#QuindiciDiciotto, visita al museo della Guerra Bianca di Temù


Foto di Mara Fracella

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Dopo una lunga attesa è arrivata la prima uscita del programma QuindiciDiciotto: la visita al Museo della Guerra Bianca di Temù. Nonostante una intensa e lunga campagna pubblicitaria a Temù ci troviamo solo in dodici, undici adulti e una bambina, comunque un bel gruppo con persone che arrivano da diverse località del nord-est italiano: due dal lago Maggiore, quattro dal bresciano, tre da Bolzano, uno da Padova e uno, nuovo amico degli eventi di Mondo Nudo, da Trieste, si, si, dalla lontana Trieste.

Alle dieci in punto siamo all’ingresso del museo e ci riceve, con ampio sorriso, una simpatica signora: “benvenuti, stavamo giusto guardando il vostro sito, non eravamo riusciti a farlo prima, che sorpresa, curiosa cosa, ci siamo fatti anche delle risate!” Ci presentiamo, si unisce al gruppo anche la persona che era seduta al computer e che sarà la nostra guida nella visita, la signora ci sommerge di domande, il suo lieve turbamento iniziale lascia immediatamente posto a una interessata curiosità, parliamo affabilmente del nostro camminare nudi, dello stile “vestiti facoltativi” che, nel limite del possibile, è regola di ogni evento di Mondo Nudo, della nostra conseguente richiesta, avanzata già da tempo, al primo contatto per posta elettronica, di poter stare nudi anche durante la visita al museo e che, sostanzialmente, pareva e parrebbe essere accolta e fattibile.

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Foto di Mara Fracella

Arriva il Direttore del Museo e la simpatica signora gli spiega (uhm, mi sembrava d’essere stato già chiaro nelle mail) la questione del nudo, non ha ancora finito di parlare che l’altro immediatamente esordisce con un “no, assolutamente no, qui nudi non ci entrate, non mi pare atteggiamento consono al contesto del museo, al suo intento culturale”. Senza voler contestare il suo diritto a negarci il nudo, a fronte di una negazione assoluta e non motivata (“il perché decidetelo voi”), cerchiamo comunque d’impostare un dialogo se non altro per motivare i nostri perché, purtroppo è stata eretta una barriera insormontabile, l’unico avvicinamento rilevabile sta nel concederci il diritto di andarcene senza dover pagare nulla visto che sono stati loro a comprendere male le mie richieste (“pensavamo a dei costumi”). “Siamo qui per visitare il museo e non per poter stare nudi”, purtroppo mi lascio scappare l’occasione per evidenziare che noi nudi ci viviamo (concetto fondamentale per far comprendere perché si cerca di poterlo fare ogni qual volta se ne presenti la pur minima possibilità, ad esempio in tutte quelle occasioni in cui, come oggi, una struttura viene aperta apposta per noi, specie se, come in questa occasione, a pagamento), “di certo restiamo”.

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Foto di Mara Fracella

Inizia la visita, si parte con un lungo, forse troppo lungo visto che siamo in piedi e desiderosi di vedere i vari reperti, seppur interessante preambolo della guida. Finalmente s’inizia la visita vera e propria e la guida inizia ad illustrarci il forno campale per il pane. Segue l’illustrazione della baracca, superbo esempio di geniale architettura militare, al cui interno fanno bella mostra di sé vari oggetti tra i quali due brandine da ufficiale e due stufe, una grande in muratura e un’altra più piccola in metallo. Passiamo alle armi, un cannone, un mortaio e diversi proietti, dai più piccoli ai più grandi, da quelli più semplici ai più complessi e micidiali shrapnel. Al piano superiore si possono ammirare gli abiti delle sentinelle, sia austriache che italiane, le slitte, i ricoveri dei cani, le foto delle mute di cani all’opera sul ghiacciaio, varie suppellettili e oggetti di vita quotidiana, una stazione di funicolare, i reticolati e le postazioni dei fucilieri. A chiudere il percorso una nera stanza con una tomba, alcune foto e dei versi che parlano della miseria della guerra, che ne rievocano l’assurdità, che invitano a meditare e scorrono nel cuore come fredde lame di coltello, nella mente come assordanti reiterativi suoni, sulla pelle come gelida aria del monte.

Trenta minuti di filmato sui luoghi della guerra in Adamello e la visita vede il suo epilogo; tremanti, vuoi per le immagini viste, vuoi per il freddo glaciale delle stanze museali (“l’abbiano fatto apposta per farci rimanere in ogni caso vestiti?”) salutiamo la guida e la signora (il direttore se n’è andato da tempo, senza salutarci) e lesti usciamo verso il sole che risplende. Restiamo sulla piazza il tempo necessario a riportare le nostre membra a temperatura vivibile, poi ci appressiamo ala pizzeria che si trova d’innanzi al museo. Restiamo a tavola a lungo, chiacchieriamo di varie cose, soprattutto di nudo e della speranza di vederlo finalmente riconosciuto per quello che è: uno status di normalità!

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Foto di Mara Fracella

Si sono fatte le quattro del pomeriggio, è ora di mettersi in marcia per il lungo rientro a casa, negli occhi persistono le immagini dei reperti e delle foto della Grande Guerra sul fronte Adamellino, nella mente i pensieri evocati da tali immagini e dalle parole di coloro che tale guerra l’hanno vissuta in prima linea, nel cuore l’intenzione di adoperarsi affinché il mondo possa vivere in pace, obiettivo per il quale lo stile di vita nudista, l’accettazione del nudo, il rispetto dell’altrui desiderio di nudità che nessun danno apporta a chi la vede e la subisce, sono senza dubbio passaggi fondamentali. Come ha ben dimostrato la giornata odierna ancora lunga è la strada da fare, ancora molti gli scogli da superare, ma non demordiamo, continueremo a lavorare e… ci arriveremo, all’una, la normale nudità, come all’altra cosa, la pace mondiale… ci ar…ri…ve…re…mo!

Fate anche voi la vostra parte, partecipate alle nostre uscite, nudi o vestiti non importa, ben volentieri accogliamo tra le nostre fila anche i titubanti e perfino i reticenti. Venite!

La prossima uscita: Giro delle Colombine.

Il programma completo.

Foto di Mara Fracella

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Informazioni su Emanuele Cinelli

Insegno per passione e per scelta, ho iniziato nello sport e poi l'ho fatto anche nel lavoro. Mi piace scrivere, sia in prosa che in versi, per questo ho creato i miei tre blog e collaboro da tempo con riviste elettroniche. Pratico molto lo sport, in particolare quelli che mi permettono di stare a contatto con la natura, seguendo i suoi insegnamenti ho imparato a lasciar respirare il mio corpo e il mio spirito.

Pubblicato il 21 aprile 2016, in Atteggiamenti sociali, Racconti, VivAlpe 2016 con tag , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 4 commenti.

  1. se posso esprimere una mia opinione;il direttore è un voltagabbana!

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    • Ci andrei cauto, sinceramente io, anche se mi sembrava d’essere stato molto chiaro, dato il modo in cui mi era stato risposto e l’assenza di risposte alle successive mail in prossimità dell’evento ero dubbioso, poi i discorsi fatti nella reception sembravano dipanare tutto e invece… boh. In ogni caso è diritto delle persone di poter cambiare opinione, sia nel senso a noi sfavorevole che… nell’altro 😉

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  2. si certamente ema e x l’appunto so’ quanto sei preciso e organizzi sempre in modo che nessuno si senta a disagio o sorgano problemi. vabbeè dai alla prossima ! 😀

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  3. Vittorio Volpi

    Ogni fatto ce lo rimugianiamo un po’, specie quelli che ci hanno in qualche modo colpito, specie le ingiustizie palesi. Ripensando al divieto del direttore del museo, penso che vi sia stato un evidente abuso di potere: nel senso che la nostra richiesta non rientrava nella fattispecie di nessun articolo del codice penale: il museo era in esclusiva per la nostra visita e perciò i nostri corpi non erano esposti alla vista del pubblico; non c’era nessuno per cui il nostro comportamento o vestiario potesse risultare indecente – nemmeno come possibilità. Ci sarebbero gli elementi per un ricorso, per una segnalazione al sindaco, ma credo che alla lunga sarebbe controproducente.

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