Archivi Blog

Scarpe Kalenji Kiprun Trail MT


IMG_20180215_102511

Un noto proverbio recita “chi più spende, meglio spende”, beh, posso con certezza affermare che non è sempre vero: talvolta prodotti meno costosi risultano essere altrettanto validi quanto quelli più cari. Uno di questi casi riguarda queste scarpe da trail, le Kalenji Kiprun Trail MT: costano meno della metà delle ottime scarpe che ho usato negli ultimi quattro anni (vedi le relative recensioni: La Sportiva Raptor e Ultra Raptor GTX), costano i due terzi delle Brooks Adrenaline ASR 12 (non le ho ancora recensite) che da un anno, essendo meno pesanti delle precedenti, utilizzo per le brevi distanze e per i medi veloci, eppure reggono benissimo il confronto con tutte e tre, anzi, nel complesso le trovo migliori delle Adrenaline (più leggere ma dolorosamente strette e basse in punta, con un grip buono solo su terra asciutta e una suola assai delicata) e altrettanto consigliabili quanto le Ultra Raptor (degne sostitute delle Raptor, risultate alquanto delicate a livello dei fascioni sulla tomaia), rispetto alle quali sono meno protettive e hanno una suola meno aggrappante sulla roccia bagnata ma molto più performante sul fango e, soprattutto, assai più durevole.

L’acquisto di queste scarpe è stata una decisione improvvisa, già da un paio di mesi, in conseguenza di un cedimento a livello di suola delle Brooks, le stavo osservando, almeno una volta a settimana andavo sul sito di Decathlon e ne leggevo le caratteristiche, ogni volta che andavo in negozio mi ci soffermavo davanti, poi il pensiero dei tanti soldi già spesi mi faceva desistere dall’acquisto. Due settimane addietro, però, durante una trenta chilometri mi sono trovato a camminare per metà della distanza con un pezzo di suola che strisciava a terra, ormai erano già tre volte che lo reincollavo e lui si staccava regolarmente e sempre più velocemente trascinandosi man mano dietro altri pezzi, inevitabile il pensiero che ne è nato: “devo fare la piega, queste scarpe non sono più affidabili, le posso al massimo utilizzare per i medi su fondo asciutto, liscio e uniforme”.

Reincollo la suola e ragiono sulla questione: tutto sommato le Kiprun Trail MT sono per i lunghi, distanze che ho in programma per tre sole volte, e ho ancora due paia di Ultra Raptor (invero tre, ma una, con in carico meno di un centinaio di chilometri, è gelosamente riservata al giro finale di TappaUnica3V) che, sebbene cariche ormai di qualche migliaio di chilometri cadauna, posso ancora sfruttare, specie considerando che ho ordinato delle solette speciali per compensare la perdita di ammortizzazione. Il tarlo, però, stimolato dall’approssimarsi del primo lungo, rode nella mente portandomi ripetutamente sul sito Decathlon e, così, scopro che Kalenji ha prodotto una nuova versione del modello Trail, la XT7: più leggera della MT è una scarpa che si colloca nella stessa categoria delle Adrenaline. È fatta, qualche giorno dopo sono in negozio con tra le mani questi due modelli di scarpe, già due, perché alla fine le recensioni della XT6 (delle XT7 essendo nuovissime ovviamente si trova pochissimo) non sono del tutto convincenti, mentre lo sono quelle delle MT. Provo e riprovo queste scarpe, le confronto, le differenze nella calzata appaiono veramente minime, me le sento bene ambedue, boh, quale prendo? Pensa che ti ripensa, prova che ti riprova, la decisione viene determinata dalla taglia: la XT7 è disponibile, per le mie misure, solo nella quarantaquattro e mezzo, la MT anche nella quarantacinque e questa taglia mi offre sensazioni migliori alle dita. Compro le MT!

Dopo due giorni le rodo in una venti chilometri corsaiola: partenza e arrivo su asfalto, ripide discese di cui una molto tecnica, lunghe salite, terra e fango, rocce acuminate e ammucchiate di sassi mobili, alla fine, seppure con qualche rilievo, belle sensazioni. Dopo altri due giorni eccole ai miei piedi nella sessanta chilometri di solo cammino ma comunque tirata: dodici ore e quaranta senza sosta su di un percorso assai vario con terra, roccia, asfalto, cemento, sassi, foglie, neve e ghiaccio con la riconferma delle belle sensazioni. Insomma subito messe all’opera in modo pesante e sufficientemente completo, tanto da potermi già permettere questa recensione.

A guardarle non si direbbe, eppure la parte anteriore lascia molto spazio alle dita ed è la prima piacevole sensazione che si prova camminandoci, purtroppo meno piacevole la sensazione sull’altro versante, quello inferiore, dove la disposizione dei tasselli determina una linea di flessione leggermente arretrata rispetto a quella naturale del piede, cosa che, oltre a limitare un poco la spinta a fine rullata, alla lunga può determinare, camminando su fondo molto duro, quale l’asfalto o le strade bianche, un poco di bruciore sulla testa dei metatarsi. Già che si parla dei tasselli, soffermiamoci su questi per rilevarne la multidirezionalità e la generosa quantità e dimensione, in tutte e tre le direzioni spaziali, che, insieme ad una certa rigidità e ai bordi netti, donano alla scarpa un’eccezionale tenuta sul fango, anche quello più profondo e pastoso, dove, tra l’altro, non si avverte il classico effetto di risucchio. La quantità dei tasselli aiuta la tenuta ma non favorisce lo scarico, comunque sufficientemente buono da garantirci una presa costante, c’è solo da porre un minimo di attenzione passando dal fango all’asfalto e alla roccia bagnati, sui quali già di suo la suola, come molte altre, tende a scivolare. Nessun problema, invece, sugli altri tipi di terreno, compresi la neve (fresca, dura o gelata) e il ghiaccio (a parte l’ostico vetrato), dove la tenuta è sempre ottima donando un pregevole senso di sicurezza anche nelle discese più ripide.

Al senso di sicurezza partecipano certamente anche il K-Only, sistema che rende la scarpa adatta ad ogni tipo di appoggio e rullata (dall’iperpronatore al supinatore), l’ampia superficie d’appoggio e la conseguente stabilità della scarpa che in occasioni più uniche che rare tende a cadere verso l’interno o l’esterno: su ottanta chilometri mi è successo una sola volta, all’esterno e più che altro per mia distrazione (nel buio della notte, immerso nei miei pensieri e in stato di rilassamento, non mi sono avveduto di mettere un piede sul bordo netto di una buca del terreno). Solo in una discesa molto tecnica (roccette a lama e punta, con passaggi stretti e ravvicinati) mi sono sentito nella necessità di mantenere un atteggiamento prudenziale, ma era anche il primo utilizzo in assoluto e pertanto ancora non avevo conoscenza della risposta della scarpa (in seguito non ho avuto modo di affrontare di corsa un terreno analogo, fatto al passo veloce mi sono sentito tranquillo e sicuro). La rigidità dei tacchetti un poco si sente camminando (o correndo) sull’asfalto, ma viene adeguatamente compensata da un ottimo assorbimento derivante dalla tecnologia utilizzata nell’intersuola, la stessa delle scarpe Kalenji Kiprun da strada: il K-Ring, un anello (ciambella come la chiamano loro) ammortizzante nel tallone e il Kalensole, strato di schiuma EVA. Il plantare è quella classico fornito di serie con tutte le scarpe Kalenji e, al di là della marca, similare a quello di molte scarpe da corsa e trail: come tutti è abbastanza confortevole, a differenza di altri scivola bene all’interno dalla scarpa rendendone facile la ricollocazione dopo la rimozione (sempre opportuna dopo ogni utilizzo), ma, a parte la conformazione anatomica (avvolgimento del tallone e dell’arco plantare), come gli altri non presenta particolari accorgimenti tecnici in ragione dell’assorbimento e della distribuzione del carico e, pertanto, potrebbe essere vantaggioso prenderne in considerazione la sostituzione con un plantare più performante, specialmente sotto l’aspetto della riduzione delle vibrazioni negative (personalmente, anche se costa quasi quanto le scarpe, ho scelto il Noene Ergopro AC+, già sperimentato con molta soddisfazione da mia moglie).

La tomaia è un giusto compromesso tra morbidezza e protezione, traspira benissimo (va beh che li ho fatti in pieno inverno, comunque dopo sessanta chilometri di cammino ininterrotto calze e piedi erano perfettamente asciutti) e si asciuga velocemente, dettaglio di particolare rilevanza per una scarpa da trail visto che si deve tenere indossata per tante ore e che si opera in montagna dove pioggia e neve si possono sempre incontrare. A proposito di neve: ci ho camminato per quattro ore senza sentire né freddo ne bagnato (anche grazie alle eccezionali calze Kalenji Kiprun Sottili), solo nel passaggio da un prato con erba brinata l’acqua è passata, ma dopo nemmeno venti minuti già non la sentivo più (cosa che invece, proprio per via del Goretex, non avviene con le Ultra Raptor GTX: magari tengono l’acqua per più tempo, ma una volta bagnate hai i piedi a mollo per tutto il resto della corsa/escursione).

L’allacciatura è precisa: i larghi passanti in anellino di tessuto lasciano scorrere bene le stringhe sia in un senso che nell’altro; la stringa piatta determina una buona tenuta del nodo anche se, essendo semirigida, un poco cede, ma proprio poco; la presenza del doppio foro (ambedue rinforzati) sulla caviglia permette di scegliere tra l’allacciatura leggera (termina nell’ultimo foro senza usare quello supplementare), consigliata per il cammino, e quella più aggressiva (asola tra ultimo foro e foro supplementare), consigliata per la corsa. Con l’allacciatura leggera si sente un minore controllo della scarpa (ma ci si abitua presto), con quella aggressiva la stringa può risultare (taglia 45) leggermente corta e il collarino, un po’ troppo alto e rigido, specie nei diagonali e nelle curve in discesa, insiste dolorosamente sul malleolo. Con ambedue le allacciature, ma soprattutto con la prima, durante l’appoggio del tallone il collarino spancia un poco sul lato interno determinando l’ingresso di qualche detrito di troppo: in parole povere, dopo due passi già ci si trova almeno un sassolino sotto i piedi, lo togli e… subito ne hai un altro.

Il linguettone mantiene la sua posizione centrale ma risulta poco protettivo nei confronti della stringa che, specie in discesa con allacciatura da corsa, si sente premere dolorosamente sulla parte superiore del piede (ma forse perché, per compensare la scarsa lunghezza della stringa, avevo tirato eccessivamente la stringa nella venti e poi nella sessanta, dove, avendo usato l’allacciatura leggera, la stringa era meno tirata e non premeva, ancora il dolore non era passato). Comodissima la taschina per infilare i lacci, adeguatamente ampia e di accesso agevole. Confortevole e utile il calzino interno ai due lati della scarpa, cucito al linguettone e sotto la soletta intermedia: dimostra la cura dei dettagli che è stata messa nella progettazione di questa scarpa.

Drop da dieci millimetri, forse eccessivo per le tendenze attuali che spingono sempre più verso una corsa naturale (drop zero), d’altra parte rende la scarpa molto confortevole per chiunque (il drop zero carica molto il tendine d’Achille e richiede un periodo di adattamento durante il quale, però, non tutti riescono a conformarsi) e pratica anche per il cammino, dove anche nelle salite più ripide si riesce così a far lavorare per intero la suola e mantenere un’ottima tenuta.

Dopo soli ottanta chilometri di utilizzo è ovviamente prematuro parlare di durata dei materiali, però, non rilevandosi segni né sulla tomaia né sulla suola, penso di poter dire che questi appaiono piuttosto resistenti: persino il logo Kalenji stampigliato sotto la pianta del piede, punto dove sassi e rocce acuminate vanno a insistere in modo particolare, non presenta segnature (la colorazione in giallo è rimasta perfetta).

Insomma, una scarpa con qualche piccolo difetto (e quale prodotto ne è esente? Ad oggi non ne ho trovati, nemmeno tra i marchi blasonati) ma comunque ottima, assolutamente consigliabile anche all’escursionista che vuole una scarpa leggera, confortevole e dinamica. Una regina del fango con eccellenti prestazioni anche su gran parte degli altri terreni!

IMG_20180215_102511