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Auguri 2024


Anche questo 2023 ormai volge alla fine, è giunta l’ora di dirgli addio e salutare l’arrivo del nuovo anno.

Buon Natale, buone feste, ma soprattutto buon anno nuovo e che sia un anno pieno di splendide novità, di tanta sincerità, di crescita del giusto spirito ecologista, di ampia rinormalizzazione del nudo.

Essere ecologisti


C’è chi manifesta contro cave e cementifici ma poi non rinuncia alla casa in cemento.

Si protesta per le discariche ma non si attuano quei comportamenti che possono ridurre i rifiuti indifferenziati.

Ci si lamenta del traffico ma si usa l’auto anche per fare poca strada.

Si fa un gran parlare di esaurimento delle risorse naturali ma ci si ribella contro chi evidenzia che questo problema è determinato, in maggior percentuale, dall’eccesso di popolazione.

Si usano come il prezzemolo parole quali ecologia, sostenibilità, ecoturismo, rispetto ambientale poi non solo ci si ostina a usare l’abbigliamento, sicura fonte di inquinamento ambientale, ma addirittura si ostacolano o si criminalizzano coloro che, stando nudi, realmente vivono in modo ecologico, sostenibilte, rispettoso.

Invece di lamentarsi sarebbe opportuno cambiare innanzitutto il proprio modo di agire, si inizi con la cosa più facile, economica e salutare: l’abbandono delle vesti!

Ambientalismo criminale


Trasmissione sulla natura in televisione, un esperto parla di come sia necessario tornare a curare la montagna per contenere gli effetti disastrosi delle piogge intense, peccato non venga detto che a questo si è arrivati a seguito dell’idea ambientalista “la natura va lasciata a se stessa, il bosco si arrangia da solo”. Ecco come si arrangia da solo: migliaia di alberi morti e di rami secchi che al minimo colpo di vento crollano a terra aggiungendosi ai quintali di foglie morte per formare uno spesso strato di materiale impenetrabile alle piogge e da queste trascinato a valle dalle piogge andando a sfondare ogni ostacolo incontrato e a ostruire ogni forma di contenimento provocando inestimabili danni (e non solo alle strutture costruite dall’uomo, ma anche a quelle costruite dagli altri essere viventi).

Altra trasmissioni televisiva, presentatori e ospiti si accaniscono contro la plastica ree di inquinare l’ambiente, peccato che siano tutti vestiti e, per di più, con abiti sintetici e colorati. Se le botttigliette si possono gestire in modo adeguato ed ecologico, le microplastiche rilasciati dall’abbigliamento e dal suo lavaggio non si possono gestire: infatti rappresentano più di un terzo delle microplastiche in esso presenti.

Il tam tam mediatico ambientalista ed ecologista ha indotto molte persone a colpevolizzare le bottigliette usa e getta o le borracce in plastica per pubblicizzare le bottiglie in vetro e le borracce in metallo aventi il pregio di poter essere riutilizzate. Peccato nessuno tenga conto dell’elevata produzione di CO2 legata ai processi produttivi di tali prodotti e del fatto che prima o poi non potranno più essere riutilizzati: andranno a quel punto smaltiti, processo che presenta con maggiore complessità rispetto a quello della plastica (comunque riutilizzabile a lungo), oggi realizzabile con sostanza naturali assolutamente biodegradabili e con un bassissimo impatto sulla CO2.

Ambientalisti scendono in piazza per impedire l’apertura di nuove cave di marmo o cemento, peccato nessuno di loro rinunci alle case in cemento, ai pavimenti in marmo, eccetera, eccetera.

Non esiste un programma o un documentario naturalistico che evidenzino i danni prodotti dai veleni rilasciati in natura da chi ci cammina vestito: gli abiti per effetto della luce, del calore e del sudore rilasciano tonnellate di veleni. Certo si possono ridurre utilizzando vestiti non colorati e tessuti naturali, ma perchè non azzerarli (a costo zero) eliminando gli abiti?

Mi fermo qui ma si potrebbero fare altri esempi.

Benissimo aver cura dell’ambiente, ottimo cercare di essere ecologici, ma facciamolo con la testa: il sentito dire, il propagandato, l’inculcato da media e associazioni varie non sempre sono le soluzioni migliori, non sempre sono proposte valide, non sempre sono azioni esenti da difetti, spesso sono proposte fondate sull’effetto dirompente e forme di convenienza economica e/o politica.

Il vero ambientalismo, la corretta ecologia:

  • prevedono un impegno globale, non solo dove conviene;
  • necessitano di testa, non solo di cuore;
  • impongono il superamento di tabù sociali, come quello del nudo.

L’imbroglio eco demografico


Photo by Rene Asmussen on Pexels.com

Sono anni che lo dico, ovviamene non per mia ipotesi ma sulla base di documenti scientifici che ho letto, e finalmente vedo che altri si stanno allineando su questo: sul pianeta Terra siamo diventati troppi e per mantenerci consumiamo risorse naturali in quantità assai superiore a quella che la natura è in grado di produrre e rigenerare, inevitabile, di conseguenza, il progressivo esaurimento di tali risorse.
Incomprensibilmente persino tra gli ecologisti pochi sono coloro che lo mettono in evidenza (ecco un interessante articolo di Pinelli che, pur mirando ad altro, parte proprio da qui), mentre molti danno supporto alle “storielle” che politici e altre figure più o meno istituzionali ci propinano sul pericolo derivante dalla riduzione delle nascite…

Meno giovani al lavoro uguale difficoltà di pagare le pensioni!

Volutamente si tralascia il fatto che la pensione non è un regalo ma la parziale restituzione di quanto è stato in vita lavoro versato. Si nascondono e/o si dimenticano anche le scelte sconsiderate del passato, quali la pensione retributiva e le baby pensioni, che hanno, queste si, elargito regali andando progressivamente a svuotare le casse pensionistiche. Per non parlare della poco oculata gestione di quei soldi versati: mangiati per pagare altre questioni o stipendi istituzionali irragionevolmente alti.

Meno persone, meno soldi per la spesa pubblica, ad esempio ospedali!

Si nasconde il lato più realistico della questione: gli sperperi, le parcelle stratosferiche, le strutture costruite e poi abbandonate, l'infiltrazione criminale, l'evasione fiscale non combattuta con efficienza. In merito agli ospedali (una delle spese pubbliche più spesso tirata in ballo in quanto fa maggior presa sulle persone) bisogna fare anche un altro tipo di considerazione: meno gente uguale a meno ammalati, a un più facile controllo sanitario territoriale di conseguenza una ulteriore riduzione degli ospedalizzati e, degli ammalati in genere, alla fine meno gente uguale a meno spese ospedaliere. Bisogna inoltre ricordarsi che l'obiettivo primario della sanità dovrebbe essere quello di mantenerci in ottima salute, non di curarci quando ammalati.

A livello generale viene nascosto che, come una oculata analisi dei dati può facilmente dimostrare, il calo delle nascite è ben lontano dal provocare una riduzione demografica ma si limita al rallentamento della sua crescita (tant’è che la popolazione mondiale prevista per il futuro e ben maggiore di quella attuale), allora viene da chiedersi:

  • Perché pochi evidenziano la questione e il relativo pericolo?
  • A chi fa comodo la crescita demografica?
  • Chi può avere un tornaconto dalla crescita demografica anche sapendo che questa inevitabilmente annienterà (e non in un tempo poi tanto lungo) le risorse che ci danno la vita e, quindi, distruggerà la vita stessa?
Photo by Aleksandar Pasaric on Pexels.com

Perché il nudismo è ecologico


Il nudismo è ecologico perché…

  • La produzione dei tessuti, in particolare sintetici ma anche naturali, produce inquinamento.
  • La produzione di tessuti naturali richiede lo sfruttamento industriale delle risorse prime (allevamenti intensivi, piantagioni estese) e relativo alto livello di inquinamento (occupazione del suolo per la costruzione delle necessarie strutture edilizie, scarico di acque inquinate, eccetera).
  • La colorazione dei tessuti produce inquinamento.
  • La produzione dei vestiti produce inquinamento.
  • I vestiti, sotto l’effetto del calore e della luce, rilasciano sostanze volatili inquinanti.
  • Eventuali strusciamenti contro rami, spine o rocce lasciano in ambiente più o meno evidenti ma pur sempre inquinanti brandelli di tessuto.
  • Il lavaggio dei vestiti necessita sempre di detersivi, mentre il corpo in alcuni casi può essere lavato solo con acqua..
  • I vestiti vanno lavati con frequenza assai maggiore di quella del corpo.
  • Il lavaggio dei vestiti richiede una maggiore quantità di acqua, detersivo ed energia elettrica.
  • Il lavaggio dei vestiti produce notevole inquinamento diretto (scarico delle acque con saponi e residui di lavaggio, tra i quali è stato appurato esserci un alto livello di microplastiche) e indiretto (inquinamento derivante dalle fabbriche di lavatrici).
  • I vestiti prima o poi diventano rifiuti, alcuni riciclabili, altri no.
  • Lo smaltimento dei rifiuti, per quanto corretto possa essere, produce inquinamento e scarti inquinanti.
  • Il riciclo spesso prevede un trattamento chimico e meccanico del rifiuto con relativo inquinamento.

Aiutiamo l’ambiente


Dai una mano all’ambiente, riduci al minimo l’uso dell’abbigliamento!

#nudièecologia #nudièsostenibilità #nudiènormale #nudièmeglio

Illogico ed insano pudore ecologista


A fronte di evidenti prove materiali, ecologia ed ecologisti evitano di parlare della necessità di minimizzare l’uso delle vesti, una delle principali fonti di microplastiche e inquinanti chimici (sia in fase di produzione che poi nel loro utilizzo e lavaggio).

#VivAlpe 2020: escursioni inclusive


Come ormai avviene da diversi anni, anche per il 2020 ho predisposto un calendario di escursioni appositamente studiate e programmate per poter essere condivise con gli amici del blog.

Come ben sa che mi segue da un minimo di tempo, trattasi di escursioni finalizzate all’inclusione nell’ambiente montano. Si, inclusione, inclusione perchè quello che faccio per mio conto e quello che propongo attraverso VivAlpe va ben oltre il camminare in montagna, va oltre anche la tanto ricercata integrazione con la montagna. Il mio modo di andare per monti, infatti, elimina ogni barriera mentale e fisica tra persona e ambiente, e porta l’escursionista a essere parte stessa del monte, esattamente come lo sono tutti gli altri esseri viventi o non viventi che lo circondano: animali, vegetali e minerali.

L’inclusione è indissolubilmente legata allo spogliarsi: spogliarsi delle paure ataviche nei confronti di un ambiente oggi estraneo ai più, persino a molti di coloro che in montagna ci vivono e/o ci lavorano; spogliarsi dei condizionamenti mentali conseguenti alle tante legende sulla montagna, all’artificiosa imposizione del vestiario, al costruito innaturale concetto di anormalità del corpo nudo; spogliarsi, infine, fisicamente dei vestiti, tutti i vestiti, unica eccezione le calzature che, vista la lunghezza dei percorsi e loro connotazione, per motivi di sicurezza è comunque il più delle volte necessario indossare.

Ecco che nelle escursioni di VivAlpe, per quanto facoltativa, è prevista la nudità, una nudità semplice, sincera, sana, ecologica, educativa e naturale, una nudità, come detto, necessaria all’inclusione montana, una nudità, purtroppo, ad oggi limitata all’interno di innaturali confini.

Confini che mi impongono un’accurata selezione dei percorsi, escludendo tutti quegli itinerari classici dove è quasi certo incontrare molte persone, cercando di limitare al massimo le zone antropizzate, i passaggi nelle immediate vicinanze di rifugi e altre strutture abitative di montagna, la percorrenza di strade e stradine aperte al traffico.

Nel caso dei percorsi super frequentati è un’esclusione che poco disturba, anzi, è addirittura funzionale all’inclusione. Certo dispiace dover escludere alcuni interessanti itinerari solo perché intersecano necessariamente sentieri battuti, solo perché hanno uno o più tratti su strade o stradine, solo perché accostano qualche rifugio. Dispiace che alla fine venga a crearsi un ventaglio di possibilità più limitato rispetto a quello disponibile all’escursionismo vestito. Certo è possibile, e lo facciamo, coprirsi nel passaggio dalle zone o dai tratti “a rischio”, ma è comunque un gesto fastidioso, un’azione che inibisce l’inclusione, un’imposizione senza senso agita da poche persone che pretendono di condizionare il comportamento di tutti gli altri, un’imposizione sentimentalmente avulsa alla stragrande maggioranza delle persone, un’imposizione ad oggi ancora più o meno volontariamente e direttamente supportata dalle istituzioni locali e nazionali.

VivAlpe, nel convivere con tale situazione, cerca nel contempo di operare ai fini della rinormalizzaizone del nudo. Si, rinormalizzazione, perché tutto sommato, nel lungo novero dell’esistenza dell’uomo, sono ben pochi gli anni di ostilità vero il nudo e, volenti o nolenti, la nudità è parte stessa della nostra natura, come ben dimostra l’atteggiamento dei neonati e dei bambini nei loro primi anni di vita: stare nudi è per loro assolutamente normale e sono del tutto indifferenti al nudo, sia quello di altri loro coetanei che quello di adulti, siano essi dello stesso che di altro sesso.

Sono e siamo convinti che l’esempio pratico possa fare più di qualsiasi altra forma di convincimento, in particolare molto più dell’impervio tentativo di far approvare leggi regionali o nazionali, talvolta andato a buon fine ma sempre reso inutile o addirittura pericoloso dalla loro specifica formulazione. A conti fatti la legge ad oggi esistente non aiuta ma nemmeno ostacola la nudità pubblica, esiste solo una convenzione giuridica che, stranamente, fatica ad essere completamente superata, qualche passo c’è stato, ma, per come funzionano le cose in Italia, pur sempre troppo poco.

Ma non voglio cadere nel comune errore del lamento, torniamo al novero dell’articolo: VivAlpe.

Seppure sia probabilmente la forma più pura di naturismo, anzi forse l’unica attività che possa per logica e semantica definirsi naturista, preferisco evitare l’utilizzo di tale aggettivo che, alla fine, lungi dall’apportare vantaggi, nella sua ambiguità etimologica, nella sua sostanza aspecifica, contribuisce a una comunicazione inefficiente.

Evito anche l’appellativo di nudista, usato a lungo mi sono poi reso conto che il solo fatto di utilizzarlo in modo sistematico definisce un’identità differente, distaccata, avulsa al mondo comune, quindi contribuisce a rinforzare la convinzione di anormalità del corpo nudo, inibisce anziché stimolare la rinormalizzazione del nudo.

Parlo e invito a parlare solo di nudo e di nudità, facendolo solo quando proprio necessario e non per aggettivare le nostre attività che, nel caso di VivAlpe, sono solo ed esclusivamente escursioni, escursioni come quelle di tutti gli altri, caso mai hanno in più il carattere dell’inclusività e così…

VivAlpe non è escursioni naturiste, VivAlpe non è escursioni nudiste, VivAlpe non è nemmeno escursioni nude o in nudità, VivAlpe non è qualcosa in antitesi con l’escursionismo classico, VivAlpe non si pone in alternativa ad altro, VivAlpe è VivAlpe e basta, caso mai VivAlpe è solo ed esclusivamente inclusione ambientale.

Clicca sulla locandina sotto per accedere alla pagina eventi.

Sostenibilità


Photo by Artem Beliaikin on Pexels.com

Dal numero di novembre 2019 della rivista “Montagne360” del Club Alpino Italiano, “Abbigliamento sportivo e sostenibilità: il ruolo del CAI”

Si stima che oggi si producano oltre il 400% di capi moda in più rispetto a 20 anni fa, articoli che per lo più restano inutilizzati, e gettati a tonnellate, diventando rifiuti ben prima della fine della loro vita utile, spesso ancor prima del suo inizio.

L’insieme di queste circostanze crea le condizioni affinché questo settore produttivo sia da annoverare tra le realtà che influiscono maggiormente sulle problematiche ambientali del nostro pianeta, facendone una delle industrie più inquinanti al mondo dopo quella petrolchimica e rendendo la produzione di vestiti un fattore determinante per controllare lo stato di salute del pianeta.

L’ultimo rapporto ISPRA sui rifiuti speciali stima che il 37,4% dei rifiuti non pericolosi del manifatturiero provenga dal tessile, abbiglaimento e industria conciaria.

Quando laviamo gli abiti sintetici, queste microplastiche si separano da loro e finiscono nei fiumi e nel mare, infettando l’ambiente e i pesci poiché, avendo un diametro massimo di pochi millimetri, vengono filtrate solo in parte dagli attuali impianti di depurazione.

Certo si possono studiare tessuti sintetici che non rilascino microplastica, si possono donare ai tessuti naturali qualità simili a quelle dei tessuti sintetici, si possono creare filtri più efficienti, resta il fatto che per queste azioni ci vuole tempo, probabilmente troppo tempo, e denaro, investimenti da parte delle aziende e maggiori costi per noi tutti.

Esiste una soluzione molto pratica, immediata e per nulla costosa: ridurre al minimo possibile l’utilizzo dell’abbigliamento, ovvero recuperare il concetto di normalità del nudo e abbandonare le inutili e innaturali ostilità verso la vita nuda.

Nudismo uguale sostenibilità ambientale ed ecologia, constatazione innegabile e che, oggi, deve necessariamente prendere una posizione di rilievo nella coscienza pubblica, sociale e politica in merito all’ambiente, ai cambiamenti climatici, alla sostenibilità in genere.

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Clima, è tutta colpa nostra?


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Iniziamo dicendo che si, è colpa nostra, proseguiamo, però, come logica vuole, chiedendoci di quale colpa parliamo: abbiamo modificato il clima o solo velocizzato dei cambiamenti che sarebbero comunque avvenuti? Ecco, ci sono due cose che ho studiato ancora tanti anni addietro:

  • l’asse terrestre è in lenta ma continua rotazione portando un diverso posizionamento del pianeta rispetto al sole;
  • il sistema solare è in contrazione e la terra si sta avvicinando al sole, conseguentemente ci sono l’innalzamento delle temperature medie e un maggior influsso delle perturbazioni solari.

Negli anni a seguire non ho letto nulla che le negasse. Una mia svista? Ho perso io qualcosa? Può essere, le reti sociali sono relativamente recenti, di certo molto più giovani rispetto ai tempi a cui sto facendo riferimento e allora era più difficile mantenersi in costante aggiornamento, però…

Però, considerando la regola universalmente ritenuta valida del “nulla è immutabile”, propendo per una nostra colpa in merito alla velocizzazione dei cambiamenti e non alla loro messa in atto. Ovviamente questo non ci esime dal dover prendere provvedimenti e dalla necessità di prenderli in tempi estremamente brevi, con la consapevolezza, però, che prima o poi la Terra diverrà comunque inabitabile!

Imbrogli di stato 2


La crescita demografica è ben altro che un vantaggio, è solo la distruzione sempre più veloce delle risorse naturali, già oggi inesorabilmente in continuo calo: nell’anno consumiamo il doppio di quanto la terra possa ricostruire.

sky earth galaxy universe

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Montagna e natura


 


Si va in montagna per cercare la natura ma si mantengono attive le barriere fisiche e mentali che isolano dalla stessa; si va in montagna per vivere la natura e invece si vive l’artifizio delle vesti.

Che bella #società


Cogito ergo dubitoMi guardo in giro, osservo, considero, analizzo, penso e…

Cantieri stradali pressoché permanenti.

Buche in perenne (ri)formazione.

Si costruiscono sempre più strade senza minimamente incidere sul tracollo del traffico.

Strade ad alto scorrimento con un limite di velocità di 90 o addirittura 70 chilometri all’ora.

Strade a 90, 11o o più chilometri all’ora dove, però, la massiccia presenza di camion comporta una velocità massima di 70 chilometri all’ora.

Case nuove bruciano il verde e abbandonate case vecchie vanno in rovina.

Persone che abitano in zona A e vanno a lavorare in zona B, persone che abitano in zona B e vanno in zona A a fare gli stessi lavori delle precedenti.

Soldi che mancano, prezzi che crescono.

Lo stato pubblicizza la mortalità delle sigarette e poi continua a produrle.

Lo stato impone l’obbligo di vaccinazione ai bambini con la motivazione che serve a proteggere la società dalle malattie e poi alimenta abitudini (ad esempio fumare), produzioni (sigarette in primis) e sistemi (cure chemioterapiche, termovalorizzatori, congestione del traffico, eccetera) che ammalano la società anche più delle malattie gestite dai suddetti vaccini.

Gazze che danno del ladro alle volpi, volpi che danno del furbo alle gazze.

Comici che fanno i politici, politici che fanno i comici.

Sulla strada molti si comportano come se le regole fossero state scritte solo per gli altri.

Soste in seconda, terza, quarta fila.

Sorpassi delle code.

Improvvisi stop e lunghe fermate in piena corsia di marcia.

Vetture lente che non badano alla coda che si forma dietro a loro.

Chi, per non fare la coda, finge di non conoscere la corsie che vanno a morire o approfitta degli svincoli per uscire qui e rientrare poco più avanti.

Motocrossisti e ciclisti danneggiano senza remore i sentieri che sono costati soldi e sudore agli escursionisti.

Esaltazione della furbizia, denigrazione dell’onestà.

Cure vendute come prevenzione, prevenzione venduta come imbroglio.

Invito alla diagnosi precoce, distruzione del processo di mantenimento in salubrità.

Invito (all’eccesso) igienico, uso indiscriminato di medicinali indebolenti e leganti.

Si ragiona per stereotipi e poi ci si offende per le generalizzazioni.

Ci si lamenta di tante cose ma se qualcuno propone delle possibili soluzioni se ne contestano le virgole e se proprio non si trova nulla da ridire si passa al “tanto non verranno mai approvate / adottate” oppure al “ci sono cose più importanti a cui pensare”.

Si contestano i discorsi di parte attraverso discorsi altrettanto di parte.

Si giudica le altrui idee non per i loro contenuti ma per la fede politica di chi le manifesta: se è la stessa sono sempre giuste, se è diversa sono sempre sbagliate.

Si contestano i cementifici ma non si rinuncia alla casa in cemento.

Si contestano le cave di marmo ma non si rinuncia ai marmi in casa.

Si vorrebbero spogliare le donne mussulmane dei loro veli ma ci si rifiuta di spogliarsi dei propri costumi da bagno.

Si ritiene pericoloso chi nudo mostra evidenza dell’essere disarmato, si pretende che miliardi di persone girino vestite potendo così nascondere armi proprie e improprie.

Si offende chi sceglie di vivere nella normalità del nudo, si osanna chi veste in modo provocante.

Si censura chi nel nudo risulta pienamente rispettoso della dignità degli altri, si pubblicano e si apprezzano foto e commenti irrispettosi verso il genere femminile o verso gli altri in genere.

Le istituzioni continuano a parlare di ecologia e natura poi manifestano dissenso verso il nudo sociale.

Eh sì, viviamo proprio in una bella società!

P.S.

Per chiudere con una giusta nota di positività, cambiare, quantomeno avviare il processo di cambiamento, è facile, molte soluzioni sono già esistenti (telelavoro, telescuola, nudo sociale, chilometro zero, eccetera), basta volerlo, volerlo tutti insieme: persone, società, istituzioni!

Lettera ad un amico


Ciao carissimo amico mio,

ho casualmente notato che avete rimosso il mio nominativo dall’elenco dei vostri amici, temo di averne intuiti i motivi e…

Anche se mi chiedo perché debbano sempre essere i deboli a cedere il passo ai più forti.

Anche se mi interrogo sul motivo per cui siano sempre coloro che vivono nel giusto (la natura è sicuramente giusta) a dover soccombere a chi vive e persiste nell’errore (ripudiare la natura è sicuramente un errore).

Anche se proprio non me l’aspettavo da chi mi conosce, da chi ben conosce la mia integrità morale, da chi per diversi anni ha usufruito del mio apporto economico diretto (miei acquisti) e indiretto (promozione da me fatta), da chi consideravo un amico, da chi vive e opera nello sport, in particolare in quelli sport che, per loro natura, da tempo hanno indotto a superare certi tabù e certi condizionamenti.

Anche se dopo essere venuto di persona a parlarti della mia nuova vita, a spiegarti il mio nuovo modo di vedere e frequentare lo sport che ci accomuna, a consegnarti il materiale in questione, dopo che lo stesso è stato visionato in mia presenza da chi si occupa della sua pubblicazione, quantomeno mi aspettavo una mail che mi segnalasse la cosa e mi invitasse a trovare un punto d’incontro.

Ecco, dopo tutti questi “anche se” ho deciso di scriverti io per dirti che…

Posso in parte comprendere il vostro atteggiamento e ho provveduto a riscrivere la mia scheda aggiungendovi più elementi per così dire “neutri” e rimuovendo quelle parti che a qualcuno particolarmente permaloso potevano sembrare aggressive e quelle che a qualcuno molto, ma molto, malizioso potevano apparire ambigue.

Ti invito quindi a rileggere il tutto e a riprendere in considerazione la visualizzazione del mio nominativo tra l’elenco dei vostri amici.

Spero non abbiate il timore che lo sviluppo di quanto propongo possa apportarvi danni materiali (riduzione delle vendite), ma nel caso vi invito a considerare che la natura stessa dell’attività impone di avere sempre al seguito tutta l’attrezzatura necessaria e solo limitatamente ci si può liberare dell’abbigliamento. Certo viene così usato di meno, lavato di meno, consumato di meno, quindi sostituito con tempi più lunghi, ma questo, in una società che si definisce moderna ed ecologista, non è un male bensì un’importante risorsa e, sul medio termine, apporta a tutti, voi compresi, degli innegabili vantaggi.

Quanto agli aspetti più propriamente tecnici ti invito a leggere questo mio articolo “Escursionismo: quale abbigliamento?”, credo proprio che potrai trovarci degli interessanti spunti di meditazione.

Bene, ti saluto e ti ringrazio, spero di rivedere il mio nominativo nell’elenco dei vostri amici, ma se ciò non avvenisse… pazienza, non sarà certo questo a fermare la diffusione di un’attività bella e naturale, un’attività per la quale in Francia esiste un’associazione dedicata e riconosciuta dalla Federazione Nazionale dell’Escursionismo, per la quale in Austria da alcuni anni si tengono senza problemi di nessun genere settimane escursionistiche, per la quale in Germania, pur essendo comunque praticabile pressoché ovunque, sono stati tracciati specifici itinerari, per la quale in Italia ancora poco è stato fatto, ma i praticanti stanno crescendo a vista d’occhio e non è detto che presto non possa nascere un’associazione sullo stampo di quella francese.

Ciao e, spero, a presto.

Con profonda stima e amicizia

Emanuele Cinelli

Poesie di gioventù: Notte stellata


Scende la notte,
il buio tutto avvolge,
nel mentre milla piccoli lumicini
nel ciel s’accendono,
sono le stelle
che come piccoli diamanti
circondan la luna
regina del cielo.
Inutile contarle,
sono troppe.

Le ammiro
e l’animo ribollir mi sento.
Mi vien da pensare
al rapporto uomo-natura,
rapporto funesto,
segno di morte.

Mi chiedo cosa abbiam fatto
per meritare questo dono,
questo dono meraviglioso
che è la natura.
Perfino mi volto,
mi volto vergognoso,
non oso guardare il cielo.

Mi vergogno del nostro mondo civile,
civile solo per dire,
incivile per fatto.
Noi la natura abbiamo distrutto,
noi l’inquinamento abbiamo portato,
e con esso la morte,
la devastazione.
Le piante muoiono,
muoiono sotto il peso
dei fumi nell’aria dispersi;
gli animali muoiono,
muoiono perché nutrirsi non possono;
le acque muoiono,
muoiono diventando grandi serbatoi
di chimici prodotti.

Tutto muore,
solo noi viviamo,
ma non vivremo a lungo,
se non rimediamo
pure noi moriremo.
Perché vogliamo distruggere la vita?
Perché non vogliamo amare e rispettare la natura?
Perché nessuno pensa a quello che fa?
Perché, perché?

Emanuele Cinelli – 31 gennaio 1974

Ecologia del nudismo


Grazie alla licenza poetica possiamo permetterci di viaggiare nel tempo e fare un balzo indietro a riprendere il cammino, fisico e dialettico, insieme al bimbo che, accompagnato dal padre, arrivava per la prima volta su una spiaggia.

Fra i mille perché del bimbo, i due proseguono la loro passeggiata quando ad un certo punto s’ode un pianto sconsolato, anzi si direbbe proprio disperato. Il bimbo trascina il padre nella direzione del pianto e scopre che a piangere è un suo coetaneo, la cui madre sta tentando di mettergli il costume.
“Signora” dice il bimbo “perché insiste nonostante il pianto di suo figlio? Perché vuole proprio farlo star male? Perché non rispetta il suo naturale desiderio di stare nudo? Non capisce che non piange per capriccio, ma perché lei gli sta inducendo un profondo malessere?” La donna si gira e, con uno sguardo di sorpresa, guarda il bimbo che gli ha parlato “Carissimo, mio figlio è cresciuto ed è arrivata per lui l’ora di nascondere alla vista pubblica pisellino e contorno. Non ti ha spiegato nulla tuo padre?” “Si, l’ha fatto, ma proprio non riesco a capire perché dobbiamo farci violenza e rinchiudere delle parti tanto delicate e sensibili nella morsa del costume, è solo un fastidio e le assicuro che crescendo dedicherò parte della mia vita a far si che questa barbara abitudine debba cambiare.”

 “Vede, mia cara signora, la nudità è ecologica alle funzioni psico-fisiche dell’essere umano, anzi di ogni essere vivente. Il bambino, nella sua spontaneità e nella sua logica naturale, percepisce in modo molto forte il benessere che ne deriva, così come percepisce altrettanto fortemente il malessere fisico sensoriale provocato dal pur minimo vestiario, come, per l’appunto, il costume da bagno. L’adulto, al contrario, alterato da anni di repressione dei propri stimoli sensoriali, non percepisce più tali agi e tali disagi, quantomeno non a livello conscio. L’inconscio, magari, tenta anche di passare degli stimoli, ma l’io censore, ormai forte e condizionato, non li lascia passare; qualora qualche stimolo dov’esse anche passare, entrano in gioco le barriere consce e le paure, che inducono la persona ad auto reprimerli, a scacciarli come pensieri impuri, poco dignitosi, se non addirittura segni di patologia psichica.
Sono stati abbattuti quasi tutti i tabù che riguardavano il corpo umano, compresi quelli sul sesso inteso come attività sessuale. Oggi del sesso se ne parla liberamente e pubblicamente: pubblicità, spettacoli televisivi, articoli giornalistici, trasmissioni radio, tutto parla di sesso, tutto mostra senza vergogna immagini ammiccanti e, spesso, ambigue. Ormai in televisione e sui giornali non si censurano più le immagini che riprendono gli animali nell’atto della riproduzione, anzi, spesso i documentari focalizzano molto la loro attenzione su questo aspetto. Oggi sono molti coloro che si ribellano alla barbara abitudine di far indossare abitini a cani e gatti o altri animali domestici. Oggi pochi si scandalizzano alla vista di una persona nuda. Oggi è considerata una patologia psichica il non spogliarsi nemmeno nell’intimità della propria casa. Oggi più nessuno si sogna di fare il bagno in casa standosene vestito. Eppure… Eppure in spiaggia ancora bisogna coprirsi con un piccolo pezzo di stoffa che nulla nasconde, eppure nelle saune ancora bisogna insanamente coprirsi quantomeno con un telo, eppure nelle piscine ancora bisogna insensatamente nuotare e fare la doccia in costume, eppure, eppure, eppure. Perché?

 Certo non esiste un’unica risposta, possiamo solo fare delle ipotesi, per alcuni ne varranno certe, per altri altre, ma è certo che non si tratta di abitudine logica, naturale, sana.
Forse non si può rinunciare al costume perché questo per quanto piccolo pezzo di stoffa permette di differenziarsi socialmente, distinguere tra chi può permettersi il costume di grido e griffato e chi no? Forse non si può rinunciare al costume perché questo permette di praticare lo sport oggigiorno più diffuso: guardare e criticare gli altri, il loro aspetto fisico, i loro atteggiamenti? Forse non si può rinunciare al costume in ragione di un artificioso e insulso concetto di bellezza e bruttezza, di ciò che si può esporre e di ciò che non è esponibile? Forse non si può rinunciare al costume perché, ignorando che una volta tutti nudi ci si sente tutti uguali e più nessuno bada agli altri, si ha paura di un eventuale confronto? Forse non si può rinunciare al costume perché si percepisce che una volta nudi tutti mostrano quello che sono e quello che non sono, forse è proprio questo che spaventa: mostrare quello che si è e quello che non si è? Forse non si può rinunciare al costume perché così facendo si possono scaricare le colpe della società (devianze e timori sessuali) su coloro che al costume hanno rinunciato?

Andiamo oltre, il costume è solo una piccola parte della rinuncia allo stato originario e naturale: ci sono moltissime occasioni in cui si potrebbe far a meno del vestiario, eppure no, si preferisce soffrire, si preferisce violentarsi ma il vestito deve stare al suo posto.
Perché stare vestiti quando il caldo è opprimente? Serve solo a consumare inutilmente le poche risorse energetiche accendendo centinaia, migliaia, milioni di condizionatori!
Perché stare vestiti quando si suda facendo attività sportiva? Serve solo a spendere i pochi soldi che abbiamo in abbigliamento sportivo di alta tecnologia, abbigliamento il più traspirante possibile, ma che, comunque, lo è sempre meno della nuda pelle!
Perché stare vestiti quando si è in casa? Boh, qui proprio una risposta non esiste, solo per convenzione e per abitudine, probabilmente, solo perché così si è stati educati e mai ci siamo posti il problema che, forse, si potrebbe anche fare diversamente!
L’uso del vestiario è antiecologico: l’inquinamento delle fabbriche che creano i tessuti sintetici; l’inquinamento delle sostanze coloranti; il problema dello smaltimento dei vestiti ormai inutilizzabili; il doversi lavare più spesso per contrastare l’aumento di sudorazione (e i saponi, per quanto ecologici, sono comunque fattori inquinanti).
L’uso del vestiario è antieconomico: il costo dei vestiti; il consumo più o meno rapido degli stessi; la moda che spinge al ricambio anche quando non necessario.
L’uso del vestiario è antisociale: moda e vestiti griffati; chi ha soldi e chi no; chi spreca e chi ricicla; io sono bello e tu sei brutto.
L’uso del vestiario è antisalutare: riduzione delle capacità di autoregolazione termica del corpo umano; abbattimento delle capacità di autodifesa dell’organismo; permanenza del sudore sulla pelle e correlativo maggiore sviluppo di batteri e altri agenti patogeni; l’abrasione cutanea dei vestiti e del doversi lavare più frequentemente.

 Al contrario…
Il nudismo è ecologico: zero o quantomeno pochi vestiti corrisponde a meno problemi di smaltimento degli stessi e meno impatto ambientale dovuto alle industrie tessili.
Il nudismo è economico: zero o quantomeno pochi vestiti corrisponde a meno spesa per il loro acquisto e il loro mantenimento.
Il nudismo è socialità: non avendo nulla che possa dichiarare la differenza economica e sociale, le persone possono liberarsi dai condizionamenti comunicativi e convivere in modo più semplice e naturale.
Il nudismo è salute: la pelle nuda può respirare al meglio; tutti i recettori termici possono rilevare istantaneamente e perfettamente la temperatura esterna, inviando al sistema nervoso centrale i giusti segnali necessari alla precisa autoregolazione della temperatura corporea.
Il nudismo, per concludere e riassumere, è ecologico al benessere psico-fisico della persona.”

 La donna è rimasta ad ascoltare il bimbo in profondo silenzio, colpita dalle sue affermazioni e stupita da come, nonostante la giovane età, questi potesse esporle. La sua espressione, inizialmente indispettita, sì è pian piano mutata, mostrando che il bimbo la stava inducendo a ragionare: il costume in sua mano ad un certo punto è caduto sulla fine sabbia della spiaggia e … “Sai mio bel bambino, mi hai convinta, non solo lascerò il mio figliolo libero di restare nudo, ma da oggi nuda mi ci metto pure io e indurrò a fare altrettanto sia mio marito che mia figlia; di più, ti prometto che farò propaganda al tuo modo di pensare e lotterò affinché la società intera si decida ad abbandonare ogni più recondita traccia della mentalità tessile.”
“Grazie signora, mi fa piacere e ne sono molto lusingato!”

Il bimbo riprende per mano il padre, ancora incredulo per quello che ha visto e ascoltato, e lo trascina nel cammino verso il proposito di un mondo migliore, più naturale, più semplice, più libero.

Ecologia del nudismo

Ecologia del nudismo

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Più volte ho incontrato affermazioni del tipo “ma con tutte le cose importanti che ci sono da discutere, di nudismo venite a parlare?” o “ma che volete, la società ha ben altre cose da fare che pensare al nudismo!”. Vista in un certo modo sono anche osservazioni corrette, ma vista in questo modo allora le cose di cui parlare, le cose per cui “lottare” sarebbero veramente poche, invece di persone che parlano ce ne sono tante, di argomenti che vengono trattati ce ne sono una marea, di “lotte” se ne contano assai. Spesso coloro che fanno le dette affermazioni sono anche loro impegnati in una qualche “battaglia” sociale e sovente questa non appare poi essere tanto più importante di quella del nudismo.

Palese e, se vogliamo, anche comprensibile che si tenda a dare priorità alle proprie argomentazioni, alle proprie “battaglie”, ai propri interessi, ma non può esssere altresì comprensibile che per questo si debba tentare di affossare gli argomenti, le “battaglie” e gli interessi altrui: tutti devono poter avere il loro spazio per argomentare e a tutti è dovuto dare un minimo di attenzione, ascoltando e leggendo ci si potrebbe accorgere che le argomentazioni non sono poi così superficiali e banali come appariva, che ci sono dei cardini comuni a tutte.

Così è per il nudismo! Se superiamo i condizionamenti verso l’argomento, se andiamo nel profondo delle cose, se non ci soffermiamo alle apparenze, possiamo scoprire che esso coinvolge inevitabilmente tanti aspetti inerenti la vita di tutti i giorni, alcuni certamente futili, ma altri meno e altri ancora decisamente di rilievo. Parlare di nudismo, infatti, implica necessariamente l’affrontare temi quali la libertà, il rispetto, l’ecologia, la dignità, quindi temi tutt’altro che leggeri o secondari, bensì fondamenti necessari ad ogni comunità, piccola o grande che sia, ed essenza strutturale delle principali “battaglie” sociali che la storia del mondo, e dell’Italia, abbia visto: schiavismo, razzismo, maschilismo, homofobia, eccetera.

Ecco, i contenuti del blog in buona parte gireranno attorno a queste “grandi argomentazioni”, contenuti importanti, quindi, da affrontare con serietà e attenzione. Il blog, però, non vuole essere un mattone filosofico o politico, bensì un canale d’informazione da potersi leggere in tranquillità e rilassatezza, pertanto il tema “nudismo” e tutte le sue implicazioni anche complesse e profonde verranno trattati a piccole gocce e mescolati con argomenti meno pesanti, quali la cucina, il divertimento, le letture, eccetera. Cercheremo, insomma, d’essere dinamici, evitando di monopolizzare i nostri interventi, di cadere nell’ossessione e l’esclusività. Useremo il blog per quello che un blog è stato pensato: un diario personale scritto per essere letto anche dagli altri.

Sarà un diario di viaggio, il viaggio verso un mondo apparentemente diverso e strano, un mondo che si fatica a comprendere perchè ci si lascia dominare dai condizionamenti più o meno inconsci, ma un mondo in realtà semplice, naturale, sano, corretto: il … Mondo Nudo!