Archivio mensile:giugno 2015

Socializzare la nudità


Ognuno ha un rapporto personale con la nudità (sia con la propria – condivisa o meno – sia con quella di altri). È un fatto privato e di solito non se ne parla.

Da qui alcune riflessioni:

  • Pudore nel linguaggio. Se ci fosse più trasparenza, la nudità sarebbe più accettata, ma viene tenuta segreta, coperta, come se il solo parlarne andasse di pari passo con l’essere o il mostrarsi effettivamente nudi; come se il pudore che si ha socialmente per certe parti del corpo tabuizzasse anche alcune aree semantiche nel discorso, nell’interazione linguistica con altri.

Aprire centri per nudisti, campeggi, spiagge riservate, organizzare crociere esclusive non è la soluzione. È come aver ingrandito la stanza da bagno e ammettervi solo quelli che la pensano come noi, e magari hanno una tessera.

 

  • Socializzare la nudità, a cominciare dalla propria (l’unica che abbiamo il potere, la libertà di gestire), non è permettere di spionarci da buco della serratura (dove allora la porta conserverebbe tutto il suo significato e ragion d’essere), ma togliere qualsiasi bisogno o pulsione a curiosare le intimità (?) degli altri.

Il passo che abbiamo compiuto verso il nudismo ha cambiato man mano la percezione che abbiamo di noi stessi, del nostro corpo, dei rapporti sociali; abbiamo modificato il “fantasma” concettuale che ci profila e mediante il quale ci rapportiamo con la società – ovvero, abbiamo constatato che tale cambiamento è avvenuto spontaneamente.

 

  • Socializzare la nostra privata nudità vuol dire socializzare noi stessi, nella nostra completezza, con le nostre imperfezioni, non temere esami e pagelle di teorici esaminatori.

Il passo successivo è la condivisione con altri, con tutti gli altri, con tutta la società, a cominciare dal nostro ambiente più immediato (familiari, vicini, colleghi…) della nostra nuova identità, la nuova percezione che abbiamo di noi, come corpo e come persone, con la sicurezza provvisoria di tutte le cose che sono in continua evoluzione.
Fra le quattro pareti di casa, chiunque può essere qualunque cosa, o semplicemente una persona come tante, come tutti – e son fatti suoi, e tutto finisce lì. Ma l’esigenza di confrontarci con gli altri emerge prima o poi: perché siamo stufi che la gente pensi di noi quel che non siamo, oppure perché sentiamo l’esigenza di annunciarlo come cosa positiva per tutti, come una conquista da condividere (penso alla spinta che muove artisti, musicisti, letterati, sportivi, politici… e persone normali).

  • Molto spesso sentiamo il bisogno di socializzare il nostro privato (salute, preoccupazioni familiari, situazioni sul lavoro; ma anche soddisfazioni, progetti, traguardi, cose di cui andiam fieri o che ci fanno sentire unici e noi stessi così come siamo).

Socializzare, mostrare apertamente la nostra nudità, una volta convinti della sua fondamentale e connaturata innocenza, della sua incensurabile essenza sotto ogni punto di vista (da quello estetico a quello morale); mostrare quanto per sua natura sia spoglia di pregiudizi, schemi mentali, diffamazioni, falsi pudori, oscurantismi (almeno per noi che l’essere nudi non fa né caldo né freddo) è un passo inevitabile e necessario. Per la nostra crescita come persone, sempre più consapevoli di sé e delle interrelazioni con gli altri. Altrimenti a noi per primi – proprio a noi che non ci crediamo e la vorremmo abolita per tutti – torna utile una qualsiasi foglia di fico da usar come alibi e ne confermiamo valore, efficacia e finalità. Nascondere come fatto privato la nostra nudità (e l’esser nudisti – senza che questo diventi col tempo un’etichetta dietro cui nasconderci ancora una volta) sarebbe come dormire nudi, praticare la nudità fra le pareti domestiche, passare le ferie in un villaggio nudista, mantenendo vivo quell’arcano timore d’esser veduti che tanto ci ha condizionato sino a ieri.

Ma tutto, evidentemente con prudenza e cum grano salis. E senza atteggiarci, senza trombe e vessilli, senza volerci troppo distinguere o ritenerci un gradino più su. Altrimenti noi stessi riproporremmo le stesse distanze che abbiamo superato, le stesse fratture che abbiamo saldato, erigeremmo nuovi muri dentro di noi al posto di quelli che abbiamo demolito; vanificheremmo tutte le buone intenzioni che animano la nostra apertura verso gli altri, la nostra volontà o bisogno di dialogo; annulleremmo il feedback positivo che ci viene dagli altri e che è alla base della nostra identità sociale e del nostro ruolo all’interno della comunità in cui viviamo.

Il parco della Rocca di #Manerba


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Ci sono posti belli e altri meno, ci sono luoghi che ricordi piacevolmente e altri che preferisci dimenticare, ci sono località in cui torni volentieri e altre in cui non torni più, poi ci sono quei posti che ti restano impressi non solo negli occhi ma anche nel cuore, posti che ti ammaliano e dei quali non sapresti più farne a meno. Certo è una questione molto soggettiva, ma poco importa, per me il Parco Naturale della Rocca e del Sasso, sito in quel di Manerba del (lago di) Garda, in provincia di Brescia, è uno di questi ultimi.

Lago da Rocca 043Verde, tanto verde, mille tonalità di verde che, intersecandosi ai margini, si alternano fra loro creando un armonico e rilassante patchwork naturale. Prati frammisti a tratti di bosco, nel mezzo qualche piccola casetta. Una collina delinea per intero il margine nord occidentale e su di essa, nel punto di massima elevazione, le rovine di un antico maniero: la Rocca di Manerba. Da qui la collina crolla quasi verticalmente sul bosco sottostante per poi risalire dolcemente al vicino Sasso, punto di massima elevazione della lunga e alta falesia di rocce sedimentarie che contorna a nord e a ovest il parco. Sotto di essa le azzurre acque del lago, un lago grande, che si vede estendersi lungamente in ogni direzione.

IMG_0350Diverse più o meno nascoste linee di chiaro marrone identificano le comode stradine e i bei sentieri che s’insinuano all’interno di questo bucolico paesaggio, tracciati che permettendo al turista pedestre o ciclista splendide passeggiate buone per ogni stagione.

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Tre comodi parcheggi, quelli gratuiti di Montinelle e di Pisenze e quello a pagamento detto della Rocca, con annesso bar, sono la base di partenza per le passeggiate o le spiagge. Volendo si può parcheggiare, a pagamento, anche a Porto Dusano da dove un bel sentiero, a tratti magari un po’ troppo abbandonato alla vegetazione, in un quarto d’ora permette di risalire alla zona del parco.

Lago da Rocca 032Dalla vetta della Rocca lo sguardo oltre che, come già detto, navigare libero sulle acque del lago, si libra a trecentosessanta gradi mostrandoci il Monte Baldo, la valle del Sarca, i monti di Tignale, il Castello di Gaino, Il Pizzoccolo, il monte Spino, i monti di Salò e di Villanuova, le colline moreniche che cingono a sud il lago e sulle quali pregiati vigneti ci donano vini conosciuti in tutto il mondo. Abbassando lo sguardo subito sotto di noi la splendida baia di Pisenze con la Lago da Rocca 018sua affollatissima spiaggia, appena dietro a questa la punta Belvedere e la limitrofa isola di San Biagio (anche conosciuta come isola dei Conigli), segue l’ampia baia di San Felice con il Porto Torchio, la Romantica e la Punta di San Fermo con l’ampia isola del Garda, dietro si può intuire la piccola e simpatica Baia del Vento, seguita dalla ben più ampia Baia di Salò. Salendo verso nord ecco gli abitati di Gardone Riviera, Maderno, Toscolano, Gargnano, poi una punta Lago da Rocca 020rocciosa copre la vista della restante costa settentrionale bresciana. Sulla sponda opposta da nord s’individuano i paesi di Malcesine, Brenzone, Torri del Benaco, Garda con la sua inconfondibile baia racchiusa tra la Punta di San Vigilio e la Rocca di Garda, Bardolino, Lazise, Pacengo. A sud s’intravvede Peschiera, a seguire man mano più visibili Lugana, Sirmione con la sua tipica penisola e le Grotte di Catullo, Rivoltella, Desenzano, la baia di Lonato e Padenghe, indi Moniga.

IMG_0427Alla vetta della Rocca ci si può arrivare a piedi per un ripido sentiero che sale, aggirando per cengia il salto roccioso che lo caratterizza, lungo il versante settentrionale. Ad esso possiamo arrivare con uno qualsiasi dei sentieri del parco, sia partendo dal paese di Manerba, che dalla baia di Pisenze. Al maniero possiamo arrivarci anche in auto, seguendo le indicazioni reperibili nei pressi di Montinelle: dall’ampio parcheggio ci vogliono solo cinque minuti di cammino lungo ripidissima strada asfaltata chiusa al traffico. Nei pressi del parcheggio è sita la Casa del Visitatore dove un’area picnic e un bar consentono un opportuno punto di fermata e ristoro. All’interno della Casa troviamo il museo, assolutamente meritevole di una poco frettolosa visita: al primo piano il percorso archeologico, al secondo il percorso naturalistico. Al servizio del visitatore anche delle guide professioniste per una visita accompagnata alle bellezze del parco, che oltre ai già decantati paesaggi ci offre una ricca varietà di piante, variopinti fiori, un piccolo laghetto dal quale parte un’antica galleria artificiale costruita per evitare l’inondazione della campagna circostante scaricando a lago l’eventuale eccesso di acqua.

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Per quanto riguarda le attività balneari tre sono le spiagge direttamente annesse al parco: Pisenze, Rocca e Dusano.

Spiaggia di Dusano

Piccola e spesso molto affollata per la sua vicinanza al parcheggio e a diversi ristoranti. È formata da grossi ciottoli che degradano velocemente in acqua: ad una ventina di metri da riva la profondità già si aggira intorno ai tre metri per poi degradare più dolcemente. Il fondale inizialmente a ciottoli diviene quasi subito fangoso con zone ricoperte da campi di alte piante subacquee fra le quali girano persici reali, persici sole e tinche.

Spiaggia di Pisenze

Lago da Rocca 023Molto più lunga, seppur sempre di limitata larghezza e sempre a ciottoli, altrettanto affollata e pure servita da un comodo parcheggio. Come bar e per mangiare ci si può appoggiare al buon omonimo ristorante che si trova alla fine del parcheggio, proprio a fianco della stradina che porta in spiaggia. In acqua la profondità aumenta un poco più dolcemente e il fondale è, così come la spiaggia, nettamente distinto in due zone: sul lato occidentale dopo una prima fascia di ciottoli diventa sabbioso e lo resta fino alle boe (300 metri da riva) che delimitano la zona balneare e tengono le barche lontane da chi nuota; sull’altro lato una vasta zona di scogli si prolunga anche in acqua determinando un fondale roccioso che resta tale fin oltre le dette boe e, pur senza potersi aspettare la varietà e quantità di pesce osservabile al mare, permette di praticare lo snorkeling con discreta soddisfazione.

Spiaggia della Rocca

IMG_0365Arriviamo alla mitica e splendida spiaggia della Rocca: molto meno frequentata delle altre due, ci si arriva dal lato sud orientale del parco seguendo, a partire dall’omonimo parcheggio (bar), prima una stradina sterrata e poi un evidente sentierino. Oltrepassato un boschetto si supera, per apposito varco, un vecchio muro di cinta e con un aereo passaggio lungo una cengia si rientra nel bosco dove il sentiero si biforca: a destra si scende ripidamente alla parte meridionale della spiaggia, a sinistra si prosegue più dolcemente portandosi sul lato settentrionale della spiaggia. Improvvisamente il bosco lascia lo spazio ad alcune piccole e strette spiagge di ciottoli alternate a tratti di lisci scogli. A pochi metri (20) da riva già troviamo acqua molto alta (5 e più metri), ci sono comunque, specie se il livello del lago è attorno al suo zero idrometrico, ampi tratti che consentono una tranquilla nuotata anche a bambini e neofiti del nuoto. Nuotare qui è un poco come farlo lungo le scogliere della Sardegna, non avremo la stessa limpidezza delle acque, anzi, ma il fondale roccioso e i tanti grossi massi ricreano la stessa conformazione e danno le stesse emozioni, se siete fortunati potreste osservare grossi cavedani o essere avvolti da nuvole di piccoli persici reali. In zona anche alcuni spot d’immersione spesso frequentati dai diving del lago.

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IMG_0703Ho definito per me incantevole questo luogo anche se gli manca qualcosa che lo renderebbe addirittura magico e che mi ci farebbe ritornare con maggiore frequenza e assiduità, un qualcosa che farebbe qui arrivare sicuramente molti altri che come me preferiscono immergersi nella natura così come natura chiama: nudi.

Camminare e nuotare vestiti è bello, farlo nudi è molto meglio! Anche solo un paio di leggerissimi pantaloncini o un micro costume da bagno sono di troppo e fanno emotivamente, sensitivamente, fisiologicamente mancare qualcosa (e c’è spiegazione scientifica). Purtroppo è difficile comprenderlo senza provarlo, posso solo invitarvi caldamente a provarci, invito Sindaco e Assessori di Manerba ad accompagnarmi in una escursione e in una nuotata senza vestiti, alla fine ne sarete assolutamente convinti, così come lo sono io e tanti altri, tutti coloro che ci hanno provato.

IMG_0701Comprendo che per un sindaco, un assessore, un partito possa sussistere la paura che la gente del posto abbia da recriminare. Tutti? No, no di certo: fino ai primi anni del duemila la zona della spiaggia era da tempo (almeno 20 anni) luogo abitualmente frequentato da nudisti e nessuno se ne lamentava, anzi, ho potuto personalmente osservare che le persone vestite condividevano tranquillamente il posto con quelle nude, tranquillamente!

Qualcuno comunque ci sarà, verissimo, ma ci furono anche coloro che si ribellarono all’istituzione del parco, eppure è stato fatto, allora perché non questo? La gente si abitua alle cose e così come si è abituata al bikini, alle minigonne, ai tatuaggi, al piercing, ecco che inevitabilmente, se messa a contatto continuo con la nudità, si abituerebbe anche a questo. Ineluttabile, inevitabile, sicurissimo. Se poi consideriamo che la zona è per la maggior parte frequentata da turisti tedeschi per i quali il nudo è stato naturale e normale, possiamo facilmente presupporre che la scelta incontrerebbe il bene placito e l’adesione di tantissimi turisti già in loco, ai quali nel breve termine si unirebbero altri.

IMG_0356Paura di chi possa vedere la nudità come occasione per atteggiamenti inopportuni o fastidiosi? Beh, intanto costoro ci sono proprio per effetto dei tabù del nudo per cui eliminandoli è quantomeno palese che nel tempo costoro sparirebbero, poi appare altrettanto chiaro che opponendovi un’ampia frequentazione nudista con l’aggiunta di quei tantissimi tessili che amerebbero l’opportunità di potersi ogni tanto totalmente liberare dalle vesti, possiamo essere certi che tali personaggi svanirebbero: in parte perché, come detto, guarirebbero del male che li attanaglia, per altra parte perché se in mezzo a una decina di persone nude qualcuno può anche permettersi di fare il gradasso, lo stesso di sicuro non avvererebbe in mezzo a centinaia di persone (nude e vestite).

Rendere vestiti opzionali un’area del genere, con una tale estensione, sarebbe un episodio ad oggi unico in Italia, il primo del genere e certo porterebbe economia alla zona e prestigio all’amministrazione comunale che decidesse in tal senso.

Si, si, sarebbe sicuramente una grandiosa, magnifica, strepitosa idea quella di rendere vestiti facoltativi l’intero areale del Parco della Rocca di Manerba. Idea vincente!

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Link utili

Parco archeologico naturalistico Rocca di Manerba del Garda

Comune di Manerba

Autointervista: Emanuele Cinelli


Al Passo di Blisie (Foto E. Cinelli)

Ormai tanti sono i siti che parlano di nudismo, ce n’è uno che si differenzia su tutti gli altri, parliamone con il suo ideatore e amministratore: Emanuele Cinelli.

MN – Emanuele, cosa è Mondo Nudo?

E – Beh, un blog!

MN – Si certo, ma ci sono tanti blog!

E – Hai ragione, allora diciamo che si tratta di un sito attraverso il quale posso dare libero sfogo alla mia passione per la scrittura, proponendo diversi argomenti così da soddisfare e coinvolgere un più vasto pubblico. Nel contempo mi mette alla prova facendomi sperimentare i diversi metodi di scrittura: educativa, didattica, informativa, analitica, logica, politica, creativa, poetica, eccetera.

MN – Rileviamo, però, una netta prevalenza degli articoli inerenti al nudismo.

Nudismo, scelta totalizzante

E – Si certo, è stata la base di partenza del blog ed è il fondamento del mio stile di vita, uno stile di vita per il quale ormai da diversi anni sono socialmente impegnato in prima persona, inizialmente come moderatore del sito de iNudisti, poi come suo amministratore, oggi principalmente come caporedattore della rivista elettronica collegata. Ovvio e naturale che questo condizioni in materia rilevante anche la vita di Mondo Nudo.

MN – Perché hai fondato Mondo Nudo?

E – Come detto lo stimolo iniziale è stato il nudismo. Erano già diversi anni che collaboravo attivamente con iNudisti e tale attività mi aveva permesso di acquisire un’ottima conoscenza del movimento nudista e delle relative risorse presenti su Internet. M’ero così reso conto che se all’estero molti erano i siti di vario genere inerenti al nudismo, in Italia oltre a iNudisti c’erano solo i siti collegati alle Associazioni Naturiste e qualche forum. Tra l’altro tutti questi avevano una limitazione intrinseca, invero presente anche nei siti esteri: si rivolgevano essenzialmente a chi già era nudista. Attraverso un’analisi logico-sociale delle varie maturazioni sociali, dei movimenti che nel tempo avevano portato a dei cambiamenti nella società (gli slip da bagno per l’uomo e il bikini per la donna, le minigonne, gli abiti scollati, il voto femminile, la parità dei diritti tra maschi e femmine, l’omosessualità e via dicendo) io avevo ormai da tempo percepito che non esiste successo senza il coinvolgimento degli ambienti esterni a quello specificamente inerente la causa in questione, indi se il movimento nudista voleva realmente ottenere credibilità e spazio doveva necessariamente coinvolgere anche chi nudista ancora non era ed è così che metto in piedi questo blog, per portare la voce nudista dentro la società non nudista.

MN – Quali sono gli obiettivi di Mondo Nudo?

IMG_3364E – Come si può intuire dal precedente discorso l’obiettivo primario è quello di coinvolgere chi non è nudista, quelli che per semplicità noi indichiamo come tessili, nella tematica nudista, nelle problematiche che la riguardano, nel processo di suo riconoscimento sociale, di rivendicazione dei nostri diritti, di acquisizione dello spazio che ci è dovuto. Parallelamente perseguo anche l’obiettivo più generale di evidenziare le principali contraddizioni, lassità, magagne della società odierna, in particolare italiana essendo mia deontologia parlare solo delle cose che conosco bene.

MN – Quanto tempo dedichi al tuo blog?

E – Tantissimo, gestire un blog non vuol dire solo scrivere gli articoli, ma vuol anche dire elaborane e mantenerne l’aspetto grafico, curarne la diffusione, vigilare sullo spam, controllare i commenti e rispondere. Inoltre se vuoi scrivere articoli interessanti e utili devi leggere tanto, devi tenerti costantemente informato, studiare l’arte dello scrivere e del comunicare ed è proprio quest’ultimo aspetto, quello dello studio, a cui da sempre ho dato il maggio spazio possibile e sempre più mi ci dedico con attenzione e dedizione: proprio per l’argomento che impronta il mio blog e per gli obiettivi prefissati, saper comunicare al meglio è fondamentale. Fortunatamente la comunicazione è parte preponderante anche del mio lavoro (il formatore aziendale e scolastico) per cui non devo rubare spazio all’uno per seguire l’altro.

MN – Interessante questo discorso della comunicazione, di preciso quali studi hai e stai facendo? Quali le logiche attorno alle quali ti stai muovendo?

gm6E – Beh, di base mi interesso a tutto ciò che riguarda la comunicazione, certo alcuni argomenti li reputo più importanti e adattai alle mie finalità. Innanzitutto ho studiato e studio la PNL (Programmazione Neuro Linguistica), area della comunicazione che mi ha permesso di perfezionare enormemente il mio modo di scrivere, di renderlo meno dispersivo e più efficiente. Poi seguo con particolare attenzione l’area della comunicazione assertiva. Infine darei evidenza agli studi della specificità della comunicazione on-line, apparentemente una variante della comunicazione in presenza, in realtà è cosa molto diversa a seguito dell’assenza del visivo e di conseguenza della mancanza dei segnali non verbali, segnali che nella comunicazione in presenza permettono di calibrare la trasmissione, di percepire la reazione, di ottenere un feedback anche se l’altro è poco loquace.

MN – E le logiche comunicative?

IMG_DSC7514E – Si, stavo arrivandoci. Per quanto riguarda le logiche comunicative i vari studi fatti mi hanno portato a trasformarmi considerevolmente nel mio modo di scrivere e percepire il mondo esterno, se prima tendevo ad essere aggressivo e lamentoso, ora ho capito che sono due atteggiamenti deleteri: non puoi coinvolgere gli altri se li metti subito all’angolo, se parti dall’accusarli di sbagliare, se inizi da te anziché da loro; per coinvolgere gli altri devi innanzitutto comprenderli, devi tener conto che non esiste una verità assoluta bensì esistono più verità, una per ogni testa come recita un antico proverbio bresciano (tante teste, tante crape). La PNL e l’assertività mi hanno insegnato come prima cosa che spesso è molto meglio porre delle domande che dare delle risposte, poi che è impossibile cambiare le persone, puoi solo tentare di indurle all’auto cambiamento e lo puoi fare solo se invece di opporre barriere alle loro idee, ai loro atteggiamenti, li dai per buoni e aggiungi a questi altre considerazioni positive e propositive. Ho anche compreso che se i tuoi scritti altro non fanno che lamentarsi alla fine la gente smette di seguirti, la gente ama lagnarsi ma è infastidita da chi si lagna sempre e comunque. Collegato a questo il discorso delle scuse. L’atteggiamento comune è quello di accusare gli altri per le cose che non vanno a se stessi, il movimento nudista non è immune a tale atteggiamento, anzi ne è fortemente condizionato. Visto che spesso quegli altri che tu accusi fanno lo stesso con te, finisce che ognuno resta sulle sue posizioni e nessuno cresce, nessuno ottiene quei cambiamenti che desidererebbe ottenere e di cui lamenta l’assenza. Se, al contrario, invece di accusare gli altri, si prova a partire da se stessi, a chiedersi cosa (non) ho fatto io perché le cose siano diverse, cosa posso fare perché cambino, ecco che allora per emulazione anche gli altri tenderanno a fare lo stesso e si potrà addivenire al cambiamento, sia esso personale che sociale. Certo non è facile mettere in partica tutti questi insegnamenti, ma ci si prova e pian piano ci si riesce.

MN – Grazie Emanuele per la chiacchierata e a presto.

Chiare, dolci, fresche acque (Foto Marco)

E – A presto anche a te Mondo Nudo e a presto a tutti i miei fedeli lettori nella speranza che aumentino sempre più e che si convincano che il nudismo è molto più che un modo di prendere il sole, il nudismo è un’evoluzione sociale che coinvolge tutti gli aspetti della vita sociale, da quelli individuali, quali la salute, l’economia e via dicendo, a quelli comunitari, quali l’ecologia, il rispetto, la maturazione, eccetera. La società ha bisogno del nudismo ed è pertanto prioritario sostenere la causa nudista, far sì che il nudo torni ad essere soltanto uno stato naturale dell’uomo e della donna, che la malattia dell’irrefrenabile fastidio del nudo, dell’inaccettabilità del nudo pubblico possa scomparire. Prioritario!

Regolamentare il nudismo


Un articolo apparso ieri sul BresciaOggi (“Il naturismo non è esibizione sguaiata Ma ora serve una legge”) ha scatenato in me vari pensieri e alcune considerazioni, poi rinforzate nel ripensare alle varie proposte di legge nazionale e, ivi comprese quelle approvate, regionali avanzate in Italia.

C’è, nell’articolo come nelle dette proposte di legge, una parola ricorrente, un aspetto comune, il costante ricorso alla parola “regolamentare”: bisogna regolamentare, è necessario regolamentare, si propone di regolamentare il nudismo (invero si usa la parola naturismo, alla fine è comunque dello stare nudi, indi del nudismo, che si vuol parlare).

Ma… cosa significa regolamentare? Cosa si regolamenta? Cosa ha usualmente bisogno di una regolamentazione?

Avete mai visto una legge che regolamenta il modo di vestirsi? No, in Italia no, quantomeno non negli ultimi 65 anni. Perché? Perché non avrebbe senso, perché nessuno pensa minimamente giusto e utile imporre ad altri i propri gusti di abbigliamento.

Avete mai visto una legge che regolamenta il modo di mangiare? No!

E una che regolamenta le attività sportive praticabili? No!

Cosa viene al contrario regolamentato?

L’uso di quanto ha in sé stesso la potenzialità di creare danni materiali a cose o persone (ad esempio veicoli, armi, macchinari, ponteggi) oppure i rapporti contrattuali (ad esempio accordi commerciali, contratti sociali, matrimonio).

Orbene, il nudo in se stesso può arrecare danni materiali? No, palesemente, inequivocabilmente no. Eventualmente è la persona che, indipendentemente dall’essere o meno vestita, racchiude in se stessa tale potenzialità, infatti esiste già tutta una regolamentazione che gestisce il comportamento delle persone: l’insieme di codice civile e codice penale.

Allora, il nudo forse prevede un rapporto contrattuale con gli altri? No, palesemente, inequivocabilmente no. Al massimo può esserci una questione di convivenza con chi si sente infastidito dal nudo e qui esistono già le regole naturali di reciproco rispetto attraverso le quali addivenire a una reciprocamente soddisfacente soluzione della questione, tenendo conto che si tratta di un’equazione algebrica per cui l’equa soluzione è tutt’altro che a metà strada, bensì spostata più verso il nudista: se non può stare nudo si vede totalmente inibito nel suo diritto mentre la controparte se deve spostarsi o guardare altrove è solo parzialmente limitata nel suo diritto, per giunta potrebbe anche scoprire che il fastidio presto scompare, imparare qualcosa, evolversi e quindi averne un bel vantaggio morale e sociale.

Allora perché regolamentare il nudismo? Perché questa assillante proposta di regolamentazione?

Beh, visto che più o meno palesemente articoli e proposte di legge parlano spesso di rispetto dei diritti di coloro che non vogliono convivere con il nudo (perché si ignora la naturale esistenza del diritto opposto? Del diritto alla reciprocità? Perché al massimo si parla di desiderio del nudista?), di “fra adulti consenzienti” (e le famiglie con bambini dove finiscono?), di impedire fatti incresciosi (non c’è già una regolamentazione degli atti di inciviltà? Che rapporto esiste tra tali atti e l’essere nudi? È necessario essere nudi per attuare comportamenti scorretti?), di evitare situazioni di promiscuità (la scelta di questa parola già la dice lunga) parrebbe esserci dietro l’idea del nudo come atteggiamento socialmente non conforme. Come possono delle proposte di legge convincere chi le deve firmare se in esse è racchiusa l’idea di trasgressione, di non conformità, di liceità? Forse perché chi le deve firmare ragiona a sua volta in tal modo? Si può allora sperare in una legge che realmente tuteli i diritti dei nudisti? O si può più che altro presupporre in una legge che servirà solo ed esclusivamente a isolare, contenere il movimento nudista? È proprio così difficile educare i firmatari alla logica e alla ragione?

Vero è che in tali proposte, dopo un antefatto generale sul nudismo nel quale ci si preoccupa più che altro di produrre quanto sopra detto, ci si sofferma poi sull’incentivazione, a fini turistici (e dove finisce il fatto che il nudismo è più che altro o comunque anche una scelta di vita?), delle strutture dedicate al nudismo e queste prevedono sì dei rapporti contrattuali, ma… non esistono forse già tutte le leggi adeguate a gestire tali aspetti contrattuali? C’è forse differenza contrattuale, istituzionale o privata, tra una struttura nudista, una vestiti facoltativi e una vestiti obbligatori?

D’accordo, vista l’attuale estrema carenza di strutture italiane dove si possa stare senza vestiti e l’insensibilità alla questione dimostrata ad oggi da imprenditori e istituzioni, si vuole forzare la mano attraverso una legge che imponga ai comuni l’individuazione di aree da destinare alla fruizione nudista. Ma… può una legge risolvere la questione? Beh, magari se fatta bene anche sì (comunque gli esempi regionali ad oggi esistenti da un lato fanno vedere leggi stentate, dall’altro la possibilità per le istituzioni comunali di ignorarle o portare le cose alle calende greche), ma… quante aree potranno costruirsi? Saranno libere, indi a fruizione popolare, o a pagamento, trasformando il nudismo in una questione elitaria? E soprattutto, ce ne saranno a sufficienza per garantire a tutti la reale possibilità di raggiungerle almeno ad ogni fine settimana a costi popolari? E poi, importantissimo, cosa succederà per quei tanti che allo starsene sdraiati al sole preferiscono farsi delle belle camminate in campagna, collina o montagna? E a quelli che amano le lunghe nuotate in laghi e mari? A quelli che adorerebbero stare nudi mentre accudiscono il loro giardino o il loro orto? Insomma a tutti quelli che al nudismo stanziale preferiscono un nudismo libero e attivo? Ignorati? Totalmente ignorati? Dovranno solo adeguarsi e convertirsi alla stanzialità nei ghetti?

La ciliegina sulla torta: si legge spesso che una legge di regolamentazione del nudismo potrebbe portare all’Italia un considerevole flusso di turisti che le vacanze le vogliono fare nudi, ma… ne siamo sicuri? Ad oggi le poche risposte alle leggi regionali hanno portato alla definizione di sparute e microscopiche (poche centinaia di metri) aree, spesso lontane dalle strutture di soggiorno (quasi sempre tessili); può questa situazione risultare concorrenziale con le proposte estere? Cosa viene dato in Croazia, in Spagna, in Francia? Beh, li ci sono strutture nudiste anche piuttosto grandi, tutte con annessa plurichilometrica spiaggia o altra area (bosco, fiume, prati) in cui poter stare nudi tranquillamente. Che dire, salvo cambiamenti radicali nell’atteggiamento imprenditoriale e istituzionale italiano (teoricamente possibili, ma materialmente più vicini all’utopia) la vedo dura!

Non ci sono santi ne madonne, esiste una sola unica possibilità per dare giustizia a un atteggiamento sociale che è solo un modo di abbigliarsi e come tale è insensato regolamentare: l’esplicita dichiarazione legislativa che il nudo di per se stesso è atteggiamento conforme ovvero non è violazione degli articoli del codice penale relativi alla pubblica morale (cosa invero ormai più volte sancita dai giudici di ogni ordine e grado e quindi, sebbene entro certi limiti, già idealmente operativa) e agli atti osceni in luogo pubblico (invero da tempo ormai giuridicamente definito che non sussiste tale tipo di reato nello stare semplicemente nudi); meglio ancora, sullo stile della Spagna, la chiara dichiarazione legislativa che in assenza di esplicito divieto si può stare nudi ovunque. Ogni altra soluzione sarà sempre e comunque una iniqua e illogica limitazione ai diritti naturali dei cittadini italiani e dei turisti.

Mi si dice che non è possibile chiedere questo, perché? Come detto i giudici l’hanno già stabilito e entro certi limiti applicato e trasformato in convenzione giuridica attiva (così come prima era solo una convenzione giuridica che il nudista compieva un atto contrario alla morale), perchè non si può dare seguito legislativo ad una convenzione giuridica attiva? Mi si dice che la mentalità politica attuale non è ancora pronta a questo, perché? È proprio così difficile educare i politici alla logica e alla ragione? Mi si dice che bisogna pur iniziare da qualcosa, vero, ma altri mi insegnano che si ottiene sempre meno della metà di quello che si chiede, cosa succede se già si chiede il minimo? E poi, altri mi insegnano che in Italia se per fare una legge ci vogliono tot anni, per cambiarla ce ne vogliono cento volte di più! Per altro l’ultima proposta di legge così come a suo tempo pubblicizzata (vedi qui) era conforme a questo discorso, affermava che la nudità è lecita e stop per poi a parte affrontare il discorso di promozione turistica, ci si sta forse rimangiando la parola. Perché?

Escursionando


IMG_DSC7514Passo che sbatte,
cuore che batte,
salendo nel vento.

Vento dalle selle,
sul corpo ribelle,
si mostra la pioggia.

Pioggia d’estate
salde pestate
non trema la pelle.

Pelle vestito,
camoscio sentito,
cammina nel monte.

Monte silente,
lontano si sente,
scrosciare un torrente.

Torrente sinuoso,
fior generoso,
l’amico serpente.

Serpente nel prato,
quell’uomo sdraiato,
vestito di niente.

Niente che possa,
isolare la scossa,
del monte che sente.

Sente la foglia,
la mandria spoglia,
rumore silente.

Silente che scende,
la sera pretende,
quell’uomo cammina.

Cammina tranquillo,
a valle diretto,
di nudo vestito.

Risveglio


15/04/2017 – Articolo ammesso al concorso “Racconti nella Rete 2017”

Nero, nero profondo, nero che copre il tutto, nessuna ombra, nessun indizio sul luogo, solo il buio totale. Rintocchi di campane, uno, due, tre, quattro… cinque, il nero man mano s’attenua concedendo spazio alle sfumature di grigio. Primi deboli segni appaiono, ancora troppo vacui per essere decifrati, già sufficienti per spezzare la cupa oppressione del nero. Una finestra aperta lascia passare la frescura della notte, persiane semi accostate filtrano la luce del mattino.

Cinguettio d’uccelli, un sottilissimo filo di luce perfora l’oscurità, percorre la stanza mettendo in evidenza piccoli argentei elementi sospesi nell’aria. Tutt’intorno, nel fosco dell’ombra, mobili antichi danno flebile evidenza della loro presenza. Nell’angolo lambito dalla lama di luce un trespolo di ferro sostiene un bianco catino, vicino ad esso una cassapanca sorregge la candida brocca dell’acqua.

Il tubare di una colomba, la luce s’allarga e appare un piccolo letto alla francese, lenzuola stropicciate coprono appena il corpo di una persona. Capelli neri e lunghi nascondono il cuscino, una spalla fa capolino, una schiena dorata appare e scompare, un tondo gluteo, pezzi di gamba, le dita di un piede.

Un gallo che canta il suo inno mattutino, il ticchettio di un ramo che impertinentemente picchia sulla persiana. Ancora rintocchi di campane, ancora cinguettio d’uccelli, ancora l’insistente tubare della colomba. La luce del sole invade quasi per intero la stanza, i toni di grigio si sono mutati in mille colori. Il corpo si scuote, un lieve tremore lo percorre, le gambe si distendono facendo cadere a terra il lenzuolo, corpo nudo di donna si riflette nello specchio adiacente.

Voci di bimbi che scendono le scale, la luce colpisce il viso della donna, qualche sbadiglio, una stiracchiata di braccia, è ora di alzarsi. Luisa lentamente si gira, le gambe fuori dal letto, le piega lentamente quasi a voler ritardare al massimo il momento in cui i piedi arrivino a toccare il pavimento, inesorabile segno di un inevitabile risveglio.

Tac, i piedi toccano terra, una dolce spinta di braccia e il busto si solleva dal giaciglio, altra spinta e anche i glutei abbandonano definitivamente il morbido abbraccio del materasso. Luisa osserva il suo corpo riflesso nello specchio: muscolatura regolare, un viso gentile, due occhi marroni né grandi né piccoli, gambe robuste sebbene eleganti, equilibrata proporzione col busto, mammelle sode di media dimensione, capezzoli turgidi ed evidenti, il pube completamente rasato, una pelle dorata senz’ombre di bianco.

È pronta, l’esame visivo ha rimesso in moto ogni parte di lei, ridato energia ai muscoli intorpiditi dal lungo sonno. S’incammina per la stanza, raggiunge il lato opposto dove, appoggiato su una vecchia cassapanca, riposa un ampio salviettone azzurro. Lo prende, lo spiega con un colpo secco, lo appoggia sulla spalla sinistra, si gira, infila la porta che la immette nel corridoio.

Scese le scale arriva in una grande stanza ben arredata, Luca, il proprietario della casa, sta sfornando una profumata torta, Ginevra, sua moglie, è intenta ad apparecchiare la tavola, due bimbi attendono impazienti seduti su di una panca. Luisa saluta tutti prontamente ricambiata. I bimbi nel vederla dimenticano per un attimo la golosa torta che stavano attendendo e le corrono incontro. Marco le salta in braccio, proditoriamente catturato dalle braccia di Luisa, Marina le si avvinghia alle gambe guardandola in viso e sorridendole.

“Bambini, bambini” grida con voce leggera la madre, “lasciate che Luisa vada a fare la doccia”. Prontamente i due bimbi rispondono al richiamo della madre. Un bacino a ciascuno e, mentre loro tornano a sedersi sulla panca e osservano la torta rossa e profumata ormai posata sul tavolo, Luisa s’incammina verso la porta d’ingresso.

Alcune galline razzolano sull’aia, Marco lo stalliere è già al lavoro nei pressi della stalla, un nutrito gruppo di ragazzi stanno giocando nel prato ancora umido di rugiada, sulla riva di un piccolo laghetto, senza tema di sporcare vesti che non hanno, maschi e femmine tutti insieme, gioiosamente corrono sull’erba e saltano nell’acqua provocando ampi spruzzi che inondano tutt’intorno bagnando i compagni. Luisa, salutati i ragazzi, si dirige verso una rustica doccia: un verde tubo dell’acqua, un pallet di legno, un largo soffione, una manopola rossa. L’acqua scivola dolcemente sul suo corpo ricoprendola gradatamente in ogni sua parte. Strofinandosi con una ruvida spugna naturale, lentamente gusta il sapore del mattino.

I ragazzi continuano a giocare, dalla doccia li osserva correre felici. Sulla strada che costeggia il cortile il passaggio di gente si fan man mano più intenso. Giorgio e Michela, avvolti nelle loro bronzee tutine di pelle abbronzata dal sole, come ogni mattina sfilano di corsa per il loro quotidiano allenamento, Marilisa la paffutella fornaia passa con il suo carrettino ricolmo di sacchetti del pane, Stefano il vigile urbano fischiettando di bianco vestito va al lavoro. Luisa, continuando a farsi la doccia, salutando regala il proprio sorriso a tutti e tutti le rispondono altrettanto cordialmente.

L’acqua si ferma, senza asciugarsi Luisa recupera l’azzurro salviettone che aveva posato su un vicino tavolino e si sposta sul prato dove giocano i ragazzi. Stende l’asciugamano a terra nelle vicinanze del laghetto e vi si distende sopra. È piacevole farsi asciugare dai raggi del sole, lasciare che il suo calore faccia evaporare ogni più piccolo segno d’umidità da ogni più recondita parte del corpo: il sole del mattino è delicato, t’asciuga velocemente e perfettamente senza rosolarti la pelle, che resta morbida e vellutata.

Distesa nel prato, coccolata dal sole, cullata dalle voci dei ragazzi, lascia vagare i pensieri e ricorda. Recupera sensazioni che un tempo la condizionata mente spesso rigettava rendendole impercettibili: il fastidio delle mutande, la gogna del reggiseno, l’indecisione dell’abito da mettersi, la preoccupazione per come sedersi, muoversi, atteggiarsi, l’insoddisfazione dei giochi proibiti per non sporcare le vesti, “attenta che ti vedono le mutandine”, “non fare così che ti prendono per una donna di facili costumi”, “guai a te se ti sporchi il vestito”, “quell’abito è troppo scollato… la gonna è troppo corta… i pantaloni modellano il tuo sedere, vuoi che qualcuno ti violenti?”. Quant’è facile e bello… ora!

Escursioni miste


Altri escursionisti ci osservano incuriositi durante la pausa pranzo

Altri escursionisti ci osservano incuriositi durante la pausa pranzo

Nudo opzionale

Le nostre escursioni miste si stanno rivelando un successo, e una via da percorrere.

Si collocano in un’interzona fra il mondo tessile e il ghetto. O meglio, anticipano, concretizzano, l’idea utopica e peregrina dell’indifferenza verso il corpo nudo.

Ben oltre la tolleranza. Non vorrei essere “tollerato” da una norma benpensante, da un uso comune che fa un’eccezione: così facendo, come dice il proverbio, la regola vien confermata.

L’utopia che abbiamo di mira e che cerchiamo di mettere in pratica, correggendo e imparando ogni volta, è di una semplicità impressionante: si può esser nudi o vestiti indifferentemente. “Nudi è meglio”, ma questo lo lasciamo a ciascuno da scoprire.

Questa indifferenza man mano sta prendendo piede, allarga il pensiero, lo espande oltre steccati inveterati sia in noi che in chi occasionalmente ci incontra. Molti infatti pensano che il pudore sia naturale, innato. Invece no, è un’acquisizione culturale, un comportamento sociale, un’abitudine consolidata (come spiegava Emanuele in un recente articolo).

Quanto più il nudo diventa opzionale, senza che ne derivino sanzioni o acclamazioni, tanto più diventa un atteggiamento e comportamento non etichettabile, una variante irrilevante e senza particolari significati aggiunti, tanto più è aperta la strada a una più generale accettazione. Come l’abito non fa il monaco, così nemmeno il nudo allora fa l’uomo.

L’essere nudi è un tratto che non sostanzia una differenza: le individue personalità, le singole identità personali non si lasciano modificare o interpretare da una manifestazione così esteriore come il portare o meno “una toga” (cfr. il faceto componimento di Galilei, Capitolo contro il portar la toga).

Le persone vestite nel gruppo

Nelle nostre escursioni abbiamo cancellato la linea di demarcazione fra il nudo e il vestito. Noi che abbiamo vissuto e voluto questo annullamento ci siamo accorti come di un’ovvia evidenza, che si trattava di una linea ideologica, che voleva tenere distinte in bianche e nere menti e coscienze, aggiungendo il deterrente un po’ arcano della vergogna, il tormento dei sensi di colpa, la minaccia di uno stigma sociale.

Le persone vestite che si uniscono a noi nelle nostre escursioni non si scandalizzano più, nel momento stesso in cui hanno deciso avevan già distrutto a picconate “il muro di dentro”. Il rapporto reciproco non si basa sulla tolleranza, su un’accettazione perbenistica, e nemmeno più tanto sul rispetto (quest’ultimo sembra l’altra faccia della vergogna…). Avendo azzerato in sé ogni differenza, avendo banalizzato l’opzione nudo/vestito, avendo tolto ogni significato attribuibile alla scelta di campo (anzi avendo tolto la siepe di confine e unito un uno i due campi), invalidando ogni discriminante ancora vigente, si sono resi più consapevoli di quel che impercettibilmente è tuttora ben operante nella maggior parte del consorzio umano. Intendo i condizionamenti e i criteri di separazione in “buoni” e “cattivi”. Vuol dire che hanno fatto un percorso parallelo al nostro. Se continuano a frequentarci vuol dire che ci approvano e si trovano meglio.

Mi premeva dire che l’opzione nudo/vestito non ci cambia identità, ma solo l’atteggiamento – attivo e passivo – nei confronti degli altri: per la parte attiva, la mancanza di senso del pudore/vergogna ci ha tolto un grosso fardello insensato, facendoci riprendere quella fiducia in noi, quella dignità del corpo che ci era stata umiliata con precetti, buona educazione e il “buon esempio”. Per la parte passiva, la nostra indifferenza rispetto allo sguardo e all’opinione degli altri è da considerare alla stregua di un passo di emancipazione e rafforzamento della nostra indipendenza, originalità, maturità e identità. Noi rimaniamo sostanzialmente noi stessi, pur non seguendo le mode, i riti, gli stereotipi del resto della società. Il dubbio di esser dalla parte sbagliata non ci scalfisce: ci basta che la sentiamo per nostra, assolutamente nostra.

Incontri – desideri – identificazione – occasione

Infine un’ultima considerazione “tattica”. Sono sempre più convinto – e gli incontri con altre persone in Val di Stabio me lo hanno suggerito e subito confermato – che il nostro gruppo misto ha fatto cadere dei muri in chi ci ha visto. Le persone che abbiamo incrociato o che semplicemente passavano a distanza, constatando la presenza indifferente di persone nude e vestite si saranno identificate con le persone vestite, si saran chiesti come essi stessi si sarebbero sentiti in una situazione simile. Vedendo l’esempio concreto, l’esperienza di una pacifica, possibile, cordiale, serena, naturale convivenza, possono essersi sentiti attirati, può esser nato il desiderio – forse coltivato in segreto da tempo – vedendone la evidente fattibilità, di misurarsi e scoprire le proprie reazioni in una situazione finora solo immaginata, cercando di capire perché fossero così impacciate, timorose, imbarazzate, al limite del crollo nervoso. Ma d’altra parte anche decisiva, imprescindibile per la propria crescita personale.

Oso azzardare che non è tanto la presenza di nudi ad attrarre: lo sarebbe qualsiasi altra situazione “curiosa” messa in atto da nostri altri simili; ma la rara, immediata, concreta possibilità di potersi addentrare in una zona non mai ben esplorata, di potersi aprire alle genuine sensazioni che il corpo ci manda ed accettarle per quelle che sono, senza gli inquadramenti preconcetti della mente e della cultura, di potersi anche confrontare, sentendo da una parte una sorta di protezione nella presenza delle persone vestite del gruppo e dall’altra la conferma che il passo azzardato in una zona malcerta e ritenuto sinora insidiosa, non è tale e lo si legge nel volto di quei che son nudi.

Gli abiti sono anche abitudini che si conservano finché le osserviamo, infrangibili come superstizioni finché ci si crede, finché non si decide di agire da sé.

Un gruppo di escursionisti passa in lontananza

Un gruppo di escursionisti passa in lontananza

Impronte


Un direttore, nove musicisti, dodici melodie… una sinfonia.

Ci sono momenti di alta, altri di bassa, altri ancora che oscillano tra vari livelli sonori. Ci sono tratti filanti e altri meno, parti melodiche e altre romantiche, c’è un’alternanza di suoni che evoca e produce l’alternarsi di emozioni.

In alcuni punti rivedi tè stesso, in altri riconosci familiari o amici, altrove si compongono figure più o meno distinte, immagini ignote, fantastiche o mitologiche.

Amore e dolore, vita e morte, sogno e realtà, velocità e lentezza, emozioni che, una dopo l’altra, si alzano e si abbassano, si creano e si dissolvono, si mescolano e si separano. Tracce subliminali che s’imprimono nella mente. Tracce evidenti che segnano il cammino.

Impronte, impronte di scrittura, impronte di lettura, impronte emozionali, impronte sensitive, impronte.

Impronte… un conduttore, nove appassionati scrittori, dodici mesi, dodici semplici parole espressione di dodici complessi argomenti.

Impronte che man mano vanno a fissarsi nelle pagine di un sito, impronte infine dipinte, eternamente impresse nelle pagine di un libro.

Impronte, quelle che resteranno segnate nel vostro cuore alla fine di questa lettura.

Impronte!


“Impronte” racconti del Circolo Scrittori Instabili, libricino edito per mano e mente di Luca Bonini, Elda Cortinovis, Barbara Favaro, Mara Fracella, Laura Giardina, Giorgio Matteotti, Rossana Mazza, Franco Pelizzari, Giovanni Zambiasi, coordinamento di Barbara Favaro, illustrazioni di Silva Cavalli Felci – Lubrina Editore.

Il libro è acquistabile su IBS, clicca qui per reperirlo direttamente.

Resoconto della serata di presentazione sul sito del Circolo Scrittori Instabili.

Impronte

Bambini! Cosa o chi vogliamo veramente proteggere?


emamImprovvisamente dalla spiaggia si alza un grido “copritevi, ci sono dei bambini!”

Sulle pagine di un quotidiano on-line viene riportata la notizia dell’apertura di un villaggio nudista, nel giro di pochi minuti fra alcuni messaggi di approvazione si insinuano alcuni volgari messaggi di disprezzo: “coglioni esibizionisti, andate da un’altra parte qui ci sono i nostri bambini”.

Tre persone parlano tranquillamente tra loro, raccontano le loro ultime vacanze al mare, uno dei tre riporta le sue vacanze nudiste e gli altri allora… “ma, e i tuoi figli? Dove li hai lasciati? Non li avrai mica portati con te!”

Un padre sta guardando la televisione con il figlioletto sulle sue ginocchia, all’improvviso parte un servizio sul nudismo e appare la figura di una donna nuda, il padre immediatamente copre occhi e orecchi al bimbo.

Alcuni esempi di una delle situazioni più tipiche, quella che vede degli adulti negare a se stessi o ad altri alcune azioni, quale, per l’appunto, la nudità, per il semplice fatto che ci sono o ci potrebbero essere dei bambini. Sono proprio così vulnerabili al nudo questi bambini? Oppure c’è altro dietro a questo atteggiamento? Ci sono forse paure e angosce degli adulti, dei genitori? Quali sono?

emabPartiamo da una semplice osservazione: i bambini piccoli, di sicuro fino all’età pre asilo ma spesso anche fino ai quattro o cinque anni, vengono soventemente lasciati giocare nudi in casa o nel giardino ma anche in luoghi pubblici quali un campo o la spiaggia. Questi bambini manifestano agio nello stare nudi, tant’è che poi, come molti genitori, forse tutti, hanno potuto sperimentare, diventa difficile farli rivestire. Cosa dimostra questo? Beh, di sicuro che la vergogna verso il corpo nudo è tutt’altro che innata.

Le cose cambiano in seguito, quando l’età cresce la nudità diventa sconveniente e male percepita. Perché? Ve lo siete mai chiesto il perché? Vi siete mai dati una risposta sincera e completa? Una risposta incondizionata?

1806Purtroppo il condizionamento è forte proprio perché si rende invisibile, una volta che si è attuato rimane nascosto nel profondo della nostra mente, io censore forte e potente che a nostra insaputa ci impone di pensare e agire secondo il suo volere. Impossibile darsi risposte incondizionate senza prima rimuovere il condizionamento, ma per rimuoverlo bisogna conoscerlo, evocarlo, rigettarlo usando la logica e l’osservazione attenta e minuziosa.

Allora, dopo questa piccola utile e spero evocatrice digressione torniamo alle nostre domande, anzi alla nostra domanda di fondo: il cambiamento comportamentale in riferimento al nudo che ad un certo punto avviene nei bambini è realmente un cambiamento naturale e spontaneo?

La considerazione da farsi entra in un contesto che, purtroppo, è vissuto solo da una limitata parte delle persone, ciò lo rende forse meno percettibile ma non lo invalida, altrimenti tante sarebbero le cose da invalidare, primi fra tutti i precetti religiosi che non solo sono propri di una sola parte della popolazione, ma vedono contrapporsi aspramente teorie e formulazioni assai diverse fra loro anche quando partono da una stessa radice: i libi sacri.

Famiglia nudistaEntriamo in una comunità nudista e osserviamola con attenzione, ci sono uomini, donne, bambini e bambine, si bambini e bambine di ogni età che liberamente vivono la loro giornata nella nudità, nudità propria e nudità degli altri. La vivono senza problemi, senza traumi, senza malizie, senza nessuno di quegli effetti che vengono tanto preannunciati da chi grida “ci sono bambini!” o perfino millantati da alcuni psicologi (alcuni perché altri invece la decantano o, quantomeno, la giudicano in modo neutrale) evidentemente condizionati (uno psicologo è persona come tutte le altre, anche lui inserito in un certo contesto sociale e da tale contesto potenzialmente influenzabile o palesemente influenzato). Cosa ci dice questo? Cosa c’insegna? Di sicuro che il cambiamento di atteggiamento nei confronti della nudità manifestato da molti, non da tutti, bambini nel passaggio dall’età prescolare a quella scolare è tutt’altro che naturale e spontaneo. Poi che la nudità risulta per nulla sconvolgente, traumatizzante sui bambini, anzi, se andassimo a fondo nell’analisi potremmo addirittura rilevarne diversi effetti benefici. Allora cosa provoca il detto cambiamento? E cosa vogliamo difendere?

BambiniCosa succede a bambini e bambine quando raggiungono l’età dei 4 o 5 anni? Intanto che i genitori li coprono, non li lasciano più giocare in spiaggia in libera nudità (e quanto fanno compassione quelle bambinette costrette a indossare un reggiseno per coprire qualcosa che ancora non c’è), predicando loro che ora sono cresciuti e devono coprire il pisellino o la passerina (sic!) li condizionano psicologicamente a vedere pene e vulva (e usiamoli questi bellissimi termini italiani, per nulla scientifici e all’ambito medico riservabili) come pudenda, parti immonde da tenere gelosamente nascoste alla vista altrui (e talvolta anche alla propria). Il tutto viene rafforzato dai vincoli imposti negli asili e, successivamente, nelle scuole, luoghi dove ogni tentativo, questo sì naturale e spontaneo, di liberarsi dalle vesti viene pesantemente redarguito e impedito. Palese che le giovani menti, le cui sinapsi sono per natura operanti ad apprendere velocemente e incondizionatamente sulla base di quanto viene loro più spesso detto e imposto, finiscono per indurre, in quei bambini che vivono in un contesto assolutamente e solamente tessile (perché lo stesso, significativamente, non avviene per quei bambini che vivono in un contesto anche solo occasionalmente nudista), un profondo cambiamento comportamentale: la nudità da spontanea e naturale diviene innaturale. Ma diviene anche sgradita? Difficile dare una risposta, le reazioni dei bambini a questo punto direbbero di sì, ma siamo sicuri che siano reazioni incondizionate? Siamo sicuri che sia un atteggiamento spontaneo e non piuttosto la paura d’essere nuovamente redarguiti? Siamo sicuri che non sia una reazione di mascheramento, una reazione atta a soddisfare i genitori? Credo che la risposta a tutte queste domande sia una sola, semplice e precisa: no! Valutando che non succede a tutti e a tutti nello stesso momento, osservando l’atteggiamento di quei bambini che crescono in un contesto nudista è dimostrato che trattasi di reazioni condizionate, reazioni di mascheramento, di paura del rimbrotto dei genitori.

educazione nudistaOra, dimostrato che i bambini a cui viene risparmiato il condizionamento genitoriale sul nudo, che tutti i bambini ancora scevri dal condizionamento sociale reagiscono con assoluta indifferenza alla nudità c’è da chiedersi cosa vogliamo veramente proteggere affermando “ci sono i bambini”?

Più o meno inconsciamente, non è che stiamo evitandoci l’imbarazzo di dover rispondere a domande scomode fatte dai nostri figli? Non è che stiamo proteggendo le nostre adulte paure nei confronti di argomenti per noi scomodi? Non è che stiamo impedendoci di confrontarci coi nostri figli sapendo che loro più di altri possono, nella loro spontanea e naturale semplicità, farci ragionare serenamente e indurci ad un cambiamento d’opinione? Insomma…

Non è che con la scusa di proteggere i nostri figli o i bambini in genere in realtà stiamo solo proteggendo noi stessi?

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Mostra fotografica: “Vivi la montagna”


Da tempo stavamo pensando ad una mostra fotografica (o proiezione) che potesse ben rappresentare la nostra attività e, nel contempo, potersi proporre con facilità al pubblico più vasto, alle società escursionistiche, alle associazioni fotografiche. Fino ad oggi ci mancava il materiale adeguato, ora, però, grazie alla presenza tra noi di diversi abili fotografi, amatori e professionisti, tale materiale inizia ad esserci e verrà ampliato nel corso delle prossime uscite 2015.

Chiunque possa e voglia aiutarci a concretizzare l’idea, vuoi come fotografo che come espositore, ci contatti.


I tanti anni di condizionamento e di abitudine allo stare vestiti sovrastano e annullano gli stimoli naturali del nostro corpo, così pochi arrivano a immaginarsi quanto possa essere bello e liberatorio gettare le vesti ed entrare nella natura così come la natura stessa è.

Avendo noi preso coscienza della beltà e della salubrità di questa scelta, ci è sembrato egoistico tenerla solo per noi e così abbiamo lavorato per farla conoscere anche a voi.

Avendo sperimentato che in questo caso le parole a poco o nulla servono abbiamo pertanto affidato il nostro messaggio alle fotografie.

Vivi la montagna

Vivere la montagna vuol dire avvicinarsi ad essa senza barriere, integrarsi con lei, adeguarsi al suo modo d’essere: nuda montagna, nude persone.

Senza barriere (foto di Fabio Corradini)

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La montagna è nuda, vivila nudo (foto di Mara Fracella)

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Immersione (foto Fabio Corradini e Vittorio Volpi)

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Abbraccio alpino (foto Attilio Solzi ed Emanuele Cinelli)

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Insieme (foto Emanuele Cinelli e Mara Fracella)

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Assorbimento energetico (foto di Mara Fracella)

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Al Lago Moro (Darfo, Brescia)


Questa mattina ho incontrato un signore che conosco, sulla settantina, cattolico praticante, attivista Acli, ecologista, impegnato in politica e nei movimenti di solidarietà.

Mi parla di domenica: è stato al Lago Moro dove si stava svolgendo una gara di nuoto (http://federicotroletti.weebly.com/moro-lake-swim-challenge.html).

Chiedo se i nuotatori non avessero freddo, l’acqua non dev’essere stata ancora adatta per i bagni.

«Avevan le mute» mi spiega e mi nostra delle foto sul telefonino. In una si vede un gruppo di atleti che sta infatti indossando le mute.

«Pensavo fosse un gruppo di nudisti…» e con un gesto della mano, lascia capire che si sarebbe allontanato, lasciando che facessero come a loro piaceva di più.

Tanto per dire che quasi se lo poteva anche aspettare di trovare al Lago Moro, come forse in qualunque altro posto, qualcuno che praticava il nudismo come forma ricreativa, specie se in gruppo.

Non ho approfondito il tema, chiedendo come avrebbe reagito. Mi sembrava che già desse per scontato che in quel contesto si potessero incontrare nudisti e la cosa non destava né meraviglia né scandalo.

Tanto per dire che la mentalità si sta evolvendo – anche nei circoli che si ritenevano più gretti e chiusi -. Saranno pur degli originali i nudisti, ma hanno tutta la libertà di vivere come meglio loro aggrada, se non sono di danno od ostacolo alla società.

Atleti che si preparano per una nuotata sotto la neve

Atleti che si preparano per una nuotata sotto la neve

Quinta Giornata dell’Orgoglio Nudista


IMG_7617Chi non risica non rosica recita un antico proverbio e allora abbiamo risicato, stavolta l’abbiamo fatto per bene, fino in fondo, superando, sebbene non senza fatica, le paure che ancora insistono su di noi e ci inducono a rispettare il nostro corpo solo nell’ambito di pochi e definiti contesti, che ci forzano a più o meno frettolosi rivestimenti quando sulla via incrociamo altri che, come noi, presumibilmente amano la montagna e l’escursionismo, come noi seppur diversamente da noi nell’integrazione con l’ambiente.

Liberi tutti di vivere la natura come meglio si preferisce, chi portandosi più o meno consciamente appresso il fardello di condizionamenti proprio della società artificiale, chi liberandosene parzialmente, chi cercandone il totale ripudio proprio qui, tra i monti, dove tutto è libero e libertà, dove ogni elemento manifesta impudentemente e impunemente il proprio essere nella sua più estesa nuda totalità.

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Colori, colori, colori, i colori della natura, l’azzurro del cielo, il bianco delle nuvole, il verde brillante dei pascoli, quello più cupo dei boschi, le mille tinte dei fiori, il marrone del manto di alcune timorose marmotte, i vividi colori quasi fosforescenti delle artificiose vesti di bipedi umani e poi… poi il marroncino rosato della pelle: visi sorridenti, toraci giocondi, braccia e gambe frizzanti, pance, nasi, orecchie, mani, piedi. Oh, oh, ci sono anche mammelle, vulve e peni che liberi assaporano la gioia della libertà, respirano il respiro del monte, gioiscono del fiato loro concesso, si allargano nelle loro naturali forme.

DSC04359Qui oggi, infatti, il gruppo di Mondo Nudo si è orgogliosamente portato per l’ennesima escursione e per festeggiare la quinta Giornata dell’Orgoglio Nudista. Emanuele, Vittorio, Marco, Francesca, Luise, Angelo, Daniela, Mattia, Stefan, Christine, Alessandro, Attilio, Paola e Pierangelo, quattordici persone (dovevano essere in sedici ma due nuovi amici hanno dovuto rinunciare all’ultimo minuto), quattordici escursionisti d’ogni età ed estrazione sociale, quattrodici amici. Alcuni ormai solide presenze di questi eventi, altri nuovi arrivi tra le fila del gruppo; alcuni nudisti da tempo, altri da poco, altri ancora bloccati alla liceità della veste e comunque felici di condividere con noi tempo e spazio, dimostrando quanto ciò sia più che ipotizzabile bensì fattibile e ideale.

DSC04450Dimostrazione di fattibile pacifica convivenza proviene anche dal reiterarsi con semplicità e tranquillità dell’incontro con altri escursionisti, stavolta, anche per il luogo meno isolato e il percorso in buona parte su strada sterrata, in più occasioni del solito. Resistendo, grazie alla forza del gruppo misto e alla presenza di una bambina, ogni volta all’impulso di coprirci, oggi abbiamo portato a fondo la nostra missione d’orgoglio, la nostra campagna a favore della libertà di espressione del corpo, di ogni parte del corpo, tutte parimenti dignitose, tutte parimenti belle e buone. Peccato ancora sia mancato un sonoro dialogo con le altre persone, certo forte e deciso è il messaggio dei nudi corpi portati con disinvoltura e orgoglio, ancor più profondo diventerebbe se rinforzato dalle parole degli altri, degli estranei che incontriamo.

Arriveremo anche a questo, un passo alla volta, intanto prendiamoci questa bella soddisfazione di una radiosa giornata nuda nella nuda montagna, sei ore per monti passate pressoché interamente nell’abito umano più congeniale e naturale: la sola nostra nuda pelle.

Un ennesimo successo che ci rinforza nelle nostre convinzioni e ci induce a fare un doppio pubblico invito:

  • alle associazioni escursionistiche affinché prendano in considerazione la nostra presenza, i nostri numeri (talvolta superiori ai loro) e l’impellente opportunità d’inserire tra loro la presenza di nude persone;
  • alle istituzioni comunali affinché comprendano il comune senso di accettazione del nudo e si manifestino positivamente nei confronti degli escursionisti che entrano in montagna così come la montagna è e chiede: nudi.

IMG_75997 giugno 2015, quarta uscita del programma “Orgogliosamente Nudi” e “Quinta Giornata dell’Orgoglio Nudista”. Breno (BS), Valle di Stabio raggiunta da Campolaro e risalita fino alla prima malga. Qui lunga sosta nei pressi del torrente, distanziati dal sentiero quel tanto da risultare indefiniti alla vista ma pur sempre percepibili al fine di mostrare la nostra esistenza e che la montagna si può vivere anche senza l’artifizio delle vesti. Nessuno dei tanti passati è da noi venuto per manifestare dissenso, prima o poi qualcuno verrà fisicamente a noi per chiedere informazioni e delucidazioni, per manifestare il proprio interesse e sostegno (invero una volta è già successo e ora costoro sono nostri fedelissimi amici).

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Durante il cammino abbiamo incrociato altri 4 escursionisti a piedi, una coppia in moto e una in macchina. Le reazioni, dopo il prevedibile iniziale momento di stupore, sono sempre state semplici e sostanzialmente normali, nessun sguardo truce, nessun moto di dissenso, nessun rimbrotto, solo semplici e cordiali saluti, in un caso un poco d’imbarazzo imputabile alla situazione che ci poneva quasi a contatto fisico (sentiero molto stretto), in altra occasione uno sguardo femminile di felice soddisfazione.

Insomma, una Giornata dell’Orgoglio Nudista che più orgogliosa e naturale di così per ora è poco pensabile… per ora!

Guarda l’album fotografico dell’evento

Divagando – Tra le righe


Soliloqui di Uno che diede voci all’Attaccapanni

È dove tutto sta! Come una confessione che ti rivolta come un calzino, del quale appare la cucitura interna recondita e niente più. Tra le righe è un sorriso che propone un sacco di smorfie sopra e sotto, i desideri nascosti da piccole pieghe insignificanti a tutte le capinere. Eppure è la parte più stimolante di tutto l’apparato labiale.

È un rogito tra me ed il medesimo, ed ognuno è venuto a patti leali ed inalterabili che il tempo voglia.

È fermare proprio il tempo e ridurlo a qualcosa di veramente costruttivo per una mezz’oretta.

È dargli l’ora d’aria, che rispolvera il sentimento, o meglio, l’impalpabile emozione a colpi di refoli improvvisi.

È la parte ludica che mi sta a pennello e come calzamaglia tende a slabbrarsi e ricompattarsi.

È l’elasticità.

Io (e forse noi) non ho che temporalità. Il tempo mi lascia momenti e pure fugacemente, e qui li si ricostruiscono nelle loro pseudo forme atrofiche, galvanizzando il meglio della loro stiticità, staticità.

È il ringraziamento, il giorno Americano e come si sa, siamo tutti Americani!

Parentesi antecedente! Dicevo tra le righe come… come… ecco! Come!

C’è qualcosa di nuovo nelle nuvole, c’è l’inganno prima del cielo che ne gioca una parte convenzionale, specie nell’universo.

C’è il digiuno di pioggia, c’è una pioggia che è indugiante. Ma sta. Con gli occhi versi al basso pronta a sorprendere tutta la razionalità dell’intraprendente intuito umano.

Insomma sono io al meglio. Ma di me ho un limite, e questo si chiama parola. Parola afona come proprietà e parola circoscritta nelle intenzioni più prolisse. Per quanto ci si possa sforzare sarà labile intuizione. Provare ad esprimersi a idiomi è dilettantesco. È rubarsi la stima di poter veramente avere le idee chiare. Ma quale chiarezza vogliamo. Siamo umani al limite, limitati, limitiamo e comunicheremo con limite. Mi sembra che tutto sia appropriato, ed in questo la selvaggia natura (ossia la vera), ci fece onore e ci destituì.

Ci vogliamo ricredere credendo il meglio, e nel sogno di una realtà attiva, proviamo ad essere franchi, sinceri, ancora schietti, crollando inevitabilmente su ogni tipo di impalcatura etimologica. Qui tutto viene distrutto perché ci sia creazione (anche altrove comunque). Qui si inizia a prendersi in giro per trovarsi al solito posto, ma consapevoli. Stranamente siamo nel serio e ci si sente spaesati, poco prensili all’intuizione che sta tutt’attorno, aleggia e troneggia impavida pronta a sottrarsi al martirio per cui è nata.

Ne ha subite troppe di frustrazioni ed angherie. E si rivolta qui, placida ed insolente nel suo fallace “chi mi ama mi esegua!”.

Simone Belloni Pasquinelli