Archivio mensile:Maggio 2013

Natura senza filtri by Dipende – Giornale del Garda


Dalla cooperazione tra noi e il giornale ecco uno splendido articolo sul nudismo e in particolare sull’escursionismo nudista, ma anche sulle opportunità turistiche che il nudismo rappresenta per il Lago di Garda, i suoi dintorni e, tutto sommato, l’Italia intera.

 

A pagina 20… Natura senza filtri.

La Sablière – Ascensione 2013


Con una trentina di amici conosciuti sul forum di VivreNu ho trascorso tre giorni a La Sablière, uno dei più grandi e conosciuti camping francesi per nudisti. C’erano famiglie intere con bambini e ragazzi, approfittando di un lungo ponte (8: Fête de la Victoire – corrispondente al nostro 25 aprile; 8: Ascensione) con chiusura delle scuole.

La camaraderie francese è delle più accoglienti e aperte. L’effetto sorpresa passando da una conoscenza superficiale attraverso gli pseudo, avatar e gli interventi sul forum a quella reale non poteva essere maggiore. Era come ci conoscessimo da tantissimo tempo e non si attendesse l’occasione per una stretta di mano e lo scambio di cordialità.

1. Il ghetto. È una parola sbagliata. Da fuori può anche apparire così. Fuori si è in un modo, dentro e solo dentro si può stare in un altro. Una volta presa familiarità col luogo, la sensazione di essere “reclusi” scompare. Scompare anche l’idea che sia un luogo “speciale”. Effettivamente lo è, solo qui possiamo rimanere legalmente senza vestiti, fare il bagno nudi, prendere il sole, mangiare nel patio o fuori la tenda. Userei piuttosto la parola riserva, o anche ritiro, ma sono inadeguate, perché rimandano a situazioni similari, ma ciascuna connotata da tratti leggermente negativi: non siamo né indiani, né eremiti. Siamo semplici cittadini che godono appieno dei diritti personali e civili garantiti dalla Costituzione (italiana ed europea) e dalla Carta dell’Onu. Abbozziamo: la legge al momento questo consente, prendiamocelo. Frequentando le strutture italiane, ne assicuriamo il futuro economico, la redditività, aumentiamo consenso e domanda. E ciò aiuterà a cambiare la mentalità corrente: nel senso che non saremo più quei quattro gatti stravaganti che amano ’ste cose (“e chissà che cosa fanno là dentro!”), ma persone pacifiche che si godono le vacanze a lor modo: né additati dalla maggioranza come casi, come pecore nere, né tollerati.

2. Nudi o vestiti: come più piace. Camminando per i vialetti del campeggio, andando alla spiaggia del torrente Cèze, al piccolo supermercato (neologismo: supérettemininarket sa troppo di inglese), a seconda dell’ora del giorno e del tempo atmosferico, si incontrano altri campeggiatori, nudi o vestiti, come più piace. In un campeggio nudista dovrebbe far sorpresa vedere persone vestite, invece non succede. Non mi vien da pensare a “invasione tessile” – solo che ai primi di maggio, lungo un torrente incassato in una gola calcarea fitta di vegetazione, l’aria la sera può essere umida e freschina, e così al mattino. Fa bene frequentare un campeggio nudista per misurare dal vivo le nostre reazioni di fronte alla libertà nel vestire (clothing optional). Dobbiamo ancora farci l’abitudine. Noi stessi per primi: che poi le recinzioni dei “ghetti” cadranno da sole: in campeggio, sulla strada, sui sentieri si starà come più aggrada, senza meraviglie, senza sorprese.
Al piccolo supermercato si vedono indifferentemente persone nude o vestite: fa un certo effetto vederle in coda alla cassa (situazione che richiama immediatamente la situazione “normale”, di fuori). E così potremo forse vivere in un futuro non troppo lontano.

3. Bambini, ragazzi, adolescenti. Vedere bambini nudi può essere non infrequente anche sulle nostre spiagge – e nessuno sporge denuncia per il “turbamento” che suscitano. Aumentando l’età, è più difficile che bambini, ragazzi e soprattutto adolescenti si lascino vedere nudi. L’atteggiamento adulto è talmente radicato che non si spogliano nemmeno come forma di protesta. Lo fanno, certo, ma in ambiti ultraprotetti e solo fra coetanei. Fa perciò una certa impressione vedere bambini, ragazzi, adolescenti (di entrambi i sessi) nudi: camminare tranquillamente, giocare sulla spiaggia, nuotare, unirsi in un gruppo per una piccola escursione, con la più spontanea naturalezza. Ed educatamente salutano, anche.
Quanti complessi ci creiamo – del tutto inutili! Mi ha fatto contento vedere per certo che esiste la possibilità di un’alternativa, constatare che i ragazzi possono crescere liberi e diritti senza tener fede e tramandare i nostri tabù, le nostre ansie e paure, i nostri “turbamenti” (1) e timori. Penso a come invece cresceranno questi ragazzi e ragazze: sicuramente non saranno vittima di curiosità maliziose e fine a se stesse, non dovranno pagare il furbino della compagnia per guardare dal buco delle cabine. E giungo persino a pensare a quanta poca presa potrà fare su loro la pornografia.

4. Il circolo vizioso. Il tabù della nudità, sorto forse a motivo della “vicinanza” col sesso ha come conseguenza che basta qualche centimetro scoperto ad aprire la strada al sesso, quasi automaticamente, quasi un invito, un allettamento… necessariamente. Ma dalla nudità al sesso c’è ancora un bel salto da fare, il salto che coinvolge l’affettività. La nudità abituale, azzerando l’immediata valenza sessuale, porta a riflettere sul significato stesso della sessualità, sull’“uso dei piaceri”(per dirla con Foucault), perché facciamo maggior attenzione al fitto dialogo fra corpo e sentimenti, perché possiamo arricchirci di una maggiore e più fondata consapevolezza.
Non è che i nudisti siamo meno “naturali”, rispondano meno agli appelli della natura, non è che siamo del tutto indifferenti, ma da qui a far scattare sempre e ogni volta la molla dell’aggressione (non saprei come altro chiamarla) ce ne corre. Non si può nemmeno parlare di disciplina, perché l’indifferenza, l’atarassia non si raggiunge dopo lungo apprendistato ascetico durante il quale siamo passati attraverso tutti i gradi della tentazione per poterla superare. Non neghiamo quel che siamo, come mamma ci ha fatti, ma semplicemente abbiamo spostato la soglia dell’innesco della sessualità oltre il corpo nudo (vedi anche l’articolo: Perché il nudismo non eccita sessualmente).
Per lo stesso motivo, ogni idea di esibizionismo è lontana dalla mentalità nudista, così come era lontana dalle motivazioni che ci hanno fatto fare il primo passo. Per il semplice fatto che non siamo diventati nudisti per aumentare le occasioni di far sesso, ma anzi per motivi che ben poco hanno a che vedere col sesso. Le parti “vergognose” che siamo abituati a coprire non sono né vergognose né inguardabili al punto da essere tolte dalla “vista del pubblico”.

Tre giorni di “prove generali”, con discussioni ma più spesso, plaisanteries, cordialità, fraternità, fitto chiacchiericcio da buoni amiconi.

Nota: ho preso l’abitudine di racchiudere fra virgolette la parola turbamento per richiamare esplicitamente la sentenza della Corte di Cassazione dello scorso anno (nr. 28990 del 18 luglio 2012). Checché ne pensino i giudici, la nudità in sé non crea turbamento, altrimenti luoghi come la Sablière e tanti altri non esisterebbero nemmeno, il che prova che il turbamento non è innato, né naturale, ma il prodotto di una cultura, una forma di pensiero preconfezionata e imposta, e poi condivisa passivamente, e tanto più immutabile quanto meno si osa discuterne. Spesso si invoca la Natura a sostegno delle proprie argomentazioni. Ci si guarda bene da fare una revisione sistematica dei nostri usi e costumi sulla base del criterio di conformità alla natura: metteremmo a rischio la nostra “civiltà”, la nostra “umanità”, il “progresso”, la nostra distanza dai bruti animali – salvo poi sentirci sorprendentemente liberi appena ci spogliamo di quanto a parole ci fa più umani e civili.

Opportunità per il Garda (e per l’Italia)


Fin dai tempi antichi, il Garda è ricercato luogo per la villeggiatura, molti sono gli alberghi e i campeggi che ne costellano le rive e i dintorni, moltissime le casa vacanza, ampia anche l’offerta fornita da agriturismi e bed & breakfast. Da alcuni anni, però, anche il Garda riscontra un sensibile calo nell’afflusso di turisti, di conseguenza molte sono le iniziative che sono state presentate e invocate per ridagli smalto:

  • nel 2011 nasce il Comitato delle Provincie del Garda che, sotto la definizione di Regione del Garda, riunisce i rappresentanti di Verona, Mantova, Trento e Brescia;
  • sempre nel 2011 la Regione Lombardia investe 5 milioni di euro nel piano triennale di promozione e valorizzazione turistica del Lago di Garda
  • è di questi giorni la notizia dell’imminente realizzazione, in quel di Manerba, del Parco Regionale della Rocca e del Sasso.

Queste e le tante altre iniziative hanno preso e prendono in considerazione l’aspetto culinario, quello artistico, i vari spunti storici presenti sul territorio, l’agricoltura lo sport, ma, stranamente, ne tralasciano uno che sarebbe molto gradito e apporterebbe immediati benefici, senza nemmeno la necessità di fare grossi investimenti: il nudismo.

Stranamente, dicevamo, si perché in Germania come in Olanda, paesi da cui arriva la stragrande maggioranza dei turisti che frequentano il Garda, il nudismo è pratica assai comune, tanto comune che nudi ci si può stare anche nei parchi cittadini. In molti stati europei il turismo nudista è preso in grande considerazione e apporta un importante contributo all’economia delle aziende che operano in ambito turistico, ma anche all’economia generale del paese. Per altro il Garda non è nuovo a questa tipologia di frequentazione e di turismo: a partire dal 1970 e fino a una decina di anni fa, diverse erano le spiagge sulla quali ci si poteva liberare anche dell’ultimo pezzettino di stoffa che, fastidiosamente, resiste al desiderio di lasciar respirare il corpo ottenebrato dalla calura estiva, al piacere della totalizzante percezione dell’acqua sul proprio corpo: il costume da bagno.

Era, quella, una pacifica convivenza tra nudisti e coloro che il costume preferivano tenerselo addosso, tutti potevano liberamente godere dell’aria, del sole e dell’acqua. Poi arrivarono le ordinanze di divieto, subito seguite dalle retate e le cose sono cambiate: solo nella zona trentina è ancora possibile prendere il sole e fare il bagno in sana nudità. Un certo sindaco alle rimostranze mie e di altri rispose che “si vero è che per trent’anni si è pacificamente praticato il nudismo, ma le cose non sono eterne, le cose cambiano”. Si caro sindaco le cose cambiano, ma generalmente dovrebbero cambiare in meglio e non in peggio: il fastidio per il nudo è una fobia e, come avviene per tutte le fobie, non va incentivata ed elevata a status sociale di norma, bensì ostacolata e curata. Si caro sindaco, ma la sua visione delle cose è anche una palese cecità economico turistica: qualche centinaio di bresciani e altrettanti veronesi, vicentini, mantovani, bergamaschi, milanesi, aspettano fiduciosi la riapertura al nudismo; migliaia di turisti ne approfitterebbero e troverebbero in esso un motivo in più per venire sul Garda e tornarci fedelmente, pensi a quanti soldi sta buttando via e sta facendo buttare via agli operatori turistici del suo comune e, visto che altri sindaci l’hanno presa a modello, del Garda intero.

Giusto guardare al futuro, ma senza ignorare gli insegnamenti del passato e trent’anni di storia dimostrano che il nudismo non danneggia il turismo, specie su questo nostro grande lago, migliaia di episodi hanno certificato che molti solo coloro disposti a condividere gli spazi con delle persone nude, sarebbe pertanto di certo fattibile lasciare massima libertà ovunque. Quantomeno sarebbe valido compromesso l’individuare, su ogni sponda del lago, una decina di spiagge e una decina di sentieri montani dove autorizzare ufficialmente il nudo, convertendo parallelamente parte della ricettività turistica già esistente in ambienti “clothing optional” (abbigliamento facoltativo).

Che male può fare un corpo nudo? Non può nascondere armi, non può ingannare, può solo esprimere naturalità e sincerità, quella naturalità e quella sincerità che sono proprie dei bimbi, ai quali la nudità, come ben sanno tutti i genitori, lungi dal portare turbamento, apporta felicità.

Mission Accomplished


Cresce, eh si, il mondo cresce, lentamente, raramente, ma ogni tanto qualche impulso di maturazione sociale e istituzionale si vede.
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Growing up, Oh yes, the world is growing, slowly, rarely, but occasionally some impulse of social and institutional maturity is seen.

Poesie di gioventù: Baciarsi


Gesto d’amore,
gesto semplice,
gesto gentile,
posare labbra
sulle labbra.

Baciarsi vuol dire amarsi,
baciarsi vuol dire
esprimere i propri sentimenti.

Semplice è baciarsi,
semplice è compiere questo gesto,
semplice e…
per questo romantico.

Baciarsi è amarsi,
amarsi è volersi bene,
volersi bene è baciarsi.

Emanuele Cinelli – 26 marzo 1974

Il netturbino


Al mattino passa il piccolo automezzo della raccolta rifiuti. I cani della via abbaiano tutti.
Al mattino, sempre al medesimo orario, son solito bere il caffè e mangiare un frutto sulla soglia di casa, mentre dal vicino campanile il carillon suona l’Ave Maria di Lourdes “È l’ora che pia…”: sono le sei e tre quarti. Non c’è un’anima in giro. Riconosco le auto che passano, di chi va al lavoro a quest’ora. Da quasi due anni ho preso quest’abitudine. Nulla di male: di particolare c’è che son nudo, estate e inverno, con ogni tempo e temperatura; da due anni non ho un raffreddore. Mi godo questi attimi rubati davanti al giardino di casa, prima che il giorno, i pensieri e il lavoro mi attirino nel loro ingranaggio.

A seconda dei giorni porto fuori l’ingresso, sul marciapiede, i sacchetti della differenziata. Qualcuno dei vicini può anche avermi visto, ma finora nessuno mi ha detto alcunché.

Questa mattina, un poco in anticipo, passa il camioncino delle ramaglie e dell’erba. Lo sento arrivar da lontano, l’autista lascia acceso il motore durante le soste, carica i sacchi e prosegue per la prossima casa. Decido di non ritirarmi e continuo a bermi il caffè, guardando il cancellino con una certa apprensione. Il netturbino scende, mi vede, lo saluto con un cordiale buongiorno e un grazie, fa finta di niente, prende i suoi sacchi e li carica sul mezzo. Salendo in cabina mi rivolge uno sguardo un po’ sorpreso, un po’ complice, è sorridente. Ricambio di buon grado il saluto con un cenno del braccio.

Mi sento emozionato, come quando da piccolo rubavo la marmellata, ma so di aver fatto bene. Di aver fatto una stravaganza che fa un po’ pensare, un po’ dissacrante ma pur divertente. E assolutamente nulla di male, che possa in qualche modo offendere gli altri.

Son bagatelle tanti nostri costumi e pudori: lo capisce ad un tratto anche un semplice netturbino…

“Non ha senso”


Giusto ieri è stato pubblicato su una pagina Facebook (PassioneMontagna, di cui ringrazio anche qui la cortese amministratrice) il collegamento al mio articolo di presentazione del programma “Orgogliosamente Nudi”. Devo dire che dopo anni che parlo di nudismo e del mio essere nudista con chi nudista non è, dopo molti contatti con la società tessile, dopo molti riscontri positivi, stavolta il risultato non è stato quello sperato e molte sono state le osservazioni negative (anche se nessuna si basava sul disgusto, ma piuttosto sull’incomprensione motivazionale dell’escursionismo nudista). C’è da rilevare che, come troppo spesso accade, non solo in relazione al nudismo, tutte peccavano in presunzione, ovvero in tutti i casi si ragionava solo sulla base di preconcetti e senza avere una conoscenza diretta delle cose. Ma tra tutte una mi interessa esaminare nello specifico: “non ha senso”.

Questa frase l’ho sentita altre volte, non solo per il nudismo anzi più spesso per altre argomentazioni: sembra che a certe persone piaccia mettersi al di sopra degli altri e arrogarsi il diritto di sentenziare cosa la società debba o non debba considerare lecito. Ma chi ha dato loro tale diritto?

Chi può stabilire cosa sia il senso e cosa il non senso? Il singolo? La massa? La religione? Quale religione? È sufficiente che un qualcosa sia praticato da tutti per dichiararlo sensato? Non è che anche tutti possono sbagliare? Non è forse vero che nel momento che qualche milione di persone pratica una certa cosa, un senso quella cosa deve avercela? Ma alla fine, non è forse vero che se anche uno solo fa qualcosa, per lui quel qualcosa ha un senso?

È il solito discorso del senso unico, del vedere le cose solo ed esclusivamente secondo propria ragione escludendo completamente la benché minima possibilità che la propria ragione possa difettare. Sulla base di tale atteggiamento, sulla base del “non ha senso” si sono fatte e ancora oggi si fanno discriminazioni anche importanti, si creano disagi sociali anche rilevanti, si pongono le basi per creare conflitti e guerre:

  •  per i nazisti gli ebrei non avevano senso e andavano sterminati;
  •  per i bianchi non avevano senso i neri;
  •  per i maschilisti non ha senso che le donne abbiano pari ruolo;
  •  per i capitalisti non ha senso che si possa pensare alla distribuzione sociale delle ricchezze;
  •  per i socialisti non ha senso che qualcuno possa pensare di fare ricchezza personale;
  •  per molti giovani di oggi non ha senso rispettare le regole loro imposte dalla società;
  •  per molte persone non ha senso badare a dove gettano i rifiuti;
  •  per molte altre non ha senso preoccuparsi di differenziare i rifiuti;

e via dicendo.

E lecito condizionare la vita e l’esistenza degli altri, di molti altri, ma anche di un solo altro, sulla base del proprio più o meno personalissimo modo di vedere le cose? È lecito che un gruppo sociale, più o meno numeroso, debba pretendere di condizionare il comportamento di altro gruppo sociale, a sua volta più o meno numeroso?

Si!?!

Beh allora a mio parere, a parere di milioni di nudisti a non avere senso sono i vestiti, in particolar modo i costumi da bagno!!!

Ma… gli altri dicono che!


altri_dicono_wpCon riferimento al nudismo, specie quando si parla della necessità di uscire allo scoperto, d rivelarsi come nudisti, l’affermazione tipica che si legge o si sente più o meno gira attorno alla seguente frase: “quando gli amici ne parlano, lo giudicano sempre molto male”. A volte al posto degli amici ci sono i familiari, altre volte i colleghi, altre volte al molto male si sostituisce il ribrezzo, ma alla fine il concetto di fondo rimane sempre lo stesso: “come faccio a rivelare il mio essere nudista in un ambiente che non approva o addirittura condanna il nudismo?”.

Beh, se ragioniamo attentamente sulla cosa possiamo facilmente renderci conto di quanto sia sbagliata la detta conclusione, di quanto sia effimera la preoccupazione che ne deriva.

Partiamo da una semplice domanda: Come volete che ne parlino i vostri interlocutori? Non praticano il nudismo, non lo conoscono proprio per niente, se lo conoscono lo è solo per le fuorvianti ed errate notizie riportate da quei media, la maggioranza, che non si preoccupano di informarsi a dovere prima di parlarne, o, peggio, ne hanno sentito parlare da amici non nudisti che, a loro volta, riportano voci di voci di voci. Come possono parlarne bene? Succede la stessa cosa per tante altre attività, ad esempio per l’arrampicata o la subacquea: “sono dei matti”; “non voglio capirlo che è pericoloso”; “farebbero meglio a starsene a casa a guardare la partita”; “ma con che diritto mettono a repentaglio la propria vita” e via dicendo.

È quantomeno evidente che se celiamo agli interlocutori il nostro essere nudisti, costoro, pensando che anche noi ragioniamo alla loro stessa maniera, si sentiranno autorizzati a ironizzare, già ironizzare, perché se si va a fondo delle cose si scopre che il più delle volte è solo ironia e non vero disprezzo o malo pensiero. Se, al contrario, noi veniamo allo scoperto e manifestiamo il nostro essere nudisti, l’atteggiamento del gruppo cambierà sensibilmente, intanto perché è ben difficile che chi ben ci conosce possa cambiare la sua opinione su di noi solo perché siamo nudisti, potrà sulle prime avere una reazione di disturbo, ma esattamente come l’avrebbe se gli dicessimo che siamo atei o buddisti o altre cose che nella società italiana non sono molto comuni, poi perché si crea una positiva figura di riferimento: se gli amici, conoscenti, famigliari, colleghi hanno di noi una buona impressione, venendo a sapere che siamo nudisti, magari non subito ma è certo che nel giro di poco faranno una considerazione ben precisa “se lui che è una bravissima persona fa nudismo vuol dire che poi ste nudismo non è una cosa così fuori luogo”. A quel punto di sicuro voi potrete portare fra loro la corretta conoscenza del nudismo, ma potrebbe anche succedere che siano loro stessi a richiedervi informazioni corrette, o addirittura di potersi aggregare a voi in occasione di una vostra uscita nudista.

Non ne siete ancora convinti? E allora facciamo altre considerazioni.

Avete mai pensato a come vi comportate voi stessi quando parlate con altri di qualcosa che non approvate o che ritenete inopportuno? Avete mai badato a come reagite quando qualcuno a voi vicino, famigliare, conoscente, amico o collega che sia, vi rivela qualcosa di lui che non avreste mai immaginato?

Ma poi e soprattutto…

Vi siete mai chiesti perché, ad esempio, molti eterosessuali prendono spontaneamente le difese degli omosessuali? Oppure perché, per fare un altro esempio, molti uomini sono pronti a scendere in campo di loro iniziativa per sostenere il rispetto dei diritti delle donne? Perché queste e altre realtà sociali hanno ottenuto l’appoggio spontaneo di chi non appartiene a tali realtà mentre ciò non avviene per il nudismo? Perché non ci sono non nudisti che di loro spontanea volontà prendono le difese del nudismo?

Semplice: gli altri sono usciti allo scoperto, si sono manifestati alla società e hanno evidenziato l’ingiustizia del trattamento a loro riservato, hanno rivendicato i loro diritti, hanno fatto propaganda alla loro esistenza, hanno chiesto l’appoggio degli altri. Non possiamo pretendere che le persone possano mettersi in gioco a difesa del nudismo, se gli stessi nudisti si vergognano o hanno paura di manifestare il loro essere nudisti.

Ecco, invece di badare e dare rilievo solo ed esclusivamente a quei pochi che proprio non vogliono provare a capire e conoscere la realtà del nudismo, provate a dare importanza a quei tanti intorno a voi che sono pronti a mettersi in discussione, di più sono pronti a capire e a difendere, stanno solo aspettando che qualcuno dia loro una motivazione per farlo, che qualcuno glie lo chieda e potete essere voi quel qualcuno.

Pensateci!
Credeteci!
Provateci!

An Open Letter to Facebook


Già, molto strana questa politica di accettazione di quanto risulta offensivo per la donna, mentre viene rifiutato quanto è educativo e rispettoso della sua dignità.
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Already, very strange this acceptance of what is offensive to women, when instead are rejected documents educational and respectful of them dignity.

Reblogged from MotherWise
An Open Letter to Facebook.

Nudità: moneta di scambio


Mi è capitato recentemente di fare un’escursione con un amico. Era accompagnato dalla moglie (non nudista, ma accettava tranquillamente che lo fosse il marito). Giunti a un luogo fuori mano volevamo spogliarci. Con i pollici nell’elastico dei pantaloncini, rivolto alla signora, ho detto: «Con permesso…» e quasi a scusarmi: «Siam qui per questo.»

Queste parole mi sono ritornate spesso alla memoria, come ci fosse un segreto insegnamento da trarre, o più d’uno.

Il primo e più immediato. Una certa buona educazione, il tatto, il riguardo stanno bene in ogni situazione. Il teatrino delle buone maniere aiuta la convivenza civile, riafferma il rispetto reciproco, sottolinea l’attenzione vicendevole, consolida la propria dignità, che non è messa in forse da quotidiani convenzionalismi.

La seconda riflessione è più articolata e quell’episodio ne è stato solo lo spunto iniziale. Ho avvertito come molto evidente quanto la nudità dell’amico appartenesse a una sfera molto intima fra i due coniugi. D’altro lato non ho sentito la mia come intrusione nell’intimità altrui, né che l’amico condividesse la propria per includermi in un’intimità personale, né che la moglie si sentisse defraudata di un’esclusiva. Il nudismo è molto lontano da queste derive, molto più semplice e schietto, con nessun apparato aggiuntivo, nessun altro fine o motivazione che l’esser nudamente soltanto quello che è.

In terzo luogo ho pensato a quanto appunto la nudità sia usata come moneta di scambio. Quasi a suggellare un patto, attingendo a un ambito solitamente esclusivo, difeso, recintato… sacro in certa misura. Religione, secondo una nota etimologia di Cicerone, deriva da relegare, ma anche e indecidibilmente da religare (forse con riferimento alle infule o vitte che i sacerdoti e le vestali si legavano attorno alla testa prima di un rito sacro, simbolo del legame fra il sacerdote e la divinità, fra il fedele e il suo dio, oppure anche del vincolo cui ci si impegna con un giuramento). Fin da bambini, la curiosità ci ha spinto a proporre lo scambio: «Se mi fai vedere il tuo (la tua), io ti faccio vedere il mio.» Non nego che oggi, nella nostra società, mantenere nascosta la nudità ad occhi esterni può favorire l’unione di coppia. Ma che vuol dire caricare di significati non propri, di simbologie fuorvianti parti o funzioni del corpo, se non predisporle a una gestione controllata e codificata da norme e paletti? Molte delle opposizioni al nudismo attingono anche a quest’ambito, a questi motivi: a qualcuno può servire la stampella di una gelosa intimità; qualcun altro non gradisce la perdita di valore della nudità (del partner), che pensava ad esclusiva fruizione del suo ego. Chiediamoci a che serve lo strip-tease: la nudità degli altri può esser mercificata, la mia e quella di mia moglie sono affar nostro. Solo nostro. È sacra e non si tocca.

Banalizzare il corpo nudo può aiutare al contrario a ripulirci da tanti condizionamenti sociali, tanto più indiscussi, quanto più tremende ci vengono prospettate e dipinte le conseguenze di un eventuale loro superamento. Non si fa peccato, non si va in galera, ma superar quella soglia ha del sacrilego, è un atto di indecenza, un prepotente malgarbo, un gesto di inciviltà. È ancora sfidare la potenza di un omen, infrangere un millenario tabù.