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Articoli storici.

Naturismo: storia completa alias quello che pochi dicono (e sanno)


Da sempre ne parlo, purtroppo inascoltato persino dagli amici più vicini, finanche da coloro che partecipano alle mie attività di VivAlpe. Però sapevo esserci in giro almeno un documento che potesse dare sostegno alla mia idea, del resto mica nata per caso ma leggendo, ma non lo trovavo.

Ora l’ho trovato: è l’articolo sul blog di una persona che da tempo conosco ma con la quale, dopo la mia cacciata da Facebook, avevo perso i contatti: Nico Valerio, scrittore e voce estremamente competente nel settore, vedi la sua biografia su Wikipedia.

L’articolo è lungo, la parte che riguarda espressamente il mio discorso è l’ultimo terzo (da –QUANTI FINTI “NATURISTI”, IN REALTÀ SOLO NUDISTI !– in avanti), ma consiglio vivamente di leggere anche i primi due terzi che vi daranno la conoscenza completa sul vero Naturismo, quello storico e antico, ben diverso da quello attualmente pubblicizzato e venduto. Ci troverete i motivi etimologico-culturali per i quali da sempre preferisco definirmi nudista invece che naturista (quelli socio-comunicativi se mi avete letto con attenzione dovreste conoscerli ormai bene, altrimenti vedete qui).

Scritto nel 2008 nella parte relativa al naturismo come oggi inteso (l’ultimo terzo) ci sono affermazioni su situazioni che invero sono nel frattempo in parte cambiate (alcune in meglio), ma questo nulla toglie alla qualità del testo.

Nico Valerio
"NATURISMO. Storia del movimento che ha inventato la vita sana e la Natura."

Naked Swimming in School

A come… Alpinismo!


Eccovi un altro mio vecchio articolo sull’Alpinismo. Un passo verso la fine andrebbe parzialmente rivisto, ma preferisco lasciarlo così come l’avevo scritto allora: 1988.


A come… Alpinismo

Colle del Gigante (Monte Bianco), anno 1978, il naturalista ginevrino Horace-Bénédict de Saussure scrive: <<Queste cime hanno voluto cercare di lasciare in noi un senso di rimpianto, abbiamo avuto una sera semplicemente stupenda: tutte le vette che ci circondano e la neve che le separa erano colorate delle più belle sfumature del rosa e del porpora, l’orizzonte verso l’Italia era limitato da una enorme cintura rossa dalla quale la luna piena è sorta con la maestà di una regina. L’anima si eleva, l’orizzonte dello spirito sembra allargarsi, e, in mezzo a questo maestoso silenzio, sembra di sentire la voce della Natura, di diventare i confidenti dei suoi più riposti segreti>>.

I motivi che inducono l’illustre professore a salire sull’alpe sono, come lui stesso afferma, esclusivamente scientifici, tuttavia non gli è possibile restare indifferente d’innanzi a simili paesaggi e le sue parole sfuggono alla ristrettezza del linguaggio scientifico per allargarsi in quello letterario. Di conseguenza le sue relazioni, pubblicate in gran parte dell’Europa, non possono passare inosservate, tanto più che, leggendole, ci si sente coinvolti e sembra di provare le stesse intense emozioni in esse descritte.

Oltre alla conoscenza delle Alpi, si diffonde anche la passione per la montagna, anche se per molti anni ancora l’unica motivazione che possa giustificare un’ascensione d’alta montagna è quella scientifica: <<Per chi non è spinto da motivi scientifici è pura follia affrontare le sofferenze e i pericoli di un’ascensione ben al di sopra della linea del gelo eterno>> (H. D. Inglis, 1833). Nel frattempo, però, avviene un importante mutamento ideologico: decade la fede assoluta nella ragione, incrinata dal suo stesso estremismo materialistico, e subentra l’esaltazione del sentimento.

La decadenza del razionalismo e la diffusione dell’ideale romantico portano ad un cambiamento del modo di concepire l’andar per monti e, grazie anche al superamento di molti preconcetti avvenuto a seguito dell’attività svolta dagli Illuministi, si diffonde un diverso atteggiamento mentale: <<Il silenzio di questi luoghi dove nulla vive, dove non può arrivare il chiasso del mondo abitato, contribuisce a rendere le meditazioni più profonde, a dar loro quella tinta cupa, quel carattere sublime che esse acquistano quando l’anima plana sull’abisso del tempo>> (R. de Carbonnieres). È la nascita d’una nuova e ben individuata attività.

Molto probabilmente è a questo punto che viene coniata la parola Alpinismo, la cui formazione avviene partendo dalla parola alpino, dal latino Alpinus  “della montagna, che si riferisce alla montagna”, e aggiungendovi il suffisso –ismo, indicante un movimento, un’ideologia, un atteggiamento o una disposizione dell’animo.

Al momento la nuova disciplina è praticata quasi esclusivamente da scienziati e filosofi, ossia dai principali artefici del Romanticismo. Pertanto l’Alpinismo viene inevitabilmente concepito come particolare disposizione dell’animo volta alla ricerca dell’intimo colloquio con la natura alpina, con la montagna. Presto, però, la pratica alpinistica acquista una discreta notorietà e, pur restando nell’ambito di un ristretto ceto sociale, si diffonde anche al di fuori del contesto culturale, acquistando un significato meno idealistico: svago, divertimento, interessante e… snobistica attività.

A seguito del nuovo atteggiamento la montagna non è più “il fine” ma soltanto un mezzo che consente il raggiungimento del massimo piacere personale. L’alpinismo, di conseguenza, inizia a differenziarsi in più livelli tecnico-concettuali: c’è che si accontenta di girovagare per valli e convalli, chi sale fino ai ghiacciai, e chi si spinge fin sulle più alte vette; c’è chi si limita a ripercorrere quanto da altri già fatto e chi, invece, si dedica esclusivamente all’esplorazione di nuove zone e ala salita dei monti ancora inviolati.

Presto tutte le principali cime delle Alpi sono raggiunte, mentre il numero degli alpinisti è in continuo aumento. La ricerca di nuove mete conduce alla considerazione delle cime minori, delle creste secondarie, delle pareti, nel cui superamento s’incontrano pericoli e si sopportano sacrifici sempre più gravosi e numerosi. In poco tempo si forma e si diffonde l’idea della “lotta con l’alpe”: <<Trasferite la vostra febbre nelle Alpi, voi che avete lo spirito ammalato; salite, torturate le vostre membra, lottate fra le vette, gustate il pericolo, il sudore, trovate il riposo; imparate a scoprire senza amarezza che la fatica feroce è una presa di contatto con la più splendida delle visioni e che il riposo è la più bella delle ricompense. Volete sapere che cosa significa sperare e avere tutte le speranze a portata di mano? Affrontate le rocce là dove il pendio è tale che ogni passo dimostri quello che siete e quello che potete diventare>> (G. Meredith); <<Io credetti e credo la lotta coll’Alpi utile come il lavoro, nobile come un arte, bella come una fede>> (G. Rey).

Da questo momento l’alpinismo è e dev’essere conquista, pertanto la sua esemplificazione pratica è data solo è soltanto dalla scalata: <<Il vero alpinista è l’uomo che tenta nuove ascensioni>> (A. F. Mummery).

L’uso, per universale diffusione, e l’abuso, per ovvi interessi personali e commerciali, del tropo[1] “alpinismo uguale arrampicata”, fanno si che anche dopo la decadenza dell’idea di “lotta con l’alpe” e, quindi, dell’alpinismo di conquista, esso (il tropo) si possa mantenere invariato, perpetuandosi fino ai nostri giorni. Oggi, però, s’arrampica per ogni dove: sui sassi d’una cava, sulle scogliere marine, sui muri delle case, su strutture artificiali appositamente create. L’arrampicata non è più soltanto sport alpino, ma può anche essere fine a sé stessa (l’arrampicata per l’arrampicata), indipendente in luogo come in forma (con la stessa visione si può arrampicare anche sulle montagne), l’una, quindi, non è più sinonimo dell’altro, indissolubilmente legato alla montagna: nasce l’esigenza di rivedere il concetto di Alpinismo.

Ancora non si è sopravvenuti a una soluzione univoca e convivono, più o meno pacificamente, diverse opinioni. È però possibile individuare una corrente di pensiero che, seppur ancora debole, potrebbe risultare risolutiva: quella filosofica. Infatti se le limitazioni oggettive (tipo di attività, livello delle difficoltà, parametri morfologici o altimetrici, eccetera) sono tutte decisamente opinabili, il carattere soggettivo (rapporto mentale) è, al contrario, inopinabile: se l’ente alpinismo è diveniente e mutevole, l’idea Alpinismo è immutabile ed eterna.

Ecco quindi che l’Alpinismo non può essere inteso come un determinato modo di “andare in montagna”, ma dev’essere inteso come un particolare modo di “pensare” la montagna: l’Alpinismo è e dev’essere passione, rispetto e comunione con la montagna; l’Alpinismo è… vivere con la Montagna, per la Montagna, dentro la Montagna; ogni altra specificazione appare superflua.

<<Un uomo può amare la scalata ed infischiarsene dei paesaggi di montagna; può essere appassionato per le bellezze della natura ed odiare la scalata; ma può anche provare in egual misura entrambi i sentimenti. Si può senz’altro presumere che coloro i quali più si sentono attirati dalle montagne, e con maggior costanza tornano ai loro splendori, sono proprio quelli che in gran misura fruiscono di queste due fonti di godimento e possono abbinare la fantasia e la gioia d’uno sport magnifico, con l’indefinibile diletto che deriva dall’incanto delle forme, dalle tonalità, dal colore delle imponenti catene montuose>> (A. F. Mummery).

P.S.

Chi è l’alpinista? Alpinista è colui che intende l’Alpinismo come spazio, non come dimensione.


[1] Termine tecnico della retorica indicante un trasferimento semantico, un’estensione del significato di una parola.

2013… a big project for me!


Hello 2013, you brought me a big, big idea: writing a history of nudism (and naturism) in the world!

It is a big project and I need of many documents from any world states, but it is a work very hard and difficult. So I ask to my followers, readers and contacts to send me everything is usefull: link, documents, bibliography, articles, etcetera.

I mentioning in my final work all those who help me.

Thanks!


Salve 2013, mi hai portato una grande, grande idea: scrivere la storia mondiale del nudismo (e naturismo)!

E’ un grande progetto a mi servirà molta documentazione da ogni stato del mondo, è chiaramente un lavoro duro e difficile. Così chiedo a tutti coloro che mi seguono, mi leggono e che sono in contatto con me di inviarmi qualsiasi cosa ritengano possa tornarmi utile: link, docuemnti, biblografia, articoli, ecceetra.

Menzionerò nel mio lavoro finale tutti coloro che mi avranno aiutato.

Grazie!

Ipotesi di scenario alla Rocca di Manerba, ma non solo


In data 14 luglio 2009, quando ancora questo blog non era nato, sul mio sito e in altre sedi, sia nudiste che non, pubblicavo questo articolo…

Nuovo riprorevole attacco contro il nudismo e le libertà sociali!

Al grido di “Morte alle streghe” riprende l’inquisizione verso i nudisti che frequentano la Rocca di Manerba. E’ uno scandalo, un’indecenza, una palese violazione della logica.

http://www.bresciaoggi.it/stories/Cronaca/…y_5_denunciati/ (non più reperibile senza abbonamento)
http://www.quibrescia.it/index.php?/content/view/13295/1/ (che è un condensato del precedente)

Ok, mi sta più che bene l’intervento dei Carabinieri che hanno fermato e denunciato delle persone che si stavano masturbando in spiaggia, mi sta anche bene che si fermino coloro che senza doverosamente appartarsi si mettono a fare sesso, non mi sta assolutamente bene che si fermino coloro che se ne stanno pacificamente stesi al sole, o che passeggiano tranquillamente lungo la spiaggia, o che fanno il bagno standosene liberi come Madre Natura ci ha fatti, ovvero nudi.
E’ vero, sussiste tutt’ora un articolo del Codice Penale, il 726, che tratta della violazione alla pubblica decenza, ma da nessuna parte si definisce il significato di “Pubblica Decenza” e, soprattutto, da nessuna parte si parla di nudo e nudisti, ne nel Codice Penale, ne in quello Civile, ne nella Costituzione Italiana. Un tempo in detto articolo del CP veniva specificato il riferimento al Turpiloquio, riferimento poi rimosso. E perché mai dovrebbe essere valido un collegamento tra pubblica decenza e nudismo quando questo non è mai nemmeno apparso in detto articolo del CP ne in altra parte della Giurisprudenza.
Con la stessa logica del “vietiamo il nudismo per allontanare gli atti osceni” (che ovviamente non sono lo stare nudi in stato di quiete) bisognerebbe vietare le banche, le gioiellerie, le ville e ogni altra fonte di stimolo per i rapinatori; bisognerebbe vietare le auto visto che alcuni le usano per compiere atti di delinquenza; bisognerebbe vietare le medicine, visto che possono usarsi per uccidere o avvelenare, e via dicendo.

No, è ora di finirla con questo atteggiamento insulso e illogico del “diserbiamo il campo per togliere l’erba maligna”; è ora che ci si renda conto che i depravati esitono da molto prima del nudismo, sono figli dei tabù creati dal tessilismo e quindi se proprio si volesse essere logici fino in fondo si dovrebbe proibire la cultura dell’abbigliarsi e diffondere a tabula rasa la cultura del nudismo. Il nudismo è la sola unica cura per le devianze sessuali, si certo all’inizio queste vengono esaltate e messe in luce, le persone deviate si concentrano nelle zone dove ci sono i nudisti, ma non perché queste nascano con i nudisti, queste c’erano e ci sono anche sulle spiagge tessili e non solo sulle spiagge (mai andati in camporella? Solo a Brescia conosco almeno 15 piazzali dove le coppie vanno a fare sesso e intorno a questi ci sono sempre stati veri e propri accampamenti, con tanto di fortini di cartone o legno, di guardoni e smanettatori), solo che le spiagge tessili sono più tante e più estese e queste persone ci si perdono dentro, si diluiscono molto; le spiagge nudiste sono poche e piccole (invero in Italia una sola ufficialmente riconosciuta), bastano 10 pervertiti perché li si possano facilmente notare.

I nudisti sono i primi a volersi difendere da codesti personaggi, i nudisti sono i primi a chiedere che le forze dell’ordine si occupino di costoro, ma sono stufi di fare da capro espiatorio e vedersi fermare poiché è più facile (e forse anche economicamente conveniente) fermare loro che i veri delinquenti.
Diversi sondaggi dimostrano che agli italiani non disturba la presenza dei nudisti, anzi, e allora perché si da sempre peso alle poche esili voci contrarie anziché tener conto della maggior forza politica ed economica di chi è favorevole? Un bel mistero, come ce ne sono tanti altri in questo settore. Forse perché si parla di una minoranza rumorosa, contro una maggioranza che alla fine comunque vadano le cose se ne sta zitta. Bene, e allora che la maggioranza smetta di starsene zitta e si faccia sentire, il nudismo non sarà forse (per ora) cosa che la interessa, ma l’atteggiamento inquisitorio, la violazione dei diritti naturali, l’illogicità politica, il guardare problemi di sicurezza che tali non sono lasciando correre quelli che invece lo sono, beh, queste cose la riguardano, riguardano tutta la società e non si può rimanere indifferenti.

Oggi, nonostante alcuni segni di timida ripresa, resta comunque un velo di incertezza sulla fruizione nudista della spiaggia della Rocca di Manerba, vengo così, anche nella speranza di poter dare impulso alla rinascita di questa bellissima spiaggia nudista, a riprendere e completare un’altra serie di miei articoli tra loro raccordati, mai pubblicati su questo blog e quindi probabilmente interessanti per chi mi legge. Alcuni contenuti sono legati al tempo in cui vennero scritti, ma altri risultano tutt’oggi validi; per altro, i discorsi affrontati possono esssere rigirati su quanto accaduto anche recentemente in altre località italiane. Infine, alla stregua di quanto sto facendo con le mie poesie di goiventù, mi piace raccogliere qui, in un unico contenitore, tutto quello che ho scritto in passato.

La premessa

Avevo inviato il mio articolo “Nuovo riprovevole attacco contro il nudismo e le libertà sociali!” (riportato in calce al presente) alla redazione di Dipende il “Giornale del Garda”. L’articolo in questione non è stato direttamente pubblicato, ma è servito per far lavorare detta redazione che ha chiesto opinioni al Sindaco di Manerba, al proprietario del terreno relativo alla Rocca, al Presidente dell’ANITA Francesco Ballardini e non so a chi altri che poi non è stato inserito nell’articolo che ne è scaturito: “Naturismo sulla Rocca di Manerba”, pubblicato sul supplemento al Giornale del Garda “on the news” n. 181 del luglio/agosto 2009.
Interessanti le varie opinioni espresse, ma le conclusioni che si possono trarre non sono del tutto positive, in particolare il Sindaco (o, per lui, il Vice Sindaco) pare essersi preparato una sua bella tiritera da esporre a chiunque vada a chiedergli opinioni in merito al nudismo in zona, tiritera che pecca di molta superficialità e non rispecchia assolutamente le evidenze oggettive locali, nazionali e internazionali, staccandosi di fatto dalla realtà del quotidiano per arroccarsi in una posizione assolutamente insostenibile e incoerente col costume del giorno d’oggi.

 

La nuova Amministrazione concepisce La Rocca di Manerba e le aree circostanti come zone aperte alla popolazione e ai turisti di ogni eta’ che vogliono trascorrere una giornata in un luogo di grande bellezza naturalistica e ricco di storia, luogo che non ci sembra assolutamente adatto alla pratica del naturismo.

Perché mai la Rocca di Manerba non dovrebbe essere adatta alla pratica del nudismo? L’altopiano è un area ampia, ricca di prati e boschi, con pochi sentieri ufficiali e molte zone quasi irraggiungibili o, comunque, per nulla frequentate da chi va in visita al Parco; poco o nulla costerebbe, in termini di impatto sulle persone di passaggio, individuare e segnalare una zona per la pratica nudista. Detto questo è da precisare che l’attività nudista riguarda solo ed esclusivamente la stretta fascia costiera ai piedi dell’altopiano della Rocca (sul quale fino ad oggi si sono svolte attività che non sono di nudismo ma di esibizionismo), una spiaggia abbastanza lunga e già di suo distinta in tre aree: la zona sud (raggiungibile solo scendendo in acqua per una cinquantina di metri), la zona centrale (spiagge ciottolose, un prato e bosco) e la zona nord (costituita da scogli e poco frequentata).

I sentieri di avvicinamento arrivano alla zona centrale della spiaggia e in questa si fermano la maggior parte delle persone che frequentano la zona (e, per quello che ho visto fino ad oggi, tutti i tessili). Molti tratti della spiaggia non sono visibili dall’alto delle pareti che la separano dall’altopiano sovrastante, in ogni caso senza un binocolo è ben difficile vedere con precisione i particolari anatomici delle persone che stanno in spiaggia, si può al massimo percepire che sono senza costume. Per altro per vedere la spiaggia bisogna sporgersi ben bene dallo strapiombo, col rischio di finire di sotto, strapiombo che l’Amministrazione se fosse coerente, invece di preoccuparsi di cosa possono vedere coloro che si sporgono, andrebbe a recintare con un’adeguata palizzata al fine di mettere in piena sicurezza il sentiero che lo costeggia e dal quale già sono precipitati alcuni turisti.

 

Il fenomeno del nudismo, contro il quale l’Amministrazione non ha alcun pregiudizio, deve a nostro avviso svolgersi in località adeguatamente isolate e accessibili esclusivamente a chi intende praticare il naturismo. Tale pratica non è secondo noi opportuna in zone che dovrebbero invece essere aperte a tutti e non ad una ristretta cerchia di persone. Se permettessimo il naturismo, infatti, la zona diverrebbe di fatto una sorta di territorio off limits per la stragrande maggioranza della gente che non pratica, legittimamente, il naturismo.

Come si fa ad affermare questo? S’è mai fatta un’indagine specifica? Ci sono mai delle prove certe, anche relative ad altre zone, della questione? La risposta a tutte le domande è NO, non s’è fatto nulla di tutto ciò, non ci sono prove certe, è solo un’opinione campata in aria. Andiamo ad analizzare le evidenze oggettive:

  • In zona si pratica nudismo da quasi trent’anni e nessuno prima se n’era mai lamentato.
  • Negli anni dal 2000 al 2005 mi è capitato spesso vedere arrivare in spiaggia persone e anche famiglie tessili e nessuno ha mai mostrato segni di indignazione, ma tutti si fermavano tranquillamente e altrettanto tranquillamente passavano in zona la loro giornata di libertà e relax;
  • La stragrande maggioranza dei turisti che frequentano il Garda sono tedeschi e olandesi, due popoli per i quali il nudo non è per nulla imbarazzante, anzi il non imbarazzo per il nudo, anche pubblico, è quasi una religione
  • I sondaggi fatti dimostrano che l’80% degli Italiani non ha nulla contro il nudismo e buona parte di questi sono anche disposti a convivere pacificamente con chi pratica il nudismo, a condividere le stesse identiche aree
  • Le seppur poche spiagge nudiste presenti in Italia dimostrano chiaramente che i tessili non disdegnano di passarci davanti o dentro, foss’anche solo per lustrarsi gli occhi (sic!); alcuni commentano, ma nessuno si permette di denunciare alcunché
  • Nei racconti di tessili che vanno all’estero per le ferie si sente spesso nominare le spiagge nudiste e quasi mai con disgusto , anzi spesso con apprezzamento, tant’è che non si sente mai nessuno che non voglia più tornare in quel posto solo perché ci sono spiagge nudiste.

Allora, direi che le evidenze oggettive dimostrano ampiamente che ammettere i nudisti non è lasciare fuori gli altri, mentre non ammetterli è soddisfare un 10/15% di persone (da vedersi poi se frequentino comunque le spiagge e la zona) per perderne quantomeno altrettante (considerando il turismo estero); aprire al nudismo, poi, potrebbe motivare ancora di più quell’enorme schiera di turisti tedeschi e olandesi che già frequentano il posto e invitarne altri … altro che chiudere a tutti gli altri.

  

Sulla Rocca negli ultimi anni, accanto a condotte di per sé tollerabili ed esercitate nei limiti della pratica del naturismo, si sono infatti verificati troppi casi di atti osceni che offendono la dignita’ e la morale, tenuto conto soprattutto che la zona è frequentata anche da famiglie con bambini. Pertanto come Amministrazione ci siamo attivati e continueremo con tutte le forze a nostra disposizione affinché questo problema sia risolto in via definitiva.

Embè, che forse questo è un problema legato indissolubilmente al nudismo? No, e lo si può ribadire con fermezza, no, la presenza di attività oscene non è in nessun modo legata alla pratica del nudismo, come facilmente dimostrabile dal fatto che le stesse cose si trovano in tanti altri posti non frequentati da nudisti, che gli esibizionisti, i guardoni, gli atti osceni in luogo pubblico esistevano ben prima che nascesse il movimento nudista, che sussitono in zona anche dopo cinque anni dai primi fermi a seguito dei quali dal posto sono sparite tutte le coppie nudiste, ma anche tutti o quasi tutti i nudisti (purtroppo alcuni si sono, per diverse e comprensibili ragioni, asserviti al sistema e continuano a frequentare da tessili). E’ un problema sociale dovuto alla scarsa educazione sessuale, ai tabù del corpo primo fra tutti quello del nudo, la vera ed unica soluzione al problema è l’abolizione di tali tabù, ovvero la diffusione a tabula rasa della pratica nudista … altro che proibire il nudismo!

 

Ribadiamo che la nostra posizione non è polemica e intollerante nei confronti di chi pratica civilmente e liberamente l’attività naturista, ma è dettata da necessità contingenti e da problemi che non possono essere risolti in altro modo, se non con la fermezza e attraverso un divieto generalizzato della pratica del naturismo.

Boh, proprio non vedo perché non possano esserci altri modi di affrontare il problema, si afferma una cosa e subito la si smentisce, bella coerenza! Se una cosa si tollera, la si tollera, mica la si proibisce!

A questo punto, se logica è logica, mi aspetto che l’Amministrazione di Manerba presto emetta delle Ordinanze che vietano l’equitazione, il tenere dei cani, il portare i bambini in spiaggia, l’apertura di banche e gioiellerie. Anche queste, e sono solo alcuni esempi, sono tutte attività che creano problemi:

  • L’equitazione produce odore e, soprattutto, tanta cacca sulle strade, sui sentieri e sulle spiagge
  • I cani più o meno come sopra, in più il pericolo di aggressioni
  • I bambini (ma non solo loro) vogliono giocare e questo reca disturbo agli adulti che prendono il sole
  • Banche e gioiellerie stimolano l’attività dei ladri, che oggi spesso operano a mano armata e quindi, oltre al furto, possono risultare assai pericolosi per la cittadinanza che casualmente venga a trovarsi nei paraggi.

Strano che, invece, tutte queste situazioni risultino altrimenti gestibili: si vieta il passaggio dei cavalli su alcune spiagge, si impone ai padroni di cani e cavalli di portarsi appresso il necessario per fare pulizia, s’impone guinzaglio e museruola ai cani, s’impone ai genitori dei bambini di tenere a freno le loro voglie di gioco (poveracci), banche e gioiellerie vengono difese con sistemi antifurto e guardie. Boh, tutto questo mi suona come due pesi e due misure.

 

La pratica del naturismo mette in difficolta’ l’Amministrazione: essa ha un progetto ben preciso di “Parco della Rocca” che non ha nulla a vedere con un “Parco per nudisti.

Ecco le vere ragioni, altro che storie, tutto il resto sono solo scuse, scuse belle e buone, il problema è che NON SI VUOLE gestire la questione, NON SI VUOLE aprire al nudismo, NON SI VOGLIONO apportare variazioni a dei non meglio precisati progetti … altro che il nudismo è problematico!

Si continua a ribadire l’assenza di pregiudizio, si afferma anche la liceità della pratica nudista ma … non a Manerba. Come al solito tutto è buono, tutto è bello, ma a casa d’altri! Come al solito si evince l’atteggiamento “da politico” un colpo alla botte e uno al cerchio, diamo un contentino anche a loro. Il contentino non può bastarci, specie perché trattasi di sole parole.

Se veramente non ci fosse pregiudizio si proporrebbe un’alternativa, si cercherebbe di dialogare con chi (io e non solo io) già più volte ha cercato un contatto in tal senso con l’Amministrazione di Manerba, si vedrebbe come arrivare a creare una zona aperta al nudismo … altro che belle parole!

L’analisi

Negli anni tra il 1970 e il 1978 frequentavo moltissimo questa località, vi andavo quasi tutte le domeniche da maggio a ottobre, talvolta vi soggiornavo anche per due o tre giorni, dormendo in loco e in occasione del diploma, con alcuni compagni di scuola, ci passai un’intera settimana. Posso  quindi affermare con assoluta certezza che ai tempi la zona era frequentata pochissimo, infatti il 90% delle volte ero solo o quasi solo e nell’altro 10% le persone presenti in zona erano assai poche, una decina o due.

Ai tempi per arrivarci si doveva percorrere una stretta e sconquassata stradina sterrata, al termine della quale si trovavano pochi piccoli spazi per parcheggiare.

Non ricordo esattamente in che anno, di sicuro non prima del ’76, l’uliveto al termine della stradina venne adibito a parcheggio e questo, anche se la strada di accesso non è che fosse migliorata tanto, fece si che la frequentazione del posto aumentasse lievemente, ma i più si fermavano nei prati attorno al parcheggio, pochi si spingevano giù al lago: i 10 minuti di sentiero, in parte molto ripido, facevano pur sempre da filtro e limitavano l’accesso alla zona.

Dal 1980 al 2000 sono mancato totalmente dalla zona, ma, sulla base di voci sulla “Spiaggia dei nudisti” prima, che poi divennero voci sulla “Spiaggia dei Culi”,che circolavano anche in quel di Brescia negli anni 90 (a testimonianza di come fosse impossibile non sapere), di discorsi fatti recentemente con amici (sia tessili che nudisti) e di una piccola recente indagine, posso affermare con assoluta certezza che in quel periodo si è sviluppata ed evoluta la frequentazione della zona, principalmente, per non dire quasi esclusivamente, da parte dei nudisti, gli unici che, per loro natura (e, purtroppo, per esigenza materiale), apprezzino posti di difficile o comunque non banale accesso.

Non so dire quanto sia avvenuto e non ho trovato informazioni al riguardo, ma ad un certo punto la stradina d’accesso venne chiusa al traffico e il parcheggio spostato in zona perimetrale, raggiungibile per strada asfaltata e servito da un bar. Questo in teoria avrebbe dovuto aiutare lo sviluppo della frequentazione generale e generica del sito. Resta il fatto che se prima alla spiaggia ci si arrivava in 10 minuti, ora i minuti sono diventati 20, pochi i tessili che si cimenteranno in tale “sgobbata” (c’è da considerare che in loco non esiste nessun servizio, bisogna portarsi appresso tutto, dalle stuoie agli ombrelloni, dai viveri alle bevande).

Quando, sul finire degli anni ’90, ritorno a frequentare la Rocca ho la diretta conferma che si è trasformata in spiaggia nudista: di persone in costume ce ne sono veramente poche, e queste condividono gli stessi spazi senza problemi di nessun genere.

Negli anni successivi la mia frequentazione del posto torna a farsi più intensa (anche se non ai vecchi livelli) e, sebbene non subito, mi adeguo alla situazione liberandomi totalmente e definitivamente dalle vesti che da anni mi tormentano il corpo e lo spirito.

Inizialmente coppie e famiglie ci sono, anche se non tantissime, ma pian piano tendono stranamente a svanire e la stragrande maggioranza dei presenti sono singoli e quasi tutti uomini.  In seguito mi accorgo che si vedono facce strane girare in continuazione avanti e indietro per la spiaggia o per i sentieri che la costeggiano. Una volta ok, due pure, ma tre, quattro, cinque, cento, la faccenda diventa assai strana. In particolare si nota che ogni tanto arriva una persona che fa un gesto e immediatamente si forma un gruppetto di uomini che se ne vanno via con lui.

Altro particolare che mi colpisce: mentre la maggior parte delle coppie e delle famiglie arriva la mattina e se ne va nel primo pomeriggio, quando il sole scompare dietro l’altopiano, ci sono un non elevato ma comunque discreto numero di coppie che arrivano in zona nel tardo pomeriggio, le incontri che scendono verso la spiaggia mentre tu da quella risali per andartene a casa.

Al momento notavo queste cose ma, innocentemente, non le riuscivo ad abbinare a qualcosa di particolare, erano solo stranezze. Oggi, con le informazioni raccolte in seguito (sebbene non tutte verificate) e con il senno di poi, posso supporre che fossero squadre di guardoni e smanettatori che si erano organizzate con coppie compiacenti (ma stando ai giornali anche mercificatrici: si farebbero pagare per essere guardate mentre fanno sesso), vedette e segnalatori (costoro sanno dell’arrivo delle Forze dell’Ordina, molto prima che le stesse arrivino effettivamente in zona).

Tutto questo avveniva senza nessun segnale di disturbo da parte delle Autorità locali. Ad un certo punto qualcosa s’è svegliato e quello che fino a quel momento non dava fastidio, all’improvviso diventa un problema talmente grosso da indurre, nel luglio 2005, il Sindaco (diverso da quello attuale, ma alla fine le cose non sono cambiate) ad emanare una sua specifica Ordinanza (preciso che tale tipo di Ordinanza, l’Ordinanza del Sindaco, può essere emessa solo per situazioni particolarmente gravi e urgenti che non avendo preciso riscontro nelle correnti leggi non possono essere altrimenti gestite, cosa che appare dubbia per la questione in ballo alla Rocca). Purtroppo l’Ordinanza, forse (perché nella stessa assolutamente non si parla di esibizionisti e simili, ma solo ed esclusivamente di nudisti) mossa da considerazioni giuste (gli atti osceni), passa ad affermazioni totalmente errate accomunando, come troppo spesso accade, l’esibizionismo e l’autoerotismo alla semplice esibizione del corpo nudo, finendo con la proibizione del nudismo, e solo di quello, nessun divieto alle attività sessuali, solo il divieto di “esibire forme di nudismo” e l’obbligo di “indossare indumenti atti a coprire i genitali maschili e femminili”.

Nell’Ordinanza vi sono, per altro, anche alcuni errori formali che stranamente non sono mai stati contestati:

  1. “Premesso che la zona rocciosa collocata sotto il Sasso, comprensiva della spiaggia adiacente, nonostante la recente frequentazione da parte di nudisti e naturisti…”. Recente? Almeno vent’anni di frequentazione non mi sembra possano definirsi come “recente frequentazione”, specie in considerazione del fatto che la frequentazione massiva del sito è cosa di questi ultimi anni, mentre in precedenza i pochi che lo frequentavano erano quasi esclusivamente nudisti.
  2. “…deve restare fruibile da parte di ogni tipologia di soggetto…”. Embè, perché forse non lo è? Perché forse i nudisti non sono soggetti e non rientrano “in ogni tipologia di soggetto”? Come detto in non meno di vent’anni di presenza nudista nessuno che non fosse nudista s’è mai visto proibire l’accesso alla spiaggia, nessuno s’è mai lamentato apertamente della presenza dei nudisti.
  3. “Viste altresì le lagnanze di diversi cittadini e famiglie che sono involontariamente incappati in manifestazioni che offendono il comune senso del pudore..” A parte che i “diversi” cittadini deve essere ridimensionata alquanto vista le relativa frequentazione della zona, c’è comunque qui da rilevare che tutte le recenti sentenze sulla questione nudismo, compresa quella della Corte di Cassazione, hanno stabilito che la semplice esibizione del corpo nudo non è offesa al comune senso del pudore.

Quantomeno curiose, poi, le coincidenze dell’emissione di detta Ordinanza con alcuni eventi:

  • Si parla d’una proposta di legge per regolamentare il nudismo e in tale proposta sarebbe previsto che tutte le aree da tempo frequentate in modo abitudinario dai nudisti, debbano essere dai Comuni riconosciute come aree nudiste.
  • A seguito dell’istituzione nel novembre 2002 del Parco Naturale della Rocca e del Sasso, il Comune di Manerba ha ottenuto un sostanzioso finanziamento dalla Regione Lombardia in merito al progetto di sviluppo del Parco della Rocca
  • Manerba e il Parco della Rocca saranno, da li a pochi mesi, oggetto di un servizio televisivo a cura della trasmissione Linea Verde.

Non è che uno o tutti tali eventi abbiano in qualche modo forzato la mano per l’Ordinanza del Sindaco?

Per finire l’analisi, qual è stato l’effetto dell’Ordinanza? Ha ottenuto di “ripristinare lo stato di legalità”? Ha incrementato la presenza di tessili e in particolare di famiglie tessili?

Riferendomi agli ultimi nove anni, devo dire che l’attuale frequentazione non è poi fatta da molti volti nuovi, a parte coloro che sono spariti, ovvero i nudisti, per la maggior parte vedo sempre le stesse persone che c’erano prima dell’Ordinanza, solo che sono in costume anziché nudi. Di più, continuo a vedere e incontrare guardoni e ancora girano esibizionisti (che palesemente trovano più terreno d’azione tra i tessili che tra i nudisti) e smanettatori (che non hanno bisogno di mettersi nudi per agire), i quali, tra l’altro, si sono fatti ancora più insistenti e presuntuosi: ora infatti non è più possibile nemmeno guardarli di traverso perché ti inveiscono contro e ti minacciano di rappresaglie e violenze fisiche.

Questa estate sono andato spesso in zona e ho attentamente osservato chi girava per il parco, beh, in una ventina di visite ho contato, in totale, una cinquantina di persone. Si certo non sono andato tutti i giorni, ma sono andato nelle giornate e nel periodo di maggior presenza di turisti e visitatori; per giunta, guarda caso, ero in zona proprio il giorno della retata dei Carabinieri, indotta, sembrerebbe, dalla telefonata di una famiglia: boh, non metto in dubbio che la telefonata sia arrivata (sempre che non sia stata una forzatura giornalistica), però quella mattina sull’altopiano c’eravamo solo io, mia moglie e altre tre o quattro persone, ah, si, più una famiglia tedesca che però stava passeggiando sul sentiero più interno, dal quale la spiaggia non è assolutamente visibile, nemmeno con il telescopio.

L’ipotesi

Basandomi su una lunga serie di osservazioni analitiche e di alcune evidenze oggettive,  mi sono fatto un’opinione delle cose che, seppur non vendibile come certa, risulta comunque un’ipotesi tutt’altro che fantasiosa.

Le presunte famigliole che chiamano i vigili o i carabinieri in realtà non sono famigliole ma o nudisti disturbati da guardoni e smanettatori oppure, più facilmente (visto che i primi non si fingerebbero famigliola in gita al Parco), esponenti dell’organizzazione che gestisce l’utilizzo della Rocca come sede per esibizionismo e autoerotismo. I nudisti a costoro danno fastidio perché si lamentano della loro presenza, perché si rifiutano di farsi guardare, perché hanno e impongono regole comportamentali di rispetto e assenza delle attività sessuali pubbliche, meglio liberarsene.

Quello che interessa è liberarsi dai nudisti e le attività sessuali pubbliche sono solo una comoda scusa, infatti non viene mai presentata da sola e se non ci fosse stata quella non sarebbe cambiato nulla: si sarebbe inventato altro.

Certo che al nudismo si deve il merito di una impresa ciclopica: ha messo d’accordo le diverse fazioni politiche, destra e sinistra in una continuità di vedute e comportamenti che non s’è mai vista per nessun’altra cosa!

C’è nudismo e nudismo, facciamo chiarezza! (Parte 3)


… Segue dalla Parte 2

Il Nudismo

In sostanza ne ho già definito l’essenza nei paragrafi precedenti, vuoi parlandone direttamente, vuoi per esclusione derivata dalla definizione e dall’analisi di cosa non è nudismo pur essendo talvolta, in particolare dai media, definito come tale. Apparentemente, quindi, parrebbe non esserci più molto da dire, scopriremo invece che sul nudismo c’è ancora molto da trattare.

Iniziamo riprendendo e ripetendo la definizione storica e, pertanto, corretta e attendibile del Nudismo, quello con la N maiuscola, quello senza aggettivazioni aggiuntive, ovvero quello che viene praticato non come preludio alle attività sessuali o come esaltazione del se e del proprio corpo, ma solo e semplicemente come condizione fine a se stessa, come esigenza fisiologica (eliminazione del fastidio e dei danni fisici provocati dalle vesti, ripristino delle capacità di autoregolazione termica del corpo, eccetera) e psicologica (liberazione dalle limitazioni mentali proprie del tessilismo, superamento degli stereotipi costruiti dal mondo tessile, rinuncia alla valutazione degli altri, liberazione dall’autovalutazione ipercritica, eccetera),  come stato naturale e originario (l’uomo era nudo e si è vestito solo per proteggersi dal freddo e dalle intemperie, si nasce nudi, i bambini non hanno problemi a stare nudi, i bambini preferiscono stare nudi anziché vestiti, i bambini sono più spontanei e si muovono meglio da nudi che da vestiti).

Il Nudismo, quindi, nasce da specifiche e forti esigenze fisiche e psichiche, per poi arrivare a diventare uno stile di vita; il nudista inizialmente pratica solo in determinate circostanze (ad esempio solo in spiaggia), ma presto arriva a stare nudo ovunque sia possibile: casa, spiaggia, montagna, piscina, sauna, eccetera. E’ l’effetto di non ritorno che tutti i nudisti conoscono bene: provato una volta a stare nudi per uno o più giorni, la sofferenza dello stare vestiti diventa immediatamente palese e si aspetta impazientemente la successiva occasione in cui potersi spogliare.

Ovviamente i nudisti non sono avulsi dalle esigenze fisiologiche sessuali, anche loro, come tutti, hanno un’attività sessuale che si sviluppa secondo le normali e usuali regole del mondo tessile, riservatezza compresa. A tal proposito, però, nel mondo nudista si possono individuare alcune differenti correnti di pensiero e di atteggiamento: negazionismo, oscurantismo  e realismo.

I negazionisti si pongono come obiettivo quello di dare del nudismo l’idea di un mondo assolutamente ascetico e casto; un mondo dove il sesso apparentemente non esiste, dove le persone al sesso non pensano e rifiutano qualsiasi cosa possa anche lontanamente richiamare le attività sessuali. Ecco che costoro non ammettono che negli ambienti nudisti si possano pubblicamente tenere i benché minimi atteggiamenti di tenerezza di coppia (anche una semplice carezza o un bacio possono essere intesi come provocatori), non ammettono l’esposizione di immagini che possano dare l’idea di richiamo o esposizione sessuale (ad esempio foto di persone parzialmente vestite, foto di donne in mutandine, con calze nere e reggicalze), anche una semplice erezione spontanea  (non è frequente, anzi è raro, ma succede) può determinare l’allontanamento di una persona dalla comunità.

Gli oscurantisti vedono le attività sessuali come attività collaterali da non negare ma, al contempo, da tenere comunque nascoste e relegate ai margini del mondo nudista; le tenerezza tra le coppie sono ammesse a patto che si limitino nel tempo e nello spazio, le immagini devono essere di persone interamente nude o interamente vestite, l’erezione spontanea va nascosta e vissuta come una reazione innaturale.

Il realisti mettono al loro giusto posto le attività sessuali, ribadendo il concetto di naturalezza e spontaneità delle cose, promulgando che la vita nel mondo nudista non è in tal senso diversa da quella nel mondo tessile: il sesso è una parte importante della vita, non l’unica, ma, come oggi riconosciuto e testimoniato da molte ricerche in ambito sociologico e psicologico, assolutamente imprescindibile e fortemente condizionante la qualità di vita in generale. Il realismo nudista mantiene un costante parallelismo con il mondo tessile, acquisendone in tempo reale le variazioni nella visione del sesso e delle attività sessuali: nel momento che tutti ne parlano liberamente, anche nell’ambiente nudista non serve nasconderlo e ben vengano le carinerie e le tenerezza tra le coppie,si accettino le immagini anche con un piccolo richiamo sessuale nei termini e nelle modalità con cui le stesse vengono utilizzate nell’ambito tessile comune (ironia, gioco, eccetera), si considera normale l’erezione spontanea che non va esibita ma nemmeno nascosta, semplicemente ignorata.

Altra differenziazione di pensiero e atteggiamento riguarda l’accettazione o meno di persone tessili nell’ambito nudista. Ci sono coloro che assolutamente non ammettono che nelle località nudiste ci sia chi sta vestito, ci sono coloro che lo ammettono senza limitazione e, infine, coloro che lo ammettono ma vi pongono un limite che può essere temporale, quantitativo o qualitativo (solo per i primi giorni, solo se parente o amico di un nudista, solo la sera o comunque per freddo, solo slip o solo maglietta).  Qui invero il discorso si fa alquanto complesso perché ci sono sempre e comunque una lunga serie di considerazioni da fare, seguono le principali:

  1. Ambiente libero (sito non ufficialmente riconosciuto come nudista)
    Le tre correnti di pensiero si evidenziano e differenziano nettamente; personalmente sono a favore della terza soluzione: vestiti si ma solo entro certi limiti;
  2. Struttura o sito nudista
    Tutti diventano un attimino più intransigenti dal momento che ci si chiede perché mai una persona dovrebbe accedere ad una struttura nudista se non si vuole assolutamente mettere nuda!
    Esiste il caso particolare degli ambienti “clothing optional”, ovvero quegli ambienti dove i vestiti o il costume sono facoltativi, dove nudisti e tessili sono fra loro mescolati e convivono in pacifica armonia. Tali ambienti sono la naturale rappresentazione del concetto di tolleranza reciproca, rappresentano quello che dovrebbe essere lo stato comune di tutti gli ambienti, quello che personalmente spero possa diventare il futuro delle spiagge (e non solo) italiane (ovviamente in attesa che tutti tornino ad essere  nudisti).
  3. Basse temperature
    La sensibilità alla temperatura è cosa molto variabile da persona a persona e anche nella stessa persona gli stati fisici (affaticamento, malessere, eccetera) possono provocare variazioni di adattabilità e termoregolazione. Ecco che diventa difficile poter dare un criterio unico e comune, nemmeno il concetto di maggioranza può essere applicato, ma va necessariamente lasciata ampia libertà decisionale ad ogni singolo individuo (che è libero di non volersi ammalare). L’unico appunto da farsi è verso colore che si mettono i pantaloncini e restano a dorso nudo: il freddo si sente prima, molto prima, a livello del busto e del collo, non di certo dei genitali; un tessile che sente freddo, per prima cosa indossa una maglietta, poi un maglioncino, solo a questo punto inzia a infilarsi i pantaloni o pantaloni più pesanti, non c’è motivo perché lo stesso non debba avvenire per chi è nudo. C’è anche da dire che la pratica del nudismo tende a migliorare la capacità di termoregolazione e nel tempo si avverte sempre meno sia il freddo che il caldo.
  4. Intemperie
    Il discorso è molto simile a quello fatte per le basse temperature e valgono le stesse conclusioni.
  5. Mestruazioni
    Se gli uomini hanno il problema delle erezioni spontanee, le donne hanno quello delle mestruazioni; in genere si ammette che in questo periodo le donne indossino gli slip del costume, c’è però da precisare che si può comunque evitare ricorrendo agli assorbenti interni.
  6. Attività sportive
    C’è la falsa idea che solo alcune attività sportive possano essere praticati da nudi, in realtà è stato dimostrato che qualsiasi attività sportiva non solo può essere praticata stando nudi, ma l’atleta ne trae anche giovamento: migliore traspirazione, maggiore libertà di movimento, minore surriscaldamento del corpo e, quindi, minore trasudazione con conseguente minore effetto di raffreddamento all’interruzione dell’attività. Anche l’uso di attrezzi ginnici non è limitativo: sudando meno la protezione di un semplice foglio di carta (tipo quello che usano oggi i medici per i lettini da visita) può risultare più che sufficiente, in ogni caso anche da vestiti è richiesta e necessaria la protezione di un asciugamanino, si tratta eventualmente di usarne uno un poco più grande. Anche gli sport che prevedono contatto fisico si possono praticare da nudi: non si vede quale timore possa esserci verso il contatto di due corpi totalmente nudi.
  7. Balli e altre attività ricreative
    Purtroppo anche in diverse strutture nudiste negli ultimi anni si nota la tendenza a vestirsi completamente per le attività ricreative, quali i balli o i giochi di gruppo. E’ una tendenza assolutamente incomprensibile e per la quale valgono tutte le considerazioni già fatte ai punti precedenti, in particolare quelle relative alla temperatura e alle attività sportive.

Ecco, questo è il nudismo “vero” e metto tra virgolette la parola vero poiché non è formalmente corretto parlare di nudismo vero e nudismo falso, ma si dovrebbe parlare di nudismo e di … altro!

Il Naturismo

Parlando di nudismo e delle sue diverse interpretazioni non possiamo non esaminare il Naturismo.

Taluni ritengono il concetto naturista più evoluto di quello nudista, altri scindono nettamente le due cose e vedono nel Naturismo un qualcosa che al Nudismo ha solo aggiunto altri obiettivi e altre finalità (quelli del naturalismo, dell’ecologia, del vegetarianismo, dell’animalismo), senza per questo migliorarlo o peggiorarlo sotto l’aspetto, diciamo, filosofico. Di certo siamo in presenza di un qualcosa che supera l’aspetto puramente interpretativo del nudismo; il Naturismo, infatti, è un movimento sociale basato su regole comportamentali e obiettivi di vita tesi all’armonia con la natura. Ecco che la pratica della nudità non è più un fine, non è più l’obiettivo, ma diventa un mezzo per raggiungere gli obiettivi desiderati e, nel contempo, un’espressione degli stessi.

Difficile dire se sia nato prima il Nudismo o prima il Naturismo, di certo il Naturismo ha da sempre integrato in se stesso la pratica della nudità e, quindi, il concetto di nudismo, risulta pertanto logico ritenere che le due cose abbiano quantomeno origine comune e analoga età.

Tralasciando gli episodi e gli avvenimenti da ritenersi preistorici, seppur interessanti e non indifferenti, i primi vagiti del movimento naturista si possono far risalire alla fine del XIX° secolo, quando in Germania venne fondato lo Jugendbewegung, movimento giovanile ai cui ideali si ispirarono i precursori del naturismo: Paul Zimmerman e Richard Ungewitter innanzi a tutti.

Nel corso dei primi trent’anni del ‘900 in Germania sorsero diverse Associazioni e vari campi nudisti, purtroppo l’avvento del Nazismo sciolse le Associazioni e distrusse le strutture, pur senza frenare del tutto le attività naturiste e, soprattutto, senza provocare la scomparsa dell’ormai maturo movimento naturista. Infatti, alla fine del secondo conflitto mondiale, nel giro di pochi anni si osserva al risorgere delle attività, delle associazioni e delle strutture naturiste: nel 1949 viene fondata la Deutscher Verband  fur Freikorperkultur (DFK) e negli anni immediatamente successivi nascono associazioni anche in molti altri stati europei.

Precursore del Naturismo italiano fu Ernesto Guido Gorishegg (1927).

Nel 1974 si tiene a Cap d’Agde, in Francia, il Congresso Internazionale del Naturismo e, nel corso dei lavori, viene coniata la definizione ufficiale e ancor oggi utilizzata e pubblicizzata dalle varie Associazioni Naturiste: “Il Naturismo è un modo di vivere in armonia con la natura, caratterizzato dalla pratica della nudità in comune, allo scopo di favorire il rispetto di sé stessi, degli altri e dell’ambiente”.

Conclusione

Attualmente il nudismo è praticato in buona parte del mondo, sebbene con differenti livelli di accettazione sociale.

  • Francia, Spagna, Croazia, Germania, Grecia, Finlandia, Svezia, Danimarca e Olanda riconoscono ufficialmente il nudismo.
  • In Francia e nei Paesi Scandinavi le Federazioni Naturiste fanno parte dell’istituzione corrispondente al nostro Ministero della Cultura, Sport, Educazione Sociale e Giovanile.
  • In Spagna esiste una cittadina interamente nudista, El Fonoll, poco distante da Barcellona; moltissime spiagge sono “clothing optional”, ovvero su di esse il costume è facoltativo e i tessili convivono pacificamente con i nudisti, senza esigenze di separazioni più o meno simboliche; perfino nella centralissima spiaggia di Barcellona e nei giardini pubblici della stessa città è possibile praticare il nudismo (in Spagna per legge è consentito stare nudi ovunque non sia espressamente vietato).
  • Negli Stati Uniti d’America, paese notoriamente puritano, esiste una comunità che vive quotidianamente la nudità sociale, integrandosi perfettamente con la società tessile che li accetta, nudi, perfino alle assemblee cittadine; sono poi abbastanza diffuse manifestazioni nudiste in ambito metropolitano, tipo, ad esempio, le biciclettate, le corse e le marce; esiste una televisione nudista che trasmette regolarmente servizi girati da giornalisti che operano stando nudi.
  • Nel Brasile esiste una comunità che, senza isolarsi dalla società tessile, ha trasformato un villaggio naturista in una residenza fissa, Colina do Sol.
  • In Europa sono presenti 1500 strutture nudiste.
  • In Francia e in Austria l’escursionismo nudista si sta diffondendo a macchia d’olio.
  • In Austria e in Germania molte sono le saune e le piscine ove è possibile stare nudi.
  • In Olanda è stata aperta una palestra fitness nudista.

Solo l’Italia ancora mostra un certo livello di reticenza nell’accettazione della presenza nudista: quattro soli siti ufficialmente autorizzati, un sito autorizzato ha recentemente perso l’autorizzazione, pochissime le spiagge in cui si tollera ufficiosamente il nudismo (si e no una decina in tutta Italia, ma per alcune la situazione si è fatta critica), altrettanto limitate le strutture nudiste, nulle le spiagge “clothing optional”, impossibile, nemmeno per il solo periodo di vacanza, praticare un nudismo full immersion (stare nudi ventiquattro ore su ventiquattro) se non imponendosi forti limitazioni di movimento.

Non è forse ora che anche l’Italia si allinei con gli altri paesi del mondo? Non è forse ora di rompere con gli ormai insulsi, inutili e incoerenti tabù del passato? Non è forse ora di ridare alla nostra vita la naturalità e la nudità (non solo fisica) dell’origine?

Perché tutto questo fastidio e questa reticenza verso la nudità? Perché nonostante un sondaggio della rivista FOCUS abbia registrato che l’80% degli Italiani non hanno nulla in contrario a che si pratichi il nudismo, al lato pratico sono pochissimi quello che lo praticano e questi devono spesso subire manifestazioni aggressive, denuncie, ironia, eccetera? Perché è così difficile accettare il proprio corpo per quello che è e non aver nessun timore a mostrarlo? Perché si deve imporre la visione tessile anche a chi è già riuscito a liberarsi dai condizionamenti del puritanesimo e vuole soltanto poter vivere in libertà la propria nudità e assaporare al meglio le sensazioni di benessere che la nudità provoca? Perché ci si deve trincerare dietro a false pretestuose affermazioni pur di negare la salubrità e il potere educativo della nudità privata e comunitaria?

Perché, perché, perché …. Come chiusura di questo mio excursus sul nudismo e sulle sue interpretazioni vi lascio queste domande e spero vogliate provare a dare una risposta che sia obiettiva, libera e giusta!

Fine


Fonti e consigli bibliografici

• “Il Corpo Nudo – Sociologia della nudità” Monia D’Ambrosio – Ed. Sylvia

• “I bambini, il senso di vergogna e gli abusi” Paul M. Bowman – Traduzione Marco Freddi

C’è nudismo e nudismo, facciamo chiarezza! (Parte 2)


… Segue dalla Parte 1

Il nudismo trasgressivo

Come abbiamo visto, le alterazioni alla sfera socio-sessuale nulla hanno a che fare con il nudismo e non ne sono la conseguenza ne diretta ne indiretta, caso mai il nudismo può essere un valido e importante aiuto alla loro cura e, se diventasse pratica comune e ampiamente diffusa, alla loro scomparsa.

Passiamo ora a parlare di quelle situazioni per le quali la parola nudismo, pur essendo utilizzata con correttezza semantica e formale, non lo è dal punto di vista culturale e storico; sono, infatti, situazioni assai distanti da quello che è il significato del termine nudismo.

Di recente coniazione e in rapida diffusione i termini “nudismo trasgressivo” e “nudismo esibizionista” contribuiscono a distinguere situazioni sostanzialmente differenti, situazioni che si basano su una “filosofia” alquanto diversa e si devono pertanto tenere ben distinte: il nudismo con finalità sessuali (nudismo trasgressivo) e il nudismo praticato al solo scopo di esibire se stessi e godere di tale esibizione (nudismo esibizionista).

Prima di analizzare i due termini è opportuno evidenziare che la parola nudismo senza nessun’altra aggiunta non deve intendersi in senso generale e generico ma deve intendersi riferita solo ed esclusivamente al nudismo fine a se stesso, al nudismo praticato al solo scopo di liberarsi dall’ottenebrazione delle vesti, di permettere al corpo di respirare liberamente e di vivere alla massima intensità la natura e le percezioni che la stessa ci trasmette.

Se ci si vuole riferire allo stare nudi per mostrare il proprio corpo ad altri con il preciso e unico, o comunque predominante, scopo di stabilire il contatto visivo necessario alla valutazione e alla scelta delle persone con cui potersi poi unire per finalità sessuali,  beh allora alla parola nudismo è opportuno associare un aggettivazione che ne vada a specificare e delimitare il significato. L’ideale sarebbe quello di non usare nemmeno la parola nudismo, ma di fatto le persone stanno nude, indi praticano nudismo e risulta alquanto difficile trovare un termine differente (sarebbe come voler trovare un termine specifico per tutte quelle persone che da tessili frequentano locali e spiagge con il preciso scopo di “cuccare”, alias trovare qualcuno con cui fare sesso). Per altro chi non voglia alterare i fatti per malizia o interesse credo possa benissimo comprendere la differenza che ci passa tra una parola da sola e una parola aggettivata.

A questo punto, però, dobbiamo anche fare un’ulteriore distinzione, ovvero distinguere tra coloro che poi il sesso lo vanno a praticare in privato o in luoghi pubblici particolarmente isolati (la classica e tessilissima camporella) e coloro che invece lo praticano in pubblico, ovvero direttamente sulla spiaggia o nei suoi immediati dintorni, ma in ogni caso senza preoccuparsi della presenza di persone estranee e non consenzienti, anzi, queste possono anche essere la ciliegina sulla torta (combinando trasgressione, edonismo ed esibizionismo) .

I nudisti trasgressivi che praticano sesso in privato alla fine fanno esattamente quello che tantissimi giovani e meno giovani fanno sulle spiagge tessili, nelle discoteche, nei bar, nelle piazze, eccetera. E’ comunque bene comprendere che raramente risultano molesti e non più di quanto lo possano essere i tessili  quando vanno a “caccia” di compagnia sessuale,  basta un “no, grazie” per allontanarli, e alla fine come costoro facciano sesso e con chi lo facciano sono affari assolutamente loro, sui quali nulla si può dire ed eccepire.

Di quelli che praticano sesso in pubblico ne ho già abbondantemente parlato nella parte 1 e non è necessario aggiungere altro.

In conclusione, il nudismo trasgressivo ha in comune con il nudismo solo l’atteggiamento dello stare nudi, ma si distingue nettamente per metodi e finalità, talvolta anche per luoghi; gli unici a non distinguere correttamente le due cose sono i fomentatori, i falsi perbenisti e i giornalisti a caccia di scoop: costoro citano nei loro discorsi ed esibiscono in televisione o sulle riviste scene di nudismo trasgressivo se non addirittura di sesso comune, quale gli incontri nel club privè, che proprio nulla hanno a che fare con il nudismo e con i luoghi del nudismo, al solo scopo di denigrare artificiosamente il nudismo, spesso anche alterando volutamente la realtà o, comunque, riportandone solo quelle parti di comodo e ignorando tutte le altre, tutte quelle che smonterebbero i loro “castelli di sabbia”.

Il nudismo esibizionista

Se coloro che praticano il nudismo come approccio al sesso fatto pubblicamente sono una delle principali fonti di critiche verso il nudismo da parte del mondo tessile, coloro che lo praticano al solo fine di esibire se stessi  sono una delle principali motivazioni di discussione nell’ambito stesso del movimento nudista.

Se, infatti, i primi sono facilmente individuabili, questi ultimi, invece, spesso passano inosservati a chi non conosce le abitudini e gli atteggiamenti del nudista. Alcuni tessili, comunque, tendono ad accomunare le due cose arrivando a considerare tutti i nudisti degli esibizionisti: comprendere come ci si possa mettere nudi per il solo piacere di starci, senza motivazioni di esibizione o di carattere sessuale, è forse la cosa più difficile per chi nudista non è e vive il proprio corpo con atteggiamento edonistico, come molti, senza essere nudisti, fanno.

Allora, come riconoscere e distinguere un nudista esibizionista? Quali sono le principali forme di nudismo esibizionista?

La più semplice e diffusa è rappresentata da coloro che stanno per ore e ore in piedi, fermi e immobili, nel bel mezzo della spiaggia o, più tipicamente, sulla battigia, ove possono fingersi interessati e impegnati al bagnarsi i piedi, le gambe o parte del corpo (raramente se non mai li si vede in acqua a nuotare).

Poi troviamo coloro che passeggiano avanti e indietro per la spiaggia, senza sosta e, anche qui, per ore e ore. Sembrano anime senza pace ne riposo condannate al continuo errare. Risultano meno evidenti di chi sta fermo, ma possono essere ancor più fastidiosi dal punto di vista della pace e del relax, specie su spiagge strette ove nel loro errare sono costretti a passare vicinissimi alle persone ferme, inondandole di sabbia o di acqua.

Infine ci sono quelli che, standosene tranquilli al loro posto stesi sull’asciugamano o passeggiando con apparente noncuranza, si toccano con atteggiamento voluttuoso e sensuale cercando di suscitare negli spettatori, vittime di tale esibizione, chi reazioni di stupore, chi di eccitazione, chi ambedue le cose. Qui, però, siamo in una situazione di confine con il nudismo trasgressivo già esaminato.

I nudisti esibizionisti finiscono inevitabilmente con il richiamare l’attenzione dei tessili, specie nelle zone di confine tra spiaggia tessile e spiaggia nudista o dove innanzi la spiaggia ci sia un intenso traffico nautico, ma è proprio corretto associare questa forma di esibizionismo leggero alla presenza più o meno importante di nudisti e alla creazione di luoghi in cui praticare il nudismo?

Iniziamo da una considerazione molto, molto banale: l’esibizione di se stessi e del proprio corpo è uno degli aspetti più radicati nella società moderna, la società dell’apparire. Tutto, dall’abbigliamento ai profumi, dagli accessori agli atteggiamenti, viene studiato e indossato al preciso proposito di richiamare, più o meno coscientemente, l’attenzione su di se. Ecco che tale “esibizionismo” tessile inevitabilmente si riporta pari pari nella pratica del nudismo in chi è alle prime esperienze o in chi proprio non riesce a liberarsi dal concetto edonistico di se stesso e del proprio corpo.

Forte però è la resistenza e l’opposizione all’esibizionismo da parte della maggioranza dei nudisti, ossia di coloro che hanno abbandonato totalmente il concetto oggettivistico del corpo e praticano il nudismo proprio come forma di considerazione soggettiva del “se” e del “gli altri”: non più oggetti da esibire, da guardare e da usare, ma piuttosto essenze e presenze che completano l’armonia del vivere in natura.

Considerazioni, queste ultime, che portano ad altre osservazioni di tipo consequenziale:

1)      anche il nudismo esibizionista è eredità del pensiero e dei modi della società tessile;

2)      è pertanto assolutamente scorretto incolpare il nudismo per l’esistenza e la diffusione dell’esibizionismo, in qualsiasi forma lo si voglia vedere;

3)      la pratica del nudismo, in particolare di quello comunitario, tende nel tempo a far sparire gli eventuali atteggiamenti esibizionistici.

Continua nella Parte 3…


Fonti e consigli bibliografici

• “Il Corpo Nudo – Sociologia della nudità” Monia D’Ambrosio – Ed. Sylvia

• “I bambini, il senso di vergogna e gli abusi” Paul M. Bowman – Traduzione Marco Freddi

C’è nudismo e nudismo, facciamo chiarezza! (Parte 1)


La lingua italiana è una delle lingue più ricche di vocaboli, però non è sempre possibile chiamare le cose con termini specifici e non è infrequente che un’unica parola venga utilizzata per fare riferimento a situazioni anche fortemente diverse. E’ proprio il caso del nudismo, e allora andiamo a fare chiarezza, tenendo conto che è discorso assai complesso, che tra un estremo e l’altro ci stanno infinite variazioni, che non è possibile esaminare tutti i casi specifici ma ci si dovrà necessariamente limitare a trattare solo alcune situazioni. C’è anche da dire che trattasi di discorso assai lungo e volendolo esaminare con una certa precisione e un discreto livello di approfondimento è necessario suddividerlo in più capitoli, il primo, introduttivo, che individua ed elenca i principali utilizzi della parola nudismo, gli altri, di approfondimento, che entreranno nel merito di ogni singolo e specifico utilizzo. Data la lunghezza dell’articolo è altresì necessario pubblicarlo suddividendolo in tre parti, tra le quali è facile navigare mediante gli opportuni connettori (“Continua nella Parte …” / “… Segue dalla Parte”) in coda e in testa alle parti stesse.

Principali utilizzi della parola “nudismo”

Quali sono le situazioni di base per le quali, oggi, si utilizzano le parole nudismo e nudista? Inutile perdersi in iperboli discorsive, eccone direttamente l’elenco:
1) Naturismo
2) Nudismo
3) Nudismo trasgressivo
4) Nudismo esibizionista
Aggiungiamoci poi alcune situazioni che, pur essendo preesistenti al movimento nudista e figlie dei tabù introdotti dalla società tessile, vengono spesso confusi con il nudismo o allo stesso attribuite; situazioni, che andrò ad analizzare sotto l’unica voce di “alterazioni alla sfera sociale-sessuale”:
5) Esibizionismo
6) Edonismo sessuale
7) Autoerotismo pubblico
8) Violenza sessuale
Per l’analisi di dettaglio partiamo proprio da quest’ultimo gruppo di situazioni, che, di fatto, più si allontanano dalla visione nudista: nudo non è sinonimo di sesso.

Le alterazioni alla sfera socio-sessuale

Come detto queste situazioni non hanno in realtà nulla a che vedere con l’ideale del nudismo, ma ad esso sono spesso accomunate dalla società tessile e dai media per un’errata interpretazione delle cose, nonché, per maliziosi e tendenziosi giochi di convenienza e scoop giornalistico.
Esibizionismo, edonismo sessuale, autoerotismo pubblico, violenza sessuale sono tutti atteggiamenti che preesistevano alla nascita del pensiero nudista, non si possono pertanto in nessun modo attribuire al nudismo. Purtroppo i soggetti che praticano tali attività, con l’unica eccezione della violenza sessuale, hanno trovato sulle spiagge nudiste il modo di mascherarsi ed esercitare le loro alterazioni con un’apparente maggiore tranquillità e sicurezza. Se, però, approfondiamo di più l’argomento e le diverse situazioni, possiamo capire perché alla fine la realtà è ben diversa da quello che sembra e che taluni affermano.
Ovviamente non prendo in considerazione nessuna attività che venga praticata in luogo privato e nella riservatezza, che di fatto non possono considerarsi alterazioni della sfera socio-sessuale e non formano atti di violenza su nessuno.

Pur nella contestualizzazione comune che vede gli esibizionisti operare in luoghi pubblici, l’esibizionismo si applica secondo due correnti di pensiero: coloro che si esibiscono innanzi ad altri consenzienti e coloro che si esibiscono innanzi a persone ignare e non consenzienti. Il primo caso possiamo accomunarlo a quello dell’edonismo sessuale e potrebbe al limite sfociare nel nudismo esibizionista; il secondo caso è invece quello più tipico e riportato da sempre in centinaia se non migliaia di barzellette e aneddoti. Coloro che praticano quest’ultima forma di esibizionismo godono, ovviamente, delle reazioni di stupore, d’indignazione, di paura che possono indurre nelle loro vittime; ma… che stupore, indignazione, paura possono indurre in chi pratica il nudismo ed è abituato a vedere le persone nude? Ecco che costoro di certo non andranno a praticare su di una spiaggia nudista, pertanto non si può affermare che le strutture nudiste siano un ricettacolo di pericolosi esibizionisti, questi sono piuttosto attratti dai luoghi più o meno scuri frequentati da tessili: cinema, discoteche, ritrovi per fidanzati (camporella) e via dicendo.

L’edonismo sessuale, ovvero l’elevazione del godimento sessuale a unica finalità delle propria vita e, nel caso specifico, alla pratica delle attività sessuali in pubblico, può certamente trovare motivo di collocarsi sulle spiagge nudiste e nelle altre situazioni di nudismo, nessuno lo vuole negare. Resta però il fatto che tali atteggiamenti, in quanto preesistenti al nudismo, non sono una sua conseguenza, ma in esso trovano solo un modo per celarsi: in un ambiente in cui tutti sono nudi diventa più facile mostrarsi e valutare la “merce” da altri offerta. D’altra parte, però, la nudità viene a togliere aspetti edonistici importanti, quali la stimolazione dell’appetito sessuale notoriamente meglio provocato da opportuno abbigliamento che dalla nudità; questo rappresenta un freno importante a tale pratica, che alla fine risulta essere molto di nicchia e facilmente contrastabile da mirati controlli delle forze dell’ordine, si aggiunga, poi, che i nudisti osteggiano apertamente le attività sessuali pubbliche nei loro pochi e limitati siti. Per questo, in particolare all’estero, si formano zone ben distinte, anche se talvolta limitrofe tra loro: una frequentata da soli nudisti, l’altra frequentata da soli ricercatori di sesso. E’ vero che non è facile distinguere le due zone, ma di questo non si può farne colpa ai nudisti, che, nel limite delle loro possibilità (spesso manca l’appoggio delle forze dell’ordine o, addirittura, queste si mostrano più attive nell’allontanare i nudisti che gli edonisti e gli esibizionisti), cercano di allontanare le persone sospette o che manifestano apertamente atteggiamento edonistico.

L’autoerotismo pubblico è in tutto e per tutto assimilabile al discorso fatto per l’edonismo sessuale, l’unica differenza è che tali soggetti sono spesso più sollecitati ed eccitati da chi non li accetta piuttosto che da chi li accetta e quindi solo in parte si auto esiliano nelle eventuali zone riservate all’edonismo sessuale. Che dire … innanzitutto si deve rilevare che questi personaggi da tempo immemore sono profondamente insediati nel tessuto sociale, la loro presenza non è certamente imputabile alla presenza di persone nude che per eccitarli basta un comunissimo costume, ma anche una minigonna o un vestito attillato; poi annotiamo che sono praticamente presenti ovunque, che, pur essendo fatto assai noto, nessuno ha mai dato colpa alle coppiette che si appartano in camporella di ingenerare il loro assembramento, magari su una spiaggia nudista si sentono autorizzati a palesarsi, ma i nudisti di certo non aggradano la loro presenza sebbene, per il già citato poco mancato appoggio delle forze dell’ordine, siano talvolta costretti a tollerarla per evitare di mettere in pericolo la propria incolumità. Ma se proprio, proprio vogliamo comunque insistere nell’affermare che una spiaggia nudista rappresenti un’attrattiva importante per gli autoerotonami, beh, allora dobbiamo anche sostenere che le spiagge nudiste sono un importante compendio sociale dato che fanno sparire tali personaggi dalle spiagge tessili.

Il discorso della violenza sessuale, infine, non è proprio da prendersi in considerazione: non esistono notizie di violenze sessuali perpetrate in ambienti a frequentazione nudista. Senza nessuna pretesa di scientificità, si potrebbe sospettare che la visione del nudo possa inibire il violentatore. Certo è che la violenza sessuale, come tutte le altre alterazioni socio-sessuali, è assolutamente sconosciuta nelle comunità nudiste e lo era nelle popolazioni allo stato primitivo che, per l’appunto, vivendo nella nudità, non davano al nudo una valenza imprescindibilmente sessuale.

Continua nella Parte 2…


Fonti e consigli bibliografici

• “Il Corpo Nudo – Sociologia della nudità” Monia D’Ambrosio – Ed. Sylvia

• “I bambini, il senso di vergogna e gli abusi” Paul M. Bowman – Traduzione Marco Freddi

“Lido di Dante e le castronerie ricorrenti” di a_fenice


Articolo interessante e chiarificatore scritto da un mio collega e amico del magazine iNudisti.

“Non ce la faccio più a sentire e leggere le assurdità più varie su divieti a autorizzazioni al nudismo a Lido di Dante. Mi decido e la racconto finalmente per ciò che è, sic et simpliciter.”

Lido di Dante e le castronerie ricorrenti

Marina di Camerota: la Delibera


Pubblichiamo la Delibera che autorizza la pratica nudista sulla spiaggia del Troncone a Marina di Camerota. Purtroppo non è più possibile accedere all’originale sul sito di detto Comune, quindi inseriamo qui le immagini ottenute da scansione.

Vogliamo far notare che sia questa Delibera che l’Ordinanza del Comune di Jesolo sono nella prima parte sostanzialmente identiche alla Delibera del Comune di San Vincenzo relativa al Nido dell’Aquila, infatti quest’ultima Delibera è stata documento fondamentale per arrivare a queste due nuove autorizzazioni (anche se quella di Jesolo è da considerarsi per ora solo a tempo determinato), si deve rendere merito di questo a chi ha duramente lavorato per ottenerla e sta ancora lavorando alacramente per migliorare le opportunità offerte dalla zona: Daniele Licarrotti.

Leggi l’articolo nella e-Zine de iNudisti

Jesolo, Laguna del Mort, ecco l’Ordinanza


Finalmente è stata ufficializzata questa spiaggia nudista attraverso la pubblicazione sul sito del Comune di Jesolo dell’Ordinanza relativa.

Diversi sono i dubbi che sorgono dalla sua lettura, a partire dalla scelta di emettere un’Ordinanza anzichè, come prassi e logica vorrebbero, una Delibera, passando per l’imposizione di una limitazione temporale all’utilizzo della spiaggia, per finire con il divieto di praticare nudismo in altri luoghi del Comune di Jesolo.

Leggi l’articolo nella e-Zine de iNudisti.

Come e perchè sono diventato nudista


Si nasce nudi, ma in un mondo che, per un’infiità di motivazioni più o meno comprensibili, di massima accetta il nudo solo nei bambini molto piccoli. Però, ormai da diversi anni, nella società, per così dire, tessile si sono formati dei piccoli buchi, dei gruppi di persone che, al contrario, accettano e praticano la nudità come via di condivisione naturale dell’essere e come mezzo per abolire ogni tipo di barriera fisica e psicologica nella vita in comune. Costoro, che andiamo a definire nudisti, come sono arrivati a tale pratica? Come si sono formati nel loro pensiero che diviene quasi un credo? Difficile, molto difficile rispondere, esiste una risposta per ogni persona. Di certo il più delle volte, come documentato in questo mio autoscatto, le cose non hanno un perchè e un per come, avvengono spontaneamanete, per una somma di fattori che pian piano ci riportano alla nostra infanzia e ci fanno ricordare il piacere e la libertà della nudità, quasi ad arrivare ad affermare che … “del resto, formalmente, tutti si nasce nudisti”!

Ma ripartiamo dall’inizio e vediamo con calma, passo passo, quella che è stata, per l’appunto, la mia storia, l’evoluzione delle cose e del pensiero che mi ha portato ad abbracciare questo stile di vita, che poi, sotto sotto, è anche una filosofia!

Ormai, a cinquant’anni passati, le cose, i ricordi della mia vita sono in parte sfumati se non addirittura svaniti. Certo è che, come tutti, sono nato nudo, indi tecnicamente nudista, che ho passato, come tantissimi bebè, i primissimi anni della mia vita stando spesso nudo, che venivo senza pudore esibito nudo dai miei genitori nelle fotografie di rito e talvolta anche dal vero, che in spiaggia potevo starmene pacificamente nudo a giocare con gli altri bambini e bambine, pure loro nudi, senza problemi.
Contemporaneamente, però, data la visione sociale dei tempi (beh, invero ancora oggi molto non è cambiato) venivo cresciuto nella cultura dell’abbigliarsi, venivo educato all’abbigliarsi, così quando mi toccò l’inevitabile incollamento del costumino forse quasi manco ci badai, magari qualche pianto iniziale (già, perché mai mettersi quel coso che schiaccia pisellino e contorno e li fa sudare inutilmente), ma poi mi sono evidentemente piegato al volere dei genitori ed è iniziata la mia lunga carriera di tessile più o meno convinto.

Per almeno una decina d’anni non ritornai più col pensiero al piacere a alla naturalezza del nudo infantile, ma quando iniziai a praticare la pesca subacquea e spesso mi ritrovavo solo in riva al lago, ecco che qualcosa si fece eco in me e cominciai a cambiarmi il costume bagnato così dove mi trovavo, tanto nessuno poteva vedermi; ci furono occasioni in cui provai anche a stare nudo per prendere il sole e riposarmi dopo la pescata. Erano sempre e comunque occasioni fugaci e determinate dall’assoluta solitudine, ma comunque occasioni che iniziavano a inseminare nella mia mente, senza che me ne rendessi conto, dei dubbi sulla correttezza dell’educazione tessile o, per meglio dire, del considerare il nudo come qualcosa di sporco e da evitare assolutamente se non in limitatissimi contesti, quale la doccia nel propio bagno di casa.
Il colpo quasi di grazia arrivò quando mi iscrissi al corso di sommozzatore: primo giorno di lezione, arrivo in piscina, entro nello spogliatoio, piglio il costume dalla borsa e faccio per avviarmi ai camerini quando girandomi mi trovo davanti due uomini completamente nudi, a metà tra lo sgomento (ai tempi mai mi sarei aspettato un tale libero atteggiamento) e l’indecisione mi guardo un attimo attorno e noto che anche quasi tutti gli altri presenti si cambiano tranquillamente in pubblico. Indecisione risolta e con mia piena impensata soddisfazione posso cambiarmi senza ricorrere ai camerini o a pericolosi equilibrismi nell’asciugamano. Non parliamo poi di quando all’uscita finale a mare ci fanno cambiare nella cabina di pilotaggio, in presenza dei due piloti e a gruppi di tre (alcuni, se non ricordo male, perfino misti: donne e uomini assieme).
Ormai era fatta, m’ero abituato alla nudità pubblica, sebbene limitata alla presenza di persone del mio stesso sesso. Da questo momento iniziò la sofferenza del cambiarsi cercando di nascondersi, cominciai a notare come chi lo faceva nascosto nell’asciugamano in realtà non faceva altro che attirare l’attenzione (specie se si trattava di una donna) di molte persone, le quali stavano li a guardare nella speranza che l’asciugamano si aprisse o cadesse a terra. Ma che cavolo ci sarà poi da guardare? Non siamo fatti tutti allo stesso modo? Beh, si le donne sono diverse, ma che male c’è se ci si cambia senza patemi, sono poi pochi secondi di nudità? Queste e altre domande cominciarono a passarmi per la testa quando mi toccava di cambiarmi o quando vedevo altri che si cambiavano nascondendosi alla meglio o percorrendo centinai di metri sulla sabbia bollente per raggiungere i camerini (che poi al lago raramente, specie dove andavo io, c’erano). Solo nei mesi non estivi, grazie il non frequentare più le spiagge, il mio patire spariva: pensavo a sciare e a tante altre cose che mi tenevano distolta la mente.

Vennero gli anni dell’alpinismo e mollai la pesca, con essa sparirono anche le spiagge e i relativi pensieri “filosofici” sul cambiarsi e sull’esposizione del corpo nudo. Un giorno, però, televisioni e giornali iniziarono a parlare dei nudisti, di queste persone che predicavano il culto della nudità pubblica come rispetto di se stessi e degli altri, come superamento delle barriere psicologiche dell’abbigliamento, come ritorno alla naturalità e all’inte(g)razione con la natura. Iniziarono i discorsi tra amici, la maggior parte di questi erano di diffidenza (“ma sono degli esaltati”), di vergogna (“beh, io non lo farò mai”) o di morbosità (“che bello domenica vado in quel posto e mi lustro gli occhi”), rarissimamente, comunque, (almeno tra i mie amici) di repulsione o denuncia. Io, timido e riservato, non mi esponevo verbalmente, ma tra me e me pensavo e mi chiedevo cosa mai ci fosse di strano nel nudismo e nei nudisti, cosa ci fosse da temere o da guardare.
Passarono così un poco di anni e l’eco delle prime masse nudiste scomparve, vuoi perché il costume generale s’era un poco evoluto (nessuno più si scandalizzava per il bikini e le minigonne, sulle riviste e in televisione apparivano sempre più spesso donne quasi nude se non nude del tutto, in diverse spiagge le donne ormai potevano mettersi a seno nudo), vuoi perché si comprese che i nudisti non erano un pericolo per la società, si appartavano nelle loro spiagge piccole e isolate e non obbligavano nessuno a spogliarsi (mitico un episodio riportato dai giornali dell’epoca e che ricordo ancora nitidamente: due signore anziane che passavano nei pressi di una spiaggia, vedendo alcune donne a seno nudo chiamarono i vigili e questi risposero loro “signore mie se vi da fastidio guardate da un’altra parte”), vuoi perché i nudisti, quantomeno in Italia, si chiusero a riccio e smisero di fare proselitismo.

Con la sparizione dell’interesse mediatico sulle presenze nudiste, scomparvero le discussioni sulla questione e scomparvero nuovamente anche i miei pensieri, fatta salva l’abitudine ormai consolidata di non farsi problemi a cambiarsi senza nascondersi ed era cosa che, facendo alpinismo, capitava di frequente: nei rifugi lo spazio è quello che è e quando si è fradici per la pioggia non si può certo rimandare il cambiarsi; quando rientrati alle macchine sotto la pioggia torrenziale ci si deve cambiare completamente magari sotto un albero , una piccola tettoia o nella macchina stessa, gli altri mica si possono lasciare all’’aperto a prendere ancora freddo e acqua; e via dicendo.

Arriviamo così agli anni 2000, causa problemi fisici che già m’avevano portato a ridurre notevolmente l’attività alpinistica, devo pressoché rinunciare ad andare in montagna, ma non posso rinunciare allo sport e allora? Allora ritorno alla mia vecchia passione: l’apnea.
Con il ritorno all’acqua, si ripresenta forte e costante la questione del cambiarsi, in piscina scopro che nei corsi è ormai cosa normalissima non usare più i camerini e succede anche fuori dai corsi, addirittura mi capita di trovarmi nudo mentre entrano in spogliatoio mamme con i figli e queste manco mi notano, comprendo che ci sono abituate e qui sorgono alcune domande: ma perché le mamme seguono i figli maschi mentre i papà devono stare nello spogliatoio maschile anche se entrano con le figlie? ma alla fine perché ancora ci sono spogliatoi separati? Non sarebbe, visto che spesso ci si trova ad avere un’area vitale molto limitata, un’utile ottimizzazione degli spazi fare spogliatoi comuni?
Poco dopo riprendo a pescare e così torno a frequentare il mio vecchio amato posto di pesca (la Rocca di Manerba) e scopro che è diventato una consolidata e frequentatissima zona nudista. Ci torno più volte e ogni volta il fastidio del costume diventa sempre più forte; quando sono solo (ovvero senza amici o parenti) inizio anche a togliermelo, più che altro per cambiarmi, ma facendolo sempre più lentamente e godendomi sempre più il momento di libertà, la sensazione di non essere un oggetto ma una persona, di essere quello che sono e non quello che gli stereotipi sociali vorrebbero che io appaia. Nessuno mi guarda, nessuno bada alla mia nudità, come io non bado a quella degli altri, non faccio confronti, non faccio osservazioni.

A quel punto mancava solo l’ultimo definitivo passo: l’inserimento in una comunità nudista. Detto fatto, poche ricerche su Internet e trovo decine di siti che parlano di nudismo, alcuni riguardano le Associazioni Naturiste, uno mi colpisce in particolare per la completezza dell’esposizione e la disponibilità di un forum a lettura libera. Per qualche giorno mi limito, come netiquette comanda, a leggere i vari messaggi, poi mi registro e infine inizio a scrivere. In seguito diventerò moderatore e poi coamministratore di questo sito, conoscerò tante splendide persone, parteciperò a incontri e raduni decretando il mio definitivo e totale ingresso nel mondo del nudismo e come accade per tutti coloro che diventano nudisti, non potrò più fare a meno di stare nudo il più possibile, attaccando a questo, per mia tipica natura, l’impegno in prima persona per la diffusione dell’ideale nudista. Eccomi quindi qui a scrivere questi articoli, ad emozionarmi per le sensazioni che descrivo, ad innervosirmi per l’incomprensione verso questo meraviglio mondo che è il nudismo, ad arrabbiarmi per l’ipocrisia che invade la società odierna.
Ma questa è storia contemporanea, non ho bisogno di scriverla, partecipo a farla.