunque alla fine una minoranza. La maggioranza dei tessili è indifferente al nudo, il problema è che noi nudisti non riusciamo a portarli dalla nostra parte o, quantomeno, a farli diventare nostri palesi alleati. Posso garantire che è possibile farlo: io, nell’ ambito di una non piccola comunità montana, c’ero riuscito, poi le reti sociali con cui avevo operato mi hanno cacciato e ho perso quei contatti, ma quanto costruito rimane e continua a dare i suoi frutti.

Ecco, i problemi del nudismo non sono colpa solo dei tessili bensì anche dei nudisti stessi, così bisogna darsi tutti una mossa, c’è chi lo sta già facendo ma si trova poco e male supportato vedendo così i suoi sforzi in buona parte andare a vuoto. Nudisti, uscite allo scoperto, parlatene, fate proselitismo (a dispetto di quanto alcuni sostengono non è una brutta cosa, lo fanno tutte le comunità e senza di esso ogni movimento è destinato all’esaurimento), non rinunciate alla prima difficoltà, imponetevi, insomma smettetela di fare le vittime, uscite dall’oscurità, smettetela di restare amorfi e passate, con la moderazione di caso in caso consigliabile, all’azione.

Ah, e basta col supportare o addirittura proporre leggi castriste (già ci vogliono anni per averne una da zero, poi diventano secoli per modificare l’esistente), la legge, se proprio se ne vuole una (in Italia purtroppo bisogna legiferare su ogni cosa, anche quando basterebbe un minimo di logica), può essere una sola: il nudo ovunque praticato è pienamente lecito.

Grazie!

Vogliono farsi vedere nudi, ma il motivo è ben diverso da quello che alcuni affermano


Si, chi preferisce fare a meno dei vestiti spesso cerca di farlo anche fuori dagli specifici contesti nudisti, molti, addirittura, vogliono essere visti nudi. La motivazione, però, salvo casi eccezionali e che nulla hanno a che vedere con il nudismo, non è l’esibizionismo. La vera motivazione si collega alla corrente situazione legislativa e sociale: pochi al mondo sono i paesi dove la nudità è considerata normale e può essere adottata pressoché ovunque, negli altri, essendo rari i luoghi (ghetti, allo stato corrente delle cose) dove la nudità è ufficialmente o ufficiosamente praticabile, tutti sono costretti a stare quasi sempre vestiti, anche quando la situazione climatica lo rende assai doloroso e frustante. Qualcuno è tanto infarcito di convenzioni da accettare silenziosamente tale sofferenza (perchè è innegabile che soffra), altri, per varie ragioni ma principalmente perchè considerata cosa proibita o inattuabile, esiliano l’idea del mettersi nudi nei più reconditi mendri del proprio cervello, qualcuno fa buon viso a cattiva sortee si autoconvince che gli basti stare nudo in casa e nelle poche occasioni di vacanza, infine c’è chi, invece, avendo una maggiore sensibilità personale e sociale non riesce a darsi pace e lavora ai fini della rinormalizzazione del nudo. Tale rinormalizzizone, però, data la corrente insulsa e antidemocratica cecità istituzionale e giuridica, richiede grandi numeri di praticanti o, quantomeno, di persone disposte a sostenere la questione. Per ottenere questo è necessario educare al nudo, le parole purtroppo in questo caso servono a ben poco ed ecco quindi, pur entro certi limiti dettati dalla regnante ipocrisia sociale, il farsi vedere nudi quanto più possibile: emulando quanto avvenuto per altre questioni sociali, forzare un poco la mano all’evoluzione sociale con la speranza che l’esempio possa, come spesso accade, indurre l’opportuno cambiamento.

Naturismo, nudismo, nudo, quale termine?


Visto che ancor sento utilizzare queste parole in modo inopportuno, dato che ancora troppi si vergognano di parlare di nudo e nudismo e allora usano impropriamente la parola naturismo, essendo che queste due abitudini condizionano negativamente la rinormalizzazione del nudo, ecco per via di queste fastidiose osservazioni stavo per scrivere un articolo sull’uso delle parole naturismo e nudismo, ma mentre mi accingevo a scrivere mi sono ricordato di averlo già scritto e così, dopo averlo letto trovandolo tuttora molto attuale e valido e rilevando che già conteneva tutto quello che stavo per scrivere, invece di proporre un clone rimetto in evidenza quello che già avevo scritto.

Mondo Nudo

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Il lessico è avulso alla volontà di differenziare, ovvero alla tanta temuta e deprecata etichetizzazione delle cose e delle persone: le parole non hanno volontà, la volontà è propria delle persone e sono queste ultime, caso mai, a dare etichette e attraverso queste compiere atti di differenziazione e discriminazione.

Il lessico è questione tutt’altro che accademica: attraverso il lessico possiamo comprenderci, possiamo trasmettere messaggi comprensibili, fare in modo che gli altri possano capire con precisione quello che vogliamo dire. Insomma, attraverso il lessico comunichiamo e:

  • un lessico errato comporta una comunicazione fallimentare;
  • per una comunicazione efficiente è necessario usare un lessico corretto.

Ai fini della corretta comunicazione usare le parole corrette è, quindi, una necessità irrinunciabile: ve lo immaginate un mondo senza parole, o un mondo dove ognuno dia il significato che vuole alle parole che utilizza?

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Nell’ambito del nudo…

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VIVERE NUDI


Praticità

Salute

Ecologia

Rispetto

Tranquillità

Socialità

Empatia

Inclusione

Di tutto di più contro la nudità sociale, ma…


Quanto segue è una non mediata raccolta di affermazioni relative al nudismo. Per qaunto in alcuni casi possa sembrare incredibile, sono tutte reali, cioè le ho io stesso sentite pronunciare o le ho personalmente lette sui forum e sulle reti sociali. Per ognuna ho inserito un mio commento, non tanto per rispondere alle palesi falsità o alle stupide offese, non ce n’è bisogno, ma per aiutare chi non è nudista a comprendere la realtà del nudismo e chi è nudista a rafforzarsi nella propria verità.

Bella immagine di felicità, ma dovevano essere vestiti.

Si tratta di un commento su Youtube al video di una mamma che, coperta dall’acqua fin quasi alle spalle, danza nella piscina di un villaggio nudista tenendo in braccio la figlia.

Perchè mai dovevano essere vestiti? Evidente la volontà di non accettare l’evidenza (il nudo rende felici genitori e figli di certo quanto ma magari anche più dei vestiti) o/e di trovare a tutti i costi qualcosa da ridire.

Poveri bambini costretti a vedere tutti quei cosi ciondolanti.

Altro commento su Youtube a un video su una festa nudista, ma ne ho letti altri anche sulle reti sociali.

Il fatto di usare termini aspecifici per fare riferimento al pene o alle mammelle la dice lunga sul cattivo rapporto che ha costui e hanno costoro con il corpo proprio e altrui, detto questo è facile osservare che i bambini, finché non vengono diversamente e forzatamente condizionati dai genitori, si trovano a loro pieno agio nella nudità e proprio non badano alla nudità altrui, ivi comprese le parti ciondolanti.

I documentari sugli animali sono sempre istruttivi.

Commento a un video che illustra un villaggio nudista francese e che vorrebbe chiaramente risultare offensivo verso i nudisti, mentre dimostra solo l’ignoranza di chi l’ha scritto o di chi la pensa allo stesso modo.

Evidentemente costui si crede un vegetale o un minerale, oppure, più probabilmente, ha studiato poco o nulla le scienze naturali: in natura esistono solo tre regni (animale, vegetale e minerale) e gli esseri umani, volenti o nolenti, nudi o vestiti che siano, appartengono al regno animale.

I vecchi, i ciccioni, i brutti dovrebbero avere la decenza di stare vestiti.

Ho raggruppato vari commenti in uno solo.

Affermazione discriminatoria generata da una visione sesso centrica del corpo (tramite le reti sociali è abbastanza facile appurare che costoro siano abituali frequentatori dei siti pornografici) e palese l’intenzione di offendere chi pratica il nudismo. Le due cose portano a suggerire a costoro innanzitutto di applicare a se stessi la decenza (pornografia e offese sono sempre indecenti, stare nudi no) e poi di regalarsi una lunga e altamente istruttiva, nonchè salubre, immersione nel nudo sociale.

Le spiagge nudiste attirano guardoni.

Vero, ma non per volontà dei nudisti che, al contrario, li allontanano. Per altro i guardoni sono presenti anche in luoghi frequentati solo da persone in costume da bagno o vestite dove spesso nessuno li allontana. Bisogna però chiedersi cosa ha generato le turbe sessuali che spingono alcune persone a diventare guardoni ed è facile capire che sono stati i tabù del corpo. L’esposizione alla nudità, annullando tali tabù e rieducando alla corretta sessualità, porterà inevitabilmente alla sparizione (guarigione) dei guardoni.

I nudisti sono per metà esibizionisti e per metà guardoni.

Assolutamente falso dato che in un ambito dove tutti sono completamente nudi si vede ma, inevitabilmente, non si guarda e dove nessuno guarda l’esibizionista si sente fuori posto e si allontana, o perde la sua tendenza esibizionistica: il nudismo è medicina per questi e altri mali sociali.

Tutti scambisti.

Innanzitutto l’utilizzo di “tutti” è sempre sbagliato: tutti non li puoi conoscere. Detto questo, inutile negarlo, vero che anche tra i nudisti ci sono scambisti e che alcuni scambisti amano la nudità sociale, d’altro canto non tutti gli scambisti sono nudisti. Per altro gli scambisti sono ovunque, magari anche tra i vostri colleghi, amici o famigliari.

Pervertiti e pedofili.

Sinceramente questi sono molto più numerosi fuori dagli ambiti nudisti: il nudismo è prevenzione e cura delle devianze sessuali.

Quelli che ce l'hanno corto possono fare a meno di mostrarlo, nessuna se li fila.

Visione sessocentrica e, comunque, non ci si mette nudi per trovare compagnia sessuale.

La gente scappa da quel posto per colpa dei nudisti.

Classica scusa addotta, anche dalle istituzioni, per agire contro il nudismo; viene però sconfessata dall’alto numero di presenze vestite nei luoghi dove i vestiti sono facoltativi e anche nelle spiagge nudiste pubbliche: essendo, per legge, aperte a tutti tantissimi sono i non nudisti che, senza nessunissimo problema, vi transitarvi o vi si fermano.

Maledetti nudisti, m'impediscono di frequentare quella spiaggia che a me piace tanto.

Nei luoghi nudisti privati, villaggi e qualche spiaggia, come meccanismo di autoprotezione e autodifesa dalla forzata e talvolta violenta invasione dei vestiti, spesso vige l’obbligo alla nudità e questo in effetti risuona come una limitazione d’uso a chi nudo non vuole stare, ma la stragrande maggioranza delle spiagge nudiste pubbliche, ufficiali o no, è liberamente fruibile da chiunque, nudo o vestito che sia. Consideriamo anche che i luoghi nudisti sono molto pochi e sempre di limitata estensione, chi non vuole stare nudo o non vuole vedere persone nude ha, ovunque, a disposizione una grande estensione di spiagge e di territorio. La vera limitazione della libertà personale è che, con un trattamento “due pesi, due misure”, il nudo non è ammesso o è addirittura palesemente vietato fuori dai luoghi ad esso specificatamente dedicati. Appare così chiaro essere vero il contrario di quanto espresso dall’affermazioe in esame: per colpa dei non nudisti la stragrande maggioranza del territorio risulta indisponibile a chi vuole starsene tranquillamente, semplicemente e salubremente nudo.

Per colpa dei nudisti non posso portare i miei figli in quella spiaggia.

Già detto, i bambini non hanno nessunissimo problema con la nudità, casomai sono i genitori ad averne, ad aver timore che i figli possano desiderare di mettersi a loro volta nudi (estremamente probabile per bimbi sotto i sei anni), ad aver paura di eventuali domande scomode da parte dei figli.

Vergogna, mostrare il proprio corpo ad altri.

Ci rendiamo conto di dove alcune correnti di pensiero ci hanno portati? Aver vergogna del proprio naturale corpo? Vergogna, piuttosto, di aver vergogna del corpo.

Ci sono stati nudisti, non posso più andarci io.

Perché? Qual’è il problema?

Mi dovete pagare pulizie supplementari: dovrò pulire a vapore tavoli, sedie e pavimenti, lavare più volte le tovaglie.

Richiesta che mi è stata fatta da un ristoratore quando gli ho chiesto se ci concedeva la sala per una cena nudista: chissà cosa pensava facessimo! In ogni caso, il corpo nudo è sicuramente più pulito e igienico dei vestiti, non sono necessarie pulizie straordinarie.

Mi fate scappare i clienti.

Questione tutta da provare, stando alle esperienze fatte nessuno dei locali che ci ha accolto o che ha accolto altri nudisti ha poi dovuto lamentare un calo di presenze, anzi, ha trovato nuova clientela nei nudisti che sono tornati anche da vestiti.

Questo è un luogo di cultura non potete mettervi nudi.

Frase che ci è stata rivolta come motivazione per negarci la nudità durante una nostra esclusiva visita a un museo. Invero, come testimoniato dai sempre più numerosi eventi nudisti tenuti presso musei o teatri, la nudità è cultura: la cultura di un sano rapporto con il corpo.

Questo è un luogo sacro bisogna dargli rispetto.

Affermazione che si trova sempre più spesso appesa fuori da chiese e santuari con evidente riferimento alle minigonne, ai top, ai torsi nudi, figuriamoci cosa potrebbe succedere per un nudo integrale. Questi parroci dimenticano la sacralità del corpo che fa peccato del suo celare non del suo mostrare, dimenticano che Gesù si mise nudo per farsi battezzare e che, per molti secoli, il battezzo si faceva stando nudi, dimenticano che la nudità era, e sarebbe ancora, forma di devozione e rispetto (vedi episodio di San Francesco), trascurano le tante statue e i tanti dipinti presenti nelle chiese dove domina la nudità.

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Gli verranno tette e scroto flaccidi.

Mi spiace dirvelo ma vengono anche stando vestiti.

Non è igienico.

Tutt’altro, è molto più igienico che stare vestiti e lo hanno dimostrato vari studi scientifici.

Che fastidio la sabbia dappertutto.

Invero da nudi la sabbia, non compressa e strisciata dal costume, non provoca assolutamente nessun fastidio. Poi asciuga molto più rapidamente e, quindi, resta attaccata alla pelle per molto meno tempo.

Ti si infila la sabbia negli orifizi.

Questo può succedere solo per bocca, occhi, orecchie e naso, che sono scoperti anche per i non nudisti. Nell’ano, nell’uretra e nella vagina la sabbia può arrivarci solo se ve la si spinge dentro a forza, e questo è caso mai provocato dalla pressione del costume.

Dulcis in fundo, l’affermazione più balzana che abbia letto. Giuro, letta su Youtube a commento di un video su un villaggio nudista nell’ interno della Francia che ha la spiaggia lungo un fiume, ma letto e sentito anche in altre occasioni….

A fare il bagno nudi gli si infilano pesciolini, serpentelli e vermi su per la fica e l'ano.

Ma dai, non è possibile credere a cose di questo tipo: narici, orecchie, occhi e, orifizio più grande in assoluto, bocca sono decisamente più accessibili e in posizione meno protetta eppure non ricevono tali sgradite visite.

Sconvolgente rivelazione


Eh si, vi devo dare una notizia sconvolgente, l’affermazione che dagli oppositori viene usata per screditarli, per convincere le persone ad averne ribrezzo e per istigare le istituzioni a contrastarne l’esistenza è assolutamente vera: i nudisti fanno sesso.

Toh, guarda, evidentemente per costoro i non nudisti sono tutti e tutte casti e caste vergini? Eh, no, non è così, altrimenti ci saremmo estinti da secoli, non esisterebbero gli articoli e le consulenze sessuali, non ci sarebbero prostituzione, riviste di sesso e siti pornografici.

Emanuele, guarda che ad essere puri verginelli e verginelle sono quelli e quelle che con tale argomento danno addosso ai nudisti! Uhm, ne siamo sicuri? Qui è forse meno semplice dimostrare il contrario, però è quantomeno probabile che in maggioranza non lo siano: molti degli oppositori (ne conosco alcuni dal vivo e altri ho avuto modo di conoscerli tramite le reti sociali) hanno figli e i figli, salvo non siate ancora convinti che vengono portati dalla cicogna, derivano dalla copulazione che, penso siate tutti d’accordo, è atto sessuale.

Beh, qualcuno osserverà, con quella frase intendono dire che i nudisti sono dedidi al libertinaggio sessuale, ovvero si intende che fanno sesso in pubblico, con forme esibizionistiche e praticando lo scambismo. Uhm, innegabile che i luoghi nudisti siano talvolta frequentati da persone dedite al libertinaggio sessuale, così come del resto succede, in maggiore misura, in ogni altro luogo del pianeta, ma come fanno i nostri oppositori a saperlo? Sono forse loro stessi abituali frequentatori di luoghi nudisti e se si perché li frequentano? Che forse sono essi stessi a essere quei guardoni o quegli smanettatori o quegli scambisti che usano come arma per denigrare i nudisti? La loro è magari solo una ritorsione per essere stati cacciati (eh, si perché è questo che succede a tali personaggi) dai luoghi nudisti?

Qui possiamo fare solo ipotesi, comunque è certo che alcuni, con lo scopo di difendere la loro obsoleta mentalità e/o il loro brutto rapporto con il corpo, mentano spudoratamente e altri, per la stessa ragione, vadano a ruota parlando solo per sentito dire. Però in effetti, per quanto detto sopra, in qualche caso potrebbero anche parlare per esperienza diretta: il nudismo è parte della società di conseguenza ne raccoglie in debita percentuale parte delle abitudini, ovvero una certa percentuale di esibizionisti e scambisti sono anche nudisti e viceversa. Eh, si, magari non si sono accorti che inibizione sessuale, esibizionismo e scambismo sono presenti in società distintamente dal nudismo: i numeri del libertinaggio sessuale vanno ben oltre i numeri del nudismo e le strutture appositamente create per ospitare guardoni, esibizionisti e scambisti sono ben più numerose di quelle dedicate al nudismo. D’altra parte, come è facile verificare attraverso le reti sociali, alcuni degli oppositori al nudismo sono frequentatori di ambienti pornografici e/o (qui mi rifaccio anche a conoscenze personali) si pronunciano spesso in commenti entusiastici sotto i post e le foto (queste si esibizionistiche) che mostrano sederi, mammelle e peni coperti, si fa per dire, da attillatissimi e sottilissimi tessuti.

Insomma, prima di (s)parlare è sempre bene conoscere ciò di cui si vuole parlare, è sempre opportuno accertarsi di non avere scheletri nel cassetto, è sempre necessario chiedersi se le cose sentite siano vere o quale reale impatto abbiano sulla società e prima di dare credito a chi sparla chiedersi sempre perché lo faccia, chi esso sia, quali interessi abbia, se siano o meno affidabile.

La verità sulla promozione del nudo, in Italia e non solo


Premessa

Quanto segue deriva da anni e anni di lettura di forum e di reti sociali, dall’aver letto e sentito migliaia di lamentele verso la mancanza di opportunità per stare nudi, dall’aver letto messaggi di nudisti contrari alle immagini di nudo, dall’analisi puntuale della situazione, dal confronto pseudo statistico tra i numeri delle parti in gioco, il tutto mediato da vent’anni di nudismo attivo, partecipativo e propositivo.

Certo la libertà d’azione e di pensiero è diritto naturale di ogni persona, d’altra parte bisogna anche avere coscienza che, in un mondo sociale il nostro pensiero e il nostro agire, volenti o nolenti, trasmettono messaggi e, quindi, determinano risposte. La comunicazione corretta e vantaggiosa è solo quella che si preoccupa di gestire non solo i messaggi ma anche le risposte.


Non è vero che in Italia la legge è contro il nudismo, casomai esiste un vuoto legislativo e nel vuoto ci si può navigare comodamente (purtroppo persiste una ottusa convenzione giuridica oppostiva, ma molte, comunque, sono le sentenze a favore della nudità pubblica).

Non c’è vera opposizione alla nudità sociale, più che altro ci sono nudisti paranoici che vedono opposizione ovunque.

Le reazioni di chi, girando la curva di un sentiero o lo spigolo di una rupe, si trova davanti qualcuno nudo sono assolutamente comprensibili e, per il novantanove per cento delle volte, sono solo reazioni di stupore, non di fastidio o di opposizione, tant’è che durano giusto un attimo e si risolvono in pacifica indifferenza o, addirittura, in domande interessate: al momento non è comune vedere persone nude fuori dagli specifici contesti nudisti.

Non mancano le opportunità di stare nudi, mancano le persone che vogliano sfruttarle a pieno.

Non è pensabile che le persone si spoglino quando gli si ventila loro conseguenze nefaste come il dover vivere nella vergogna o addirittura nella paura.

I principali nemici della nudità sociale sono quei nudisti che professano una nudità nascosta e silenziosa.

Non sono corretti, ma (comprensibilmente) sottomessi (e negativamente timorosi) quei nudisti che all’arrivo di altri si rivestono ancor prima che questi altri abbiano manifestato fastidio.

Professare lo spogliarsi solo all’interno dei villaggi all’uopo dedicati ha come unico effetto quello di rinforzare l’idea che il nudo sia cosa sporca assolutamente da chiudere in opportuni recinti.

Appoggiare l’oscuramento delle aree nudiste da sostegno a chi afferma che queste siano solo dei luoghi di svago sessuale, tali e quali ai club privè del sesso.

Insensato che, da nudisti, anche quando la situazione consente una nudità agevole si debba sentire il bisogno di vestirsi, vedi ad esempio in un villaggio nudista lo spostarsi dalla tenda alla spiaggia, il passare la sera d’innanzi alla propria casetta, il ballare tutti insieme, eccetera.

Il nudismo può essere compreso solo spogliandosi in un contesto sociale.

Pretendere la nudità obbligatoria nei villaggi nudisti nega a molti la possibilità di capire e spogliarsi.

Pretendere anche nei luoghi nudisti non privati la nudità obbligatoria provoca solo la rivalsa di chi, da non nudista, vorrebbe comunque poter frequentare quei luoghi (spesso sono i più belli di una costiera o di un fiume o di un torrente o di una montagna).

La nudità non sarà mai vista come normale finché negli ambienti nudi saranno imposte limitazioni comportamentali aggiuntive a quelle esistenti negli ambienti vestiti, ad esempio (e prima fra tutte visto che è cosa fortemente desiderata da chiunque vada in vacanza o a fare una gita) il divieto di fare fotografie e riprese video.

Impossibile trasmettere un valido messaggio nudista senza usare immagini di nudo.

Per avere bisogna dare: non è la silenziosa sottomissione che ci può portare rispetto, bensì la rumorosa manifestazione di presenza, di diritto e… si, anche di pacifica ribellione.

Il nudismo può crescere solo se…


Diciamocelo apertamente, affinché un movimento, qualsiasi esso sia, possa crescere è necessario che nessuno si vergogni di farne parte, che nessuno ne nasconda l’appartenenza, che tutti gli appartenenti ne siano, direttamente o indirettamente, dei divulgatori. Non c’è verso, la rinormalizzazione del nudo mai verrà perseguita se gli stessi che già l’hanno guadagnata tengono, come succede troppo frequentemente, comportamenti controproducenti:

  1. non ne parlo;
  2. non lo comunico a nessuno, nemmeno a familiari, parenti e amici stretti;
  3. lo pratico solo nei villaggi nudisti o, quantomeno, nei luoghi all’uopo allestiti e ufficialmente riconosciuti;
  4. lo pratico solo all’estero;
  5. sono sempre guardingo;
  6. mi rivesto non appena appare l’ombra di qualcuno, anche se costui si è già accorto che sono nudo;
  7. non voglio apparire nelle foto (salvo poi piazzarsi sempre nel mezzo dei gruppi).

Questi e altri sono tutti messaggi che portano chi li percepisce a dirsi: “perché devo mettermi nudo se poi devo vergognarmene o devo vivere nella costante paura?”

Signori naturisti e nudisti, invece di lamentarsi, invece di dare colpa ai tessili e alle istituzioni, dovete cambiare voi, bisogna mettersi in gioco, tutti nessuno escluso. Certo con (non troppo) oculata moderazione, con (non eccessivamente) cauta progressività, ma bisogna tutti uscire allo scoperto, bisogna tutti aggredire la società, bisogna tutti manifestare il proprio orgoglioso diritto alla normalità.

Non c’è altro modo!

A tutti i costi nudo?


Sarà l’età, sarà che già devo soffrire ogni volta che esco ad allenarmi, sarà la ridotta presenza di massa grassa, fatto sta che, a differenza di altri, nudo mi ci metto solo quando posso starci confortevolmente: che senso ha avere la pelle d’oca, sopportare il tremore del freddo, accettare la sofferenza personale e le nefaste conseguenze sulla salute solo per mettersi nudi anche quando sarebbe meglio non farlo?

Se la questione si fermasse qui, tutto sommato sarebbe inutile farcene un articolo, però ci sono altre considerazioni da fare, considerazioni che ci portano dal libero arbitrio alla comunicazione sociale, creando un discorso importante.

Il voler stare nudi a tutti i costi appare (ed è) un irrefrenabile desiderio che, giorno dopo giorno, mina la nostra salute psichica e, alla fine, sconfina nella fobia (per i vestiti), nell’atteggiamento compulsivo e persino nella psicosi. Già al primo livello, quello dell’irrefrenabile desiderio, l’alterazione comportamentale si percepisce benissimo, la percepiscono tutti coloro che stanno attorno, tutti coloro che, anche per breve tempo, passano vicino e la conseguenza è la comunicazione di un messaggio tutt’altro che favorevole alla rinormalizzazione del corpo e della sua nudità.

Per invogliare le persone a provare la nudità sociale, per convincere la società che il nudo è normale, per indurre le istituzioni a interrompere la loro fobia per il nudo, per pervenire a una rinormalizzazione sociale che permetta a chi lo desidera di vivere nella nudità ovunque e ogni qual volta le temperture lo consantano, il nudo è necessario viverlo in modo normale e non è normale mettersi nudi ad ogni costo!

Rinormalizza il mondo


Quando un’attività è considerata normale? Semplice, quando c’è, si fa e si mostra senza che nessuno senta l’esigenza di citarla specificatamente e continuamente, in pratica quando viene ignorata da chiunque ne venga a contatto.

Per rinormalizzare l’esposizione del corpo nudo bisogna portare e mostrare la nudità senza espressamente citarla di continuo.

Ecco che…

Non esiste l’escursionismo nudo o nudista o naturista, esiste l’escursionismo e stop! Stesso dicasi per la ginnastica, le feste, il lavoro, insomma per ogni altra nostra attività.

Non esistono le spiagge nude o nudiste o naturiste, esistono le spiagge e stop! Stesso dicasi per le piscine, le palestre, i ristoranti, le saune, insomma per ogni altra struttura.

Anche e soprattutto da qui deve passare la rinormalizzazione del corpo!

#rinormalizzailmondo





Naturismo: storia completa alias quello che pochi dicono (e sanno)


Da sempre ne parlo, purtroppo inascoltato persino dagli amici più vicini, finanche da coloro che partecipano alle mie attività di VivAlpe. Però sapevo esserci in giro almeno un documento che potesse dare sostegno alla mia idea, del resto mica nata per caso ma leggendo, ma non lo trovavo.

Ora l’ho trovato: è l’articolo sul blog di una persona che da tempo conosco ma con la quale, dopo la mia cacciata da Facebook, avevo perso i contatti: Nico Valerio, scrittore e voce estremamente competente nel settore, vedi la sua biografia su Wikipedia.

L’articolo è lungo, la parte che riguarda espressamente il mio discorso è l’ultimo terzo (da –QUANTI FINTI “NATURISTI”, IN REALTÀ SOLO NUDISTI !– in avanti), ma consiglio vivamente di leggere anche i primi due terzi che vi daranno la conoscenza completa sul vero Naturismo, quello storico e antico, ben diverso da quello attualmente pubblicizzato e venduto. Ci troverete i motivi etimologico-culturali per i quali da sempre preferisco definirmi nudista invece che naturista (quelli socio-comunicativi se mi avete letto con attenzione dovreste conoscerli ormai bene, altrimenti vedete qui).

Scritto nel 2008 nella parte relativa al naturismo come oggi inteso (l’ultimo terzo) ci sono affermazioni su situazioni che invero sono nel frattempo in parte cambiate (alcune in meglio), ma questo nulla toglie alla qualità del testo.

Nico Valerio
"NATURISMO. Storia del movimento che ha inventato la vita sana e la Natura."

Rieducare al nudo? Ci vogliono le parole giuste!


Si potrebbero vendere lavatrici facendo pubblicità al sapone? Direi proprio di no.

Così non è possibile rieducare alla nudità parlando di naturismo, certo il naturismo contempla il nudo ma non è un suo sinonimo (l’idea originaria di Naturismo risale al Romanticismo e non contemplava la nudità, che è stata inserita solo di recente, per altro come aspetto rilevante ma non dominante).

Sarebbe corretto attribuire all’auto i pregi derivanti dai pneumatici montati? Certo che no.

Così non è corretto attribuire al naturismo i tanti positivi effetti della nudità, siano essi individuali che sociali.

Parlando con se stessi o con chi già partecipa al naturismo e al nudismo si utilizzi pure il termine preferito per definire il proprio stile di vita, il proprio pensiero, la propria visione, ma se si vuole rieducare la società al nudo è necessario comunicare usando le parole giuste (e il più chiare possibile): nudismo, ma soprattutto (e meglio) nudo e nudità!

Naturismo, nudismo e paure


Non è un’esclusiva del naturismo, ovviamente, ma è in questo contesto che, nonostante qualcosa stia cambiando, si rileva più forte e presente la tendenza a farsi dominare dalla paura, in particolare dalla paura di osare: l’ostinazione a usare una parola (talvolta appropriata ma spesso no) che fa pensare alla natura (naturismo) e non al nudo (nudismo), l’ostinazione ad accettare l’esilio in piccole isole di spazio, l’ostinazione a giustificare e sopportare recinti e limitazioni, l’ostinazione a vedere impedimenti legislativi anche dove invero ci sono solo convenzioni giuridiche e sociali (e le convenzioni cambiano, si possono cambiare, si devono far evolvere), l’ostinazione a preoccuparsi dei pochi che manifestano fastidio ignorando i tanti che si dimostrano indifferenti (ovvero ben disposti a condividere gli spazi e gli ambienti con chi è nudo), l’ostinazione ad attendere che siano gli altri a cambiare opinione sul nudo, l’ostinazione ad addebitare ad altri le difficoltà di accettazione del nudo.

“Il naturismo è rispetto degli altri” è scritto nella sua definizione, si certo, ma quando gli altri non rispettano te, quando gli altri si oppongono alla manifestazione dei tuoi diritti, quando gli altri seppur pochi pretendono che sia tu ad adeguarti alle loro vergogne, quando gli altri impongono alla società la loro malattia, beh, allora forse è opportuno reagire: il rispetto dev’essere bidirezionale, altrimenti non funziona.

Non esiste cambiamento sociale senza pressioni, senza forzature, senza discesa in campo dei diretti interessati, senza… coraggio!

Un falso problema


Chi non vive la realtà del nudo sociale ha talvolta un dubbio che, appena possibile, si trasforma in una domanda: “e se ho un’erezione spontanea?” Similare questione, scorrendo nelle reti sociali e sui blog, appare essere un argomento alquanto dibattuto anche tra coloro che si dicono nudisti o naturisti.

Se per i primi ci può stare, per i secondi mi sovviene il dubbio che, invero, frequentino ben poco l’ambito realmente nudista o abbiano delle perversioni o stiano solo cercando una scusa per pubblicare fotografie di peni eretti: in vent’anni di nudo sociale portato in vari contesti, da quelli espressamente nudisti a quelli di abbigliamento facoltativo, dai raduni con diverse centinaia di persone a quelli di poche persone, dalle spiagge alle escursioni in montagna, dalle saune alle cene o pranzi, e via dicendo mai, e ribadisco mai, mi è capitato di vedere un’erezione, MAI!

P.S.
Qualcuno a questo punto sarà subito pronto a rilevare la cosa, quindi diciamolo ben chiaro… Le pubbliche erezioni non spontanee sono state escluse dal contesto in quanto appartengono ad ambienti e ambiti che con la filosofia del nudo sociale hanno nulla a che fare, a personaggi che non sono assolutamente iscrivibili nella schiera di coloro che hanno abbandonato le vesti per una sana educazione al nudo: dei vili infiltrati diseducati alla normalità del corpo proprio da una società che rifugge dal nudo.

Naturismo, nudismo, nudo, quale termine?


Photo by Pixabay on Pexels.com

Il lessico è avulso alla volontà di differenziare, ovvero alla tanta temuta e deprecata etichetizzazione delle cose e delle persone: le parole non hanno volontà, la volontà è propria delle persone e sono queste ultime, caso mai, a dare etichette e attraverso queste compiere atti di differenziazione e discriminazione.

Il lessico è questione tutt’altro che accademica: attraverso il lessico possiamo comprenderci, possiamo trasmettere messaggi comprensibili, fare in modo che gli altri possano capire con precisione quello che vogliamo dire. Insomma, attraverso il lessico comunichiamo e:

  • un lessico errato comporta una comunicazione fallimentare;
  • per una comunicazione efficiente è necessario usare un lessico corretto.

Ai fini della corretta comunicazione usare le parole corrette è, quindi, una necessità irrinunciabile: ve lo immaginate un mondo senza parole, o un mondo dove ognuno dia il significato che vuole alle parole che utilizza?

Photo by Pixabay on Pexels.com

Nell’ambito del nudo si sono nel tempo formati due termini (che in inglese sono anche tre o quattro) e che oggi vengono utilizzati spesso in modo ormai dislocato, ovvero dissociato dalla loro origine terminologica, e totalmente arbitrario, creando una confusione immensa e così assolutamente deleteria al mondo stesso del nudo sano, educativo e lecito: naturismo e nudismo.

Ho già scritto molto a proposito, c’è anche in questo blog un glossario apposito per chiarire la questione, eppure l’ostinatezza umana, l’abitudine, l’individualismo, l’ignoranza comunicativa fanno si che la cattiva abitudine perseveri e, con l’aumentare delle persone che si aprono al nudo come aspetto fondante del loro modo di vivere, vada aumentando la confusione, specie in coloro che sono lontani da questo elemento sociale.

Pur nella considerazione che la soluzione ottimale, quella in assoluto più corretta, sarebbe il non dover fare specificazioni di sorta (il nudo, esattamente come l’essere vestiti di rosso piuttosto che di nero o di blu, è, sarebbe e dovrebbe essere uno stato di normalità e pertanto non dovrebbe essere necessario qualificarlo e specificarlo) allo stato attuale delle cose è comunque importante fare chiarezza e sperare che ci si voglia rendere conto del male che, utilizzando in modo improprio i tre termini di cui sto disquisendo, si fa a ciò che si vorrebbe proteggere e, possibilmente, diffondere.

Con le semplificazioni necessarie al contenimento delle righe di testo, ecco un sunto di quanto già scritto in precedenza e che, insieme al Glossario Nudo, invito a leggere per farsi un’idea più completa e precisa della questione.

Se vogliamo fare riferimento al nudo di per se stesso o a un momentaneo stato nel nudo dobbiamo parlare di nudità (invero nudo e nudità sono termini spesso invertibili tra loro, solo il costrutto logico grammaticale della frase può a volte richiederne un utilizzo più preciso).

Se vogliamo fare riferimento alla nudità come attitudine quotidiana o come desiderio di pervenire alla rinormalizzazione del nudo dobbiamo parlare di nudismo.

Il naturismo esiste solo in combinazione con altri aspetti: ecologia, rispetto ambientale, immersione nella natura ed eventualmente anche alimentazione vegetariana o vegana. Quindi il termine naturismo lo dovremmo utilizzare solo ed unicamente per fare riferimento a…

  • quella particolare forma di nudismo dove la nudità non è l’aspetto unico e predominante, bensì una strada (una tra le altre possibili, anche se certamente la più efficiente) per arrivare al contatto con la natura; lo stare nudi, ad esempio, in casa, in una piscina, in un villaggio o in resort non sono da definirsi come naturismo, bensì come nudismo;
  • quella specifica concezione di vita dove allo stare in nudità si abbina indissolubilmente e costantemente il rispetto per l’ambiente e il desiderio di viverlo quanto più integralmente possibile; se non sono ecologico e non rispetto l’ambiente (certo qui si pone un problema di definizione visto che ad oggi è pressoché impossibile esserlo sempre e costantemente, ma questo esula dagli obiettivi di questo articoletto) posso essere un nudista ma non sono un naturista;
  • quegli ambienti dove il rispetto per la natura e l’ecologia sono caratteristiche fondamentali, quindi ogni struttura diversa da grotte, capanne di paglia o altri elementi naturali (non tagliati) sarebbe esclusa dal contesto (invero essendo il naturismo un concetto mentale umano non avrebbe senso attribuire il termine ad oggetti inanimati e, quindi, non pensanti, ma diamo per buona l’estensione semantica).

Alcuni esempi:

  • piscina (hotel, resort, villaggio, ristorante, eccetera) a nudità consentita, al limite piscina (hotel, resort, villaggio, ristorante, eccetera) nudista, non ha senso piscina (hotel, resort, villaggio, ristorante, eccetera) naturista (struttura artificiale e magari al chiuso, quindi non in contatto con la natura), sarebbe come definire ecologista un ristorante vegetariano;
  • ha senso ma è poco efficiente (in quanto indiretto) affermare che il naturismo è positivo ai fini dell’accettazione di se stessi e del proprio corpo, è il nudo che apporta tale preziosissimo cambiamento psicologico, quindi è più corretto parlare di nudità e di nudismo;
  • di logica in sauna ci si dovrebbe stare nudi e, pertanto, non avrebbe senso aggettivare la sauna con i termini in questione, allo stato di fatto delle cose (poche sono le saune dove ci si può stare correttamente nudi) e volendo specificare che il nudo è esteso anche fuori dalle cabine sauna (visto che è raro trovare tali strutture) il termine da utilizzare è quello di “nudità consentita” (invero sarebbe più corretto apostrofare le altre strutture con “obbligo di costume”).

Nessuna volontà di etichettare o di voler differenziare in modo critico e giudicante cose, persone e azioni, solo l’esigenza di comunicare in modo efficiente e, quindi, costruttivo, corretto, positivo e premiante, unica strada per arrivare a far comprendere i tanti e importanti valori della (ri)normalizzazione della nudità!

Per abitudine preferisco evitare di supportare i miei pareri riportando voci altrui, lo ritengo come un segno di insicurezza verso se stessi, come incapacità d’essere logici ed efficientemente comunicativi, troppi usano solo citazioni, molti scrivono poco di loro e condiscono quel poco con varie citazioni. In questo caso, però, avendolo trovato molto interessante, voglio invitarvi a leggere questo articolo di un blogger americano che ha fatto il mio stesso percorso mentale, comunicativo e lessicale, anche se abbinandolo ad una certa paura per le etichette (paura che io ritengo di base sbagliata: come comunicheremmo senza le etichette).

Riflessioni sulla terminologia della nudità sociale di Naked Wanderings

Una semplice questione di logica (linguistica, comunicativa e altro)


Finché per fare riferimento alla nudità si userà erroneamente la parola naturismo anziché quella corretta di nudismo, il nudo non potrà mai essere rinormalizzato.