Comunicare il nudismo


_MG_6387Da molti anni non solo sono nudista ma cerco anche di fare informazione, anzi, istruzione sul nudismo, mi sono così reso conto di un fatto: è pressoché impossibile far comprendere il nudismo attraverso le sole parole ed anche le immagini aiutano molto poco, l’unica cosa è l’esempio, il mettere gli altri a diretto contatto con la nostra semplice nudità. Detto questo è però evidente che saremo pur sempre chiamati a parlare di nudismo, a spiegare il nostro desiderio di stare nudi, pertanto è necessario essere coscienti e padroni quantomeno delle principali regole della comunicazione, specie di quella da effettuarsi in stato di possibile conflittualità.

Assertività

Parto da qui in quanto per ogni comunicazione potenzialmente conflittuale è regola cardine: mai porsi sopra e/o in contrapposizione all’altro, bensì sempre partire dal presupposto che l’altro ha le sue buone ragioni per comportarsi o ragionare come sta facendo, nostro compito comprendere tali ragioni e, pazientemente, smontarle, ovvero rimuoverle, una ad una.

“Il nudismo è una porcheria” dice lei, “stronza bigotta” risponde lui.

Reazione comprensibile in chi ha scelto di vivere nudo e crede nella positività del nudismo, d’altra parte questo modo di frapporsi a chi obietta sul nudismo provoca solo l’alzarsi di barriere difensive e la comunicazione diviene impossibile: qualsiasi cosa andremo poi a dire verrà completamente filtrata e andrà categoricamente persa.

Mai impostare una comunicazione che risulti “tu sbagli, io ho ragione”, la comunicazione dev’essere sempre improntata al “comprendo il tuo modo di vedere le cose, permettimi di illustrarti la mia visione”.

“Il nudismo è una porcheria” dice lei, “dalla tua affermazione comprendo che hai avuto brutte esperienze con il nudo e le persone nude, se vuoi lasciamo cadere il discorso, ma permettimi di suggerirti uno spunto di riflessione: le persone possono essere molto diverse tra loro e per tanti il nudo è solo una sana, bella e normalissima scelta di vita”.

Chiarezza

“Pinco Pallo è uno splendido villaggio naturista”, “vieni alla spiaggia naturista di…”, “siamo naturisti e ne siamo orgogliosi”, “vogliamo una legge sul naturismo”.

Va bene ad un certo punto della storia nudista si è assunto il termine naturismo come suo sinonimo, eppure la maggior parte delle persone non sa cosa sia il naturismo, i più acculturati potrebbero ricordare che la parola naturismo apparve per la prima volta agli inizi del Romanticismo quanto un gruppo di scrittori e poeti focalizzò la propria attenzione sulla natura, qualcuno potrebbe (giustamente) pensare ad amanti della natura (naturalisti sono coloro che studiano la natura e i sistemi per proteggerla), in ogni caso siamo fuori strada e il messaggio appare completamente stravolto o incomprensibile.

La comunicazione deve evitare ogni possibile fraintendimento, già è difficile farlo usando termini precisi, figuriamoci se utilizziamo termini ambigui, parole che nel tempo hanno assunto significati anche diversi.

“Pinco Pallo è uno splendido villaggio nudista”, “vieni alla spiaggia nudista di…”, “siamo nudisti e ne siamo orgogliosi”, “vogliamo una legge sul nudismo”.

Così è inequivocabile, tutti lo possono comprendere al volo, non possono sorgere fraintendimenti, non ne possono derivare domande la cui risposta è altrettanto ambigua del termine stesso e deve alla fine necessariamente contenere la parola che si è cercato di camuffare: nudismo.

Ecco, camuffare, non tutti lo vogliono fare, ma in ogni caso questo è quello che può apparire all’interlocutore quando alla fine viene a sapere che naturismo è sostanzialmente un sinonimo di nudismo ed allora la frittata è fatta. Peggio ancora quando si usa la parola naturismo, e i suoi collegati, proprio per la vergogna di usare la parola nudismo e tutti i suoi collegati, in tal caso la vergogna si manifesta attraverso il linguaggio del corpo e le altre espressioni non verbali, nella comunicazione assai più incisive di quelle verbali: “se ti vergogni tu che lo fai, perché mai dovrei io aderire ad esso o anche solo accettarlo?”.

“Pinco Pallo è uno splendido villaggio nudista”, “vieni alla spiaggia nudista di…”, “siamo nudisti e ne siamo orgogliosi”, “vogliamo una legge sul nudismo”.

Semplice, chiaro, manifestamente educativo, decondizionante!

Disponibilità, attenzione all’altro, non aggressività

Appena rientrate da un’escursione sotto la pioggia, nell’atrio del rifugio alcune persone stanno asciugandosi e sono nude, improvvisamente sull’uscio compaiono due sconosciuti: “siamo nudisti, non ci infastidisce se ci vedete nudi”.

Apprezzabile, conoscendo la persona che così si è espressa, la voglia di manifestare fin da subito il proprio orgoglio nudista, la controparte potrebbe però avvertire una modalità aggressiva e impositiva e/o evocare un atteggiamento esibizionistico (“guardami pure, è quello che desidero”). Se dall’altra parte ci sono persone già di loro mal disposte verso la nudità la reazione sarà di certo oppositiva: come prima cosa verrà manifestata in modo altrettanto aggressivo e impositivo la richiesta di rivestirsi, in secondo luogo sarà inibita una qualsiasi prosecuzione del dialogo. Se, al contrario, la controparte è più aperta e tollerante (o addirittura accettativa) il naturale risentimento verso l’aggressione e l’imposizione potrebbe comunque alzare una barriera comunicativa rendendo meno probabile e comunque più difficile l’eventuale prosecuzione del dialogo, in aggiunta o in alternativa si potrebbero creare i presupposti per una deviazione del dialogo da quello che dovrebbe invece essere il suo più opportuno proseguo: domande sull’esibizione del corpo piuttosto che sulle motivazioni del nudo e del nudismo.

Se volgiamo farlo accettare il nudo dev’essere normalità e non solo a parole ma anche nei fatti!

“Salve, venite pure avanti c’è posto per tutti. Vedo che siete bagnati fradici, vi facciamo spazio e se vi servono abbiamo asciugamani puliti da prestarvi”.

Attenzione agli argomenti “tabù”

Due gruppi di persone, l’uno nudista l’altro no, dialogano tranquillamente sulle motivazioni del nudismo, uno dei nudisti prende la parola e senza che nessuno abbia mai fatto affermazioni in merito: “il nudismo non ha niente a che fare con il sesso”.

Vero, verissimo, d’altra parte se il nudismo non ha niente a che fare con il sesso perché affermarlo fin da subito, a prescindere, senza una precisa motivazione, senza precisa interrogazione in merito? Se sento il bisogno di parlarne è perché a mio modo di vedere sussiste un legame imprescindibile ed anche se le mie parole dicono il contrario il mio solo parlarne e il mio linguaggio non verbale (inevitabilmente legato alla mia esigenza di parlarne), trasmetteranno tale legame e sconfesseranno (invertiranno), nelle mente dell’interlocutore, quello che sto affermando. Oppure sono ossessionato dall’idea che il nudismo venga osteggiato solo è perchè si lega il nudo al sesso, in tal caso quello che comunicherò potrebbe essere solo la mia ossessione e l’interlocutore potrebbe dannosamente pensare ai nudisti come ad un gruppo di persone mentalmente disturbate (ossessionate).

Anche questo è un punto cardine nella comunicazione tra parti: poco importa se sia vero, se capiti davvero, se sia argomento comunemente discusso, gli aspetti potenzialmente “scabrosi” o “pericolosi” vanno assolutamente taciuti, se ne parla solo qualora sia la controparte a tirarli in ballo, solo in risposta a domande esplicite.

Ascoltate con attenzione e a lungo un abituale comunicatore, quale un politico, un prete, il Papa, esaminate i suoi discorsi, noterete che ci sono parole che mai vengono utilizzate: tutte quelle parole che potrebbero mettere in evidenza l’azione condizionante del discorso, tutte quelle parole che invece di subliminale l’attenzione indurrebbero al ragionamento autonomo, tutte quelle parole (cosa che più di tutte riguarda la situazione del comunicare il nudismo) che possano indurre pensieri opposti a o quantomeno deviati da quelli che il discorso vuole esaminare.

In conclusione

Certo non tutti sono degli esperti comunicatori, non tutti sono abituati a gestire il confronto, non tutti possono dedicare ore e ore a studiare le tecniche della comunicazione e a esercitarsi sulla loro applicazione, ma visto che più o meno tutti i nudisti desiderano poter vedere un allargamento se non della nudità quantomeno della possibilità di stare nudi, ecco che tutti i nudisti si trovano nella necessità di attuare l’unico comportamento che al suddetto obiettivo porta portare: comunicare il nudismo, cosa che si può proficuamente fare solo se ci si attiene a quelle poche regole che ho sopra enunciato: assertività, chiarezza, disponibilità, attenzione all’altro, non aggressività, attenzione agli argomenti “tabù” e, questione assai complessa non trattabile in poche righe e comunque in piccola parte (quella più semplice da controllare) illustrata parlando delle altre regole, attenzione ai segnali non verbali (nostri e altrui).

Il nudismo non si può far comprendere con le sole parole, è necessario provarlo, però è anche indispensabile comunicarlo, facciamolo bene, spesso è meglio poco che tanto: “vestiti è bello, nudi è meglio”, frase assertiva, disponibile, attenta all’altro, chiara, non aggressiva, priva di parole “pericolose”, insomma frase altamente comunicativa.

Vestiti è bello, nudi è meglio!

Informazioni su Emanuele Cinelli

Insegno per passione e per scelta, ho iniziato nello sport e poi l'ho fatto anche nel lavoro. Mi piace scrivere, sia in prosa che in versi, per questo ho creato i miei tre blog e collaboro da tempo con riviste elettroniche. Pratico molto lo sport, in particolare quelli che mi permettono di stare a contatto con la natura, seguendo i suoi insegnamenti ho imparato a lasciar respirare il mio corpo e il mio spirito.

Pubblicato il 17 settembre 2016, in Atteggiamenti sociali, FAQ sul nudismo, Nudismo e naturismo con tag , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 3 commenti.

  1. A me riesce difficile far capire che il girare nuda di mia madre, in casa, tanti anni fa, nulla avesse a che fare con rapporti morbosi o incestuosi. Non hanno mai visto la sua naturalezza. Il nudismo va provato, non si può raccontare.

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    • A me sembra che tu sia ossessionato da tale questione visto che continui a ribadirla in ogni tuo commento, anche costruendoti ad arte un collegamento forzoso con il contesto dell’articolo. Sei a pieno nel contesto del punto dove parlo dell’ossessione del “non amano il nudismo perché lo vedono collegato al sesso”. Rileggiti quella parte e prova a liberarti da tale ossessione, vedrai che riuscirai a comunicare molto meglio: il nudismo si può benissimo raccontare, che è difficile fare con le sole parole è farlo comprendere e accettare, ma per raccontarlo si può, eccome se si può, anzi si deve, facendolo nel giusto modo, senza ossessioni e senza pretese!

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    • Come volevasi dimostrare, non sono gli altri ma sei tu ad essere ossessionato, ecco quello che scrivevi nel tuo primo commento: “Mia madre toglieva girava sempre nuda in casa, tenendo pronta una vestaglia alla bisogna. Devo però dire che non poche volte mi ha ispirato pensieri erotici vuoi perché talvolta usava tacchi alti vuoi perché ero ragazzo. Pensiero che sono rimasti tali. Ad ognuno il suo ruolo. Non che l’erotismo sia insano. Ma l’ incesto può esserlo.” Evidente che tu non riesca a comunicare quello che, qui sopra, dici di voler comunicare: sei tu stesso a non crederci!

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