Archivio mensile:giugno 2015
Il parco della Rocca di #Manerba
Ci sono posti belli e altri meno, ci sono luoghi che ricordi piacevolmente e altri che preferisci dimenticare, ci sono località in cui torni volentieri e altre in cui non torni più, poi ci sono quei posti che ti restano impressi non solo negli occhi ma anche nel cuore, posti che ti ammaliano e dei quali non sapresti più farne a meno. Certo è una questione molto soggettiva, ma poco importa, per me il Parco Naturale della Rocca e del Sasso, sito in quel di Manerba del (lago di) Garda, in provincia di Brescia, è uno di questi ultimi.
Verde, tanto verde, mille tonalità di verde che, intersecandosi ai margini, si alternano fra loro creando un armonico e rilassante patchwork naturale. Prati frammisti a tratti di bosco, nel mezzo qualche piccola casetta. Una collina delinea per intero il margine nord occidentale e su di essa, nel punto di massima elevazione, le rovine di un antico maniero: la Rocca di Manerba. Da qui la collina crolla quasi verticalmente sul bosco sottostante per poi risalire dolcemente al vicino Sasso, punto di massima elevazione della lunga e alta falesia di rocce sedimentarie che contorna a nord e a ovest il parco. Sotto di essa le azzurre acque del lago, un lago grande, che si vede estendersi lungamente in ogni direzione.
Diverse più o meno nascoste linee di chiaro marrone identificano le comode stradine e i bei sentieri che s’insinuano all’interno di questo bucolico paesaggio, tracciati che permettendo al turista pedestre o ciclista splendide passeggiate buone per ogni stagione.
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Tre comodi parcheggi, quelli gratuiti di Montinelle e di Pisenze e quello a pagamento detto della Rocca, con annesso bar, sono la base di partenza per le passeggiate o le spiagge. Volendo si può parcheggiare, a pagamento, anche a Porto Dusano da dove un bel sentiero, a tratti magari un po’ troppo abbandonato alla vegetazione, in un quarto d’ora permette di risalire alla zona del parco.
Dalla vetta della Rocca lo sguardo oltre che, come già detto, navigare libero sulle acque del lago, si libra a trecentosessanta gradi mostrandoci il Monte Baldo, la valle del Sarca, i monti di Tignale, il Castello di Gaino, Il Pizzoccolo, il monte Spino, i monti di Salò e di Villanuova, le colline moreniche che cingono a sud il lago e sulle quali pregiati vigneti ci donano vini conosciuti in tutto il mondo. Abbassando lo sguardo subito sotto di noi la splendida baia di Pisenze con la sua affollatissima spiaggia, appena dietro a questa la punta Belvedere e la limitrofa isola di San Biagio (anche conosciuta come isola dei Conigli), segue l’ampia baia di San Felice con il Porto Torchio, la Romantica e la Punta di San Fermo con l’ampia isola del Garda, dietro si può intuire la piccola e simpatica Baia del Vento, seguita dalla ben più ampia Baia di Salò. Salendo verso nord ecco gli abitati di Gardone Riviera, Maderno, Toscolano, Gargnano, poi una punta rocciosa copre la vista della restante costa settentrionale bresciana. Sulla sponda opposta da nord s’individuano i paesi di Malcesine, Brenzone, Torri del Benaco, Garda con la sua inconfondibile baia racchiusa tra la Punta di San Vigilio e la Rocca di Garda, Bardolino, Lazise, Pacengo. A sud s’intravvede Peschiera, a seguire man mano più visibili Lugana, Sirmione con la sua tipica penisola e le Grotte di Catullo, Rivoltella, Desenzano, la baia di Lonato e Padenghe, indi Moniga.
Alla vetta della Rocca ci si può arrivare a piedi per un ripido sentiero che sale, aggirando per cengia il salto roccioso che lo caratterizza, lungo il versante settentrionale. Ad esso possiamo arrivare con uno qualsiasi dei sentieri del parco, sia partendo dal paese di Manerba, che dalla baia di Pisenze. Al maniero possiamo arrivarci anche in auto, seguendo le indicazioni reperibili nei pressi di Montinelle: dall’ampio parcheggio ci vogliono solo cinque minuti di cammino lungo ripidissima strada asfaltata chiusa al traffico. Nei pressi del parcheggio è sita la Casa del Visitatore dove un’area picnic e un bar consentono un opportuno punto di fermata e ristoro. All’interno della Casa troviamo il museo, assolutamente meritevole di una poco frettolosa visita: al primo piano il percorso archeologico, al secondo il percorso naturalistico. Al servizio del visitatore anche delle guide professioniste per una visita accompagnata alle bellezze del parco, che oltre ai già decantati paesaggi ci offre una ricca varietà di piante, variopinti fiori, un piccolo laghetto dal quale parte un’antica galleria artificiale costruita per evitare l’inondazione della campagna circostante scaricando a lago l’eventuale eccesso di acqua.
Per quanto riguarda le attività balneari tre sono le spiagge direttamente annesse al parco: Pisenze, Rocca e Dusano.
Spiaggia di Dusano
Piccola e spesso molto affollata per la sua vicinanza al parcheggio e a diversi ristoranti. È formata da grossi ciottoli che degradano velocemente in acqua: ad una ventina di metri da riva la profondità già si aggira intorno ai tre metri per poi degradare più dolcemente. Il fondale inizialmente a ciottoli diviene quasi subito fangoso con zone ricoperte da campi di alte piante subacquee fra le quali girano persici reali, persici sole e tinche.
Spiaggia di Pisenze
Molto più lunga, seppur sempre di limitata larghezza e sempre a ciottoli, altrettanto affollata e pure servita da un comodo parcheggio. Come bar e per mangiare ci si può appoggiare al buon omonimo ristorante che si trova alla fine del parcheggio, proprio a fianco della stradina che porta in spiaggia. In acqua la profondità aumenta un poco più dolcemente e il fondale è, così come la spiaggia, nettamente distinto in due zone: sul lato occidentale dopo una prima fascia di ciottoli diventa sabbioso e lo resta fino alle boe (300 metri da riva) che delimitano la zona balneare e tengono le barche lontane da chi nuota; sull’altro lato una vasta zona di scogli si prolunga anche in acqua determinando un fondale roccioso che resta tale fin oltre le dette boe e, pur senza potersi aspettare la varietà e quantità di pesce osservabile al mare, permette di praticare lo snorkeling con discreta soddisfazione.
Spiaggia della Rocca
Arriviamo alla mitica e splendida spiaggia della Rocca: molto meno frequentata delle altre due, ci si arriva dal lato sud orientale del parco seguendo, a partire dall’omonimo parcheggio (bar), prima una stradina sterrata e poi un evidente sentierino. Oltrepassato un boschetto si supera, per apposito varco, un vecchio muro di cinta e con un aereo passaggio lungo una cengia si rientra nel bosco dove il sentiero si biforca: a destra si scende ripidamente alla parte meridionale della spiaggia, a sinistra si prosegue più dolcemente portandosi sul lato settentrionale della spiaggia. Improvvisamente il bosco lascia lo spazio ad alcune piccole e strette spiagge di ciottoli alternate a tratti di lisci scogli. A pochi metri (20) da riva già troviamo acqua molto alta (5 e più metri), ci sono comunque, specie se il livello del lago è attorno al suo zero idrometrico, ampi tratti che consentono una tranquilla nuotata anche a bambini e neofiti del nuoto. Nuotare qui è un poco come farlo lungo le scogliere della Sardegna, non avremo la stessa limpidezza delle acque, anzi, ma il fondale roccioso e i tanti grossi massi ricreano la stessa conformazione e danno le stesse emozioni, se siete fortunati potreste osservare grossi cavedani o essere avvolti da nuvole di piccoli persici reali. In zona anche alcuni spot d’immersione spesso frequentati dai diving del lago.
Ho definito per me incantevole questo luogo anche se gli manca qualcosa che lo renderebbe addirittura magico e che mi ci farebbe ritornare con maggiore frequenza e assiduità, un qualcosa che farebbe qui arrivare sicuramente molti altri che come me preferiscono immergersi nella natura così come natura chiama: nudi.
Camminare e nuotare vestiti è bello, farlo nudi è molto meglio! Anche solo un paio di leggerissimi pantaloncini o un micro costume da bagno sono di troppo e fanno emotivamente, sensitivamente, fisiologicamente mancare qualcosa (e c’è spiegazione scientifica). Purtroppo è difficile comprenderlo senza provarlo, posso solo invitarvi caldamente a provarci, invito Sindaco e Assessori di Manerba ad accompagnarmi in una escursione e in una nuotata senza vestiti, alla fine ne sarete assolutamente convinti, così come lo sono io e tanti altri, tutti coloro che ci hanno provato.
Comprendo che per un sindaco, un assessore, un partito possa sussistere la paura che la gente del posto abbia da recriminare. Tutti? No, no di certo: fino ai primi anni del duemila la zona della spiaggia era da tempo (almeno 20 anni) luogo abitualmente frequentato da nudisti e nessuno se ne lamentava, anzi, ho potuto personalmente osservare che le persone vestite condividevano tranquillamente il posto con quelle nude, tranquillamente!
Qualcuno comunque ci sarà, verissimo, ma ci furono anche coloro che si ribellarono all’istituzione del parco, eppure è stato fatto, allora perché non questo? La gente si abitua alle cose e così come si è abituata al bikini, alle minigonne, ai tatuaggi, al piercing, ecco che inevitabilmente, se messa a contatto continuo con la nudità, si abituerebbe anche a questo. Ineluttabile, inevitabile, sicurissimo. Se poi consideriamo che la zona è per la maggior parte frequentata da turisti tedeschi per i quali il nudo è stato naturale e normale, possiamo facilmente presupporre che la scelta incontrerebbe il bene placito e l’adesione di tantissimi turisti già in loco, ai quali nel breve termine si unirebbero altri.
Paura di chi possa vedere la nudità come occasione per atteggiamenti inopportuni o fastidiosi? Beh, intanto costoro ci sono proprio per effetto dei tabù del nudo per cui eliminandoli è quantomeno palese che nel tempo costoro sparirebbero, poi appare altrettanto chiaro che opponendovi un’ampia frequentazione nudista con l’aggiunta di quei tantissimi tessili che amerebbero l’opportunità di potersi ogni tanto totalmente liberare dalle vesti, possiamo essere certi che tali personaggi svanirebbero: in parte perché, come detto, guarirebbero del male che li attanaglia, per altra parte perché se in mezzo a una decina di persone nude qualcuno può anche permettersi di fare il gradasso, lo stesso di sicuro non avvererebbe in mezzo a centinaia di persone (nude e vestite).
Rendere vestiti opzionali un’area del genere, con una tale estensione, sarebbe un episodio ad oggi unico in Italia, il primo del genere e certo porterebbe economia alla zona e prestigio all’amministrazione comunale che decidesse in tal senso.
Si, si, sarebbe sicuramente una grandiosa, magnifica, strepitosa idea quella di rendere vestiti facoltativi l’intero areale del Parco della Rocca di Manerba. Idea vincente!
Link utili
Parco archeologico naturalistico Rocca di Manerba del Garda
Autointervista: Emanuele Cinelli
Ormai tanti sono i siti che parlano di nudismo, ce n’è uno che si differenzia su tutti gli altri, parliamone con il suo ideatore e amministratore: Emanuele Cinelli.
MN – Emanuele, cosa è Mondo Nudo?
E – Beh, un blog!
MN – Si certo, ma ci sono tanti blog!
E – Hai ragione, allora diciamo che si tratta di un sito attraverso il quale posso dare libero sfogo alla mia passione per la scrittura, proponendo diversi argomenti così da soddisfare e coinvolgere un più vasto pubblico. Nel contempo mi mette alla prova facendomi sperimentare i diversi metodi di scrittura: educativa, didattica, informativa, analitica, logica, politica, creativa, poetica, eccetera.
MN – Rileviamo, però, una netta prevalenza degli articoli inerenti al nudismo.
E – Si certo, è stata la base di partenza del blog ed è il fondamento del mio stile di vita, uno stile di vita per il quale ormai da diversi anni sono socialmente impegnato in prima persona, inizialmente come moderatore del sito de iNudisti, poi come suo amministratore, oggi principalmente come caporedattore della rivista elettronica collegata. Ovvio e naturale che questo condizioni in materia rilevante anche la vita di Mondo Nudo.
MN – Perché hai fondato Mondo Nudo?
E – Come detto lo stimolo iniziale è stato il nudismo. Erano già diversi anni che collaboravo attivamente con iNudisti e tale attività mi aveva permesso di acquisire un’ottima conoscenza del movimento nudista e delle relative risorse presenti su Internet. M’ero così reso conto che se all’estero molti erano i siti di vario genere inerenti al nudismo, in Italia oltre a iNudisti c’erano solo i siti collegati alle Associazioni Naturiste e qualche forum. Tra l’altro tutti questi avevano una limitazione intrinseca, invero presente anche nei siti esteri: si rivolgevano essenzialmente a chi già era nudista. Attraverso un’analisi logico-sociale delle varie maturazioni sociali, dei movimenti che nel tempo avevano portato a dei cambiamenti nella società (gli slip da bagno per l’uomo e il bikini per la donna, le minigonne, gli abiti scollati, il voto femminile, la parità dei diritti tra maschi e femmine, l’omosessualità e via dicendo) io avevo ormai da tempo percepito che non esiste successo senza il coinvolgimento degli ambienti esterni a quello specificamente inerente la causa in questione, indi se il movimento nudista voleva realmente ottenere credibilità e spazio doveva necessariamente coinvolgere anche chi nudista ancora non era ed è così che metto in piedi questo blog, per portare la voce nudista dentro la società non nudista.
MN – Quali sono gli obiettivi di Mondo Nudo?
E – Come si può intuire dal precedente discorso l’obiettivo primario è quello di coinvolgere chi non è nudista, quelli che per semplicità noi indichiamo come tessili, nella tematica nudista, nelle problematiche che la riguardano, nel processo di suo riconoscimento sociale, di rivendicazione dei nostri diritti, di acquisizione dello spazio che ci è dovuto. Parallelamente perseguo anche l’obiettivo più generale di evidenziare le principali contraddizioni, lassità, magagne della società odierna, in particolare italiana essendo mia deontologia parlare solo delle cose che conosco bene.
MN – Quanto tempo dedichi al tuo blog?
E – Tantissimo, gestire un blog non vuol dire solo scrivere gli articoli, ma vuol anche dire elaborane e mantenerne l’aspetto grafico, curarne la diffusione, vigilare sullo spam, controllare i commenti e rispondere. Inoltre se vuoi scrivere articoli interessanti e utili devi leggere tanto, devi tenerti costantemente informato, studiare l’arte dello scrivere e del comunicare ed è proprio quest’ultimo aspetto, quello dello studio, a cui da sempre ho dato il maggio spazio possibile e sempre più mi ci dedico con attenzione e dedizione: proprio per l’argomento che impronta il mio blog e per gli obiettivi prefissati, saper comunicare al meglio è fondamentale. Fortunatamente la comunicazione è parte preponderante anche del mio lavoro (il formatore aziendale e scolastico) per cui non devo rubare spazio all’uno per seguire l’altro.
MN – Interessante questo discorso della comunicazione, di preciso quali studi hai e stai facendo? Quali le logiche attorno alle quali ti stai muovendo?
E – Beh, di base mi interesso a tutto ciò che riguarda la comunicazione, certo alcuni argomenti li reputo più importanti e adattai alle mie finalità. Innanzitutto ho studiato e studio la PNL (Programmazione Neuro Linguistica), area della comunicazione che mi ha permesso di perfezionare enormemente il mio modo di scrivere, di renderlo meno dispersivo e più efficiente. Poi seguo con particolare attenzione l’area della comunicazione assertiva. Infine darei evidenza agli studi della specificità della comunicazione on-line, apparentemente una variante della comunicazione in presenza, in realtà è cosa molto diversa a seguito dell’assenza del visivo e di conseguenza della mancanza dei segnali non verbali, segnali che nella comunicazione in presenza permettono di calibrare la trasmissione, di percepire la reazione, di ottenere un feedback anche se l’altro è poco loquace.
MN – E le logiche comunicative?
E – Si, stavo arrivandoci. Per quanto riguarda le logiche comunicative i vari studi fatti mi hanno portato a trasformarmi considerevolmente nel mio modo di scrivere e percepire il mondo esterno, se prima tendevo ad essere aggressivo e lamentoso, ora ho capito che sono due atteggiamenti deleteri: non puoi coinvolgere gli altri se li metti subito all’angolo, se parti dall’accusarli di sbagliare, se inizi da te anziché da loro; per coinvolgere gli altri devi innanzitutto comprenderli, devi tener conto che non esiste una verità assoluta bensì esistono più verità, una per ogni testa come recita un antico proverbio bresciano (tante teste, tante crape). La PNL e l’assertività mi hanno insegnato come prima cosa che spesso è molto meglio porre delle domande che dare delle risposte, poi che è impossibile cambiare le persone, puoi solo tentare di indurle all’auto cambiamento e lo puoi fare solo se invece di opporre barriere alle loro idee, ai loro atteggiamenti, li dai per buoni e aggiungi a questi altre considerazioni positive e propositive. Ho anche compreso che se i tuoi scritti altro non fanno che lamentarsi alla fine la gente smette di seguirti, la gente ama lagnarsi ma è infastidita da chi si lagna sempre e comunque. Collegato a questo il discorso delle scuse. L’atteggiamento comune è quello di accusare gli altri per le cose che non vanno a se stessi, il movimento nudista non è immune a tale atteggiamento, anzi ne è fortemente condizionato. Visto che spesso quegli altri che tu accusi fanno lo stesso con te, finisce che ognuno resta sulle sue posizioni e nessuno cresce, nessuno ottiene quei cambiamenti che desidererebbe ottenere e di cui lamenta l’assenza. Se, al contrario, invece di accusare gli altri, si prova a partire da se stessi, a chiedersi cosa (non) ho fatto io perché le cose siano diverse, cosa posso fare perché cambino, ecco che allora per emulazione anche gli altri tenderanno a fare lo stesso e si potrà addivenire al cambiamento, sia esso personale che sociale. Certo non è facile mettere in partica tutti questi insegnamenti, ma ci si prova e pian piano ci si riesce.
MN – Grazie Emanuele per la chiacchierata e a presto.
E – A presto anche a te Mondo Nudo e a presto a tutti i miei fedeli lettori nella speranza che aumentino sempre più e che si convincano che il nudismo è molto più che un modo di prendere il sole, il nudismo è un’evoluzione sociale che coinvolge tutti gli aspetti della vita sociale, da quelli individuali, quali la salute, l’economia e via dicendo, a quelli comunitari, quali l’ecologia, il rispetto, la maturazione, eccetera. La società ha bisogno del nudismo ed è pertanto prioritario sostenere la causa nudista, far sì che il nudo torni ad essere soltanto uno stato naturale dell’uomo e della donna, che la malattia dell’irrefrenabile fastidio del nudo, dell’inaccettabilità del nudo pubblico possa scomparire. Prioritario!
Escursionando
Passo che sbatte,
cuore che batte,
salendo nel vento.
Vento dalle selle,
sul corpo ribelle,
si mostra la pioggia.
Pioggia d’estate
salde pestate
non trema la pelle.
Pelle vestito,
camoscio sentito,
cammina nel monte.
Monte silente,
lontano si sente,
scrosciare un torrente.
Torrente sinuoso,
fior generoso,
l’amico serpente.
Serpente nel prato,
quell’uomo sdraiato,
vestito di niente.
Niente che possa,
isolare la scossa,
del monte che sente.
Sente la foglia,
la mandria spoglia,
rumore silente.
Silente che scende,
la sera pretende,
quell’uomo cammina.
Cammina tranquillo,
a valle diretto,
di nudo vestito.
Risveglio
15/04/2017 – Articolo ammesso al concorso “Racconti nella Rete 2017”
Nero, nero profondo, nero che copre il tutto, nessuna ombra, nessun indizio sul luogo, solo il buio totale. Rintocchi di campane, uno, due, tre, quattro… cinque, il nero man mano s’attenua concedendo spazio alle sfumature di grigio. Primi deboli segni appaiono, ancora troppo vacui per essere decifrati, già sufficienti per spezzare la cupa oppressione del nero. Una finestra aperta lascia passare la frescura della notte, persiane semi accostate filtrano la luce del mattino.
Cinguettio d’uccelli, un sottilissimo filo di luce perfora l’oscurità, percorre la stanza mettendo in evidenza piccoli argentei elementi sospesi nell’aria. Tutt’intorno, nel fosco dell’ombra, mobili antichi danno flebile evidenza della loro presenza. Nell’angolo lambito dalla lama di luce un trespolo di ferro sostiene un bianco catino, vicino ad esso una cassapanca sorregge la candida brocca dell’acqua.
Il tubare di una colomba, la luce s’allarga e appare un piccolo letto alla francese, lenzuola stropicciate coprono appena il corpo di una persona. Capelli neri e lunghi nascondono il cuscino, una spalla fa capolino, una schiena dorata appare e scompare, un tondo gluteo, pezzi di gamba, le dita di un piede.
Un gallo che canta il suo inno mattutino, il ticchettio di un ramo che impertinentemente picchia sulla persiana. Ancora rintocchi di campane, ancora cinguettio d’uccelli, ancora l’insistente tubare della colomba. La luce del sole invade quasi per intero la stanza, i toni di grigio si sono mutati in mille colori. Il corpo si scuote, un lieve tremore lo percorre, le gambe si distendono facendo cadere a terra il lenzuolo, corpo nudo di donna si riflette nello specchio adiacente.
Voci di bimbi che scendono le scale, la luce colpisce il viso della donna, qualche sbadiglio, una stiracchiata di braccia, è ora di alzarsi. Luisa lentamente si gira, le gambe fuori dal letto, le piega lentamente quasi a voler ritardare al massimo il momento in cui i piedi arrivino a toccare il pavimento, inesorabile segno di un inevitabile risveglio.
Tac, i piedi toccano terra, una dolce spinta di braccia e il busto si solleva dal giaciglio, altra spinta e anche i glutei abbandonano definitivamente il morbido abbraccio del materasso. Luisa osserva il suo corpo riflesso nello specchio: muscolatura regolare, un viso gentile, due occhi marroni né grandi né piccoli, gambe robuste sebbene eleganti, equilibrata proporzione col busto, mammelle sode di media dimensione, capezzoli turgidi ed evidenti, il pube completamente rasato, una pelle dorata senz’ombre di bianco.
È pronta, l’esame visivo ha rimesso in moto ogni parte di lei, ridato energia ai muscoli intorpiditi dal lungo sonno. S’incammina per la stanza, raggiunge il lato opposto dove, appoggiato su una vecchia cassapanca, riposa un ampio salviettone azzurro. Lo prende, lo spiega con un colpo secco, lo appoggia sulla spalla sinistra, si gira, infila la porta che la immette nel corridoio.
Scese le scale arriva in una grande stanza ben arredata, Luca, il proprietario della casa, sta sfornando una profumata torta, Ginevra, sua moglie, è intenta ad apparecchiare la tavola, due bimbi attendono impazienti seduti su di una panca. Luisa saluta tutti prontamente ricambiata. I bimbi nel vederla dimenticano per un attimo la golosa torta che stavano attendendo e le corrono incontro. Marco le salta in braccio, proditoriamente catturato dalle braccia di Luisa, Marina le si avvinghia alle gambe guardandola in viso e sorridendole.
“Bambini, bambini” grida con voce leggera la madre, “lasciate che Luisa vada a fare la doccia”. Prontamente i due bimbi rispondono al richiamo della madre. Un bacino a ciascuno e, mentre loro tornano a sedersi sulla panca e osservano la torta rossa e profumata ormai posata sul tavolo, Luisa s’incammina verso la porta d’ingresso.
Alcune galline razzolano sull’aia, Marco lo stalliere è già al lavoro nei pressi della stalla, un nutrito gruppo di ragazzi stanno giocando nel prato ancora umido di rugiada, sulla riva di un piccolo laghetto, senza tema di sporcare vesti che non hanno, maschi e femmine tutti insieme, gioiosamente corrono sull’erba e saltano nell’acqua provocando ampi spruzzi che inondano tutt’intorno bagnando i compagni. Luisa, salutati i ragazzi, si dirige verso una rustica doccia: un verde tubo dell’acqua, un pallet di legno, un largo soffione, una manopola rossa. L’acqua scivola dolcemente sul suo corpo ricoprendola gradatamente in ogni sua parte. Strofinandosi con una ruvida spugna naturale, lentamente gusta il sapore del mattino.
I ragazzi continuano a giocare, dalla doccia li osserva correre felici. Sulla strada che costeggia il cortile il passaggio di gente si fan man mano più intenso. Giorgio e Michela, avvolti nelle loro bronzee tutine di pelle abbronzata dal sole, come ogni mattina sfilano di corsa per il loro quotidiano allenamento, Marilisa la paffutella fornaia passa con il suo carrettino ricolmo di sacchetti del pane, Stefano il vigile urbano fischiettando di bianco vestito va al lavoro. Luisa, continuando a farsi la doccia, salutando regala il proprio sorriso a tutti e tutti le rispondono altrettanto cordialmente.
L’acqua si ferma, senza asciugarsi Luisa recupera l’azzurro salviettone che aveva posato su un vicino tavolino e si sposta sul prato dove giocano i ragazzi. Stende l’asciugamano a terra nelle vicinanze del laghetto e vi si distende sopra. È piacevole farsi asciugare dai raggi del sole, lasciare che il suo calore faccia evaporare ogni più piccolo segno d’umidità da ogni più recondita parte del corpo: il sole del mattino è delicato, t’asciuga velocemente e perfettamente senza rosolarti la pelle, che resta morbida e vellutata.
Distesa nel prato, coccolata dal sole, cullata dalle voci dei ragazzi, lascia vagare i pensieri e ricorda. Recupera sensazioni che un tempo la condizionata mente spesso rigettava rendendole impercettibili: il fastidio delle mutande, la gogna del reggiseno, l’indecisione dell’abito da mettersi, la preoccupazione per come sedersi, muoversi, atteggiarsi, l’insoddisfazione dei giochi proibiti per non sporcare le vesti, “attenta che ti vedono le mutandine”, “non fare così che ti prendono per una donna di facili costumi”, “guai a te se ti sporchi il vestito”, “quell’abito è troppo scollato… la gonna è troppo corta… i pantaloni modellano il tuo sedere, vuoi che qualcuno ti violenti?”. Quant’è facile e bello… ora!
Impronte
Un direttore, nove musicisti, dodici melodie… una sinfonia.
Ci sono momenti di alta, altri di bassa, altri ancora che oscillano tra vari livelli sonori. Ci sono tratti filanti e altri meno, parti melodiche e altre romantiche, c’è un’alternanza di suoni che evoca e produce l’alternarsi di emozioni.
In alcuni punti rivedi tè stesso, in altri riconosci familiari o amici, altrove si compongono figure più o meno distinte, immagini ignote, fantastiche o mitologiche.
Amore e dolore, vita e morte, sogno e realtà, velocità e lentezza, emozioni che, una dopo l’altra, si alzano e si abbassano, si creano e si dissolvono, si mescolano e si separano. Tracce subliminali che s’imprimono nella mente. Tracce evidenti che segnano il cammino.
Impronte, impronte di scrittura, impronte di lettura, impronte emozionali, impronte sensitive, impronte.
Impronte… un conduttore, nove appassionati scrittori, dodici mesi, dodici semplici parole espressione di dodici complessi argomenti.
Impronte che man mano vanno a fissarsi nelle pagine di un sito, impronte infine dipinte, eternamente impresse nelle pagine di un libro.
Impronte, quelle che resteranno segnate nel vostro cuore alla fine di questa lettura.
Impronte!
“Impronte” racconti del Circolo Scrittori Instabili, libricino edito per mano e mente di Luca Bonini, Elda Cortinovis, Barbara Favaro, Mara Fracella, Laura Giardina, Giorgio Matteotti, Rossana Mazza, Franco Pelizzari, Giovanni Zambiasi, coordinamento di Barbara Favaro, illustrazioni di Silva Cavalli Felci – Lubrina Editore.
Il libro è acquistabile su IBS, clicca qui per reperirlo direttamente.
Resoconto della serata di presentazione sul sito del Circolo Scrittori Instabili.
Mostra fotografica: “Vivi la montagna”
Da tempo stavamo pensando ad una mostra fotografica (o proiezione) che potesse ben rappresentare la nostra attività e, nel contempo, potersi proporre con facilità al pubblico più vasto, alle società escursionistiche, alle associazioni fotografiche. Fino ad oggi ci mancava il materiale adeguato, ora, però, grazie alla presenza tra noi di diversi abili fotografi, amatori e professionisti, tale materiale inizia ad esserci e verrà ampliato nel corso delle prossime uscite 2015.
Chiunque possa e voglia aiutarci a concretizzare l’idea, vuoi come fotografo che come espositore, ci contatti.
I tanti anni di condizionamento e di abitudine allo stare vestiti sovrastano e annullano gli stimoli naturali del nostro corpo, così pochi arrivano a immaginarsi quanto possa essere bello e liberatorio gettare le vesti ed entrare nella natura così come la natura stessa è.
Avendo noi preso coscienza della beltà e della salubrità di questa scelta, ci è sembrato egoistico tenerla solo per noi e così abbiamo lavorato per farla conoscere anche a voi.
Avendo sperimentato che in questo caso le parole a poco o nulla servono abbiamo pertanto affidato il nostro messaggio alle fotografie.
Vivi la montagna
Vivere la montagna vuol dire avvicinarsi ad essa senza barriere, integrarsi con lei, adeguarsi al suo modo d’essere: nuda montagna, nude persone.
Senza barriere (foto di Fabio Corradini)
La montagna è nuda, vivila nudo (foto di Mara Fracella)
Immersione (foto Fabio Corradini e Vittorio Volpi)
Abbraccio alpino (foto Attilio Solzi ed Emanuele Cinelli)
Insieme (foto Emanuele Cinelli e Mara Fracella)
Assorbimento energetico (foto di Mara Fracella)
Quinta Giornata dell’Orgoglio Nudista
Chi non risica non rosica recita un antico proverbio e allora abbiamo risicato, stavolta l’abbiamo fatto per bene, fino in fondo, superando, sebbene non senza fatica, le paure che ancora insistono su di noi e ci inducono a rispettare il nostro corpo solo nell’ambito di pochi e definiti contesti, che ci forzano a più o meno frettolosi rivestimenti quando sulla via incrociamo altri che, come noi, presumibilmente amano la montagna e l’escursionismo, come noi seppur diversamente da noi nell’integrazione con l’ambiente.
Liberi tutti di vivere la natura come meglio si preferisce, chi portandosi più o meno consciamente appresso il fardello di condizionamenti proprio della società artificiale, chi liberandosene parzialmente, chi cercandone il totale ripudio proprio qui, tra i monti, dove tutto è libero e libertà, dove ogni elemento manifesta impudentemente e impunemente il proprio essere nella sua più estesa nuda totalità.
Colori, colori, colori, i colori della natura, l’azzurro del cielo, il bianco delle nuvole, il verde brillante dei pascoli, quello più cupo dei boschi, le mille tinte dei fiori, il marrone del manto di alcune timorose marmotte, i vividi colori quasi fosforescenti delle artificiose vesti di bipedi umani e poi… poi il marroncino rosato della pelle: visi sorridenti, toraci giocondi, braccia e gambe frizzanti, pance, nasi, orecchie, mani, piedi. Oh, oh, ci sono anche mammelle, vulve e peni che liberi assaporano la gioia della libertà, respirano il respiro del monte, gioiscono del fiato loro concesso, si allargano nelle loro naturali forme.
Qui oggi, infatti, il gruppo di Mondo Nudo si è orgogliosamente portato per l’ennesima escursione e per festeggiare la quinta Giornata dell’Orgoglio Nudista. Emanuele, Vittorio, Marco, Francesca, Luise, Angelo, Daniela, Mattia, Stefan, Christine, Alessandro, Attilio, Paola e Pierangelo, quattordici persone (dovevano essere in sedici ma due nuovi amici hanno dovuto rinunciare all’ultimo minuto), quattordici escursionisti d’ogni età ed estrazione sociale, quattrodici amici. Alcuni ormai solide presenze di questi eventi, altri nuovi arrivi tra le fila del gruppo; alcuni nudisti da tempo, altri da poco, altri ancora bloccati alla liceità della veste e comunque felici di condividere con noi tempo e spazio, dimostrando quanto ciò sia più che ipotizzabile bensì fattibile e ideale.
Dimostrazione di fattibile pacifica convivenza proviene anche dal reiterarsi con semplicità e tranquillità dell’incontro con altri escursionisti, stavolta, anche per il luogo meno isolato e il percorso in buona parte su strada sterrata, in più occasioni del solito. Resistendo, grazie alla forza del gruppo misto e alla presenza di una bambina, ogni volta all’impulso di coprirci, oggi abbiamo portato a fondo la nostra missione d’orgoglio, la nostra campagna a favore della libertà di espressione del corpo, di ogni parte del corpo, tutte parimenti dignitose, tutte parimenti belle e buone. Peccato ancora sia mancato un sonoro dialogo con le altre persone, certo forte e deciso è il messaggio dei nudi corpi portati con disinvoltura e orgoglio, ancor più profondo diventerebbe se rinforzato dalle parole degli altri, degli estranei che incontriamo.
Arriveremo anche a questo, un passo alla volta, intanto prendiamoci questa bella soddisfazione di una radiosa giornata nuda nella nuda montagna, sei ore per monti passate pressoché interamente nell’abito umano più congeniale e naturale: la sola nostra nuda pelle.
Un ennesimo successo che ci rinforza nelle nostre convinzioni e ci induce a fare un doppio pubblico invito:
- alle associazioni escursionistiche affinché prendano in considerazione la nostra presenza, i nostri numeri (talvolta superiori ai loro) e l’impellente opportunità d’inserire tra loro la presenza di nude persone;
- alle istituzioni comunali affinché comprendano il comune senso di accettazione del nudo e si manifestino positivamente nei confronti degli escursionisti che entrano in montagna così come la montagna è e chiede: nudi.
7 giugno 2015, quarta uscita del programma “Orgogliosamente Nudi” e “Quinta Giornata dell’Orgoglio Nudista”. Breno (BS), Valle di Stabio raggiunta da Campolaro e risalita fino alla prima malga. Qui lunga sosta nei pressi del torrente, distanziati dal sentiero quel tanto da risultare indefiniti alla vista ma pur sempre percepibili al fine di mostrare la nostra esistenza e che la montagna si può vivere anche senza l’artifizio delle vesti. Nessuno dei tanti passati è da noi venuto per manifestare dissenso, prima o poi qualcuno verrà fisicamente a noi per chiedere informazioni e delucidazioni, per manifestare il proprio interesse e sostegno (invero una volta è già successo e ora costoro sono nostri fedelissimi amici).
Durante il cammino abbiamo incrociato altri 4 escursionisti a piedi, una coppia in moto e una in macchina. Le reazioni, dopo il prevedibile iniziale momento di stupore, sono sempre state semplici e sostanzialmente normali, nessun sguardo truce, nessun moto di dissenso, nessun rimbrotto, solo semplici e cordiali saluti, in un caso un poco d’imbarazzo imputabile alla situazione che ci poneva quasi a contatto fisico (sentiero molto stretto), in altra occasione uno sguardo femminile di felice soddisfazione.
Insomma, una Giornata dell’Orgoglio Nudista che più orgogliosa e naturale di così per ora è poco pensabile… per ora!
Divagando – Tra le righe
Soliloqui di Uno che diede voci all’Attaccapanni
È dove tutto sta! Come una confessione che ti rivolta come un calzino, del quale appare la cucitura interna recondita e niente più. Tra le righe è un sorriso che propone un sacco di smorfie sopra e sotto, i desideri nascosti da piccole pieghe insignificanti a tutte le capinere. Eppure è la parte più stimolante di tutto l’apparato labiale.
È un rogito tra me ed il medesimo, ed ognuno è venuto a patti leali ed inalterabili che il tempo voglia.
È fermare proprio il tempo e ridurlo a qualcosa di veramente costruttivo per una mezz’oretta.
È dargli l’ora d’aria, che rispolvera il sentimento, o meglio, l’impalpabile emozione a colpi di refoli improvvisi.
È la parte ludica che mi sta a pennello e come calzamaglia tende a slabbrarsi e ricompattarsi.
È l’elasticità.
Io (e forse noi) non ho che temporalità. Il tempo mi lascia momenti e pure fugacemente, e qui li si ricostruiscono nelle loro pseudo forme atrofiche, galvanizzando il meglio della loro stiticità, staticità.
È il ringraziamento, il giorno Americano e come si sa, siamo tutti Americani!
Parentesi antecedente! Dicevo tra le righe come… come… ecco! Come!
C’è qualcosa di nuovo nelle nuvole, c’è l’inganno prima del cielo che ne gioca una parte convenzionale, specie nell’universo.
C’è il digiuno di pioggia, c’è una pioggia che è indugiante. Ma sta. Con gli occhi versi al basso pronta a sorprendere tutta la razionalità dell’intraprendente intuito umano.
Insomma sono io al meglio. Ma di me ho un limite, e questo si chiama parola. Parola afona come proprietà e parola circoscritta nelle intenzioni più prolisse. Per quanto ci si possa sforzare sarà labile intuizione. Provare ad esprimersi a idiomi è dilettantesco. È rubarsi la stima di poter veramente avere le idee chiare. Ma quale chiarezza vogliamo. Siamo umani al limite, limitati, limitiamo e comunicheremo con limite. Mi sembra che tutto sia appropriato, ed in questo la selvaggia natura (ossia la vera), ci fece onore e ci destituì.
Ci vogliamo ricredere credendo il meglio, e nel sogno di una realtà attiva, proviamo ad essere franchi, sinceri, ancora schietti, crollando inevitabilmente su ogni tipo di impalcatura etimologica. Qui tutto viene distrutto perché ci sia creazione (anche altrove comunque). Qui si inizia a prendersi in giro per trovarsi al solito posto, ma consapevoli. Stranamente siamo nel serio e ci si sente spaesati, poco prensili all’intuizione che sta tutt’attorno, aleggia e troneggia impavida pronta a sottrarsi al martirio per cui è nata.
Ne ha subite troppe di frustrazioni ed angherie. E si rivolta qui, placida ed insolente nel suo fallace “chi mi ama mi esegua!”.
Simone Belloni Pasquinelli
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